Tiresia Impact Outlook 2019

I capitali per l’impatto sociale in Italia superano gli 8 miliardi di euro, in crescita gli asset gestiti dagli operatori equity.

Presentato il Tiresia Impact Outlook 2019 realizzato dall’omonimo Centro di ricerca di innovazione e finanza per l’impatto sociale della School of Management.

Il 2019 è stato l’anno d’oro per la finanza per l’impatto sociale. I temi legati alla sostenibilità sono diventati centrali nella coscienza collettiva e nel sistema economico e finanziario tradizionale: la famosa lettera di Larry Fink, amministratore delegato di Blackrock, il manifesto della Business Roundtable e la prima pagina del Financial Times su tutti hanno sancito la necessità di ripensare il capitalismo, hanno segnato la definitiva consacrazione dell’imperativo dell’impatto.

La ricerca Tiresia Impact Outlook 2019, realizzata dall’omonimo Centro di ricerca di innovazione e finanza per l’impatto sociale della School of Management e presentato la scorsa settimana, offre una descrizione aggiornata dello stato dell’arte della finanza per l’impatto sociale in Italia e alcune riflessioni sulle sue possibili traiettorie di sviluppo. L’analisi è basata su 58 interviste strutturate a operatori sia dal lato dell’offerta sia della domanda di capitali.

“Lo studio restituisce l’immagine di un settore ancora piccolo, in grande trasformazione – commenta Mario Calderini, docente di Social Innovation e direttore di Tiresia – nel quale gli operatori stanno via via strutturando modelli e strumenti. Una enclave che tuttavia potrà giocare un ruolo prezioso nel contaminare virtuosamente l’industria finanziaria, il suo processo di trasformazione, verso modelli più sostenibili e inclusivi”.

La metodologia poggia su una definizione inclusiva di finanza per l’impatto: un’ampia gamma di investimenti e finanziamenti basati sull’assunto che i capitali privati, talvolta in combinazione con i fondi pubblici, possano intenzionalmente contribuire a creare impatti sociali positivi e, al tempo stesso, rendimenti economici. Gli operatori così identificati sono stati profilati in base alle loro caratteristiche e all’approccio utilizzato nelle loro attività riconducibili alla finanza per l’impatto, descritto attraverso una triade di elementi qualificanti, la cosiddetta triade dell’impatto: intenzionalità, misurabilità e addizionalità.

Il capitale per l’impatto impiegato dal 2006 in Italia è circa 8 miliardi di euro. Di questi, gli investimenti in equity effettuati dai soggetti intervistati dal momento del loro ingresso nell’industry è di 1.263,4 milioni di euro (15,7% del totale degli impieghi). Il totale dei finanziamenti erogati dagli intervistati, sotto forma di credito alle organizzazioni ad impatto sociale, è di 6.767,8 milioni di euro (84,3% del totale degli impieghi). Nel 2019, il totale degli asset gestiti dagli operatori equity è di 1.824,75 milioni e crescerà del 19% nel prossimo anno.

Rispetto alle aree di impatto sociale, obiettivo degli investimenti e dei finanziamenti, classificate secondo i 17 SDGs delle Nazioni Unite, prevale l’obiettivo “Buona occupazione e crescita economica” (73,7% degli operatori) seguito da “Imprese, innovazione e infrastrutture” (65,8%).

Per quanto riguarda i rendimenti attesi, il 60% degli intervistati dichiara aspettative di rendimento inferiori rispetto ai normali valori di mercato. Per il 73% degli investitori equity i rendimenti attesi si attestano tra il 2% e il 5%. Per chi opera nel mercato del credito, i rendimenti attesi sono prevalentemente in linea con gli ordinari tassi di mercato.

Circa il rischio finanziario associato alle operazioni di finanza per l’impatto, l’insieme di intervistati ha dato risposte eterogenee: il 45,5% dichiara un rischio maggiore delle operazioni ordinarie, mentre il 42,4% in linea ed un 15,2% inferiore. È rilevante osservare che la percezione di maggiore rischiosità è sensibilmente differente tra investitori equity e operatori sul mercato del credito, essendo questi ultimi più orientati ad una percezione di rischio minore.

