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26 febbraio 2019 Condividi

emba HR leadership

Il manager di oggi (e di domani)

Il mercato del lavoro del prossimo futuro passerà attraverso manager aperti al cambiamento e capaci di evolversi. La quarta rivoluzione industriale, ovvero la presenza della tecnologia in numerose attività prima svolte esclusivamente dall’uomo, minaccia alcune figure professionali, promette di crearne delle nuove, e richiede uno sforzo di adattamento a tutti, in particolare a chi riveste ruoli decisionali.

Quella del manager è una delle professioni che ha meno da temere dai cambiamenti in atto, e anzi assume un ruolo sempre più centrale. Ma proprio per questo i manager hanno più degli altri bisogno di aggiornare le proprie competenze in base alla continua evoluzione degli scenari. Quell’evoluzione che sono chiamati a interpretare e gestire.

Il Future of Jobs Report 2018, pubblicato dal World Economic Forum, indica le professioni legate al ragionamento e alla presa di decisioni, e quelle legate al coordinamento, allo sviluppo, alla gestione e alla consulenza, come le due categorie in cui il rapporto fra ore lavorate da umani e da macchine resterà più decisamente a vantaggio dei primi. Ma nel medesimo report si sottolinea anche che entro il 2022, a non meno del 54% dei manager verrà richiesto un re-skilling e upskilling significativo. Molte delle aziende intervistate hanno dichiarato la loro intenzione di concentrare i loro sforzi di aggiornamento delle competenze sui dipendenti che ricoprono ruoli ad alto valore aggiunto.

Il manager del futuro, chiamato a operare in una società complessa che cambia continuamente e a ritmi molto rapidi, necessita da un lato di hard skill sempre nuove, soprattutto in ambito tecnologico, e dall’altro di soft skills come il pensiero analitico, la resilienza, la creatività, l’intelligenza emotiva, la flessibilità. Se n’è parlato anche nella tavola rotonda “Human skills and drivers for change”, tenutasi lo scorso 2 febbraio presso il MIP Politecnico di Milano nel corso del primo EMBA Day 2019 (l’evento fa parte del ciclo “Practising Leadership”, il cui prossimo appuntamento è previsto il 6 marzo sul tema “Empower your career”). In quella occasione, Pino Mercuri, Direttore delle Risorse Umane di Microsoft Italia, si è soffermato fra l’altro sul tema dell’obsolescenza delle competenze nell’IT. “Una competenza ingegneristica o tecnologica media ha una shelf life tra i 24 e i 48 mesi – ha dichiarato Mercuri –. Non abbiamo però chiarezza totale e completa delle competenze che saranno necessarie nel prossimo futuro. Parliamo di Machine Learning, di AI, di IoT, ma spesso sono più delle password che non dei reali concetti”.

A fronte di questa crescente instabilità delle competenze richieste, assumono sempre più importanza la capacità di apprendere e la motivazione a farlo lungo tutto l’arco della vita lavorativa. “In Microsoft abbiamo cercato di mettere tutti in condizioni di capire che apprendere non solo è necessario ma è anche un elemento di valutazione – ha proseguito Mercuri –. Nel nostro sistema di performance management chiediamo di dichiarare cosa si intende fare per crescere e apprendere, e la risposta a quella domanda viene verificata nel successivo step di valutazione”.

L’head hunter Jacopo Pasetti, anch’egli presente all’incontro, ha posto l’attenzione su due concetti, consapevolezza e passione: “La consapevolezza va intesa come comprensione del nostro percorso professionale e di quello che ci piace davvero. È necessaria perché l’aggiornamento continuo richiesto dalla veloce evoluzione delle competenze non venga percepito come un peso. Perciò bisogna scegliere il proprio percorso di carriera non in base alle mode del momento ma seguendo le proprie passioni, oltre a una strategia chiara”.

L’importanza delle soft skill non deve però portare a trascurare le hard skill. “Siamo in un momento storico in cui stanno cercando di convincerci che la competenza e la cultura non siano poi così importanti – ha sottolineato Fulvia Fiaschetti, Global Talent Acquisition Associate Director di Amplifon –. Io credo invece che il mondo delle aziende con grande forza si opponga a questo tipo di pensiero”. La competenza tecnica, secondo la manager, è richiesta soprattutto all’ingresso in azienda, mentre le soft skill si formano dopo e servono a compiere passi ulteriori. Comunicazione, empatia, forward thinking sono competenze che non si apprendono sui libri.

La necessità di imparare in fretta porta poi alla diffusione di una cultura dell’errore, intesa come invito a osare e a sperimentare continuamente, utilizzando anche i fallimenti come modalità di apprendimento. “L’errore non solo è possibile ma è necessario per acquistare sempre più competenze – ha fatto notare ancora Pino Mercuri –. Se si sta sbagliando, è probabilmente perché si sta cercando davvero di innovare”.

 

 

 


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