Convegno Osservatorio Multicanalità 2020

L’Osservatorio Multicanalità, nato nel 2007, è il punto di riferimento della Business Community italiana sul tema della multicanalità.

La ricerca 2020 – promossa dalla School of Management e Nielsen – coniugando dati, analisi e insight sullo scenario italiano di consumatori e imprese, offre un quadro esaustivo del processo di acquisto del consumatore multicanale, introducendo anche gli aspetti connessi alla fruizione mediale.

In particolare, tra i trend evolutivi già evidenziati nelle edizioni precedenti, la Ricerca 2020 si concentrerà su:

  • l’analisi dell’evoluzione degli scenari di consumo multicanale;
  • l’analisi del ruolo dei touchpoint all’interno del customer journey nell’ottica dell’Everywhere Commerce;
  • l’analisi della fruizione mediale dei consumatori italiani;
  • identificazione di trend predittivi dell’evoluzione del comportamento dei consumatori italiani.

I risultati della ricerca saranno presentati nel corso dei seguenti eventi:

13 maggio 2020 – Multicanalità anteprima 2020: il nuovo umanesimo digitale

L’emergenza che stiamo attraversando rappresenta un game changer che ridefinirà logiche, regole e confini di tutte le industries. Quali le prime tendenze che emergono tra consumatori e aziende? Cosa è contingente e cosa diventerà strutturale nei nostri comportamenti? Quali prospettive e linee guida per il marketing nel mondo post covid-19?

Il Webinar si concentrerà sulle seguenti tematiche:

  • Impatto dell’emergenza Covid sulle tendenze del largo consumo
  • eCommerce e servizi digitali: se non ora quando?
  • Scenario media, advertising, servizi digitali. Segnali dal futuro
  • Ibridazione digitale e fisico come necessità
  • Il nuovo umanesimo digitale: opportunità e sfide

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27 ottobre – Convegno di presentazione della ricerca 2020

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Informazioni utili

La partecipazione al Convegno è gratuita. Per maggiori informazioni contattare valentina.palummeri@polimi.it

 

Multicanalità oggi: Spazio integrato, customer journey differenziati

Nel 2019 otto italiani su dieci sono consumatori multicanale (43,9 mln).  Il 53% usa servizi di eCommerce (27,8 milioni)

Nell’ultimo anno il digitale ha avuto un ruolo nel percorso di acquisto dell’83% della popolazione italiana sopra i 14 anni. Fra i consumatori multicanale circa un terzo è rappresentato da InfoShopper, gli utenti che usano la rete solo per informarsi (16,1 milioni, il 37%), mentre quasi due terzi sono eShopper, coloro che la impiegano anche per comprare (27,8 milioni, il 63%). I Cherry Picker, i nuovi arrivati nel mercato eCommerce, sono il gruppo eShopper più numeroso (8,1 milioni).

 

I punti di contatto digitali sono utilizzati con sempre maggiore frequenza e disinvoltura dagli italiani per informarsi e acquistare prodotti e servizi e rappresentano ormai uno strumento fondamentale anche per quelle fasce di popolazione abituate a utilizzare i canali (fisici) tradizionali. Si diffondono inoltre nuove modalità di fruizione integrata dei canali fisici e digitali ed emergono percorsi di acquisto differenziati in base a prodotti ricercati, abitudini e esigenze di acquisto specifiche. Nel 2019, sono 43,9 milioni gli individui multicanale, gli utenti che usufruiscono di servizi di eCommerce o per i quali il digitale ha un ruolo nel proprio percorso di acquisto, pari all’83% della popolazione italiana sopra i 14 anni.

Fra i consumatori multicanale, quasi due terzi, 27,8 milioni di individui, sono eShopper (63%), le persone che utilizzano la rete in tutte le fasi del processo di acquisto, che rappresentano il 53% della popolazione, mentre gli InfoShopper, coloro che utilizzano il web soltanto per informarsi o nella fase successiva alla vendita ma non per concludere l’acquisto, sono 16,1 milioni, pari al 37% degli Internet User e al 30% della popolazione italiana. Entrambi i gruppi navigano abitualmente nel web per cercare informazioni (61% degli InfoShopper vs 88% degli eShopper), confrontare prezzi (60% vs 90%), scegliere i punti vendita (41% vs 65%), condividere commenti positivi (27% vs 46%) o negativi (29% vs 46%). Ma gli InfoShopper sono molto più cauti quando si tratta di acquistare prodotti che richiedono un pagamento anticipato (78% vs 47% degli eShopper), che non si possono vedere o toccare (80% vs 39%) o senza avere un contatto diretto con il venditore (71% vs 35%).