Tra i criteri di screening adottati dagli operatori per l’impiego del capitale, il più utilizzato è l’analisi del modello di business (83,3%) seguito dal potenziale del progetto imprenditoriale di rispondere a un bisogno sociale (66,7%) e dalle competenze manageriali e tecniche del team (30%). Da ciò si evince che per un terzo degli operatori l’impatto sociale rappresenta una condizione di eleggibilità dell’operazione finanziaria ma non un criterio di screening vero e proprio.

Tra le strategie di exit, riconosciute come un possibile ostacolo agli investimenti, prevalgono l’acquisizione delle quote da parte di altri investitori e il management buyout, mentre ancora irrilevante è l’aspettativa della possibile nascita di mercati organizzati per i titoli a impatto sociale. Dal punto di vista delle barriere che ostacolano lo sviluppo dell’industry, prevalgono la mancanza di competenze finanziarie dei soggetti investiti, debolezza dei social business model e un’assenza di politiche pubbliche.

Specularmente, tra le azioni necessarie a sviluppare l’industry, viene segnalata una necessità di azioni di capacity building tra le imprese che perseguono obiettivi di impatto sociale, lo sviluppo di azioni pubbliche volte alla semplificazione, nuovi schemi di partenariato pubblico-privato, la modellizzazione e l’omologazione dei processi e dei metodi utilizzati nei processi di investimento.

Coerentemente, il 60% degli intervistati considera il settore pubblico l’attore decisivo nell’imprimere un’accelerazione all’industry.

Il presente studio descrive un ecosistema che, seppur ancora di nicchia, contiene caratteristiche antropologiche, valori, modelli e strumenti che potranno giocare un ruolo decisivo nel fecondare una transizione dell’industria finanziaria mainstream verso un modello compatibile con le grandi sfide ambientali e sociali emergenti. Un laboratorio di innovazione e trasformazione che si propone come esempio per il ripensamento dei modelli di gestione di triliardi di asset affinchè possano generare insieme valore economico e sociale ristabilendo un rapporto più positivo con la società, con le comunità, con gli individui.

Il report completo è scaricabile dal sito www.tiresia.polimi.it

 

MBA Recruiting Day

Il prossimo 24 gennaio aziende e candidati MIP si incontreranno in occasione del prossimo MBA Recruiting Day  presso il MIP Politecnico di Milano, nel Campus Bovisa.
A partire dalle ore 10.00 le aziende potranno accogliere i candidati ai propri desk, allestiti in un’area dedicata in in base al settore aziendale: Technology & Digital | Industrial & Energy| Retail & Consumer Goods| Luxury, Fashion & Lifestyle| Consulting & Finance.
La mattinata terminerà con il networking lunch, riservato ai recruiter coinvolti la mattina e ai responsabili del Talent Acquisition delle aziende partecipanti.

L’MBA Recruting Day è dedicato agli studenti del nostro Master MBA Internazionale, disponibili da Maggio 2020 per opportunità di project work in azienda.

I candidati MBA hanno un background internazionale ed una esperienza lavorativa di 3-7 anni in settori eterogenei e aree funzionali quali: Sales & Business Development, Strategy, Operations, Marketing&Communication, Analytics and Big Data, PM, Legal, Digital Transformation.

L’MBA Recruting Day è riservato agli employer che avranno opportunità di:

  • selezionare candidati MBA internazionali ad alto potenziale per stage o posizioni aperte in diverse aree e funzioni aziendali
  • testare il talento di uno o più candidati offrendo un progetto strategico ad alto impatto sul business
  • confrontarsi con altri employer del network MIP durante i momenti di networking

Inoltre, le aziende avranno l’opportunità, una volta confermata la loro partecipazione, di pubblicare project work, annunci di stage o posizioni aperte prima dell’evento e ricevere direttamente le application dei candidati che incontreranno on campus. Ulteriori dettagli in merito alla pubblicazione degli annunci verranno condivisi a valle della registrazione.

Agenda
  • 9.00 – 9.30 Company Registration
  • 9.30-10.00 Welcome Coffee for Recruiters
  • 10.00- 13.00 Stand Opening and One to One Interviews
  • 13.00- 14.00 Networking Lunch for Recruiters
Modalità di partecipazione

La partecipazione all’evento – da confermare entro il 27 novembre 2019 –  è riservata ad un numero limitato di aziende del network MIP. Le adesioni verranno confermate fino ad esaurimento dei posti disponibili.
Per maggiori informazioni si prega di contattare la Unit Company Engagement& Partner Care (Company&PartnerCare@mip.polimi.it)
T. 02 2399 2832 – 2847 – 4898

