Sostenibilita’ e sviluppo di carriere responsabili

“Non abbiamo un piano B perché non esiste un pianeta B”

Ban-Ki-Moon, Segretario Generale ONU al lancio dei 2030 Sustainable Development Goals

In un’epoca in cui possiamo solo scegliere quanto e come contribuire al piano A, ovvero alla conservazione del pianeta che abbiamo, il tema della sostenibilità si impone necessariamente come metro di misura di ogni nostra azione.

Ciò che chiamiamo sostenibilità ha infatti strettamente a che vedere con le scelte che facciamo e con i criteri che ci diamo per compierle. Quindi anche lo sviluppo di un percorso di carriera, che, come abbiamo detto qui, è esso stesso espressione di responsabilità sociale, non è esente da questo orizzonte.

Ma per comprendere quanto, nei nuovi scenari di sviluppo delle imprese, il tema della sostenibilità è intrecciato ad una carriera di successo dobbiamo innanzitutto addentrarci nel termine stesso “sostenibilità”. Derivato dal latino sustinere, ovvero tenere da sotto, il sostantivo sostenibilità, da cui l’aggettivo sostenibile, viene usato per qualificare scelte di uso delle risorse: “dare risposte sostenibili”, “fare investimenti sostenibili”, ecc. Ci richiama all’esigenza fondamentale di gestire l’oggi garantendo che ci sia un domani per tutti: si genera “sostenibilità” quando si sanno fare scelte di uso delle risorse che rispondono alle esigenze attuali, anticipando la possibilità di gestire anche le esigenze future della comunità.

Per praticare la sostenibilità occorre dunque imparare ad anticipare scenari futuri e utilizzarli come criterio di scelta, prefigurandosi come la scelta stessa d’uso delle risorse impatterà a livello economico, ambientale, sociale sulla gestione interna della comunità aziendale così come della comunità territoriale o della community virtuale di riferimento.

Verrebbe da sintetizzare che allenarsi a generare sostenibilità significa allenarsi ad essere manager d’eccellenza e viceversa: un legame indissolubile in cui la chiave è la continua sollecitazione a mettere in discussione le visioni parziali e gli interessi particolari, formandosi ad assumere una visione d’insieme, di un insieme grande quanto la comunità a cui apparteniamo. Quella della realtà organizzativa in cui siamo inseriti, quella della comunità umana in cui ci è dato di partecipare. E se alla comunità umana apparteniamo de facto, alle comunità organizzative possiamo scegliere di appartenere. E possiamo scegliere come contribuirvi.

Quali sono dunque i criteri su cui le realtà organizzative a cui professionalmente apparteniamo poggiano le proprie scelte d’uso delle risorse economiche, ambientali e umane? Quanto la sostenibilità è un fondamento dell’organizzazione?
E come possiamo contribuire, per il ruolo ricoperto o che potremo sviluppare, a favorire l’uso di criteri che contemplino la sostenibilità come orizzonte?

Sono 3 gli spunti che ognuno di noi può usare per costruire delle risposte e direzionare le proprie proposte:

  • Rispetto all’uso delle risorse ambientali: la sensibilità crescente in merito alla cosiddetta “sostenibilità ambientale” ci mostra quanto questo aspetto sia maggiormente entrato tra i riferimenti di molteplici organizzazioni, molto più della cosiddetta “sostenibilità sociale” che vedremo nell’ultimo punto. Ma, se si vuole allenarsi alla gestione in anticipazione, non accontentandosi di facili operazioni di green washing, possiamo chiederci se l’organizzazione di cui facciamo parte o di cui vogliamo far parte si limita a consumare le risorse ambientali, si impegna per preservarle/tutelarle o si spinge anche a rigenerarle. Così come, ogni giorno, qualunque sia il nostro ruolo, possiamo introdurre e promuovere in qualunque processo aziendale l’uso di criteri di ecosostenibilità, mettendo in circolo la domanda su quanto stiamo dando alle risorse che usiamo possibilità di rigenerazione futura.
  • Rispetto all’uso delle risorse economiche: una gestione sostenibile delle risorse economiche non è solo data dal rapporto positivo tra costi/benefici. Orientare le risorse economico-finanziarie necessita il riferirsi a criteri di scelta: quanto viene dato valore nelle scelte d’uso delle risorse economiche alle ricadute che queste scelte generano a 360 gradi? Come l’organizzazione investe sulla comunità? Sceglie di instaurare rapporti unicamente filantropici o investe per “sostenere” architetture comunitarie durature? E nel ruolo ricoperto, come contribuisco ad orientare scelte di investimento strategico in relazione alle esigenze della comunità (interna ed esterna)? Quali interazioni curo e promuovo per ampliare le possibilità organizzative di condividere anticipazioni circa scenari futuri sostenibili?
  • Rispetto all’uso delle risorse umane: come sarà ormai chiaro dai punti sopra, non si dà sostenibilità ambientale ed economica senza esseri umani competenti nel curare, gestire, studiare usi efficienti e lungimiranti delle risorse. La sostenibilità delle risorse umane passa attraverso l’anticipazione di come possano essere utilizzate e valorizzate dalla comunità (anche organizzativa) le competenze di ognuno, in modo che il patrimonio globale di competenze sia in costante sviluppo e ognuno possa diventare sempre più risorsa nell’offrire il proprio contributo. E allora posso chiedermi: come si muove la mia organizzazione in relazione alla possibilità di mettere in circolo le competenze delle risorse? E nel mio ruolo, come contribuisco a mettere in circolo le competenze? Come interagisco con le altre risorse? Anticipo quali modi di interagire favoriscono od ostacolano la crescita della comunità organizzativa? E fuori dalla mia organizzazione: curo con uguale attenzione la crescita e la messa in circolo di competenze della comunità destinataria dei miei prodotti o servizi, vedendo, oltre il cliente, un cittadino e un membro della medesima comunità umana di cui sono parte e che insieme dobbiamo conservare?

Trasversalmente alle tre dimensioni della sostenibilità (ambientale, economica, sociale,) collocarsi da communityholder, piuttosto che da stakeholder, ovvero da portatore di contributi orientati ad esigenze e obiettivi comuni, e incrementare costantemente le proprie competenze di anticipazione di scenari sono le due sfide che possono consentire di incrementare la corresponsabilità nello sviluppo di scelte organizzative sostenibili.

La sfida della sostenibilità, citando il professor Mario Calderini, “è innovazione”. E’ guardare al futuro, al domani e al dopodomani del nostro pianeta e delle nostre comunità, fatte primariamente di interazioni. Saperle governare responsabilmente, rigenerandone continuamente il valore, diventa oggi una priorità.

Per questo un percorso di carriera da “Responsable Career Leader” misura e sviluppa costantemente le proprie competenze di anticipazione circa l’uso delle risorse. Perché solo il contributo di carriere “ad alto impatto” consentirà di guardare al futuro del pianeta e della nostra comunità umana né con speranza né con timore, ma con l’impegno del progettista di mondi possibili.

Corporate Advisory Board: al via il nuovo asse strategico della partnership MIP & JCU

Aderenza alle esigenze dell’ecosistema locale, attenta analisi dei nuovi trend globali e la sfida di innovare il mondo del management: MIP Politecnico di Milano e John Cabot University arricchiscono il valore della loro partnership grazie all’istituzione del Corporate Advisory Board.

Il lancio del nuovo organo a supporto dei piani formativi delle due scuole – tra cui l’Executive MBA Part Time Roma – permetterà di mantenere focus e comprensione delle nuove tendenze di mercato come delle necessità reali (presenti e future) delle imprese, anticipando i cambiamenti e garantendo agli allievi un’esperienza didattica efficace a 360°, oggi e domani.

Il Corporate Advisory Board avrà una funzione centrale nella definizione ed erogazione dei programmi: esso avrà difatti un ruolo fondamentale nell’analisi dei bisogni, incoraggerà il dialogo e il networking tra leader di aziende di alto livello, capitalizzando le esperienze manageriali dei propri membri che hanno o hanno avuto ruoli di rilievo in realtà rilevanti del territorio romano.

