AIRIC: primo annual meeting

Il centro del Politecnico di Milano per la ricerca applicata sull’intelligenza artificiale si racconta

 

Lunedì 21 novembre si è svolto il primo Annual Meeting di AIRIC, il Centro per la Ricerca e l’Innovazione in ambito Intelligenza Artificiale del Politecnico di Milano.

L’incontro è stata l’occasione per presentare il nuovo centro che riunisce le principali competenze su intelligenza artificiale e innovazione dei processi del Politecnico, e per condividere i risultati dei primi progetti di ricerca, presentati direttamente dalle aziende che per prime hanno aderito a questa iniziativa.

AIRIC si connota come un centro di ricerca molto innovativo: ispirato alle migliori esperienze internazionali, il cuore di AIRIC è rappresentato dalla sua multidisciplinarietà: competenze tecniche per lo sviluppo di algoritmi e strumenti di intelligenza artificiale, che hanno la loro naturale collocazione nel Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria, e competenze di management e gestione dei progetti, fornite dal Dipartimento di Ingegneria Gestionale. AIRIC si avvale inoltre della collaborazione di tutti gli altri dipartimenti, sia in ambito tecnico sia di dominio applicativo.

La missione di AIRIC è aiutare le aziende a mettere a fuoco le potenzialità dell’intelligenza artificiale, guidarle nell’introduzione dell’AI nei propri processi e prodotti, e supportarle nello sviluppo di competenze interne che siano all’altezza delle sfide future. Punta di diamante della collaborazione è la capacità di sviluppare soluzioni ad hoc, affiancando l’azienda anche nel trasferimento e nella formazione tecnica necessaria: una combinazione indispensabile per creare un differenziale competitivo e usare l’AI in modo esperto, per generare valore di business.

AIRIC è diretto dai professori Nicola Gatti e Marcello Restelli del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria e da Giovanni Miragliotta del Dipartimento di Ingegneria Gestionale.

NEXT GENERATION UPP: un progetto per migliorare le prestazioni della giustizia nell’Italia del nord-ovest

NEXT GENERATION UPP mira a fornire un metodo più efficiente per gestire gli affari giudiziari e contribuire così ad abbattere l’arretrato e a ridurre la durata media dei procedimenti di giustizia.

 

Il progetto, coordinato dall’Università degli Studi di Torino in partenariato con undici atenei dell’Italia del nord-ovest a cui il Politecnico di Milano partecipa con il Dipartimento di Ingegneria Gestionale, il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria e il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani, è promosso dal Ministero della Giustizia nell’ambito del PON Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020 e realizzato in sinergia con gli interventi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) a sostegno della riforma della giustizia.

Next Generation UPP si propone di migliorare le prestazioni della giustizia dell’Italia del nord-ovest attraverso il potenziamento degli Uffici per il processo (UPP), l’innovazione tecnologica e la sperimentazione di nuovi schemi collaborativi tra le università e gli uffici giudiziari ed è rivolto agli uffici giudiziari della Macro Area 01, che include le Corti di appello di Brescia, Genova, Milano e Torino, i Tribunali e i Tribunali per i minorenni dei relativi distretti.

In particolare il gruppo di lavoro del Dipartimento di Ingegneria Gestionale, sotto la guida del Prof. Giancarlo Vecchi, sta realizzando una mappatura dell’organizzazione dell’Ufficio per il processo presso la Corte di Appello e il Tribunale di Milano.
L’analisi mira a rappresentare nel dettaglio le soluzioni organizzative messe in campo, i punti di forza e le criticità, l’impatto sulla riduzione dell’arretrato e sul disposition time, vale a dire il tempo di definizione dei procedimenti di giustizia. Si occuperà inoltre di progettare e sperimentare soluzioni organizzative innovative per consolidare, potenziare e trasferire i risultati ottenuti.

Il progetto, avviato il 1° aprile 2022, terminerà il 30 settembre 2023.


Per maggiori info:
Prof. Giancarlo Vecchi: giancarlo.vecchi@polimi.it

Formazione Executive: una nuova offerta tutta dedicata alla Sanità

Al MIP arriva una nuova offerta formativa tutta dedicata al mondo della sanità.
Dopo l’Executive Master in Gestione dell’Innovazione in Sanità, sviluppato per fornire ai partecipanti le competenze gestionali necessarie per innovare con successo i modelli di business, le modalità di servizio e i sistemi tecnologici nel sistema sanitario, il MIP inaugura quest’anno una vera e propria piattaforma di formazione executive dedicata al settore, con due nuovi Master – quello in Innovazione Organizzativa e Digitale nelle strutture Universitarie in Medicina e quello in Management dell’Innovazione e della Ricerca Clinica.