Informazioni utili

24 Gennaio 20120| h 9.00 – 13.30
Politecnico di Milano – Campus Bovisa| Edificio BL 28 Glass Room 1 Piano
Via Raffaele Lambruschini 4B, Milano 20156

 

Fashion: premiata la laurea più sostenibile

Save The Duck, il primo marchio di piumini 100% animal free, ha consegnato ieri il premio di laurea alla migliore tesi sul tema della sostenibilità nel settore fashion. Dedicato agli studenti del Politecnico di Milano, il riconoscimento è stato istituito in collaborazione con la Sustainable Luxury Academy della School of Management dell’Ateneo, un Osservatorio permanente sul lusso responsabile. In palio: 5 mila euro.

 

Save The Duck, il primo marchio di piumini 100% animal free, ha consegnato ieri il premio di laurea dall’importo di 5.000 euro, istituito in collaborazione con la Sustainable Luxury Academy della School of Management del Politecnico di Milano e volto a valorizzare la migliore tesi sul tema della sostenibilità nel settore fashion. Ad aggiudicarsi il riconoscimento con un punteggio complessivo di 23.3 su 25 sono state Tiziana Modica e Maria Giulia Zanotti con la tesi «Introducing Postponement in Global Distribution Network Design: a Sustainability Perspective». Motivazione: «Ottimo lavoro, che prende in considerazione una tematica “calda” come la riduzione di emissioni di Co2 e l’ottimizzazione dei trasporti e della distribuzione delle merci. Si tratta inoltre di un progetto di respiro internazionale e, caratteristica fondamentale, modulabile secondo le esigenze di ogni azienda». Al premio hanno potuto candidarsi tutti gli studenti che hanno conseguito il titolo di laurea magistrale nel periodo tra ottobre 2018 e luglio 2019 con votazione non inferiore a 100/110 presso il Politecnico di Milano. Le vincitrici si sono focalizzate sulla sostenibilità della supply chain nel mondo fashion, con un focus sulla riduzione delle inefficienze nel sistema dei trasporti su scala internazionale. Obiettivo: garantire alle aziende benefici tangibili sul piano sia ambientale, sia economico.

Il riconoscimento è stato consegnato nel corso del Responsible Luxury Summit, l’annuale momento di confronto della Sustainable Luxury Academy, Osservatorio permanente sul lusso sostenibile finanziato dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Mazars per riunire le voci più influenti dell’industria dell’alto di gamma e incidere positivamente sul mercato. L’Osservatorio monitora quanto, con che politiche e risultati, le aziende italiane del lusso siano effettivamente sostenibili e propone una roadmap di azioni da intraprendere, anche grazie al dibattito tra imprese, docenti ed esperti come Carbonsink, società di consulenza specializzata in strategie di mitigazione dei cambiamenti climatici che ha portato spunti di riflessione.

IDENTIKIT DEL PREMIO — L’obiettivo del progetto promosso da Save The Duck e fortemente voluto dal founder e ceo Nicolas Bargi è investire sul futuro delle giovani generazioni e sensibilizzarle ulteriormente su un tema cruciale per la vita di tutti noi. Lanciata nel 2011, l’azienda realizza capi privi di piume, pellami, pellicce e in generale materiali/tessuti di derivazione animale. L’ultimo traguardo raggiunto è stata la certificazione B-Corp, che distingue le aziende che volontariamente rispettano i più alti standard di responsabilità e trasparenza in ambito sociale e ambientale, dando lo stesso peso agli obiettivi economico-finanziari e agli obiettivi di impatto sociale e ambientale. Tra le partnership messe a segno da Save The Duck quelle con WWF, LAV, PETA e Sea Shepherd. «Sono molto orgoglioso della collaborazione con il Politecnico di Milano, eccellenza universitaria italiana, perché ci permette di sostenere giovani che ogni giorno si impegnano per poter contribuire a trovare soluzioni più sostenibili e rendere il mondo un luogo migliore» ha commentato Nicolas Bargi di Save The Duck. «Colgo l’occasione per complimentarmi con le due giovani vincitrici perché hanno saputo affrontare in modo efficace un tema estremamente complesso e di grande impatto sul mercato fashion (e non solo)». «Questo premio va esattamente nella direzione che ci siamo prefissi – ha aggiunto Alessandro Brun, a capo della Sustainable Luxury Academy della School of Management del Politecnico di Milano e direttore del Master in Global Luxury Management –: sensibilizzare maggiormente il settore del lusso sui temi della sostenibilità e della responsabilità sociale a partire dagli studenti, dalle nuove generazioni, che avranno il compito di trasformare le strategie e le analisi in realtà quotidiana».