Nella selezione delle aziende a bordo, la scelta è ricaduta su una compagine di personalità in prima linea a livello globale ma al contempo consapevoli delle esigenze locali: tra coloro che a oggi hanno già confermato la loro partecipazione, si annoverano imprese del calibro di Webuild, Manpower, YourGroup.

“Siamo lieti di aver avviato questo nuovo progetto con l’ausilio delle aziende che finora hanno risposto positivamente a una collaborazione di simile portata. Il lancio del nuovo Corporate Advisory Board non solo rappresenta l’occasione di amplificare l’esperienza didattica dei partecipanti con un nuovo modello di formazione Executive, ma anche l’opportunità reciproca di canalizzare il valore delle competenze – sia dei suoi membri che delle nostre scuole – in un’ottica di scambio e arricchimento vicendevole” queste le parole di Antonella Moretto, Associate Dean for Open Programs della Business School del Politecnico di Milano.

Purpose Talks – Sostenibilità e Purpose, la chiave per affrontare le sfide odierne

L’idea di un “higher purpose” non può prescindere dal tema della sostenibilità. Le imprese oggigiorno, sono chiamate ad innovare il proprio modo di competere, facendo leva sulla sostenibilità ambientale e sociale, e la governance.

Quali sono le sfide che le imprese devono fronteggiare rispetto a questi tre aspetti macro della sostenibilità?

Quali potrebbero essere le trasformazioni che necessariamente impatteranno sulle logiche aziendali?

In che modo si elabora una strategia “sostenibile”?

Giovedì, 21 aprile, partecipa al terzo appuntamento del ciclo Purpose Talks su questo tema. Si tratta del ciclo di eventi MIP che prevede la partecipazione di docenti, consulenti, manager aziendali e coach per comprendere come aziende e organizzazioni si stiano muovendo concretamente verso un nuovo modello d’impresa ispirato su un “higher purpose” e che vede le persone e la società come elementi fondamentali per creare un business di successo.

 

Relatori

Francesco Ferrara, Assurance partner e ESG Leader – PwC in Italia

Josip Kotlar, Professore Associato di Strategy, Innovation and Family Business presso il MIP Politecnico di Milano

Antonella Moretto, Associate Dean for Open Programs al MIP Politecnico di Milano

 

L’evento si tiene in lingua inglese

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Something Big is Changing. Us.

Qualcosa di importante sta cambiando. Noi.

Chi frequenta il nostro campus probabilmente se n’è accorto. Ovunque appaiono tre parole: Make, Connect, Ignite.

Cosa sono? Sono la nostra nuova trajectory, la Scuola che vogliamo diventare.

Make, perché vogliamo essere una Business School dove sporcarsi le mani, perché è facendo che si impara.
La Business School che vogliamo essere è un luogo dove crescere e dove avere la libertà di commettere degli errori. Perché è sbagliando che si impara. E solo chi non fa, non sbaglia mai.
La Business School che vogliamo essere è uno spazio che stimoli la creatività e l’ideazione di soluzioni concrete ai problemi più importanti che le imprese e la società stanno oggi affrontando.

Connect, perché quale luogo è più adatto di una Scuola per scambiarsi idee, confrontarsi, sentirsi parte di qualcosa di grande? La Business School che vogliamo essere, infatti, è un luogo che sentiamo nostro, nostro perché fatto delle relazioni autentiche che costruiamo ogni giorno.
La Business School che vogliamo essere è quella in cui siamo consapevoli di essere parte di un tutto, uniti nei successi così come nelle sfide.
La Business School che vogliamo essere è una Business School capace di creare connessioni, perché è dalle connessioni che nasce l’innovazione.

E infine, ignite, perché basta una scintilla per far nascere grandi idee. Basta una scintilla per fare la differenza. Basta una scintilla per costruire un futuro migliore per tutti.
Guidati dal nostro purpose, quella scintilla vogliamo essere noi.

Make, connect, ignite. Tre parole che nascono da un profondo percorso di cambiamento che parte da lontano, dalla riflessione – avviata all’inizio del 2020 – su quale fossero i valori fondanti della nostra Scuola, quale il nostro purpose.

Accompagnati da The Mind at Work, abbiamo capito chi vogliamo essere, dove vogliamo andare e soprattutto perché lo vogliamo fare. Abbiamo trovato nel nostro purpose – we are committed to inspire and partner with innovators to shape a better future for all – un faro che orienta e che orienterà le nostre azioni.

