«Se il pilota di un’azienda è il CEO, il ruolo di co-pilota spetta senz’altro al CFO». La dichiarazione di Matteo Rinaldi, CFO di Sandoz Italia e già allievo della Graduate School of Business del Politecnico di Milano, esprime bene il ruolo centrale che oggi rivestono i direttori finanziari negli organigrammi aziendali. Il Chief Financial Officer negli ultimi cinque-sei anni ha conosciuto un’evoluzione molto rapida, che l’ha portato a una sempre maggiore partecipazione ai processi decisionali. Matteo Rinaldi ne ha parlato recentemente nel corso di una presentazione online dell’International Part Time MBA del MIP Politecnico di Milano.
Le quattro funzioni principali della sezione finanziaria di un’azienda possono essere viste come una piramide con alla base l’elaborazione dati e, man mano che si sale, la rendicontazione e il controllo, fino al vertice che è costituito dal supporto al processo decisionale. «Fino a qualche anno fa le prime tre funzioni erano preponderanti. Negli ultimi tempi, invece, la partecipazione ai processi decisionali ha assunto un peso sempre maggiore, a discapito delle altre tre» ha spiegato Matteo Rinaldi. «Elaborazione dati, rendicontazione e controllo hanno perso peso non solo in proporzione alla ‘Business partnership’ ma anche in valori assoluti. Infatti, una buona parte di quelle attività è migrata verso servizi centralizzati a livello aziendale. Ciò fa sì che nelle aziende multinazionali i team finanziari di ciascun paese siano numericamente più snelli che in passato, e che le attività dei CFO siano ora molto più focalizzate sul business».
Oggi il Chief Financial Officer misura il proprio successo sulla base dell’impatto che la sua attività ha sul business, piuttosto che sulla semplice accuratezza delle cifre e della rendicontazione. Questa evoluzione non va però intesa come spostamento da un modello a un altro, ma come l’aggiungersi di nuove funzioni a quelle originarie. «In Sandoz abbiamo sintetizzato questo processo con la frase ‘We drive the business to create value’. La base del nostro lavoro resta la capacità di leggere i dati, ma oggi dobbiamo anche essere capaci di interpretarli per prendere decisioni strategiche. Il primo passo è l’accuratezza dei dati, aspetto non banale, se è vero che, secondo una ricerca dell’Harvard Business Review, circa il 47% delle raccolte di dati contiene almeno un errore critico. In secondo luogo dobbiamo ‘unire i puntini’ dell’organizzazione, approfittando della trasversalità del settore finanziario rispetto alle altre funzioni aziendali. Accanto alle hard skills, sono poi importantissime anche le soft skills, necessarie, oltre che per gestire le persone, anche per negoziare e per capire tutti gli aspetti della propria azienda».
In sintesi, nel passato il CFO era soprattutto un contabile: il suo approccio era descrittivo e guardava al passato. Oggi è diventato un business partner, che deve essere dotato di competenze analitiche e adottare un approccio predittivo, quindi rivolto al futuro. «Il prossimo passo è rappresentato dal diventare un abilitatore strategico. Abbiamo cioè bisogno di usare sempre più le tecnologie digitali, di adottare un modello operativo agile. E di trasformare l’azienda in una ‘data driven organization’: oggi abbiamo a che fare con un’enorme quantità di dati, ma molti non sanno come impiegarli. Sandoz, in collaborazione con il Politecnico di Milano, sta usando strumenti di Intelligenza Artificiale per costruire un modello previsionale che le consenta di produrre con maggiore precisione la giusta quantità di ciascuno dei suoi 800 prodotti».