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10 aprile 2020 Condividi

Alumni Flex EMBA Intelligenza Artificiale

Flessibilità, competenze, intelligenza artificiale: la sfida di Logol nasce dal MIP

Marco Farina, alumnus del Flex EMBA 2015, racconta come è nata Logol e che cosa ha appreso dalla partecipazione al master. A partire dalla capacità di lavorare a distanza, usando le nuove tecnologie

Perché intorno alla tecnologia, spesso, è ancora diffuso un sentimento negativo? E perché non si abbracciano appieno le sue potenzialità? Sono le domande da cui è partito Marco Farina, alumnus del Flex EMBA 2015 presso il MIP Politecnico di Milano, per fondare Logol, società svizzera che dal 2017 opera nel campo dell’intelligenza artificiale. «La mia idea», spiega Farina, «è che troppo spesso i servizi di trasformazione digitale siano gestiti in maniera improvvisata. L’obiettivo era e rimane quello di portare competenze vere all’interno delle aziende, competenze che possono tradursi in un reale valore aggiunto per il business. E in questo processo l’intelligenza artificiale gioca ormai un ruolo fondamentale».

I pilastri operativi di Logol

Sono quattro i pilastri su cui si regge il business model di Logol, racconta Farina: «Siamo innanzitutto degli advisor. Il nostro primo obiettivo è sostenere le aziende nel loro avvicinamento all’IA». Il secondo pilastro, invece, si ricollega all’idea da cui Logol è nata: «Nasciamo come una società senza un ufficio fisico. Lo smart working fa parte della nostra mentalità, ed è lo stesso atteggiamento che vogliamo esportare nelle aziende che si rivolgono a noi. Questo processo passa soprattutto dalla migrazione delle infrastrutture dai server al cloud. Nel passaggio di questi dati sensibili, l’aspetto della data security è fondamentale, e l’IA aiuta ad accrescere il livello di sicurezza».

Il terzo pilastro riguarda le business application. «Oggi le aziende devono essere snelle, se vogliono essere competitive. L’oro di oggi sono i dati, quindi la progettualità di un sistema informativo va pensata usando applicativi moderni che permettano di avere una visione olistica dell’azienda».

L’ultimo pilastro riguarda l’IA pura. «Dopo aver razionalizzato le tecnologie e i processi dell’azienda, applichiamo l’intelligenza artificiale alla tecnologia di riferimento, che si tratti di un chatbot, dell’ottimizzazione di uno stock di magazzino o dell’engagement del cliente nell’ecommerce».

Logol fa della flessibilità uno dei suoi punti di forza e opera sia con imprese medio-piccole sia con aziende più grandi: «Nel mondo dello small e medium business ci poniamo come unici interlocutori, perché andiamo a ridisegnare totalmente il loro approccio tecnologico», spiega Farina. «Nel rapporto con le imprese più grandi, con cui non abbiamo un rapporto esclusivo, esprimiamo le nostre competenze in ambiti più specifici».

L’esperienza Flex Emba: prove generali di flessibilità

Prima di fondare una realtà di business così innovativa, Marco Farina ha frequentato il Flex EMBA. Un’esperienza che gli è stata utile da diversi punti di vista: «Innanzitutto sentivo il bisogno di irrobustire il bagaglio delle mie competenze. Presso il Politecnico avevo già studiato ingegneria informatica, ma dovevo ancora acquisire le nozioni necessarie alla comprensione e alla gestione dei processi aziendali». Il master ha anche permesso a Farina di stringere relazioni importanti con i suoi colleghi: «Il rapporto con loro era fantastico, e lo è ancora, visto che siamo ancora in contatto. Ad accomunarci, ora come allora, è la voglia di metterci continuamente in gioco con l’obiettivo di migliorare. La possibilità di confrontarsi con persone dai background formativi molto diversi, adottando così punti di vista sempre nuovi, era un vero e proprio valore aggiunto». Il formato FLEX si sposava poi alla perfezione con le esigenze di quel particolare periodo della sua carriera: «Era un momento decisamente impegnativo, la flessibilità era fondamentale». Una flessibilità che si è tradotta in un banco di prova importante, su cui sviluppare quelle modalità di lavoro smart su cui poi sarebbe nata Logol: «Per due anni ci siamo abituati a interagire da remoto come se fossimo uno di fronte all’altro. Questo è fondamentale: si tratta di pratiche che noi, come imprenditori e dirigenti, dobbiamo trasmettere ai collaboratori. I lavoratori del futuro saranno persone che interagiranno in questo modo».


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