Fra gli eShopper, il segmento più numeroso è quello dei Cherry Picker (8,1 milioni, il 29% degli eShopper), gli utenti che si affacciano per la prima volta al mondo degli acquisti online. Seguono gli Everywhere Shopper, i consumatori più evoluti che si muovono liberamente da un canale all’altro nella loro relazione con i brand (6,9 milioni, il 25% degli eShopper). Sono 6,4 milioni (il 23% degli eShopper) i Money Saver, gli utenti che usano la rete solo per soddisfare la loro esigenza di risparmio; e, infine, 6,4 milioni (il 23% degli eShopper) sono i Pragmatic, le persone che si avvicinano all’eCommerce principalmente per risparmiare tempo e denaro e per accedere a un processo di acquisto più efficiente.

Questi alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Multicanalità, promosso da School of Management del Politecnico di Milano e Nielsen, presentata questa mattina al Campus Bovisa del Politecnico di Milano durante il convegno “Multicanalità oggi: Spazio integrato, customer journey differenziati”.

Ci troviamo di fronte a consumatori che vivono la multicanalità come uno spazio integrato (offline e online) di interazione con la marca. Gli individui ormai seguono percorsi di acquisto differenziati in relazione a attitudini e prodotti di interesse e, nel contempo, cambiano comportamento in virtù del contesto in cui si svolge il percorso di acquisto – afferma Giuliano Noci, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Multicanalità -. Dai risultati della ricerca emerge inoltre che anche per gli utenti più affezionati al negozio fisico i canali digitali sono diventati un punto di contatto fondamentale e che l’interazione con i brand avviene ovunque, a qualunque ora della giornata e da qualsiasi dispositivo. Per approfittare di queste evoluzioni, le imprese devono affrontare la sfida della multicanalità da un punto di vista strategico attraverso una progettazione integrata (tra spazio fisico e ambiente digitale) dell’architettura di interazione con il mercato e rinnovare funzione e ruolo dei punti (fisici) di vendita integrandoli con i canali digitali per consentire esperienze di acquisto ibride e prive di salti esperienziali”.

Gli eShopper

L’Osservatorio Multicanalità ha individuato quattro segmenti all’interno del gruppo dei consumatori eShopper, basandosi sulla propensione all’utilizzo dei canali digitali durante la fase di acquisto e l’abitudine a usare Internet per condividere opinioni. Il gruppo più numeroso nel 2019 è quello dei Cherry Picker, gli individui più conservatori, che si informano prevalentemente attraverso le fonti di informazione tradizionali e la tv generalista e apprezzano la relazione diretta col venditore e la possibilità di vedere il prodotto prima di acquistarlo. Il 50% dei Cherry Picker è uomo, il 26% è Millennial, il 40% fa parte della Generazione X, mentre il 34% appartiene ai Baby Boomer.

All’estremo opposto, si collocano gli Everywhere Shopper, il gruppo più evoluto, in grado di utilizzare i punti di contatto online in qualsiasi luogo e momento della giornata e muovendosi liberamente da un canale all’altro durante tutte le fasi del processo di acquisto. Hanno una grande dimestichezza con le ultime tecnologie e usano la rete come canale principale per informarsi, confrontare i prezzi e acquistare prodotti e servizi, ascoltano la radio e guardano meno la tv rispetto agli altri eShopper. IL 52% degli Everywhere Shopper è di genere maschile, il 37% è un Millennial, il 16% è un Baby Boomer e il 47% appartiene alla Generazione X.

I Money Saver sono gli utenti che si avvicinano ai servizi di eCommerce spinti dalla possibilità di risparmiare. Sono compratori attirati dalle piattaforme efficienti, anche se dimostrano una maggiore attenzione, rispetto al passato, alla esperienza di acquisto. Il loro mezzo di informazione preferito è la televisione generalista, leggono molte riviste, mentre utilizzano meno tutto ciò che è legato al mondo digital, ai quotidiani e alla radio. All’interno di questo gruppo, il 50% degli individui è uomo, il 29% appartiene ai Millennial, il 39% fa parte della Generazione X e il 32% è Baby Boomer.