Entra a far parte del network di aziende del MIP

 

Le aziende ricoprono un ruolo centrale per la Scuola, assicurando ai nostri programmi un forte legame con il mondo professionale.
Insieme ai professori, infatti, entrano in aula anche manager e recruiter, che attraverso company presentation, lezioni in azienda ed eventi di networking, da una parte mettono a disposizione dei nostri studenti la propria esperienza, dall’altra hanno la possibilità di incontrare tramite un canale privilegiato i talenti di domani.

Far parte del network del MIP offre numerosi vantaggi, soprattutto in termini di employer branding. Ecco alcune delle attività che sono riservate alle aziende aderenti:

  • Accesso alla Job Board FLEXA, che consente all’azienda di creare il proprio profilo e di pubblicare offerte di lavoro e stage per gli studenti in corso o gli Alumni.
  • Possibilità di accogliere per uno stage curriculare o extra-curriculare gli studenti e gli Alumni durante la preparazione del project work finale, supervisionato da un tutor MIP. Questa rappresenta un’ottima occasione per valutare un profilo ai fini di un possibile inserimento in azienda.
  • Opportunità di avvalersi della consulenza di un team di studenti selezionati per analizzare un processo chiave scelto dall’azienda attraverso le metodologie apprese in aula.
  • Attività di recruitment presso il campus MIP o la propria sede aziendale .
  • Partecipazione a Career Day per incontrare gli studenti dei Master specialistici e degli MBA attraverso colloqui programmati o application spontanee. Il prossimo evento in programma è il 24 gennaio con gli allievi del Full Time MBA, non perdere l’occasione!
  • Attività in aula, come presentazioni per promuovere la propria azienda e le opportunità di carriera, partecipazione in veste di relatori a workshop, tavole rotonde e lezioni.
  • Possibilità di accogliere gli studenti in azienda per visite alla struttura o lezioni su tematiche specifiche.

Vuoi dare slancio alla tua immagine aziendale collaborando con una delle migliori Business School al mondo? Contatta lo staff del Company Engagement & Partner Care per scoprire come entrare nel network e partecipare già al prossimo Career Day del 24 gennaio!

Perché il valore umano nell’era digitale è ancora più prezioso

La crescita della digitalizzazione è vista da tanti con preoccupazione. Eppure le nuove tecnologie possono aiutare produttività e flessibilità. A patto che i manager sappiano individuare le giuste opportunità

 

“L’interazione umana è la prima vittima dell’era digitale”. È il titolo che introduce un editoriale firmato da Vivek Wadhwa, imprenditore del settore tech, docente ad Harvard e, tra le altre cose, un entusiasta della prima ora dei social media. Con il tempo, come molti altri, Wadhwa ha cambiato idea, convincendosi che i mezzi di comunicazione digitali hanno fatto più male che bene ai rapporti interpersonali. Allo stesso modo, sono in molti a sostenere che le tecnologie digitali avanzate possano ridimensionare la centralità dell’elemento umano nel mondo del lavoro. Ma è davvero così? Una serie di dati e previsioni mostrano come in realtà sia possibile prendere delle contromisure. E come il ruolo dei manager, in questo scenario, sia centrale.

Rapporti umani: tra relazioni e connessioni

Un’indagine del World Economic Forum, condotta nel 2016 su un campione di oltre 5 mila individui sparsi per i cinque continenti, rivela una percezione diffusa in netta controtendenza rispetto ai timori di Wadhwa. Secondo la maggior parte degli intervistati, l’utilizzo dei social media ha portato una maggiore capacità di stringere amicizie nel mondo reale, di mantenere le relazioni con amici già acquisiti e con il proprio partner e – sorpresa! – anche di sviluppare una maggiore empatia.
Ma non è tutto oro quel che luccica. Se è vero che da una parte i media digitali abilitano l’interazione sociale, spesso dando rilievo alle voci delle minoranze, dall’altra parte esistono dei rischi che è lo stesso World Economic Forum a sottolineare nel report Digital Media and Society: è possibile che lo sviluppo delle capacità relazionali online non corrisponda a un analogo incremento delle social skills offline. Uno scenario a luci e ombre, insomma, che ritroviamo anche in ambito lavorativo.

