Smart Export – L’accademia digitale per l’internazionalizzazione

Mercoledì  10 marzo 2021 ha avuto luogo in formato virtuale la presentazione dell’iniziativa Smart Export – L’accademia digitale per l’internazionalizzazione, un progetto innovativo di alta formazione online per sostenere e ampliare la proiezione italiana verso i mercati esteri attraverso il rafforzamento della capacità strategica, digitale e manageriale delle micro, piccole e medie imprese e dei professionisti italiani.

Smart Export è coordinato e promosso dalla Farnesina in collaborazione con Agenzia ICE e la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) nell’ambito delle nuove strategie per il sostegno al Made in Italy del “Patto per l’Export”.

Il progetto si avvale del contributo didattico di cinque prestigiose Università e Business School italiane: Bologna Business School, Federica Web Learning – Università di Napoli Federico II, Luiss Business School, MIP Politecnico di Milano Graduate School of Business e SDA Bocconi School of Management.

La presentazione del progetto è stata inaugurata dagli interventi del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Luigi Di Maio, del Ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, del Presidente dell’Agenzia ICE, Carlo Ferro e del Presidente CRUI, Ferruccio Resta.

Dopo il segmento di apertura, i rappresentanti delle Università e Business School hanno illustrato i singoli percorsi formativi di cui si compone l’iniziativa. I contenuti didattici – fruibili in modalità e-learning e completamente gratuiti –  saranno on-line per 12 mesi, 24 ore al giorno, sulla piattaforma di autoapprendimento Federica Web Learning dell’Università di Napoli Federico II accessibile attraverso la pagina dedicata https://www.smartexportacademy.it/.

Cliccando qui si potrà inoltre scaricare una brochure dedicata all’iniziativa.

‘Change management e digital innovation’, alla Asl Latina prende il via un innovativo progetto formativo per migliorare l’assistenza a pazienti e cittadini

L’iniziativa, realizzata in collaborazione con MIP Politecnico di Milano e Novartis Farma, parte a febbraio e si svilupperà nell’arco di tre mesi.

L’emergenza sanitaria Covid-19 ha messo in luce alcune criticità del sistema sanitario italiano ma, allo stesso tempo, sta fornendo indicazioni importanti per migliorare questo stesso sistema e rispondere alle esigenze dei pazienti e dei cittadini. La prima consiste senz’altro in un più ampio ricorso alle potenzialità del digitale e, in particolare, alla telemedicina, risorsa in grado di assicurare un vero salto di qualità nell’assistenza al paziente. Consente infatti di evitare spostamenti non necessari, ‘muovendo’ solo i dati, e di migliorare l’accessibilità, la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni, nonché di monitorare a distanza l’efficacia del percorso terapeutico.

Inoltre, strumenti avanzati come la televisita e il teleconsulto offrono opportunità ulteriori, su tutte quella di promuovere un approccio multidisciplinare nel gestire le problematiche di salute del paziente, aumentare il grado di accessibilità alle prestazioni e facilitare l’archiviazione dei dati clinici.

Un’evoluzione in questo senso implica anche significativi cambiamenti nelle modalità di lavoro che, inevitabilmente, presuppongono da un lato un diverso rapporto tra medico e paziente, dall’altro una sempre più stretta integrazione di competenze tra gli specialisti, chiamati a collaborare insieme a vantaggio dell’assistito.

In quest’ottica si rende necessaria una formazione specifica, in grado di sostenere questo ‘cambio di passo’, rivolta agli specialisti e in generale ai professionisti della salute.
L’obiettivo è quello di incrementare le soft skill utili tanto per la gestione a distanza del paziente quanto per programmare l’attività complessiva rispetto a determinati segmenti di popolazione.

Nasce da qui ‘Change Management e Digital innovation’, un percorso formativo rivolto agli operatori sanitari di Latina e provincia che prende il via a febbraio 2021 e durerà tre mesi.

L’iniziativa coinvolge la Asl di Latina, il MIP Politecnico di Milano Graduate School of Business, e Novartis Farma, Dipartimento Medico, che hanno dato vita a questo scopo a una partnership pubblico-privato che mette a fattore comune le diverse competenze di cui ognuno è portatore.

‘Change Management e Digital innovation’ si articolerà in corsi online che utilizzano la piattaforma formativa ad hoc messa a disposizione dal MIP, che da sempre punta sulla qualità e sull’innovazione della didattica e della ricerca.

Il progetto formativo della Asl di Latina si pone nell’ottica di un potenziamento dei servizi sanitari locali a cui l’azienda lavora da anni e si avvale di due importanti partner che rappresentano, ognuno nei propri campi di competenza, delle eccellenze in ambito nazionale e internazionale.