Questo è solo il primo passo. Pronti a scoprire con noi i prossimi?

Vicini alla popolazione Ucraina: un piccolo gesto per fare la differenza

Dallo scorso 24 febbraio il conflitto in Ucraina sta causando un numero sempre crescente di vittime civili, distruggendo i mezzi di sussistenza e danneggiando infrastrutture civili di critica importanza, tra cui centinaia di case, infrastrutture idriche, scuole e strutture sanitarie.

Chiamiamo quindi a raccolta tutta la community di MIP Politecnico di Milano per dare un contributo e supportare la popolazione colpita!

Siamo più di 25000 persone e insieme possiamo dare un grande contributo.

Insieme ad AVSI, l’ONG basata a Milano che opera in 38 paesi del mondo, vogliamo fare in modo che il nostro supporto arrivi concretamente a Leopoli. Questa città dell’Ucraina, a causa della sua vicinanza al confine, è stata ed è la destinazione di molti sfollati che hanno lasciato la parte orientale e settentrionale del Paese.

Con il nostro aiuto, possiamo dare sostegno concreto in materia di salute e protezione alle persone vulnerabili e agli sfollati interni in Ucraina contribuendo a:

  • fornire servizi alimentari e non alimentari essenziali
  • garantire servizi di sostegno psicosociale
  • dare accesso a materiale sanitario e medicinali di base

MIP POLITECNICO DI MILANO GRADUATE SCHOOL OF BUSINESS HA DECISO DI DONARE 10.000 € PER QUESTA CAUSA, CHE SPERIAMO POSSA STIMOLARE LA GENEROSITA’ DELLA NOSTRA COMMUNITY. UN PICCOLO GESTO MOLTIPLICATO PER 25.000 PUÒ DIVENTARE UN GRANDE GESTO!

DONA QUI

Online MBA Ranking 2022: il MIP Politecnico di Milano si conferma tra i primi al mondo

Secondo il Financial Times e QS Quacquarelli Symonds anche per il 2022 l’international Flex MBA  della School of Management del Politecnico di Milano è tra i migliori al mondo, rispettivamente al sesto e undicesimo posto.

MIP Politecnico di Milano, la Graduate School of Business che fa parte della School of Management dell’ateneo milanese, ha ottenuto due importanti riconoscimenti internazionali per la qualità della sua offerta formativa in digital learning. Due dei più autorevoli soggetti certificatori hanno indicato l’International Flex MBA (Master in Business Administration) come un’eccellenza a livello mondiale.

Secondo il FT (Financial Times) Online MBA 2022 ranking, il Master online del MIP guadagna due posizioni rispetto al 2021 e sale al sesto posto su scala globale tra i migliori percorsi formativi tra quelli erogati in distance learning. Sempre secondo il ranking del celebre quotidiano britannico, il MIP sale al quarto posto a livello europeo e conferma il suo primato di unica business school italiana in questa esclusiva classifica.

Ma non è l’unico riconoscimento per l’online MBA del MIP. Anche il QS (Quacquarelli Symonds) Online MBA Ranking 2022 ne ha riconosciuto il valore, posizionando il Master all’11° posto su scala globale.

Vittorio Chiesa e Federico Frattini, rispettivamente Presidente e Dean del MIP hanno dichiarato: “Siamo molto soddisfatti e orgogliosi degli ottimi posizionamenti conseguiti anche quest’anno da uno dei nostri Master di punta. Da quando nel 2014 abbiamo lanciato la prima edizione del nostro FLEX MBA in digital learning continuiamo a lavorare per migliorare la qualità della didattica a distanza. L’ideazione e la realizzazione di un programma online efficace richiede esperienza e conoscenze in progettazione didattica, oltre che docenti preparati a utilizzare un approccio alla docenza flessibile e inclusivo. La tecnologia è un grande abilitatore per ripensare il modo di insegnare e di apprendere.”.

Basato su una delle piattaforme di apprendimento digitale tra le più avanzate al mondo, sviluppata su tecnologia Microsoft, l’International Flex MBA del MIP è stato il primo in distance learning lanciato in Italia, quando ancora in pochi credevano nei modelli di formazione digitale.

