Le imprese non puntano solo al profitto: lo studio del Politecnico di Milano e dell’Università di Bologna analizza le organizzazioni ibride, aziende che integrano sostenibilità e crescita economica. Focus sulle B Corp, con due macro-tipi di condizione ibrida: missione sociale interna o strategia di mercato. Un modello per il futuro del business sostenibile.
Nel panorama economico attuale, caratterizzato da crisi ambientali e sociali sempre più urgenti, le imprese non possono più limitarsi a massimizzare il profitto. Cresce la consapevolezza che il successo aziendale debba essere misurato non solo in termini finanziari, ma anche in base all’impatto sociale e ambientale generato. In questo contesto si inseriscono le organizzazioni ibride, ovvero quelle imprese che si distinguono per integrare una logica sia sociale che economica nel modo di fare impresa.
Ma cosa significa realmente essere un’organizzazione ibrida? Lo studio condotto da Leonardo Boni, Assistant Professor della POLIMI School of Management del Politecnico di Milano, e afferente al centro di ricerca TIRESIA, insieme a Riccardo Fini e Laura Toschi dell’Università di Bologna, analizza la natura e misura le varie sfaccettature della condizione ibrida all’interno di un campione di imprese italiane che possiedono la certificazione B Corp, uno standard ottenuto da imprese for-profit che possiedono alti livelli di performance sociali ed ambientali.
Lo studio propone una scala di misurazione dell’ibridazione che si sviluppa su tre livelli principali:
- L’emergere della condizione ibrida – Perché un’azienda decide di perseguire obiettivi sociali insieme a quelli economici? Le motivazioni possono essere strategiche (migliorare la reputazione, attrarre nuovi clienti sensibili alla sostenibilità) o più profonde, legate alla visione etica dell’imprenditore e all’influenza di stakeholder esterni.
- L’integrazione della dimensione sociale – Non basta dichiarare un impegno verso la sostenibilità, serve tradurlo in azioni concrete. Le imprese ibride devono poter sviluppare competenze specifiche per gestire al meglio il duplice obiettivo economico e sociale, adottano processi interni per allineare governance e strategia d’impresa, e creano meccanismi di incentivazione per i dipendenti.
- Lo sviluppo della tesi di impatto – Le imprese ibride non si devono limitare a mitigare gli effetti negativi della loro attività, ma devono puntare a creare un impatto positivo duraturo. Questo approccio richiede la definizione di una chiara tesi di impatto: quali obiettivi sociali e ambientali si vogliono raggiungere? Come misurarli?
Dall’analisi di 101 B Corp italiane, lo studio ha identificato e validato una scala di misurazione con quattro fattori: (i) l’interpretazione strategica dell’impatto sociale; (ii) le dinamiche individuali e imprenditoriali; (iii) la diffusione di competenze organizzative; e (iv) l’influenza degli attori esterni. Da questa scala, lo studio ha prodotto come risultato due macro-tipi di imprese ibride:
- Le B Corp orientate all’identità interna – Imprese che nascono con una missione sociale forte e la incorporano in ogni aspetto della loro strategia. Per loro, il profitto è un mezzo per amplificare l’impatto positivo.
- Le B Corp orientate al mercato – Aziende che adottano il modello B Corp per differenziarsi, attrarre investimenti e rispondere a pressioni esterne (clienti, fornitori, istituzioni).
Questo studio aiuta la comprensione di come e quanto un’impresa coglie una condizione ibrida, supportando il percorso di innovazione e di aggiustamento di pratiche e processi fondamentali alla generazione di impatti sociali positivi. Da questo paper si supera la divisione tra profit e non-profit, ma si propone alle due anime di poter coesistere in modelli organizzativi che possono essere misurati e realizzati.