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4 giugno 2019 Condividi

finanza quantitativa

Finanza quantitativa. Affidarsi alla matematica e alla statistica per gestire la complessità

C’erano una volta i banchieri e i bancari. C’erano, e ci sono ancora, ma negli ultimi vent’anni il loro lavoro è diventato molto più complesso. L’incremento esponenziale dei derivati (strumenti finanziari complessi) a partire 2000 e la crisi del 2008, uniti a un nuovo approccio regolamentare che ha portato a un mercato più aperto, hanno rivoluzionato il mondo della finanza, dando vita a uno scenario le cui regole e i modelli, a oltre un decennio di distanza, non sono ancora del tutto chiari.

I dati al centro

È in tale contesto che si sono imposti gli strumenti della finanza quantitativa: «Il risk management e il fintech sono le risposte che abbiamo messo a punto per fronteggiare l’eredità della crisi», ha spiegato il professor Emilio Barucci introducendo la decima edizione del Percorso executive in finanza quantitativa, di cui è direttore, che prenderà il via a novembre 2019 presso la School of Management del Politecnico di Milano.
Secondo Aldo Nassigh, Vice president di Unicredit, «il crack di Lehman Brothers è paragonabile alla Rivoluzione francese. Ha messo fine a un paradigma, ma non siamo ancora entrati in quello nuovo. Di certo, però, possiamo registrare una tendenza che va verso il prodotto vanilla (negoziazioni di tipo standard, semplici e lineari, ndr): i portafogli crescono di volume, includendo decine di migliaia di derivati individualmente semplici, ma che messi tutti insieme generano un’enorme complessità». Nassigh tiene poi a specificare che il modus operandi delle banche è molto diverso da quello delle società fintech, ed è importante non confondere le due strategie: «Le banche non sono data driven, ma la loro attività parte da modelli di valorizzazione del portafoglio, di valutazione del rischio, di pricing. Solo in un secondo momento calibriamo questi modelli sui dati».

Finanza quantitativa: cercasi professionisti

È evidente, dunque, come dice Barucci, che «l’utilizzo dello strumento quantitativo, ossia della matematica e della statistica applicate all’ambito finanziario, è diventato cruciale». E si è tradotto in nuove opportunità lavorative, che coprono uno spettro di posizioni più ampio di quello che si può comunemente pensare. Come illustra Barucci, le principali aree interessate sono quattro: «la gestione del portafoglio, la valutazione dei prodotti finanziari, il trading e la gestione del rischio».
Nonostante queste siano aree in grande sviluppo, oggi si registra ancora una carenza di personale formato adeguatamente: «Abbiamo bisogno di numerosi profili quantitativi nel settore del trading, ma facciamo fatica a trovarli», ammette Luigi Terzi, head of market risk management di Banco BPM. «Se il trader, una volta, era colui che cercava di cogliere il sentiment di mercato, oggi non può fare a meno di adoperare strumenti algoritmici che mitigano il rischio di certe operazioni. Ma la finanza quantitativa si sposa anche al sales desk, al financial engineering, all’IT, all’audit compliance: tutti ambiti dove la formazione quantitativa è fondamentale».

Le opportunità della consulenza

Un’ulteriore conferma di questa tendenza arriva da Gianni Pola, Senior portfolio manager presso ANIMA Sgr: «Anche gli uffici che si occupano di gestione discrezionale del portafoglio, un tempo “riservati” a laureati in economia, assumono oggi persone dal profilo quantitativo».
L’interesse per professionalità simili non riguarda però solo le banche, piccole o grandi che siano, o i gruppi che si occupano di risparmio gestito. «Stiamo assistendo a una progressiva esternalizzazione delle competenze da parte dei grandi gruppi, un processo che ha favorito molto il mercato delle consulenze» ha spiegato Barucci. Antonio Castagna, Managing partner di Iason, che si occupa proprio di consulenza, ne è testimone diretto: «Personalmente sono convinto che i modelli di pricing elaborati negli ultimi anni siano ormai maturi. Le figure che cerchiamo oggi le definirei “funzionali”, in grado cioè di far funzionare quanto già esiste. Ma, per esserne in grado, il sostrato quantitativo rimane imprescindibile».


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