“La difficile situazione che stiamo vivendo ci ha ricordato non solo l’importante ruolo che ricopre il servizio sanitario, ma anche quanto l’innovazione possa avere un impatto positivo in ambiti di primaria importanza come la salute. È per questo che come Scuola abbiamo voluto dare il nostro contributo, mettendo a disposizione del settore sanitario il nostro know-how e gli strumenti per poter affrontare le attuali sfide dell’evoluzione organizzativa e digitale”, spiegano i Prof. Emanuele Lettieri e Paolo Locatelli, direttori dei Master.

Per maggiori informazioni, contatta ipa@mip.polimi.it

Al via l’Executive PhD in Innovation in collaborazione con Tsinghua University

Al via in questi giorni un nuovo progetto che rafforza la presenza della School of Management in Cina; si tratta dell’Executive PhD in Innovation,  programma che si inserisce all’interno del China-Italy Design Innovation Hub, il più grande polo dell’innovazione europeo, che vede come protagonisti il Politecnico di Milano e Tsinghua University, nella ricerca e formazione di talenti e di innovative leaders del futuro.

Una collaborazione quella tra il Politecnico di Milano e Tsinghua University che, dopo l’avvio ufficiale a febbraio 2017 con l’istituzione del China-Italy Design Innovation Hub alla presenza di Sergio Mattarella e di Xi Jinping, è maturata negli anni, fino a portare oggi all’avvio di questo Executive PhD.

Questo Executive PhD è capace di riunire le eccellenze accademiche di Cina e Italia in un programma innovativo, pensato per insegnare ai profili senior a unire in modo creativo l’esperienza maturata negli anni con la ricerca applicata per generare idee e soluzioni innovative, ma anche per far crescere imprenditori e manager che promuovono l’innovazione integrando competenze manageriali e pensiero scientifico.

Il 10 settembre, alla presenza del Prof. Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico di Milano, del Prof. Giuliano Noci, Pro-Rettore per la Cina e del Prof. Paolo Trucco, Direttore del progetto, si è tenuta la cerimonia di apertura.
Un’occasione per sottolineare l’importanza della collaborazione tra i due Atenei e ricordare i momenti salienti delle relazioni tra Italia e Cina.

 

 

Poste Italiane e gli studenti della School of Management per una sfida sull’innovazione

Presentate dagli studenti della School of Management del Politecnico di Milano soluzioni innovative per rispondere alle sfide lanciate da Poste Italiane su tre temi di interesse aziendale: ripensare gli spazi del workplace dopo la pandemia, ideare soluzioni innovative per i pagamenti digitali, rafforzare la brand reputation

 

La challenge è stata organizzata da Poste Italiane e dalla School of Management del Politecnico di Milano, con circa 220 studenti del corso Leadership&Innovation della laurea magistrale in  Ingegneria Gestionale, divisi in 30 team, con lo scopo di avvicinare e creare un ponte tra il mondo accademico e quello dell’impresa.

Ripensare gli ambienti di lavoro del futuro

Agli studenti è stato chiesto di cimentarsi su un tema molto complesso e lontano dalla loro quotidianità, come quello di immaginare come saranno i workplace post pandemia, ovvero gli spazi di lavoro del futuro, per rispondere alle nuove esigenze di lavoro sempre più orientate all’utilizzo di tecnologie digitali di collaboration e allo smart working.
Guardando anche alle realtà aziendali internazionali più innovative, gli studenti hanno immaginato ambienti di lavoro che promuovono la collaborazione grazie a spazi dedicati alle relazioni informali tra i dipendenti, per favorire socialità, come dimensione particolarmente penalizzata durante la pandemia.

Soluzioni per incentivare i pagamenti digitali

Altro tema di particolare rilievo su cui gli studenti hanno espresso la loro progettualità è quello dei pagamenti digitali, che rappresentano una delle innovazioni più rilevati nel processo di digitalizzazione per la crescita di Poste Italiane e di tutto il sistema Paese.
Le soluzioni incentivano la diffusione dei pagamenti digitali, attente in particolare agli aspetti ambientali e di sostenibilità premiando, ad esempio, i merchant che hanno fatto la scelta di aderire a progetti green. Tema particolarmente caro a Poste Italiane che con la nuova carta Postepay Green ha avviato anche nell’ambito dei pagamenti la conversione dei prodotti verso materiali ecosostenibili.
Molti progetti hanno evidenziato anche l’importanza di coinvolgere non solo consumatori e merchant, ma anche associazioni del territorio per promuovere e finanziare iniziative locali e di quartiere. Inoltre, l’acquisto di un particolare servizio o prodotto esprime gusti e preferenze personali e dunque della propria identità verso l’esterno.

