Il MIP, la Graduate School of Business del Politecnico di Milano, ha avviato con la società di consulenza indipendente The Mind at Work una partnership innovativa che punta a rivedere quella che è generalmente considerata l’essenza stessa di un’impresa.
Si tratta di una collaborazione che valorizza due eccellenze in campi distinti e che introduce un nuovo modo di creare valore per l’impresa, perché integra nella strategia del business la prospettiva dell’esperienza umana.
Questa partnership ha avuto il suo avvio con il riallineamento del purpose, dei valori e della cultura del MIP, che a sua volta imprimerà un cambiamento profondo al proprio orientamento strategico e al suo approccio alla formazione.
Di seguito parleremo di come l’abilità da parte di The Mind at Work di integrare il purpose all’interno della definizione e messa in atto della strategia, insieme alla lunga tradizione di innovazione del MIP e al suo rigoroso approccio metodologico, possano creare un nuovo tipo di organizzazione. Un’organizzazione dalle prestazioni elevate, e al tempo stesso fondata su una definizione alta della propria finalità, del proprio significato e di ciò che costituisce stakeholder value.
Il legame tra un futuro migliore e le business school – La sfida del MIP:
“The business of business is business”. Il paradigma che ha dominato la teoria e la pratica del management negli ultimi 50 anni, è ora messo in discussione sotto molti punti di vista. L’impatto di questo modello tradizionale viene sempre più spesso percepito come causa di disuguaglianza economica, di degrado ambientale e di esclusione sociale. Esiste oggi una nuova generazione di leader emergenti, determinati a dare al business uno scopo che vada oltre la visione ristretta del “profitto sopra ogni cosa”.
Le organizzazioni si trovano di fronte a una scelta cruciale: farsi guidare dal solo profitto o riconsiderare da cima a fondo il ruolo che hanno nella società. Sono chiamate a rendersi conto che il profitto è un mezzo per scopi più elevati. In una parola, devono mirare a una finalità che abbia un impatto positivo su tutto il sistema di cui sono parte, e non solo sul bilancio.
In quanto parte di questa trasformazione, le stesse business school devono adattare i loro obiettivi. Non si devono limitare a formare le persone affinché abbiano carriere di successo, ma spingerle a perseguire finalità più alte, più ampie e collettive, superando la falsa contrapposizione tra purpose e profitto.
Scegliendo una partnership startegica con The Mind at Work, che vanta una grande esperienza nella conoscenza e applicazione del purpose alla leadership, alla cultura e alla strategia aziendali, il MIP ha deciso di impegnarsi in questa sfida svolgendo un ruolo proattivo e innovativo.
Federico Frattini, Dean del MIP, spiega: «Vogliamo ispirare e stimolare i nostri studenti e le organizzazioni con cui lavoriamo a contribuire attivamente alla costruzione di un futuro migliore per tutti, ripensando in maniera profonda il ruolo che deve avere un leader in questa trasformazione. Nel tentativo di sviluppare queste competenze, ossia la capacità di connettere la dimensione manageriale più esterna con i valori e le passioni che ci motivano, abbiamo scelto di farci affiancare da The Mind at Work, una squadra di professionisti entusiasti che da decenni aiuta le organizzazioni a raggiungere risultati straordinari grazie al potere che deriva dall’agire guidati da un purpose scelto con consapevolezza».
L’essere umano al centro
Le business school sono il luogo in cui si formano i corporate leader di domani e vantano una posizione unica per agire da catalizzatori di questo cambiamento radicale. Il lavoro richiesto per rispondere alla domanda fondamentale: “Sì, ma come?” è però solo all’inizio.
Il direttore e co-fondatore di The Mind at Work, Darren Rudkin, è entusiasta di lavorare insieme a una business school innovativa e internazionale come il MIP.
«Da anni desideravo lavorare con una business school. Ho capito da subito che il cambiamento voluto da Federico non era superficiale; vuole davvero che il MIP metta al centro l’essere umano, a cominciare dalla stessa business school».
