data science Intelligenza Artificiale Internet of Things machine learning
Le macchine? Sempre più intelligenti
Alla scoperta dell’intelligenza artificiale e del machine learning, tecnologie che cambieranno sempre più rapidamente le nostre abitudini (e quelle delle aziende)
Algoritmi in grado di prevedere i gusti del pubblico. Test capaci di diagnosticare in anticipo una serie di patologie, ma anche quali parti meccaniche hanno maggiori probabilità di rompersi. E, ancora, applicazioni in mille altri campi, dalla guida autonoma alla manifattura, dal riconoscimento vocale al marketing e ai social network. Se il futuro è già oggi, parte del merito è dell’intelligenza artificiale e di una sua sotto-area: il machine learning.
«Il machine learning (alla lettera: apprendimento automatico, ndr) è una disciplina che sviluppa algoritmi in grado di rendere le macchine intelligenti, cioè capaci di imparare dal passato e prendere decisioni sul futuro» spiega Carlotta Orsenigo, professore associato di Computer Science al Politecnico di Milano ed esperta di algoritmi di machine learning.
I vantaggi? «Enormi, anche in termini economici: maggiori ricavi e minori costi. Una migliore previsione della domanda ci permette, per esempio, di ottimizzare il livello delle scorte e di offrire un servizio migliore ai nostri clienti».
Carlotta Orsenigo è anche condirettore di un master della School of Management del Politecnico di Milano pensato per formare data scientist da inserire in contesti anche aziendali. «Il Master Internazionale in Business Analytics and Big Data si rivolge a laureati in materie scientifiche ed economiche con un massimo di cinque anni di esperienza. L’obiettivo è fornire competenze in tre campi distinti: tecnologico, metodologico e di business. Dura un anno, al termine del quale i tassi di occupazione sono altissimi».
Previsione della domanda
La figura chiave del machine learning è il data scientist, figura in grado da un lato di analizzare i dati e sviluppare gli algoritmi che li rendono uno strumento di previsione (e decisione) efficace, dall’altro di interfacciarsi con le figure di riferimento in azienda (responsabile marketing o produzione, per esempio), a seconda dell’obiettivo perseguito.
«Il machine learning può essere utilissimo nel retail, per l’analisi e la previsione della domanda di prodotti e servizi. Si parte dagli acquisti fatti dai clienti nel passato, per prevedere quelli che verranno fatti in futuro. E, in base allo stesso principio, l’algoritmo sarà in grado di dirci che cosa sceglierà il nostro pubblico, in base alle scelte di un pubblico simile, cioè con caratteristiche molto vicine» prosegue Orsenigo.
L’altra faccia della previsione della domanda è rappresentata dalla cosiddetta recommendation, cioè dai suggerimenti che grandi operatori come Amazon e Netflix fanno ai loro clienti. “Hai visto quel film? Ti piacerà anche questo! Cerchi un nuovo libro? Lettori simili a te hanno apprezzato questo titolo”. Funziona, e senza lo zampino dell’uomo: l’intelligenza della macchina, da sola, elabora una gran quantità di dati da cui estrapola significati e tendenze.
Una pluralità di applicazioni
«Un’altra applicazione è nel settore manifatturiero. I dati analizzati possono essere in questo caso quelli forniti dai sensori, e qui entriamo nell’ambito dell’Internet of things (IoT, Internet delle cose, ndr). Ciò permette ad esempio di identificare in anticipo pezzi potenzialmente difettosi e prevenire futuri guasti».
In realtà, il primo ambito di applicazione del machine learning è quello medico-scientifico. «L’analisi delle espressioni geniche, ad esempio, consente di mettere in luce regolarità tra soggetti sani e soggetti malati e permette di progettare test diagnostici mirati» continua Orsenigo.
Importantissimo anche l’ambito del riconoscimento vocale e della centralità della voce, come dimostra il successo di Alexa e di ausili simili. «La nostra generazione preferisce ancora la possibilità di digitare, ma i giovani sono sempre più abituati a usare la voce per interagire con i device».
Ma anche quello dei chatbot, software progettati per simulare una conversazione con un essere umano, che apprendono via via dall’interlocutore (da tono, temi, domande…) in modo da fornire risposte sempre più mirate. O della guida autonoma.
Insomma, il futuro è ancora tutto da scrivere. Anzi, da programmare.