La crisi globale da Covid-19 e le ripercussioni sul commercio internazionale e sulle catene globali del valore

Lo shock all’economia mondiale provocato dall’emergenza sanitaria Covid-19 è tanto globale quanto le catene del valore su cui si basa. Ma chiudere le frontiere e applicare restrizioni agli scambi non è una soluzione auspicabile: agire in modo coordinato può garantire una ripartenza efficace per tutti i sistemi economici, bilanciando le necessità e le capacità produttive dei singoli paesi.

 

Lucia Tajoli, professoressa di International Markets and European Institution
School of Management Politecnico di Milano

 

E’ ancora presto per avere dati ufficiali e stabilizzati, ma è oramai molto chiaro che la diffusione del cosiddetto COVID-19 e la associata pandemia stanno avendo effetti molto pesanti sull’economia mondiale, con chiare implicazioni anche per il commercio internazionale.
Il commercio internazionale risultava già in decelerazione nell’ultima parte del 2019, a causa del generale rallentamento del ciclo economico in molti paesi. I primi mesi del 2020 stanno confermando questo forte rallentamento degli scambi. La World Trade Organization (WTO) sta aggiornando in modo continuo le previsioni per l’anno in corso, che risultano al ribasso sia per gli scambi di beni sia per gli scambi di servizi a seguito dello shock sulla produzione e sulla domanda che si sta allargando a vari paesi. Dato l’elevato livello di incertezza però, le maggiori istituzioni internazionali non si azzardano ancora a fornire cifre precise. Anche le stime prodotte dal WTO nel mese di aprile sulla possibile caduta degli scambi mostrano un intervallo amplissimo, tra – 13% e – 32%.

La caduta del commercio internazionale è una conseguenza inevitabile della situazione attuale, dal momento che le aree al momento più coinvolte nella crisi sanitaria con gravi ripercussioni economiche sono quelle dei maggiori protagonisti del commercio mondiale: Cina, Unione Europea, ed USA generano oltre la metà dell’intero commercio mondiale. Dunque, l’impatto del rallentamento in questi paesi si fa sentire sui flussi di scambio a livello globale, anche in aree relativamente poco esposte al contagio.

Un aspetto particolare degli scambi commerciali rende più grave l’effetto della crisi e preoccupa gli osservatori. Da almeno venti anni è cresciuto il peso e il ruolo delle catene globali del valore nei mercati mondiali. Secondo un recente rapporto della Banca Mondiale, oggigiorno la maggior parte dei flussi di scambio tra paesi avviene all’interno delle catene globali del valore (o Global Value Chains, GVCs), ovvero è generato da processi produttivi che attraversano i confini dei paesi e coinvolgono nella catena di produzione di beni, soprattutto complessi, imprese specializzate localizzate in aree anche lontane. Il ruolo di queste catene globali del valore in questa crisi appare cruciale. Secondo alcuni osservatori, questa organizzazione internazionale della produzione ha creato un sistema economico fragile e maggiormente esposto agli shock internazionali. Il rischio di una interruzione della fornitura degli input necessari per la produzione è maggiore in una catena produttiva molto dispersa geograficamente. Inoltre, la presenza di queste catene produttive può amplificare la trasmissione degli shock secondo il cosiddetto “effetto frusta”. In presenza di uno shock negativo che colpisce quasi simultaneamente molti paesi economicamente connessi, il rallentamento della produzione di un sistema economico fornitore di input produttivi essenziali si trasmette ai sistemi connessi a valle, riducendone la capacità di produzione, aggiungendo un ulteriore stretta negativa al rallentamento locale della produzione (che può essere dovuto a fattori locali sia di domanda che di offerta), ed amplificando quindi lo shock. Le aree in cui la diffusione dell’epidemia è risultata maggiore sono tra loro strettamente collegate dalle GVCs in molti settori cruciali, dal tessile-abbigliamento all’elettronica di consumo. Per questo effetto di amplificazione dello shock, le previsioni sull’andamento dell’economia globale e sul commercio internazionale sono più negative che in qualsiasi altra crisi del passato.