Tornando ai ranking del Financial Times, dall’analisi dei singoli parametri su cui si basa la classifica, emerge come al MIP venga continuamente riconosciuto l’impegno in termini di sostenibilità, rafforzando così la sua identità di B-Corp e il suo primato di unica business school in Europa a poter vantare questa certificazione. Considerando infatti il parametro Environmental, social and governance (ossia la quota di ore di insegnamento nei corsi core dedicati a ethics, social and environmental issue), l’MBA del MIP è terzo al mondo. Significativi anche i risultati ottenuti negli indici di “career progress”, che affermano sempre più il MIP come un punto di riferimento per il continuous learning dedicato ai top manager d’azienda.

 

Il Financial Times Online MBA 2022 è disponibile qui

Il QS online MBA Ranking 2002 è disponibile qui

QS Online MBA Ranking 2022: il MIP Politecnico di Milano è undicesimo al mondo con l’International Flex MBA

La School of Management del Politecnico di Milano conferma la sua presenza nella classifica promossa da QS Quacquarelli Symonds dedicata ai corsi MBA online.

MIP Politecnico di Milano, la Graduate School of Business che fa parte della School of Management dell’Ateneo milanese, si posiziona all’11° posto a livello mondiale tra le migliori business school nel campo degli MBA online secondo il QS Online MBA Ranking 2022.

L’International Flex MBA è stato il primo MBA in smart learning lanciato in Italia nel 2014, basato su una delle piattaforme di apprendimento digitale più avanzata al mondo, sviluppata su tecnologia Microsoft.

Dal 2018 è presente nella rinomata classifica Quacquarelli Symonds (QS), che ogni anno valuta la qualità dei corsi erogati a distanza nel mondo. Quest’anno la competizione ha coinvolto un panel di Business School più ampio: le Scuole valutate passano da 57 a 72 a livello mondiale.

Vittorio Chiesa e Federico Frattini, rispettivamente Presidente e Dean del MIP hanno dichiarato: “Siamo felici della confermata presenza in classifica e dell’ottimo posizionamento conseguito anche quest’anno, nonostante l’ingresso di nuove scuole. Da quando nel 2014 abbiamo lanciato la prima edizione del nostro International Flex MBA continuiamo a lavorare per migliorare la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento a distanza.”

Dall’analisi dei singoli parametri su cui si basa la classifica, emerge come il MIP si sia distinto per la sua offerta formativa. In particolare, spicca il posizionamento nel parametro Faculty & Teaching (docenti e insegnamento) dove l’International Flex MBA è quarto a livello mondiale. Rispetto alla Class Experience (percentuale di attività svolte in presenza, accessibilità in mobilità / online, supporto tecnico) è settimo, mentre sull’Employability (grado di occupabilità degli iscritti) è al ventesimo posto.

Consulta la classifica completa qui.

MIP e le connessioni con le aziende: oltre 9.000 nell’ultimo anno

Non si può ispirare senza offrire esempi concreti, non si può invocare il valore della partnership senza prendersi cura e far crescere un network di relazioni con il mondo delle imprese, non si può plasmare il futuro se non si hanno occasioni – durante la formazione – di mettersi in gioco direttamente in impresa.

Per questo motivo abbiamo provato a misurare e raccogliere in un Corporate Connections Report tutte le connessioni con il mondo delle imprese che hanno interessato la nostra Scuola tra settembre 2020 e agosto 2021.

Davide Chiaroni, Associate Dean for Strategic Projects al MIP, ci ha spiegato meglio il valore di questi numeri.

Non si può ‘ispirare’ senza offrire esempi concreti: il Corporate Connections Report si apre sottolineando l’importanza che hanno le occasioni di mettersi in gioco direttamente in impresa durante la formazione. Che possibilità apriamo ai nostri studenti grazie alle oltre 9.000 corporate connections della scuola attivate solo nel 2021?

