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28 aprile 2022 Condividi

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Sostenibilita’ e sviluppo di carriere responsabili

| Author: Silvia de Aloe, Ambra Richiedei, Luca Rumi, Chiara Girola

“Non abbiamo un piano B perché non esiste un pianeta B”

Ban-Ki-Moon, Segretario Generale ONU al lancio dei 2030 Sustainable Development Goals

In un’epoca in cui possiamo solo scegliere quanto e come contribuire al piano A, ovvero alla conservazione del pianeta che abbiamo, il tema della sostenibilità si impone necessariamente come metro di misura di ogni nostra azione.

Ciò che chiamiamo sostenibilità ha infatti strettamente a che vedere con le scelte che facciamo e con i criteri che ci diamo per compierle. Quindi anche lo sviluppo di un percorso di carriera, che, come abbiamo detto qui, è esso stesso espressione di responsabilità sociale, non è esente da questo orizzonte.

Ma per comprendere quanto, nei nuovi scenari di sviluppo delle imprese, il tema della sostenibilità è intrecciato ad una carriera di successo dobbiamo innanzitutto addentrarci nel termine stesso “sostenibilità”. Derivato dal latino sustinere, ovvero tenere da sotto, il sostantivo sostenibilità, da cui l’aggettivo sostenibile, viene usato per qualificare scelte di uso delle risorse: “dare risposte sostenibili”, “fare investimenti sostenibili”, ecc. Ci richiama all’esigenza fondamentale di gestire l’oggi garantendo che ci sia un domani per tutti: si genera “sostenibilità” quando si sanno fare scelte di uso delle risorse che rispondono alle esigenze attuali, anticipando la possibilità di gestire anche le esigenze future della comunità.

Per praticare la sostenibilità occorre dunque imparare ad anticipare scenari futuri e utilizzarli come criterio di scelta, prefigurandosi come la scelta stessa d’uso delle risorse impatterà a livello economico, ambientale, sociale sulla gestione interna della comunità aziendale così come della comunità territoriale o della community virtuale di riferimento.

Verrebbe da sintetizzare che allenarsi a generare sostenibilità significa allenarsi ad essere manager d’eccellenza e viceversa: un legame indissolubile in cui la chiave è la continua sollecitazione a mettere in discussione le visioni parziali e gli interessi particolari, formandosi ad assumere una visione d’insieme, di un insieme grande quanto la comunità a cui apparteniamo. Quella della realtà organizzativa in cui siamo inseriti, quella della comunità umana in cui ci è dato di partecipare. E se alla comunità umana apparteniamo de facto, alle comunità organizzative possiamo scegliere di appartenere. E possiamo scegliere come contribuirvi.

Quali sono dunque i criteri su cui le realtà organizzative a cui professionalmente apparteniamo poggiano le proprie scelte d’uso delle risorse economiche, ambientali e umane? Quanto la sostenibilità è un fondamento dell’organizzazione?
E come possiamo contribuire, per il ruolo ricoperto o che potremo sviluppare, a favorire l’uso di criteri che contemplino la sostenibilità come orizzonte?

Sono 3 gli spunti che ognuno di noi può usare per costruire delle risposte e direzionare le proprie proposte:

  • Rispetto all’uso delle risorse ambientali: la sensibilità crescente in merito alla cosiddetta “sostenibilità ambientale” ci mostra quanto questo aspetto sia maggiormente entrato tra i riferimenti di molteplici organizzazioni, molto più della cosiddetta “sostenibilità sociale” che vedremo nell’ultimo punto. Ma, se si vuole allenarsi alla gestione in anticipazione, non accontentandosi di facili operazioni di green washing, possiamo chiederci se l’organizzazione di cui facciamo parte o di cui vogliamo far parte si limita a consumare le risorse ambientali, si impegna per preservarle/tutelarle o si spinge anche a rigenerarle. Così come, ogni giorno, qualunque sia il nostro ruolo, possiamo introdurre e promuovere in qualunque processo aziendale l’uso di criteri di ecosostenibilità, mettendo in circolo la domanda su quanto stiamo dando alle risorse che usiamo possibilità di rigenerazione futura.
  • Rispetto all’uso delle risorse economiche: una gestione sostenibile delle risorse economiche non è solo data dal rapporto positivo tra costi/benefici. Orientare le risorse economico-finanziarie necessita il riferirsi a criteri di scelta: quanto viene dato valore nelle scelte d’uso delle risorse economiche alle ricadute che queste scelte generano a 360 gradi? Come l’organizzazione investe sulla comunità? Sceglie di instaurare rapporti unicamente filantropici o investe per “sostenere” architetture comunitarie durature? E nel ruolo ricoperto, come contribuisco ad orientare scelte di investimento strategico in relazione alle esigenze della comunità (interna ed esterna)? Quali interazioni curo e promuovo per ampliare le possibilità organizzative di condividere anticipazioni circa scenari futuri sostenibili?
  • Rispetto all’uso delle risorse umane: come sarà ormai chiaro dai punti sopra, non si dà sostenibilità ambientale ed economica senza esseri umani competenti nel curare, gestire, studiare usi efficienti e lungimiranti delle risorse. La sostenibilità delle risorse umane passa attraverso l’anticipazione di come possano essere utilizzate e valorizzate dalla comunità (anche organizzativa) le competenze di ognuno, in modo che il patrimonio globale di competenze sia in costante sviluppo e ognuno possa diventare sempre più risorsa nell’offrire il proprio contributo. E allora posso chiedermi: come si muove la mia organizzazione in relazione alla possibilità di mettere in circolo le competenze delle risorse? E nel mio ruolo, come contribuisco a mettere in circolo le competenze? Come interagisco con le altre risorse? Anticipo quali modi di interagire favoriscono od ostacolano la crescita della comunità organizzativa? E fuori dalla mia organizzazione: curo con uguale attenzione la crescita e la messa in circolo di competenze della comunità destinataria dei miei prodotti o servizi, vedendo, oltre il cliente, un cittadino e un membro della medesima comunità umana di cui sono parte e che insieme dobbiamo conservare?

Trasversalmente alle tre dimensioni della sostenibilità (ambientale, economica, sociale,) collocarsi da communityholder, piuttosto che da stakeholder, ovvero da portatore di contributi orientati ad esigenze e obiettivi comuni, e incrementare costantemente le proprie competenze di anticipazione di scenari sono le due sfide che possono consentire di incrementare la corresponsabilità nello sviluppo di scelte organizzative sostenibili.

La sfida della sostenibilità, citando il professor Mario Calderini, “è innovazione”. E’ guardare al futuro, al domani e al dopodomani del nostro pianeta e delle nostre comunità, fatte primariamente di interazioni. Saperle governare responsabilmente, rigenerandone continuamente il valore, diventa oggi una priorità.

Per questo un percorso di carriera da “Responsable Career Leader” misura e sviluppa costantemente le proprie competenze di anticipazione circa l’uso delle risorse. Perché solo il contributo di carriere “ad alto impatto” consentirà di guardare al futuro del pianeta e della nostra comunità umana né con speranza né con timore, ma con l’impegno del progettista di mondi possibili.


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