In tutti i progetti è emersa l’importanza del coinvolgimento come leva per raggiungere sia i merchant che i clienti, tanto che alcuni studenti hanno ipotizzato anche l’utilizzo dei cosiddetti meccanismi di gamification per mantenere elevato il livello di coinvolgimento.

Rafforzare la brand reputation

Infine, gli studenti si sono cimentati con la sfida di rafforzare la reputazione di Poste Italiane tra i giovani della Generazione Z, in cui gli stessi studenti del Politecnico si sono potuti identificare, essendo molti di loro proprio nati proprio fra il 1995 e il 2001. L’obiettivo di questa Challenge era quello di veicolare un’immagine nuova dell’azienda e renderla attrattiva per questa fascia di giovani, sia a fini professionali ma anche di formazione e orientamento. Diverse le soluzion presentate: piattaforme ed applicazioni volte ad agevolare la conoscenza del mondo Poste tra chi non è ancora parte dell’azienda, nuove modalità di ingaggio, attraverso, ad esempio, eventi on-site fino ad arrivare ad ipotizzare l’utilizzo dei nuovi canali social per raggiungere più facilmente il target.

“Innovation with a human touch”: è online il nuovo numero di SOMeMagazine

E’ uscito il #6 di SOMe, l’eMagazine della nostra Scuola in cui raccontiamo storie, punti di vista e progetti attorno a temi-chiave della nostra missione.

In questo numero intitolato “Innovation with a human touch” parliamo di innovazione e di come la componente umana e umanistica giochi un ruolo tanto fondamentale quanto complementare nel progresso tecnologico.

Ne abbiamo discusso con Giovanni Valente, che ci spiega come le scienze umane e sociali siano essenziali per affrontare qualsiasi sfida innovativa in campo scientifico e tecnologico, e per questo è importante promuovere un approccio interdisciplinare in ambito accademico.

L’uomo deve essere al centro della trasformazione digitale e le tecnologie devono essere sviluppate non al posto di ma per le persone, come raccontano Raffaella Cagliano, Claudio Dell’Era e Stefano Magistretti nei loro editoriali su Industry 4.0 e Design Thinking.

Ma l’innovazione tecnologica può essere veramente a misura d’uomo? Giovanni Miragliotta cerca di rispondere a questo quesito riflettendo su quanto le nuove tecnologie abbiano profondamente modificato la società e il lavoro dell’uomo.

Infine nelle “Stories” alcuni nostri progetti di ricerca: l’ impatto economico del cambiamento climatico, il riuso di scarti elettronici per dar vita a prodotti eco-compatibili, la distribuzione del Venture Capital in Europa.

 

 

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I numeri precedenti:

  • # 1 “Sustainability – Beyond good deeds, a good deal?”
  • Special Issue Covid-19 – “Global transformation, ubiquitous responses
  • #2 “Being entrepreneurial in a high-tech world”
  • #3 “New connections in the post-covid era”
  • #4 “Multidisciplinarity: a new discipline”
  • #5 “Inclusion: shaping a better society for all”

Tecnologia e innovazione, a misura d’uomo

Il progresso scientifico, la disponibilità di mezzi tecnici, la cross-fertilizzazione tra le diverse comunità di ricerca e l’innovazione combinatoria  ci stanno regalando ad una inarrestabile progressione delle capacità umane. Ma quanta, e soprattutto quale, innovazione è davvero a misura d’uomo?

 

Giovanni Miragliotta, Professore di Advanced Planning, Co-Direttore dell’Osservatorio AI, Politecnico di Milano

Ovunque guardiamo, come cittadini e come ricercatori, leggiamo delle “magnifiche sorti e progressive”[1] che, per mezzo delle nuove tecnologie, stanno cambiando la nostra società e la nostra vita. Da quelle a noi più familiari, come le reti di comunicazione a banda larga, a quelle  più avanzate, come la bioingegneria, a quelle che operano nascoste dietro le quinte, come la crittografia, tutto si fonde al punto che diventa quasi difficile rendersi conto del potenziale di cambiamento del sistema di ricerca e innovazione che abbiamo costruito nei paesi sviluppati. A materializzarne il potenziale ci pensano, di tanto in tanto, discontinuità inattese come ad esempio la pandemia che stiamo vivendo la quale, combinando le diverse innovazioni esistenti, ci mostra come possono essere stravolti in pochi mesi il modo di lavorare, di insegnare, di progettare, di curare. Una riflessione molto potente, in questo senso, anche e soprattutto perché viene da un letterato e non da uno scienziato, è quella recentemente pubblicata da Alessandro Baricco[2].