Il lavoro che cambia

Le tecnologie digitali stanno plasmando forme e contenuti dell’offerta lavorativa. Tra le ricadute positive si possono annoverare un incremento della produttività e della flessibilità, in particolare nel ricorso sempre maggiore a forme di telelavoro, o di smart working, rese possibili dallo sviluppo di connessioni di rete sempre più rapide e di strumenti di comunicazione digitale sempre più efficienti. Anche in questo caso, però, non mancano i dubbi. I media digitali, infatti, possono provocare un aumento delle diseguaglianze, causate da un rapido avvicendamento nelle skill più richieste. Non è azzardato prevedere un allargamento della forbice del valore (e quindi anche di quella economica) tra i dipendenti con skill di basso livello e colleghi con abilità più evolute e preziose.

Sfruttare la tecnologia, valorizzare l’umano

Per evitare questi rischi, la figura del leader diventa centrale. Deve “avere le conoscenze e le capacità adatte a riconoscere e anticipare le tendenze digitali, capirne le implicazioni per il business e usare a proprio vantaggio la tecnologia per rimanere al passo”, afferma il report Digital Media and Society. Spetta alle organizzazioni, e quindi ai loro manager, sviluppare le strategie adeguate per integrare i media digitali nel flusso lavorativo, e agire attivamente sulle opportunità e i pericoli che i loro dipendenti dovranno affrontare. Un altro report del World Economic Forum, Our Shared Digital Future, ha suggerito delle ulteriori linee guida per affrontare la rivoluzione digitale: spicca la creazione di una rete di leader responsabili che incoraggino il reskilling dei dipendenti. Se è vero, come suggerisce il Future of Jobs Report del 2018, realizzato sempre dal WeF, che entro il 2022 l’automazione sottrarrà agli esseri umani percentuali importanti di carico di lavoro, diventa infatti fondamentale la valorizzazione di quelle attività che le intelligenze artificiali ancora non riescono a svolgere: un paradosso apparente, ma il vantaggio competitivo di aziende e lavoratori dipenderà sempre più dalla capacità di dimostrarsi inimitabilmente umani. A dispetto di qualsiasi innovazione digitale.

Symplatform: un simposio internazionale sulle piattaforme digitali

 

Negli ultimi anni la rilevanza dei modelli di business basati su piattaforme è aumentata significativamente. Aziende come Airbnb, Uber o BlaBlaCar hanno mostrato le grandi potenzialità dei modelli di business che hanno come obbiettivo il matchmaking di vari gruppi di clienti, come viaggiatori e host, cavalcando le opportunità delle tecnologie digitali.

Siamo felici di lanciare la prima edizione di Symplatform, un symposium sulle piattaforme digitali che si pone l’obiettivo di unire accademici e practitioner.
Symplatform è un progetto sviluppato in collaborazione da Trinity College Dublin, Politecnico di Milano School of Management e Audencia Business School.

La prima edizione avrà luogo al Trinity Centre for Digital Business presso il Trinity College Dublin il 16 e il 17 aprile 2020.

Il symposium sarà basato su vari format: sessioni parallele con presentazioni di paper accademici, sessioni guidate dai practitioner “Pitch your challenge” e workshop collaborativi che possano indicare possibili sviluppi per il field delle piattaforme digitali.
Su symplatform.com sono disponibili informazioni aggiuntive sull’evento.

Il gruppo Prada presenta “Shaping a Sustainable Future Society”

Il Gruppo Prada annuncia che l’8 novembre 2019 si terrà a New York la conferenza “Shaping a Sustainable Future Society”, la terza edizione delle conversazioni del Gruppo che offrono spunti di riflessione sui cambiamenti più significativi della società contemporanea.

L’evento di quest’anno esplora il concetto di sostenibilità sociale nel tentativo di dare una definizione esaustiva di questo termine. In una giornata di interventi e discussioni all’insegna del pensiero dialettico e della pluralità di prospettive, i relatori rifletteranno sulla responsabilità delle imprese e delle istituzioni di promuovere un ambiente che incoraggi libertà, uguaglianza e giustizia. In linea con il formato ormai affermato delle conferenze “Shaping a Future”, un contributo rilevante sarà fornito dai partner accademici dell’evento.

