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28 settembre 2020 Condividi

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MIP, EY, Sace: il tridente per affrontare le sfide dell’internazionalizzazione

Dalla Brexit alla pandemia, passando per le guerre commerciali e l’emergenza climatica: sono tanti gli elementi che hanno rivoluzionato le catene del valore globali su cui molte aziende basavano la propria organizzazione. Il cambiamento, però, apre nuovi spazi per le imprese italiane. Che, con le giuste strategie, possono cogliere nuove e importanti possibilità di crescita

 

Fino a pochi mesi fa, il modello economico di molte aziende si basava su catene del valore di scala globale. Le attività produttive erano dislocate in diversi continenti, secondo un principio di convenienza. La Brexit, le guerre commerciali, l’emergenza climatica e, dal 2020, la pandemia, potrebbero cambiare questo paradigma. «Il meccanismo è entrato in crisi», ci spiega il professor Stefano Elia, professore associato di International Business e direttore del programma di corsi brevi in Gestione dell’internazionalizzazione delle imprese presso il MIP Politecnico di Milano. «La risposta a questa battuta d’arresto può essere di due tipi: da una parte potremo assistere alla resilienza del modello attuale, dall’altra a una sua riconfigurazione». Questi sono i due scenari possibili.

 

Tra resilienza e cambiamento: un’opportunità per le imprese italiane

«Nel primo caso», spiega Elia, «assisteremmo a una crescente flessibilità del modello produttivo, accompagnata da una maggiore digitalizzazione. Inoltre, le aziende da una parte potrebbero concentrarsi su ambiti diventati improvvisamente strategici, come il chimico e il medicale; dall’altra, potrebbero puntare sui settori trainati dagli incentivi. Il secondo scenario presenta delle catene di produzione più corte. Si abbandona la scala globale, per riadattarsi a un orizzonte macroregionale. La stessa Unione Europea ha al suo interno una eterogeneità che permette di ridistribuire alcune attività, senza spostarle al di fuori del continente e, anche in questo caso, la digitalizzazione potrebbe giocare un ruolo importante nel favorire l’incremento della qualità sia dei prodotti che dei processi produttivi. Questo scenario presenta almeno tre vantaggi: si evitano guerre commerciali, si tengono a bada i venti nazional-sovranisti e si fa fronte all’emergenza climatica, visto che la catena produttiva diventa più circoscritta».

Ed è qui che potrebbero entrare in gioco le imprese italiane: «Ci sono gli spazi perché possano farsi valere in una competizione in cui diventa fondamentale la qualità, non solo nel b2b ma anche nel b2c. Si ritiene che gli Stati Uniti si riprenderanno in fretta, così come la Germania, la Cina, la Corea del Sud e il Vietnam. Sono quelli alcuni dei paesi a cui guardare, perché tra il 2021 e il 2022 il rimbalzo dei mercati è stimato tra il 5 e l’11%».

 

Verso l’internazionalizzazione: la necessità di una buona strategia

Un’occasione per cui bisogna farsi trovare pronti. «Le imprese hanno due alternative: o diversificano, o escono dai propri confini, andando incontro a una maggiore competizione, ma anche a maggiori opportunità di crescita. L’importante è che questo passaggio sia orientato da criteri di qualità». E con una buona strategia: «Prima di tutto bisogna comprendere l’attrattività del proprio prodotto e sulla base di questo capire quali sono i Paesi che potrebbero essere più interessati. Poi bisogna capire come presentarsi in questi Paesi, adattando la propria offerta alle specificità culturali e istituzionali, ma anche stabilendo se è il caso di entrare da soli o con dei partner. Infine, comprendere quali siano le modalità di finanziamento più adatte. Prestiti a fondo perduto, garanzie e assicurazione dei crediti, aspetti legali e fiscali: nulla va lasciato al caso».

 

MIP, EY e Sace: insieme per le competenze

I corsi brevi in Gestione dell’internazionalizzazione delle imprese del MIP si propongono di fornire gli strumenti per affrontare tutti questi ambiti. «I team che si occupano di internazionalizzazione devono avere una forte capacità di pianificazione strategica, di analisi, di gestione dei processi, ma anche capacità di adattamento e flessibilità, per correggere errori di valutazione o cogliere opportunità non previste. Da questo punto di vista», spiega Elia, «i corsi del MIP garantiscono una formazione che copre gli ambiti del business planning, del management e delle tecnologie digitali funzionali all’internazionalizzazione. La formula vincente sta però nel tridente MIP, EY, Sace: EY, nostro partner e tra le quattro più importanti imprese di advisory e revisione, completa le competenze manageriali offerte dal MIP con competenze di carattere tecnico e professionale, mettendo a disposizione tutto il suo know-how legale, fiscale, di risk management, oltre che dare accesso al suo network di consulenti e di imprese. Sace, l’Agenzia italiana per la promozione degli investimenti internazionali, fornisce una prospettiva di carattere istituzionale, mettendo a disposizione una serie di strumenti molto potenti per il supporto alle aziende in fase di internazionalizzazione ed è intenzionata a farli conoscere il più possibile alle imprese, affinché li utilizzino per cogliere le opportunità insite nello scenario attuale».


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