Giorgio Casati, Direttore Generale della Asl di Latina, ha dichiarato: “Il Covid ha messo in evidenza che, nonostante tutti gli sforzi compiuti negli anni, non è stato sviluppato un programma organico per la telemedicina tale da assicurare ai pazienti cronici non Covid di essere adeguatamente seguiti. Soprattutto nel primo lockdown questi pazienti non sono stati gestiti in presenza dai loro medici. In più di qualche caso si è optato per forme ‘minori’ di telemedicina che consentissero comunque un contatto con il paziente a distanza”.

Abbiamo capito in questi mesi difficilissimi che c’è la necessità di rafforzare questa area di attività, non solo in tempi di emergenza sanitaria ma anche come modello di gestione ordinaria dei pazienti cronici.  La telemedicina, infatti, offre l’opportunità di non interrompere la continuità assistenziale e consente di raggiungere tante persone che si trovano in zone distanti dai luoghi di cura. Per questo la Asl di Latina sente il bisogno di inquadrare tutta l’attività svolta in un modello generale e fare in modo che vi partecipi il più elevato numero possibile di professionisti per dare ai pazienti tutti gli strumenti, pur restando a casa, che consentano loro di accedere ai servizi del Ssn”, ha concluso Casati.

Gaia Panina, Direzione Medica di Novartis Farma Italia, partner del progetto, ha sottolineato che “L’iniziativa che si sta per concretizzare a Latina è frutto di un approccio che mira a sviluppare partnership con tutti gli attori del sistema salute, allo scopo di aggregare risorse e competenze di persone, istituzioni e imprese con l’obiettivo di incrementare sempre più la sostenibilità del sistema stesso e l’accessibilità ai pazienti cittadini a servizi e trattamenti più efficaci e innovativi”.

Francisco Garcia, Country Chief Digital Officer di Novartis Italia, a sua volta ha ricordato che “Attraverso le proprie attività di ricerca scientifica e le progettualità messe in campo in collaborazione con i propri interlocutori, Novartis è fortemente impegnata nel cogliere le opportunità che il Data & Digital offre per migliorare il più possibile l’efficacia degli strumenti a disposizione di clinici e operatori sanitari nell’assistenza e la cura ai pazienti”.

“Siamo lieti di essere accanto a Novartis e ad Asl Latina in un progetto che, facilitando la vita dei pazienti, rappresenta un passo in avanti verso un futuro migliore per tutti”, spiega infine Davide Chiaroni, Associate Dean for Executive Education del MIP.

In questi mesi è emerso in modo forte quanto l’innovazione tecnologica possa migliorare la nostra vita, sia nella quotidianità che in ambiti di primaria importanza come la salute. Siamo quindi orgogliosi di dare il nostro contributo, mettendo a disposizione del settore sanitario, così coinvolto dalla pandemia, il nostro know-how accademico e un’innovativa piattaforma di distance learning.”

Valorizzare i beni culturali attraverso l’innovazione digitale: la multidisciplinarietà come asset di sviluppo

L’approccio multidisciplinare alla valorizzazione dei beni culturali, in grado di unire la conoscenza del bene e del costruito con le competenze manageriali applicate al contesto specifico, possono rappresentare una chiave strategica per il rilancio del Paese.

 

Deborah Agostino
Associate Professor in Accounting Finance and Control e Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei beni e nelle attività culturali, School of Management Politecnico di Milano.

Stefano Della Torre
Professore Ordinario di Restauro, Politecnico di Milano e Direttore del Master in Management dei Beni e delle Istituzioni Culturali – MIP Graduate School of Business, Politecnico di Milano

 

La situazione pandemica attuale ha riportato al centro dell’attenzione l’importanza di avere un approccio multidisciplinare alla valorizzazione dei beni culturali, che unisca le competenze umanistiche a quelle tecnico-scientifiche.
Il patrimonio culturale è di per sé multidisciplinare, nella diversità dei meccanismi con cui può produrre benefici per lo sviluppo locale, e la resilienza in occasione delle grandi crisi. Nel corso degli ultimi anni si è parlato a più riprese dell’importanza di comprendere nella valorizzazione tutta la complessità dei beni culturali, coinvolgendo discipline diverse, dall’archeologia all’architettura, alla chimica alla matematica fino ad arrivare alle scienze dei materiali, al design e al management.