La mattinata sarà aperta da un keynote speech del noto architetto Sir David Adjaye OBE, seguito da una tavola rotonda che analizzerà le sfide affrontate quotidianamente dalle aziende sui più urgenti temi globali; la conversazione sarà moderata dal professor Gianni Riotta, giornalista e Vicepresidente Esecutivo del Consiglio per le Relazioni Italia-USA.

Il gruppo di partecipanti alla tavola rotonda, vario per competenze ed esperienze, include Richard Armstrong, direttore della Solomon R. Guggenheim Foundation e del Solomon R. Guggenheim Museum di New York; Amale Andraos, preside della Columbia University Graduate School of Architecture, Planning and Preservation; Mariarosa Cutillo, Chief of Strategic Partnerships dello United Nations Population Fund (UNFPA); Amanda Gorman, poetessa e attivista; Kent Larson, direttore del gruppo di ricerca City Science del MIT Media Lab; Livia Pomodoro, presidente dell’Accademia di Belle Arti di Brera, ex magistrato ed ex presidente del Tribunale di Milano. Alla tavola rotonda seguirà il contributo del campione paralimpico Simone Barlaam.

L’evento proseguirà con l’intervento dei due partner accademici, le Schools of Management della Yale University e del Politecnico di Milano, per approfondire il tema della conferenza integrandolo con le loro prospettive. Lo Yale Center for Customer Insights presenterà una ricerca sviluppata in collaborazione con il Gruppo Prada che analizza quanto le tematiche sociali influenzino scelte e comportamenti dei consumatori. Seguirà una discussione, moderata dal professor Gianni Riotta, tra la professoressa Raffaella Cagliano della School of Management del Politecnico di Milano
e la professoressa Kate Crawford, scrittrice, compositrice e produttrice, su come le tecnologie digitali, inclusa l’intelligenza artificiale, stiano ridisegnando la nostra vita quotidiana, e su come la società si trovi a dover anticipare e gestire i rischi di un uso interessato o disonesto delle tecnologie digitali.
Le osservazioni conclusive della giornata saranno affidate a Rula Jebreal, giornalista pluripremiata, scrittrice ed esperta di politica estera.

La conferenza sarà trasmessa in diretta su www.pradagroup.com a partire dalle 9.30 EST / 15.30 CET. Sarà possibile seguire contenuti dell’intera giornata su @Prada con il live tweeting dell’evento e alimentare la discussione con l’hashtag #ShapingASustainableSociety

Il programma della giornata e la panoramica dei relatori sono disponibili sul sito web del Gruppo Prada in una sezione dedicata.

Le conferenze “Shaping a Future”

Dal 2017 il Gruppo Prada organizza ogni anno una conferenza allo scopo di offrire spunti di riflessione sui cambiamenti più significativi in corso nella società contemporanea. Anche nelle due precedenti edizioni Prada ha collaborato con le Schools of Management della Yale University e del Politecnico di Milano.
Nel 2017 la prima conferenza, intitolata “Shaping a Creative Future”, ha esplorato le connessioni tra creatività, sostenibilità e innovazione. La seconda, “Shaping a Sustainable Digital Future”, nel 2018 ha indagato il rapporto tra sostenibilità e innovazione digitale.
Il formato della serie di conferenze si compone di keynote speeches, tavole rotonde e promuove contest studenteschi.

Le medie imprese ad alta crescita in Europa: il dataset RISIS-Cheetah

 

Oltre 42 mila medie imprese ad alta crescita in 30 paesi europei: sono le ‘Cheetah firms’, mappate grazie al dataset RISIS-Cheetah sviluppato dai ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Gestionale, in collaborazione con l’Università del Sussex.

Il 24 Ottobre, a Bruxelles, si è tenuto il primo Policy meeting del progetto RISIS2, focalizzato sulle prime evidenze empiriche derivanti dal dataset RISIS-Cheetah e sulla rilevanza politica di questa categoria di imprese. RISIS2 è un progetto finanziato nell’ambito del programma Horizon 2020, e ha l’obiettivo di fornire un’infrastruttura di ricerca Europea per supportare lo sviluppo di nuovi dataset e di indicatori.

La discussione sulle ‘Cheetah firms’ è stata guidata da Massimiliano Guerini, professore della School of Management, e da Roberto Camerani, ricercatore dell’Università del Sussex. “Le Cheetah firms sono imprese di medie dimensioni che hanno registrato una crescita eccezionale. Queste imprese possono svolgere un ruolo chiave per favorire la crescita economica e la creazione di nuovi posti di lavoro”, commenta Guerini. “Con il progetto RISIS siamo ora in grado di studiarle e di comprendere meglio i loro driver di crescita“.