Il gruppo dei Pragmatic è composto da utenti amanti dell’innovazione e della tecnologia, che usano il web per risparmiare tempo e aumentare l’efficienza del processo di acquisto. Acquistano online quando ciò permette di risparmiare tempo, trovare prezzi più bassi ed accedere al servizio in orari non garantiti dai canali tradizionali. Questi consumatori considerano le piattaforme eCommerce il canale privilegiato per gli acquisti, a patto che sia garantito un processo d’acquisto veloce. I loro negozi online preferiti sono quelli generalisti, caratterizzati da una forte usabilità ed efficienza. Il 26% è Millennial, il 46% fa parte della Generazione X e il 28% è Baby Boomer, mentre il 56% degli individui è di sesso maschile.

Il percorso d’acquisto degli eShopper 

Il percorso di acquisto assume forme diverse in base alle diverse categorie di utenti. Nella fase di pre-acquisto la raccolta delle informazioni e la comparazione dei prezzi avviene frequentemente online per gli Everywhere Shopper (94% e 91%), i Money Saver (90% e 73%) e i Pragmatic (91% e 81%) I Cherry Picker, invece, utilizzano in modo più limitato internet nella fase di pre-acquisto (il 5% lo usa spesso per raccolta informazioni e il 2% per lo usa spesso per comparare prezzi).

Il 93% degli Everywhere Shopper usa spesso internet per comprare prodotti o servizi, contro il 60% dei Pragmatic il 15% dei Cherry Picker e il 4% dei Money Saver. Per quanto riguarda i dispositivi utilizzati, gli Everywhere Shopper utilizzano indistintamente Pc e smartphone per fare acquisti online (74% dei casi), mentre il Pc rimane lo strumento principalmente utilizzato dagli altri segmenti (71% per i Money Saver, 67% per i Cherry Picker e 76% per i Pragmatic). Lo smartphone viene usato per acquistare online dal 49% dei Money Saver, dal 47% dei Cherry Picker e dal 52% dei Pragmatic. Nella maggior parte dei casi l’acquisto da smartphone viene effettuato in casa, in ufficio, a scuola o all’università: nel 93% delle occasioni per gli Everywhere Shopper, 95% per i Money Saver, 89% per i Cherry Picker e 95% per i Pragmatic. Soltanto gli Everywhere Shopper e i Pragmatic presentano buone percentuali di acquisto in mobilità (rispettivamente 30% e 21%). Il Tablet è tuttora utilizzato in modo meno intensivo per l’acquisto online anche a causa della sua più limitata diffusione presso la popolazione. Infatti, nell’ultimo anno lo ha impiegato solo il 20% degli Everywhere Shopper. Anche per il Tablet il contesto di utilizzo privilegiato per l’acquisto online è principalmente quello di casa, ufficio, scuola e università: tra coloro che lo utilizzano per l’acquisto ciò avviene per il 91% degli Everywhere Shopper, il 95% dei Money Saver, il 91% dei Cherry Picker e il 98% dei Pragmatic.

Lo showrooming, ossia l’acquisto online dopo aver visto il prodotto in negozio, è una pratica comune fra gli Everywhere Shopper (78% dichiara di aver messo in pratica questo comportamento), molto meno fra Money Saver (54%), Cherry Picker (39%) e Pragmatic (55%). Il processo inverso, invece, cioè la raccolta di informazioni online seguita dall’acquisto in negozio (infocommerce) viene portato a termine dal 43% degli Everywhere Shopper, dal 61% dei Money Saver, dal 38% dei Pragmatic e dal 52% dei Cherry Picker. Tutti i segmenti preferiscono la consegna a casa rispetto al ritiro presso un punto fisico, sebbene vi siano percentuali significative di Everywhere Shopper e Money Saver che dichiarano di apprezzare questa ultima modalità (43% e 42% rispettivamente). Infine, solo gli Everywhere Shopper dichiarano di utilizzare frequentemente la rete nella fase successiva all’acquisto: il 49% per recensire i prodotti comprati e ricevere supporto post vendita. Soltanto l’11% dei Money Saver fornisce commenti online sui prodotti acquistati e ancora meno i Cherry Picker e i Pragmatic, rispettivamente 4% e 3%. Da questi segmenti il web non è percepito come uno strumento positivo a supporto nemmeno per l’assistenza post vendita (1% Money Saver, 3% Cherry Picker e 10% Pragmatic).

