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16 dicembre 2021 Condividi

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Donne tra cura e lavoro: cosa possiamo imparare dalla pandemia


Un progetto di ricerca congiunto tra l’università Cattolica e il Politecnico di Milano per studiare l’impatto del Covid sulla vita delle donne lavoratrici

 

A partire da Marzo 2020, il progetto CAREER (CARE for womEn woRk), finanziato dal Fondo Integrativo Speciale per la Ricerca e nato dalla collaborazione tra l’Università Cattolica del Sacro Cuore (Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia e Centro di Ricerca sul Lavoro “Carlo Dell’Aringa”-CRILDA) e la School of Management del Politecnico di Milano (Dipartimento di Ingegneria Gestionale), ha voluto indagare in profondità i vissuti delle donne lavoratrici durante la pandemia per identificare ambiti e soluzioni di intervento. Il progetto ha coinvolto 14 ricercatori e ricercatrici dei due atenei milanesi. Mercoledì 1 Dicembre sono stati presentati i primi risultati della ricerca durante l’evento “Donne tra lavoro e cura. Cosa possiamo imparare dalla pandemia”.

Le referenti del progetto Claudia Manzi, docente di Psicologia sociale presso l’Università Cattolica, e Cristina Rossi-Lamastra, docente di Business and Industrial Economics alla School of Management del Politecnico di Milano, raccontano come i risultati del progetto restituiscano un quadro estremamente complesso sul lavoro femminile nell’ultimo anno e mezzo.

Il lavoro da casa durante la pandemia ha avuto, infatti, significati ed effetti duplici per le donne lavoratrici. Da un lato, si è trattato di un’opportunità per avere maggior equilibrio vita-lavoro e una migliore performance sul lavoro stesso. Dall’altra però, le prescrizioni di genere che vedono le donne protagoniste (quasi del tutto solitarie) della gestione domestica e familiare hanno inibito la conciliazione lavoro e famiglia in un unico confine spaziale, quello domestico. Questo ha avuto conseguenze negative non tanto sulla performance lavorativa, quanto più sui livelli di stress e benessere mentale delle donne lavoratrici.

Come racconta la Prof.ssa Manzi: “Le cause di questa situazione sono il combinato disposto di ciò che accade sul piano culturale, relazionale e logistico-organizzativo. Dal punto di vista culturale, l’adozione, ancora in larga parte inconsapevole, di modelli stereotipici circa il ruolo delle donne nel mondo del lavoro e nella sfera familiare, ha rappresentato senz’altro un grande ostacolo per le lavoratrici”.

Tali modelli stereotipici – conclude la Prof.ssa Rossi-Lamastra  – si traducono in un’ineguale allocazione delle risorse: con il progetto CAREER, infatti, abbiamo visto come alle donne sia mancato più frequentemente uno spazio adeguato al lavoro da casa rispetto agli uomini”.

Gli stereotipi di genere sono stati poi aggravati dai pochi e mal formulati aiuti provenienti dalle istituzioni e dalle organizzazioni, dallo scarso supporto dei partner in alcuni casi, e da soluzioni poco adeguate allo svolgimento del loro lavoro in termini di spazio domestico.

Certamente il quadro è complesso, ma visti gli orientamenti futuri dell’organizzazione del lavoro in Italia per favorire la ripresa e la tenuta del lavoro femminile, occorre guardare il lavoro da casa in modo meno semplicistico, e soprattutto, fornire alle donne lavoratrici una visione identitaria più forte rispetto al loro ruolo nelle organizzazioni e nella società. Il lavoro da casa, infatti, non deve diventare un mezzo per allontanare le donne dalla vita professionale e dalla piena realizzazione della loro identità di lavoratrici.

Il progetto di ricerca CAREER (CARE for womEn woRk) è ancora in corso. Per saperne di più, è possibile visitare il sito ufficiale al seguente link: https://projectcareer.it/

Si rimanda inoltre a recenti articoli che hanno raccontato più estensi sul progetto recentemente pubblicati da Il Sole 24 Ore e IoDonna


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