Le imprese ad alta crescita hanno ricevuto notevole attenzione da parte di studiosi, accademici e policy makers, dal momento che giocano un ruolo cruciale per la creazione di nuovi posti di lavoro. Ad esempio, è noto che la maggior parte delle imprese non registra performance di crescita elevata e che, se questo avviene, i fattori alla base del processo di crescita sono difficili da prevedere. Inoltre, si sa che tassi di crescita sostenuti tendono a non persistere nel tempo.

Ciononostante, l’evidenza empirica disponibile tende a concentrarsi su imprese di piccole dimensioni, start-up o su imprese di grandi dimensioni, mentre la dinamica di crescita delle imprese di media dimensione è poco nota. Eppure, le medie imprese possono fornire un contributo significativo per sostenere l’espansione occupazionale dell’economia europea.

L’evento aveva come obiettivo discutere il ruolo cruciale rivestito dalle ‘Cheetah firms’ nella creazione di posti di lavoro, con l’idea di fornire nuovi spunti di riflessione per lo sviluppo di politiche a supporto della crescita, presentando i risultati principali ottenuti tramite il dataset RISIS-Cheetah, in particolare sulla distribuzione geografica, sulla specializzazione settoriale e sui processi di agglomerazione che caratterizzano le medie imprese europee ad alta crescita, rispetto alle altre medie imprese europee che non hanno sperimentato la stessa performance di crescita elevata.

SOM per i SDGs: il premio per le tesi con impatti sui Sustainable Development Goals

 

Claudia Cuttini, Celine De Vincenzi, Giulia Montuori, Anabel Velazque, Rocco Abbattista, Giulia Madoglio, Sonia Saibene: sono i vincitori dell’edizione 2019 del premioSOM per i SDGs”, premiati ieri in occasione dell’evento “School of Management per il Non Profit” che si è tenuto presso il Dipartimento di Ingegneria Gestionale.

Il premio è destinato a Tesi e Project Work finali di Alumni della School of Management con impatto sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, che rappresentano un contributo per risolvere le sfide sociali del nostro tempo e propongono modelli di sviluppo sostenibile sul piano ambientale, economico e sociale.

Sono state 27 le candidature ricevute (18 Laureati Magistrali in Ingegneria gestionale e 9 Alumni MBA e altri Master MIP), valutate in base a quattro criteri: impatto sui SDGs, contenuto innovativo, metodologia utilizzata, trasferibilità e replicabilità dei risultati.

Nelle loro tesi di Laurea Magistrale, Claudia Cuttini e Celine De Vincenzi hanno lavorato sul tema della riduzione degli sprechi alimentari lungo la supply chain agri-food, mentre Giulia Montuori sul ruolo dell’esperienza del paziente nelle terapie contro il cancro.

I project work vincitori trattano invece temi come Data Science, di Anabel Velazque (Master in Business Analytics and Big Data) e ambiente, di Rocco Abbattista, Giulia Madoglio, Sonia Saibene (International Part Time MBA).

L’evento aveva anche lo scopo di incontrare le organizzazioni del terzo settore per condividere le esperienze sviluppate e i risultati raggiunti all’interno del programma “School of Management per il Non Profit”, nonché dare avvio a un nuovo ciclo di collaborazione.

Lo sviluppo delle relazioni con le organizzazioni non profit e le imprese sociali occupa un posto centrale nel programma, che è stato lanciato nel 2017 con l’obiettivo di valorizzare e inserire in una strategia coerente le iniziative della Scuola legate alla sostenibilità sociale ed ambientale e all’etica del business.

Il programma rappresenta uno spazio di collaborazione e confronto reciproco con il mondo non profit, facilita il contatto di tali organizzazioni con gli studenti, i docenti e lo staff della Scuola per mettere a disposizione competenze e sviluppare progetti comuni.

In tre anni più di 400 studenti si sono messi alla prova affrontando le sfide di conoscenza e di gestione che sono state poste da organizzazioni non profit ed imprese sociali, conducendo più di 100 progetti tra tesi di Laurea Magistrale e project work, con la guida di 20 professori e ricercatori.