Il percorso di acquisto multicanale nei vari settori

La ricerca 2019 ha indagato anche come ciascun gruppo di Internet User affronta le diverse fasi del processo di acquisto nei settori largo consumo, farmaci, beauty, abbigliamento, assicurazioni, elettronica e viaggi. Nei settori elettronica e viaggi la maggior parte della popolazione si informa prevalentemente online, rispettivamente nel 65% e nel 74% dei casi, mentre nelle altre categorie merceologiche è più frequente affidarsi ai canali tradizionali. Il 90% degli Everywhere Shopper cerca online informazioni sui viaggi, l’89% su elettronica e informatica, il 65% sulle assicurazioni, il 59% sull’abbigliamento e il 58% su prodotti di bellezza. Le percentuali scendono sotto la metà del campione per il largo consumo (46%) e i farmaci (47%).

Gli acquirenti italiani comprano utilizzando un mix di canali tradizionali e digitali, dimostrando di aver raggiunto una profonda maturità in termini di approccio multicanale. Vi sono infatti ampi segmenti di acquirenti che comprano sia offline che online prodotti di elettronica/informatica (50% dei casi), abbigliamento (38%), beauty e viaggi (28%), farmaci/integratori (21%), largo Consumo (19%) e, infine, assicurazioni (17%). Il 47% compra esclusivamente online nel settore viaggi, il 23% nelle assicurazioni, il 13% nell’elettronica. Anche in questo caso sono gli Everywhere Shopper il gruppo di utenti più evoluto, che acquista o esclusivamente online o integrando il canale fisico al web: il 91% nell’elettronica, il 93% nei viaggi, il 77% nell’abbigliamento, il 57% nelle assicurazioni, il 63% nel beauty, il 46% nel settore farmaci e il 44% nel largo consumo.

Cresce in misura rilevante la diffusione della pratica di utilizzo dei canali in modo sinergico ed ibrido con un mix di punti di contatto offline e online tra fasi diverse del processo d’acquisto. Mettono in pratica questa tipologia di customer journey ibridi oltre 10 milioni di acquirenti di prodotti di largo consumo, quasi 11 milioni per i farmaci/integratori, circa 13 milioni per il beauty, oltre 17 milioni per l’abbigliamento e oltre 20 milioni per elettronica/informatica. Inoltre i touchpoint digitali sono diventati un punto di contatto fondamentale, anche per coloro che continuano ad esprimere un forte bisogno di tangibilità e fisicità all’interno del proprio processo di acquisto. Dimostrano questo comportamento circa 12 milioni di acquirenti di viaggi e quasi 7 milioni di acquirenti di prodotti assicurativi.

La fruizione di Tv, Radio e canali digitali

L’Osservatorio Multicanalità ha indagato il comportamento dei consumatori italiani anche dal punto di vista della fruizione dei media, attraverso elaborazioni e stime realizzate da Nielsen a partire dai panel alla base delle misurazioni Auditel e Audiweb. L’indagine 2019 conferma la tendenza del pubblico italiano ad alternare canali tradizionali (soprattutto tv e radio, meno i quotidiani e i magazine) e digitali (Pc e smartphone), con la televisione che mantiene il ruolo dominante già evidenziato dalle precedenti edizioni. Il mezzo televisivo, infatti, raggiunge quotidianamente l’81,5% degli Internet User (contro il 62,7% della radio, il 32,4% dei quotidiani e il 29,7% dei periodici), il 78,4% degli Everywhere Shopper e anche il 58% dei No + Light Viewer, il segmento che non guarda la televisione o lo fa solo saltuariamente.

Anche analizzando il tempo medio speso quotidianamente su ogni mezzo, la televisione si colloca in vetta alle preferenze degli individui con 315 minuti per gli Internet User, 340 per gli InfoShopper, 282 per gli Everywhere Shopper, 327 per i Money Saver, 324 per i Cherry Picker, 307 per i Pragmatic e 121 per i No + Light Tv Viewer. Segue la radio, molto rilevante sia per gli Internet User (230 minuti) sia per InfoShopper (217 minuti) e per i No + Light Tv Viewer (222 minuti). Fra gli eShopper, gli utenti più affezionati al mezzo radiofonico sono i Pragmatic, con 238 minuti, e gli Everywhere Shopper, con 237 minuti, seguiti dai Money Saver, con 228 minuti, e dai Cherry Picker, con 225. A seguire gli strumenti digitali, che raggiungono nel giorno medio il 76,3% degli Internet User (26,4% Pc, 67% Mobile) e degli Everywhere Shopper (27,8% Pc e 69% Mobile) e il 60,7% degli InfoShopper (19,3% Pc e 53,7% Mobile). Il tempo medio giornaliero speso su questi mezzi è minore di quello dedicato a radio e tv: in media 195 minuti al giorno per gli Internet User (191 minuti da Mobile, 76 minuti da Pc), con Everywhere Shopper come utenti più attivi (197 da Mobile, 82 minuti da Pc).