Con la chiusura fisica dei luoghi della cultura italiani a seguito dei decreti legislativi volti a contenere la pandemia Covid-19, , si è sottolineata ulteriormente l’importanza di creare sinergia tra figure professionali differenti per valorizzare il patrimonio, anche e soprattutto in momenti di crisi. In questo specifico momento storico è l’innovazione digitale, e la capacità di presidiare il canale digitale, a creare il fil-rouge tra discipline differenti. L’esperienza di fruizione si è momentaneamente spostata dal luogo fisico al luogo digitale: la visita in loco si è trasformata in tour virtuali, le visite scolastiche in momenti online o gli eventi e le manifestazioni in loco in dirette streaming. Nella maggior parte dei casi, l’erogazione di questi servizi non è avvenuta in modo strutturato con un team di professionisti. Al contrario, spesso è stato un approccio emergente e di sopravvivenza dettato dalla contingenza, scontando il ritardo su diversi fronti. La School of Management ha monitorato le tipologie di contenuti digitali proposti così come le risorse dedicate. Se i risultati in termini di partecipazione online agli eventi sono stati mediamente elevati (la partecipazione online dei pubblici è raddoppiata nei mesi di lockdown rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), non si può dire lo stesso per le competenze e le risorse coinvolte. Infatti, i risultati dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Nelle Attività Culturali della School of Management mostrano che, a livello italiano, un museo su due è dotato di professionisti con competenze dedicate al digitale. Di questi, solo il 6% ha un team dedicato con un digital manager e un set di professionisti.

Sebbene l’approccio emergente utilizzato nel primo lockdown abbia garantito l’erogazione di contenuti culturali in digitale con le risorse disponibili, occorre ora fare una riflessione più strutturata rispetto alla sostenibilità nel medio-lungo periodo del modello di business, ulteriormente provato dalle chiusure e relativi mancati incassi. Questo richiede una riflessione su almeno tre aspetti:

  • La tipologia di contenuto culturale digitale, che non può essere una mera traduzione in digitale delle attività pensate per la fruizione in loco. Occorre, al contrario pensare e sviluppare offerte “native digitali”.
  • I meccanismi di revenue associati alla nuova offerta culturale digitale. I contenuti digitali emergenti nei periodi di lockdown sono stati gratuiti, ma questo non contribuisce alla sostenibilità economica dei musei.
  • Le competenze professionali da ingaggiare nello sviluppo del progetto che, inevitabilmente, deve unire le competenze sul patrimonio e sulle opere con le competenze manageriali, tecnologiche e del design dell’esperienza.

In questo contesto, la School of Management è attiva nel percorso di innovazione digitale delle istituzioni culturali, sia con la ricerca che con la formazione.
Sotto il profilo della ricerca, sono attivi progetti incentrati sull’analisi di nuovi modelli di business sostenibili, sugli approcci di digital transformation messi in atto e sulla misurazione degli impatti generati dall’innovazione. Ad esempio, con riferimento ai nuovi modelli di business, stiamo mappando le offerte fully digital e i relativi meccanismi di costo e ricavo. Dalle prime evidenze emerge una difficoltà nell’identificare una value proposition in grado di evidenziare il valore di una fruizione culturale digitale; questo vuol dire che se il visitatore è disposto a pagare il biglietto per la visita in loco, non è disposto a farlo per una attività digitale. La ricerca è nella fase iniziale, ma proseguirà nella mappatura dei modelli adottati a livello nazionale ed internazionale, anche in settori affini, in modo da contribuire alla definizione di un possibile “phygital approach” che sia in grado di unire la “fisicità” del patrimonio culturale al valore aggiunto dell’esperienza di fruizione digitale.

Sotto il profilo della formazione, è oggi più che mai necessario formare dei profili professionali multidisciplinari, includendo due competenze trasversali chiave: le soft skills e la capacità di comprendere linguaggi diversi all’interno del mondo dei beni culturali, e l’innovazione digitale, che comprende sia l’innovazione nel design dell’esperienza di fruizione, ma anche l’innovazione nelle tecniche di conservazione e nuovi linguaggi digitali. In questo contesto, la School of Management con il Master in Management dei Beni e delle Istituzioni Culturali – un unicum nel panorama italiano per aver unito le competenze politecniche dell’architettura, del management e del design in un unico percorso si è posta l’ambizioso obiettivo di formare figure apicali in grado di presidiare e governare i grandi cambiamenti in atto nel mondo dei beni culturali, unendo una profonda conoscenza del bene e del costruito con le competenze manageriali applicate al contesto specifico.
Questo è stato fatto con un approccio applicativo che consente di “sperimentare” nel contesto reale, la complessità nella gestione e valorizzazione del bene, favorendo il dialogo tra “teoria” e “pratica”, fra università e istituzioni culturali e tra professionisti diversi.
È una sfida ambiziosa quella che ci siamo dati, ma che riteniamo, oggi più che mai, possa essere un valore aggiunto per il mondo dei beni culturali, che sono parte del programma di rilancio del Paese.