Partiamo col dire che i primi a mettersi in gioco siamo stati noi, che abbiamo messo a punto un modo nuovo di “misurare” le connessioni con il mondo dell’impresa che una Business School è in grado di offrire. E’ stato un modo per dare corpo ad una idea, ma allo stesso tempo rappresenta una sfida, perché una volta che si dà una misura ad un concetto, poi bisogna darsi anche degli obiettivi costanti di miglioramento.

Le possibilità che apriamo ai nostri allievi sono appunto oltre 9.000, un numero davvero impressionante, e assumono forme diversissime, dalle testimonianze in aula, ai progetti in azienda, dalle attività di recruiting, ai colleghi d’aula che sono, in tantissimi casi, essi stessi dei professionisti che, smessi i panni dello studente, tornano tutti i giorni alla loro quotidianità d’impresa. E questo è uno degli altri messaggi forti di questo Corporate Connections Report, ossia il fatto che le connessioni sono molte di più e molto più vicine di quanto a volte si può pensare, ma ci deve essere anche consapevolezza e disponibilità alla connessione.

Oltre 100 imprese hanno scelto MIP per formare le proprie risorse tra settembre 2020 e agosto 2021, periodo di riferimento del Corporate Connections Report. Come queste connessioni, prospettive ed esperienze entrano a far parte della scuola?

Questo è un numero importantissimo. Se consideriamo la durata media dei programmi dedicati alle corporate, significa che ogni giorno dell’anno ci sono circa 5 imprese che stanno contemporaneamente usufruendo dei servizi di formazione del MIP. Una sorta di “aula estesa” rispetto a quelle che tutti i giorni ospitiamo nel nostro Campus. Le ricadute sono tantissime, ma mi limito qui a citarne due.

Chi disegna i programmi formativi per il mondo corporate è chiamato a rispondere ai problemi e alle sfide per il futuro che animano le imprese e che le spingono quindi ad affidarsi a noi per la formazione. Attorno a quelle stesse sfide, testate “sul campo”, vengono poi costruiti e ridisegnati i nostri programmi open, per assicurare alle persone che frequentano i nostri corsi di avere sempre competenze future-proof.

La nostra Faculty, interagendo tutti i giorni con il mondo corporate anche per quanto riguarda le attività di formazione è continuamente esposta ad esempi, casi, testimonianze, dibattiti che diventano poi parte del suo bagaglio di competenze, e tornano in aula, anche fuori dall’azienda, per dare ulteriore valore ai nostri programmi di formazione.

Anche una Faculty di 250 docenti e una community di circa 15.000 Alumni e professionisti consente di avere accesso a centinaia di contatti aziendali. Circa 8.800 imprese sono accessibili proprio grazie agli ex studenti MIP. Come migliorerà questo dato e quelli complessivi evidenziati dal report nel corso dei prossimi anni?

Questa è la sfida principale, fare leva – ancora di più di quanto facciamo oggi – sulle relazioni delle persone che costituiscono l’ossatura e l’eredità della nostra Scuola, sia per quanto riguarda la Faculty che gli Alumni. Abbiamo tanto ancora da fare per aumentare la frequenza e l’intensità con cui gli Alumni ritornano nella nostra Scuola, ma ora abbiamo uno stimolo in più per farlo, che è appunto la misura esplicita del loro impatto sulle connessioni che possiamo garantire ai nostri allievi.

Diamoci un appuntamento nel 2022: superare quota 10.000, o almeno questa è la sfida che abbiamo intenzione di intraprendere!

Purpose Talks – Gli effetti del purposeful management: l’esperienza di Fabio Moioli

Cosa significa concretamente sposare un modello di leadership guidato da un higher purpose e capace di mettere le persone al centro?

Scoprilo durante il prossimo Purpose Talk, la seconda tavolta rotonda a tema purpose organizzata dalla nostra Business School. Potrai assistere alla testimonianza di Fabio Moioli, Head Consulting & Services di Microsoft, che condividerà la sua esperienza come manager e il percorso che l’azienda sta compiendo verso un management guidato dal purpose!

 

RELATORI

Mario Calderini, Full Professor of Management for Sustainability and Impact al Politecnico di Milano

Fabio Moioli, Head Consulting & Services di Microsoft

 

L’evento si tiene in lingua inglese.

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Che posto occupa la responsabilità sociale nel percorso di un career leader?