Flessibilità, tecnologia, responsabilità. Lo smart working è il futuro

La parola del momento? Smart, senza dubbio. In tasca o in borsa abbiamo tutti uno smartphone, se parliamo di futuro abbiamo in mente la smart city e, quando affrontiamo il tema del lavoro, ci imbattiamo nello smart working.

Il Politecnico di Milano già 10 anni fa, quando si iniziava a parlare di “lavoro agile” e “flexible work”, ha affrontato uno studio specifico sull’argomento arrivando alla definizione di un modello “etichettato” smart working, che supera il concetto di telelavoro con il quale spesso, erroneamente, viene fatto coincidere. «Il “lavoro agile” nasce in un’ottica di conciliazione tra vita privata e vita lavorativa, in particolare in un ambito di pari opportunità, mentre lo smart working si occupa dei modelli organizzativi e delle modifiche relative dettate dalle nuove tecnologie – spiega Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Hr Innovation Practice e dell’Osservatorio Smart Working e docente di Leadership AND Innovation alla School of Management del Politecnico di Milano –. Lo smart working è un modello di organizzazione del lavoro che si basa sulla maggiore autonomia del lavoratore che, sfruttando appieno le opportunità della tecnologia, ridefinisce orari, luoghi e in parte strumenti della propria professione. È un concetto articolato, che si basa su un pensiero critico che restituisce al lavoratore l’autonomia in cambio di una responsabilizzazione sui risultati, mentre il telelavoro comporta dei vincoli ed è sottoposto a controlli sugli adempimenti».

Compreso nella sua essenza, lo smart working, superando per la prima volta la barriera tra lavoro autonomo e subordinato, è stato inserito nel Jobs Act come misura di miglioramento dell’efficienza delle aziende e non come misura di conciliazione fra lavoro e vita privata, anche se un evidente vantaggio per il lavoratore c’è, per esempio nella limitazione degli spostamenti.

Ma è possibile applicare concretamente lo smart working a tutti gli ambiti? «Chiaramente ha i suoi migliori sviluppi in ambito di information work, lavoro impiegatizio e informatizzato, ma anche la manifattura oggi rivela ampie possibilità di applicazione dei principi di autonomia e responsabilità – risponde Mariano Corso –. Inoltre, al momento, secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico, circa il 60% delle aziende medio-grandi nel nostro Paese ha introdotto iniziative di smart working, mentre il fenomeno appare molto ridotto nel mondo della piccola impresa a causa di un ritardo di natura culturale-manageriale. Lo smart working presuppone un nuovo stile di leadership con manager maturi in grado di programmare le attività, controllare i risultati e dare feedback. Va introdotto lavorando sulle policy organizzative e sulla corretta riprogrammazione della tecnologia disponibile e la logica degli spazi fisici».

Parlando di smart working, il pensiero va immediatamente a Paesi più avanzati del nostro nell’organizzazione del lavoro, come quelli scandinavi. È corretto? «A livello internazionale riscontriamo molti concetti legati a quello che noi etichettiamo come smart working, che però in molti casi, soprattutto nel Nord Europa, hanno origine più nel mondo della conciliazione che nell’aumento della competitività – risponde Mariano Corso –. In questo senso, Regno Unito e Paesi Bassi hanno adottato una normativa molto spinta e cogente nei confronti delle imprese. Poi abbiamo Paesi che presentano per tradizione un elevato grado di flessibilità nel mondo del lavoro e una notevole diffusione di telelavoro, come Svezia, Norvegia, Danimarca e Repubblica Ceca. Qualcosa di più simile allo smart working lo individuiamo in Belgio, però anche in questo caso non siamo di fronte al quadro normativo italiano, in cui, con una portata rivoluzionaria, riscontriamo il superamento di molte rigidità del lavoro subordinato».

Lo smart working fa bene al mondo del lavoro, ma non solo. Si inquadra in un fondamentale e auspicabile processo di transizione verso una politica di attenzione all’ambiente. Uno dei concetti di base dello smart working, così come della smart city, è infatti l’ottimale utilizzo delle risorse e degli spazi. Oltre a limitare gli spostamenti con una conseguente riduzione delle emissioni di CO2, lo smart working riesce a dare risposte emergenziali, dalla riduzione dello spopolamento di alcune aree del Trentino alla riorganizzazione del lavoro nel comune di Genova a seguito del crollo del ponte Morandi.

