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Lo sport come modello ispiratore e sede di valori
| Author: Luca Filidei - Alumnus del Master in Progettazione, Costruzione, Gestione delle Infrastrutture Sportive
“Sono il padrone del mio destino. Il capitano della mia anima”, così recitava Nelson Mandela citando “Invictus”, meravigliosa poesia composta dall’inglese William Ernest Henley. Quasi un mantra, durante i 27 anni di reclusione di Madiba, che hanno permesso all’attivista sudafricano di resistere ai soprusi, rappresentando quell’animo indomito capace di ispirare milioni di persone in tutto il mondo. Una frase ripresa anche da Clint Eastwood nell’omonimo lungometraggio, Invictus – L’invincibile (2009), in cui la storia di Mandela si intreccia con quella di François Pienaar, capitano della nazionale di rugby che vinse il Campionato Mondiale nel 1995.
Perché lo sport, ad ogni livello, è da sempre motivo di unione in grado di appianare contrasti, superare odio e bandiere e unire 43 milioni di persone per sospingere la propria squadra a battere gli “invincibili” All Blacks. Uno schema che si è ripetuto anche in occasione di EURO 2020, per noi italiani motivo di grande orgoglio grazie alla vittoria della nazionale allenata da Roberto Mancini che rappresenta l’ennesima conferma del potere dello sport, capace di unire Paesi diversi attraverso la prima competizione europea itinerante.
I 51 incontri previsti sono stati infatti organizzati in 11 città, promuovendo così uno spirito di condivisione che, quasi magicamente, hanno collegato Roma con Baku, Londra con Bucarest, San Pietroburgo con Amsterdam. Una opportunità, anche particolarmente critica data la situazione sanitaria, che però ha costituito un valore aggiunto sotto l’aspetto comunicativo, esportando (anche) esperienze architettoniche, ingegneristiche e gestionali grazie alla riconosciuta visibilità di un evento così seguito.
In tal senso, infrastrutture sportive iconiche come Hampden Park (Glasgow, 1903) hanno condiviso il palcoscenico con stadi di ultima generazione, sancendo un sodalizio tra memoria e innovazione, quest’ultima evidenziata da EURO 2020 per via di impianti di assoluto livello. Temi ormai fondamentali come la sostenibilità, considerata in senso tout court, hanno per esempio costituito la base del rinnovamento della Johan Cruijff Arena (Amsterdam, 1996), attualmente un autentico hub energetico per la propria città, oppure il leitmotiv dell’intera area in cui è localizzata l’Allianz Arena (Monaco di Baviera, 2005).
Per tale ragione, viene quasi spontaneo considerare vincitori di EURO 2020, al pari dell’Italia, anche i 60.000 spettatori che hanno colmato la Puskás Aréna (Budapest, 2019), le migliaia di persone che hanno percorso l’Olympic Way dirette al Wembley Stadium (Londra, 2007), oppure la spettacolare vitalità che ha illuminato fin dalla partita inaugurale il Foro Italico, in cui sventolavano infiniti tricolori poi identificati, in un’indimenticabile serata europea, nell’arco di Wembley, capace di irrompere nella notte londinese come un luminoso manifesto simbolico della tenacia dimostrata dal nostro Paese per uscire dalla crisi pandemica.
Perché in fondo, rammentando alcune frasi di Nelson Mandela, sono i valori, identificati nello spirito di squadra, nella volontà di rialzarsi dalle difficoltà, nell’ambizione di conquistare qualcosa e persino nell’adattarsi, a conferire allo sport il difficile ruolo di ispiratore. E questo indipendentemente dal talento dell’atleta, che dev’essere sempre spinto da “un desiderio, un sogno, una visione” come sosteneva il grande Muhammad Ali. Un uomo, al pari di Madiba, in grado di impersonificare l’essenza più profonda dell’essere sportivo, non soltanto per quegli indimenticabili incontri, ma anche – e direi soprattutto – per la forza dimostrata ad Atlanta ’96, quando ormai indebolito nel fisico, scovò la volontà per emozionare milioni di persone, come a ricordare una sua frase: “Impossibile non è una regola, è una sfida”.
Considerando ciò, il Master in Progettazione Costruzione Gestione delle Infrastrutture Sportive da me frequentato e organizzato da Politecnico di Milano e MIP, pone infatti lo sport al centro del proprio programma, reputando la pratica sportiva in qualità di espressione di questo valore aggiunto: la trasversalità della passione e dei valori sportivi uniti ad un alto livello di formazione scientifica e multidisciplinare che offre uno spettro formativo di elevato prestigio e, allo stesso tempo, di soddisfazione professionale e umana.
L’autore
Luca Filidei
Architetto, laureato al Politecnico di Milano, ho conseguito presso lo stesso Ateneo il Master Universitario di II livello in Progettazione Costruzione Gestione delle Infrastrutture Sportive. Ho svolto attività di ricerca e collaborato con il Comune di Milano in occasione del bilancio partecipativo. Da febbraio scrivo articoli riguardanti le infrastrutture sportive sul web magazine Calcio e Finanza. |