E’ importante però ricordare che queste catene globali di produzione, anche se hanno reso più interdipendenti le diverse economie tra loro, hanno generato enormi guadagni di efficienza in moltissimi settori e hanno reso disponibili molti beni a prezzi che hanno consentito una diffusione di massa tra tutti i consumatori. Senza la specializzazione in specifiche fasi e componenti della produzione di alcuni paesi e di imprese collegate tra loro, molti dei beni oggigiorno di uso comune non sarebbero disponibili, o lo sarebbero a costi proibitivi. Inoltre, questa organizzazione della produzione ha consentito la partecipazione ai mercati internazionali anche a paesi emergenti che hanno trovato nelle GVCs una modalità di accesso a produzioni che non avrebbero potuto sviluppare in modo autonomo, generando così crescita, occupazione e diffusione della tecnologia.

Già prima dell’attuale crisi si parlava di una tendenza all’accorciamento delle GVCs e del cosiddetto “reshoring”, ovvero di riportare all’interno di alcuni paesi i cicli produttivi in precedenza delocalizzati all’estero. Questo perché questa organizzazione internazionale della produzione, anche se permette guadagni di efficienza e vantaggi di costo, per alcune imprese e alcuni settori risulta troppo complessa, con la perdita del controllo diretto su alcune fasi produttive ed un aumento dei rischi e dei costi organizzativi. In realtà, il fenomeno del reshoring è stato limitato ad alcuni paesi e ad alcune nicchie produttive particolari. La mancanza di controllo sul ciclo produttivo appare potenzialmente rischiosa per alcuni paesi, prima di tutti per la Cina, spingendola negli ultimi anni ad accorciare le proprie catene internazionali di produzione per ragioni soprattutto geopolitiche. Questa scelta ha avuto effetti a livello globale data la rilevanza economica di questo paese. Tuttavia, la crisi in corso potrebbe spingere ulteriormente sul ridimensionamento delle catene produttive internazionali, anche nel tentativo di ridurre l’interdipendenza dei paesi.

Va però ricordato che anche in questa fase di crisi, gli scambi tra paesi svolgono un ruolo fondamentale, ed è essenziale cercare di non ostacolarli eccessivamente. Il commercio internazionale spesso garantisce la disponibilità e l’accessibilità economica di medicinali vitali, prodotti medici e servizi sanitari, in particolare per i paesi più vulnerabili: nessun paese è completamente autosufficiente per i prodotti e le attrezzature di cui ha bisogno per i suoi sistemi di sanità pubblica. Anche molte attrezzature mediche sono prodotte all’interno di GVCs che rendono disponibili componenti avanzate non sempre facilmente prodotte in tutti i paesi. Inoltre, attraverso il commercio internazionale è possibile sopperire a carenze della produzione, oltre che di apparecchiature sanitarie e di farmaci, anche di varie tipologie di beni di prima necessità, distribuendo in modo più efficiente questi beni dove sono più necessari. In questa situazione di emergenza, nonostante la tentazione di alcuni paesi di chiudere le frontiere e di applicare restrizioni agli scambi per accumulare scorte, i governi si accorgono anche di avere bisogno gli uni degli altri e dell’importanza di agire per quanto possibile in modo coordinato a fronte di un problema che è assolutamente globale.

Un ridimensionamento drastico delle catene globali del valore avrebbe conseguenze molto serie, sia nel corso della crisi per gli effetti che questo avrebbe su molti approvvigionamenti, sia in seguito alla crisi impattando su molti settori fondamentali che si sono sviluppati grazie a questa interdipendenza. L’attuale crisi può però essere l’occasione per ripensare ad alcuni aspetti organizzativi di queste catene produttive, accettando un ribilanciamento tra vantaggi e rischi, nella direzione eventualmente di una parziale riduzione di efficienza per ottenere una riduzione dei rischi, per esempio accumulando maggiori scorte o diversificando di più i fornitori, i distributori o i canali logistici. Eppure, proprio una crisi così acuta e la necessità di assicurare una ripartenza efficace dei sistemi economici sottolinea l’importanza di non rinunciare ad una modalità di organizzazione internazionale della produzione che ha prodotto miglioramenti economici fondamentali, e di mantenere aperti gli scambi internazionali proprio come mezzo per bilanciare le necessità e le capacità produttive dei singoli paesi.

Figura 1 – Partecipazione dei paesi alle catene globali del valore (dati 2015)

Fonte: World Bank, World Development Report 2020

 

Figura 2 – Aumento tendenziale del coinvolgimento nelle GVCs nei settori produttivi

Fonte: World Bank, World Development Report 2020