Lavoro Agile: presentati i dati della ricerca dell’Osservatorio Smart Working

A fine ottobre, l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano ha presentato i dati della propria ricerca.
Uno studio che apre una finestra su una realtà che sta diventando sempre più importante nel panorama italiano. Basti pensare che ad oggi, sono circa 480 000 i dipendenti che usufruiscono dello smartworking. Per rendere l’idea, stiamo parlando all’incirca del 12% di chi – per tipologia di lavoro e strumentazione informatica – dispone dei requisiti necessari per lavorare in modo agile.
Un dato in continuo aumento, con una crescita del 20% rispetto all’anno passato. Dopo tutto, sono sempre di più le grandi imprese che vedono il lavoro agile come un requisito essenziale per mantenere la propria competitività.
Ma come mai aziende e dipendenti sono sempre più aperti a questo nuovo modello organizzativo?
La riposta è da ricercare nelle conclusioni tratte dall’Osservatorio, che evidenzia come i benefici siano rilevanti, sia a livello di soddisfazione individuale che di performance dei lavoratori e dell’organizzazione nel suo complesso.

Quando smart fa rima con soddisfazione

Secondo i dati raccolti, infatti gli smartworker sono in media più soddisfatti sia del rapporto con colleghi e responsabili che dell’organizzazione del proprio lavoro.
Le ragioni che li spingono ad aderire al progetto sono sia di carattere personale, come la riduzione dello “stress da pendolare” e la ricerca di un migliore equilibrio tra vita privata e professionale, che lavorativo, come l’aumento della motivazione e della produttività.
A questo si aggiunge anche l’attenzione per l’ambiente, con una riduzione delle emissioni legate agli spostamenti tra casa e ufficio.

In una simile analisi non poteva mancare il punto di vista di chi giornalmente collabora con i lavoratori agili ed è chiamato a valutarne le performance. Tra gli aspetti positivi segnalati più frequentemente dai manager coinvolti dall’Osservatorio troviamo una maggiore responsabilizzazione sul raggiungimento dei risultati, un miglioramento dell’efficacia del lavoro e della gestione autonoma delle urgenze, oltre a un impatto positivo sulla condivisione delle informazioni e sul coordinamento.

Tuttavia, anche se gli aspetti positivi sono numerosi e comprovati, è bene mettere in evidenza anche alcune criticità, alle quali manager e collaboratori devono prestare attenzione.
Una di queste, per esempio, è la mancanza di interazione con i colleghi. Questo, sommato a eventuali problemi legati ai mezzi di comunicazione virtuali messi a disposizione, potrebbe rappresentare per alcuni lavoratori una criticità. Altri, invece, segnalano una minore concentrazione dovuta alla presenza di distrazioni esterne.

È proprio nel superamento di queste difficoltà che diventa importante il ruolo del manager.

Anche la leadership diventa agile

Infatti, una rivoluzione come quella del lavoro agile, necessita anche di un cambiamento del modello di leadership, che dovrebbe diventare altrettanto smart.
Come? Il primo passo è passare da un’organizzazione basata sulle urgenze a una per obiettivi condivisi, facilitando così la programmazione dei compiti. Questo va di pari passo con un rinnovato impegno nel responsabilizzare i propri collaboratori, coinvolgendoli nelle decisioni e promuovendone una partecipazione attiva.
Da non sottovalutare è poi lo spirito di gruppo, da mantenere intatto anche quando una o più risorse lavorano da remoto. In questo modo si preserva il passaggio di informazioni e si riduce il senso di isolamento delle risorse. Ecco che in questi casi, ai manager viene richiesta una nuova capacità, quella di saper scegliere gli strumenti di comunicazione più adeguati in base alla situazione.

La rivoluzione continua

Riprendendo il titolo del convegno di presentazione della ricerca dell’Osservatorio Smart Working – Una rivoluzione da non fermare – anche qui alla School of Management la rivoluzione continua. Il MIP, infatti, già da due mesi ha aperto a tutto lo staff la possibilità di lavorare agilmente una volta alla settimana.
Un progetto che propone una nuova sfida: la sviluppo di una nuova cultura manageriale che favorisca collaborazione, organizzazione autonoma delle attività, responsabilizzazione verso i risultati e fiducia.