Le organizzazioni sociali sono viste da un numero sempre maggiore di studenti e docenti della Scuola come attori centrali dell’economia e della società, e il terzo settore diventa sempre più spesso ambito applicativo dell’Ingegneria Gestionale, con una crescita anche dell’interesse scientifico.

Le internship per gli studenti e laureati della Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale e del MIP Graduate School of Business sono un altro modo di scambiare conoscenza.

Oltre alla didattica, progetti di ricerca sono stati condotti con diverse organizzazioni, ma si mira a rafforzare le opportunità per attività congiunte di dimostrazione, capacity building e ricerca. Infine, la Scuola assiste le organizzazioni non profit e le imprese sociali nell’affrontare le loro necessità di formazione.

 

Saper imparare: la più grande sfida per i leader di domani

Soft Skill: perché sono importanti

 

In un contesto sempre più incerto e in rapida evoluzione, diventa sempre più importante, per un manager, la capacità di imparare, apprendere, confrontarsi con nuove situazioni. Ecco perché le soft skill sono destinate e superare le hard skill

 

I manager del futuro non potranno prescindere dalle soft skill. È quanto si evince leggendo il Future of Jobs Report 2018, il corposo libro bianco pubblicato dal World Economic Forum che fa il punto sui trend globali in atto nel mondo del lavoro. Stando alle previsioni, entro il 2022 il mercato prediligerà una forza lavoro capace di pensare criticamente, di innovare, di creare, di apprendere. Discorso valido per tutti, ma ancora più importante per chi si prepara ad assumere un ruolo di leadership.

Un contesto in rapido mutamento

L’affinamento delle intelligenze artificiali, del machine learning, l’esplosione dei big data, sposteranno l’equilibrio uomo-macchina. E il futuro politico ed economico del nostro pianeta sarà sempre più difficilmente prevedibile. Non è un caso che, negli ultimi tempi, sia tornato in voga un acronimo coniato nel 1987, VUCA, che nei suoi termini descrive alla perfezione tanto il mondo attuale quanto quello a venire: Volatility (instabilità), Uncertainty (incertezza), Complexity (complessità) e Ambiguity (ambiguità). È a causa di questi fattori che le hard skill non bastano più.

Parola d’ordine: reskilling

Non sorprende affatto, dunque, che il Future of Jobs Report parli di reskilling imperative: là dove le competenze hard non bastano più, la parola d’ordine diventa riqualificarsi. Ma, per farlo, è importante essere dotati degli strumenti adatti. È così che skill come il pensiero analitico, le strategie di apprendimento, la creatività, l’originalità, lo spirito di iniziativa scalzeranno dalla classifica sia le hard skill vere e proprie, sia quelle soft che finora avevano spadroneggiato (basti l’esempio del “classico” problem solving): imparare e saper imparare è di gran lunga la capacità più importante, soprattutto se pensiamo a un leader che, volente o nolente, sarà costretto a confrontarsi quotidianamente con contesti VUCA a tutti gli effetti. I leader di domani, come d’altra parte afferma anche la nota rivista statunitense Forbes, “dovranno essere agili e capaci di abbracciare e celebrare il cambiamento (…) non vedranno il cambiamento come un fardello, ma come un’opportunità di crescita e innovazione”. Sfida senz’altro complessa, ma ineludibile: secondo il World Economic Forum, il processo di reskilling coinvolgerà almeno il 54% dei manager.

Guidare le persone, orientarsi nel mondo

Tutto questo senza dimenticare che le qualità del leader riguardano e continueranno a riguardare anche quelle capacità che sono strettamente attinenti al ruolo, come la visione strategica, la capacità di comunicare gli obiettivi al proprio team e di motivarlo, per fare alcuni esempi. Anche su questo versante, i vecchi modelli di leadership presto non funzioneranno più, perché cambierà la composizione della forza lavoro: i Millennial hanno altre aspettative rispetto ai propri nonni e genitori, e tendono a essere molto meno “fedeli”, se percepiscono un’assenza di stimoli e gratificazioni. Il leader del futuro dovrà tenere conto anche di questo, oltre a dover essere in grado di navigare il mondo che lo circonda, capirne i cambiamenti, anche repentini, sapere quali sono le possibilità offerte dalle nuove tecnologie. Obiettivi a cui può mirare solo se è in possesso delle soft skill adatte. Il report del World Economic Forum spiega con chiarezza che “un deficit nelle skill (…) può significativamente ostacolare l’adozione di nuove tecnologie e, quindi, la crescita dell’azienda”.