«Condividiamo l’obiettivo di ispirare una trasformazione profonda del paradigma dominante, che la maggior parte delle organizzazioni ha seguito per 50 anni».
Darren ha proseguito sottolineando l’importanza di evitare alcune trappole che hanno cominciato a emergere nel momento in cui “purpose” è diventato un termine sulla bocca di tutti.
«C’è il rischio concreto che “purpose” diventi una parola nuova per un’idea vecchia, ad esempio il banale riconfezionamento del concetto di “mission”. Ma il purpose non è questo; è una forza umana essenziale, che si manifesta nella nostra capacità di infondere significato ed energia in ciò per cui ci impegniamo».
«Non è un sinonimo di “sostenibilità” o di “visione”, e allo stesso modo è sbagliato affermare che purpose si contrapponga a profitto, perché non sono concetti alternativi. Laddove termini come “sostenibilità” o “responsabilità sociale d’impresa” si concentrano soprattutto sul “cosa” e sul “come”, il purpose sottolinea il “perché”, il senso profondo, e fornisce l’energia capace di trasformare il “business as usual” in qualcosa il cui significato ispira e connette le persone».
«Il purpose rappresenta il momento presente, una forza viva e utile a guidare i leader nell’affrontare le proprie responsabilità, nel fare scelte spesso non facili e nell’agire in modo sempre consapevole. Per questo il leader guidato dal purpose riesce ad essere pienamente cosciente, pieno di energia e concentrato su qualcosa che va molto al di là del compito specifico da portare a termine».
«Sono entusiasta di poter avvicinare il MIP e la sua vivace comunità di studenti ad una conoscenza approfondita del purpose e alla sua applicazione».
Se c’è un purpose, i risultati seguono
A mettere in contatto il MIP e The Mind at Work è stato l’ex AD di Moleskine, Arrigo Berni, oggi adjunct professor presso la business school e partner di The Mind at Work Italy: «La mia esperienza è che, all’inizio, trovare l’equilibrio tra la pressione di dover raggiungere determinati risultati di carattere finanziario e il restare fedeli a un purpose più alto, sembra una missione impossibile».
«Ma alla fine ho capito che questa dicotomia è, in realtà, falsa: se si riesce a costruire un’azienda di persone che condividono un purpose comune, i risultati sono una diretta conseguenza. Non c’è una contraddizione tra questi due elementi.
«Questo non significa dover abbandonare gli strumenti tradizionali di analisi, ma adoperarli per sviluppare e mettere in atto il purpose. E The Mind at Work sa come fare»
Il purpose, dunque, alla base di tutto. Ma deve essere autentico.
Spiega Darren: «Il purpose è un’opportunità per non continuare a fare le stesse cose di prima. Le organizzazioni sono come gli esseri umani. Dopo un po’, tendono a perdere quella consapevolezza che magari avevano all’inizio».
«Lavorare seguendo un purpose, invece, richiede una consapevolezza continua. Ma è molto facile ricadere nelle vecchie abitudini. Inoltre, trattandosi di un cambio di paradigma che ha conseguenze anche sulla struttura e sul modus operandi aziendali, non sempre tutti gli attori in campo sono pronti a recepire questi cambiamenti».
«Ma la difficoltà più grande consiste nel comprendere a fondo che purpose non è solo una parola. Non basta pronunciarla, per mettere in atto il cambiamento: bisogna comprenderne a fondo il significato».
Una didattica guidata dal purpose
Il MIP, che ha già ottenuto la certificazione B Corp, assegnata a quelle aziende e organizzazioni che hanno “l’obiettivo di diffondere un paradigma di business più evoluto”, vuole continuare su questa strada.
«La nostra aspirazione», conclude Federico, «è formare e ispirare leader e decision maker più consapevoli, autenticamente coinvolti nel costruire una società più responsabile».
«Lavoreremo innanzitutto sulla nostra cultura aziendale, per far sì che il cambiamento sia autentico. E poi ripenseremo il cuore delle business school, ossia gli MBA e gli EMBA, per adottare formati didattici orientati dal purpose».
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