“Responsible Career Leader”, ci insegna questa rubrica, è chi riesce ad anticipare, progettare e gestire lo sviluppo della propria carriera. È dunque Responsible in quanto chiamato a governare in prima persona la trasformazione delle occasioni di cambiamento in opportunità per il proprio percorso di crescita professionale.

Ma cos’altro cela il termine Responsible? A chi e di cosa risponde un Career Leader responsabile?

Spesso siamo portati a pensare che agire responsabilmente sia andare oltre i “confini del proprio orto”, quindi fare del volontariato nel tempo libero, andare al lavoro in bicicletta, evitare le bottiglie di plastica e compensare le emissioni di CO2 piantando alberi. Oppure, cambiare carriera dopo anni di profit e andare a lavorare nel Terzo Settore. Tutte scelte assolutamente encomiabili ma, muovendosi in questi termini, il rischio è di considerare incompatibili efficacia, efficienza e produttività con la possibilità di abbracciare i valori etico-sociali.

Ma esiste una accezione di responsabilità, per la quale il successo del proprio percorso professionale – e i legittimi vantaggi che da quest’ultimo ci si può aspettare – possano dialogare produttivamente con ciò che sta “fuori dall’orto”? Sì, se iniziamo ad allargare i confini. A partire dall’intendere il nostro successo non come sostantivo (“ho raggiunto un buon esito / un buon livello”), ma come verbo (“ho fatto accadere qualcosa di valore nel contesto in cui ho lavorato”).

In questi termini possiamo dire che una “vera” carriera di successo è quella che offre un contributo alla propria comunità: ogni ruolo professionale infatti – che sia entrepreneur, executive, manager, expert –attraverso le proprie scelte di carriera, può contribuire a sviluppare le risorse e le competenze della comunità in cui opera, a partire dall’evidenza che saranno queste stesse risorse e competenze che renderanno l’orto di cui sopra ancora più rigoglioso, ampio, produttivo e legittimato.

Come ci insegna l’ormai planetario movimento delle B-Corp, “Fare Impresa” in questi termini vuol dire superare l’antitesi tra vantaggio personale – o aziendale – e interesse generale. O tra “obiettivi di business” e senso civico. Le ore passate in ufficio (o connessi in smart working) possono essere un’occasione per contribuire alla comunità tanto quanto l’adoperarsi nel volontariato nel weekend.

Infatti, esercitare il ruolo che si ricopre in azienda tenendo conto delle implicazioni delle proprie azioni sugli altri e sulla collettività, è già un’operazione di responsabilità sociale. Citando Edward Schultz, ex CEO di Starbucks: “L’impresa è responsabilità sociale e la responsabilità sociale è l’impresa”.

Quindi come operazionalizzare questo salto culturale e di metodo, passando da una mentalità da stakeholder – portatore di interessi particolari e specifici, talvolta in competizione con quelli di altri – a una da communityholder (Turchi, Gherardini 2014) – ovvero risorse che possono far crescere la propria comunità?

Si può riassumere in 3 step:

DEFINIRE IL PURPOSE CHE DIREZIONA LA CARRIERA

Il primo passo consiste nello scegliere le domande che poniamo a fondamento del nostro percorso di carriera. Si tratta di chiedersi ‘a quale cambiamento un lavoratore della mia epoca può contribuire?’. Se gli esiti da “stakeholder” – raggiungere un certo livello di carriera, incrementare il proprio stipendio ecc – sono vantaggi che si raccolgono lavorando nel proprio orto, il Career Leader che si muove da Communityholder va oltre il suo recinto e si chiede: “cosa posso offrire alla comunità attraverso le mie competenze? Quali competenze posso sviluppare per incrementare ulteriormente il contributo che offro?”. Domande che consentono di intrecciare il proprio percorso professionale con le esigenze che la comunità esprime e a cui come cittadino, attraverso la propria “carriera”, può contribuire a rispondere. E, come detto sopra, questo non significa contrapporsi all’interesse personale. Per fare un esempio, si pensi a Salvatore Aranzulla, un imprenditore digitale che attraverso la sua idea di business ha “istruito” milioni di italiani ad interagire con la tecnologia. Aranzulla ha offerto il proprio contributo per la digital transformation della comunità ben prima che questa fosse “mainstream”, rendendo accessibili informazioni preziose per una comunità che si stava rapidamente digitalizzando, in un momento storico in cui le competenze informatiche erano appannaggio di pochi. E ha scelto di farlo ben prima di definire quali vantaggi personali poteva trarne: ha iniziato all’età di 12 anni la sua attività e forse non immaginava il fatturato milionario che avrebbe raggiunto

COSTRUIRE E CURARE UNA SQUADRA

Come descritto in un precedente articolo, “anche il più solitario dei viaggi è il prodotto di una catena di interazioni e collaborazioni di una moltitudine di persone che hanno investito in quel viaggio risorse, strumenti, competenze”. Nel momento in cui si progetta o modifica la propria carriera in un’ottica Career Leader Communityholder, non si è mai soli: ci sono attori della comunità che hanno il mandato di contribuire a tale processo e che, corresponsabilmente, si è chiamati a sollecitare. In questo senso, un docente può essere consultato come esperto di settore per ragionare insieme su un tema o un trend emergente, su cui ha maggiore visibilità grazie al suo ruolo, e su cui si avrebbe una visione e una conoscenza parziale se si guardasse solo nel proprio orto. Contemporaneamente un consulente di carriera può essere coinvolto per condividere, grazie alle sue competenze e ad un “punto d’osservazione” differente, una rilettura del proprio percorso professionale e delle proprie competenze, volta a costruire un cambiamento o uno sviluppo lavorativo. Allo stesso modo il professionista che si è interfacciato con docente e consulente, non posizionandosi da mero fruitore stakeholder, mette a disposizione dati ed elementi del suo percorso (di cui rimane massimo esperto) che diventeranno la base di un ragionamento comune. In questo senso le interazioni non sono gestite nella logica del solo proprio interesse: in ogni interazione si è anche, sempre, contributori. Un Career leader stakeholder chiede, aspetta, definisce che solo l’altro è portatore di un contributo. Un Career leader communityholder è giocatore di una squadra, responsabile nel contribuire insieme agli altri al buon esito della partita

SAPER VALUTARE IL CONTRIBUTO

Quanto le scelte di carriera stanno portando contributo alla comunità? Ancora una volta serve prendere le distanze dai luoghi comuni che potrebbero intendere come “Responsible” una carriera orientata dalla domanda ‘quel ruolo o quell’azienda, mi consente di fare del bene?’, dando per assodato che una certa struttura organizzativa o mission aziendale diano garanzia di generare un impatto positivo per la comunità.

Una carriera Responsible, che vada oltre, si orienta con la domanda ‘al di là della tipologia di organizzazione per cui lavoro o potrei lavorare, quanto nel farlo contribuisco a rispondere alle esigenze comunitarie?’.

Per costruire una risposta serve dotarsi di indicatori che offrano dati su quanto si sta contribuendo alla comunità attraverso la propria carriera. Ad esempio, i dati messi a disposizione a chi redige il Bilancio sociale e di sostenibilità di un’organizzazione e che ci dicono se e in che modo si sta generando valore per la comunità, a partire dall’engagement della comunità stessa (geografica ma anche virtuale) nel leggere risorse ed esigenze. Ma anche le verifiche periodiche dei singoli reparti o ruoli, ci informano se oltre ai traguardi economici raggiunti si siano raccolti dei dati anche sulle implicazioni di questi al di fuori delle proprie mura. Le ulteriori connessioni che si generano tra l’essere responsible e il contribuire alla comunità le leggeremo nell’articolo che uscirà ad aprile, in cui si affronterà lo sviluppo di carriera in chiave di sostenibilità.

Concludendo, il successo di una carriera sta nel ‘far succedere’, quotidianamente e in qualsiasi assetto lavorativo, cambiamenti che contribuiscono a rispondere ad esigenze trasversali della comunità in cui il Career Leader Communityholder vive ed opera. Ponendosi quelle domande, da soli e in squadra, che consentano di andare oltre il proprio sguardo, e ben sapendo che se oggi “coltivo” valore per la comunità, domani potrò raccoglierne i frutti anche nel mio orto.