Questa occasione, che ci ha mostrato portata e velocità del cambiamento possibile, può essere colta per riflettere su quale sia l’innovazione a misura d’uomo; è ancora più importante farlo ora, in vista di quello che si sta sviluppando, nelle università e nei laboratori di tutto il mondo, poiché le prossime conquiste tecnologiche potrebbero materializzare un cambiamento, secondo il pensiero di molti (ed io sono uno di quelli) addirittura dirompente per l’assetto stesso delle nostra società.

La nostra società, prendendo come riferimento gli stati democratici occidentali, si poggia su alcuni pilastri, un mix di weltanschauung, principi morali e senso comune, che ne costituiscono il collante. Alcune innovazioni tecnologiche (in primis bioingegneria e intelligenza artificiale) sono, per così dire, in rotta di collisione con questi principi, e potrebbero portare a nuove società che non è facile prevedere se e quanto saranno a misura d’uomo, almeno come oggi noi interpretiamo tale misura.

Pensiamo alla centralità che il lavoro ha nella struttura della società, anche solo limitandoci alla sua valenza economica e trascurando gli aspetti psicologici o di realizzazione personale; per la prima volta nella storia inizia ad intravedersi un futuro possibile in cui non solo non sappiamo più predire quali saranno i lavori dei nostri figli tra 30 anni, ma iniziamo a dubitare che ci possano addirittura essere dei lavori rimasti. In un numero sempre crescente di specifiche mansioni (=Narrow AI), infatti, le macchine hanno raggiunto già abilità superumane e, come sapete, vi è un enorme dibattito sul bilancio tra posti di lavoro creati e distrutti. Le analisi condotte nell’Osservatorio Artificial Intelligence, almeno per la prossima decade, sembrano indicare uno scenario positivo[3], ma allungando l’orizzonte di analisi non è da escludere uno scenario in cui la domanda per il lavoro umano, reso antieconomico o inutile dalle nuove abilità delle macchine[4], sarà molto inferiore.  In una situazione di precario equilibrio monetario e fiscale delle nazioni, una alterazione significativa nel mercato del lavoro potrebbe rappresentare un elemento di forte instabilità.

Cambiando tecnologia di riferimento, l’avvento delle biotecnologie potrebbe portare in un prossimo futuro dei cambiamenti così importanti da scuotere le fondamenta stessa della società: come evolverà il concetto di famiglia qualora fosse normale per gli esseri umani vivere 120 anni, con una giovinezza che possa durare oltre 40 anni?  Cosa accadrà quando le classi più abbienti, oltre a potersi permettere una assistenza sanitaria tradizionale migliore, potranno permettersi anche di intervenire per migliorare il proprio pacchetto genetico in modo non eguagliabile dalla maggior parte delle persone? Per la prima volta nella storia osserveremo una biforcazione nella nostra specie, con una (piccola) frazione della popolazione che disporrà di un “hardware” (corpo + cervello) più capace, resistente e duraturo rispetto alla maggioranza della popolazione?

Questi esempi ci fanno ragionare sulla portata del cambiamento possibile, economico e sociale, ma non sembrano ancora intaccare i fondamenti ideologici della società che abbiamo costruito, nel nostro occidente, a partire dalle rivoluzioni americana e francese, ovvero la convinzione profonda nel valore della libertà, della unicità ed irripetibilità dell’individuo. Ma cosa accadrebbe se, in linea di principio, osservando tutte le interazioni di una persona con il suo ambiente e con i suoi simili, fosse possibile prevedere esattamente quali sarebbero le sue sensazioni, ed i suoi bisogni? Cosa accadrebbe se Google, o Facebook, o altri, forti della immensa mole di dati che raccolgono su di noi, sapessero consigliarci il libro giusto, il lavoro giusto, l’investimento giusto, la moglie giusta, la chirurgia preventiva giusta molto meglio di quanto sapremmo fare da soli, confusi e sperduti in una mole sterminata di decisioni importanti, da prendere decine di volte nella nostra (lunghissima) vita? A quel punto saremmo ancora “liberi”? E ammesso che ci rimanga uno spazio di libertà, ci converrebbe farne uso, , oppure non sarebbe più conveniente affidare le nostre decisioni ad una tecnologia di “life advisor” che avrebbe probabilità di successo e di felicità molto maggiori di quelle che sapremmo apparecchiarci con le nostre stesse mani?  Questo ultimo scenario, ventilato da molti pensatori, apre ad un ripensamento radicale dei principi fondanti della nostra società, in primis il principio liberale, portando ad esiti che potrebbero spaziare da un ulteriore allentamento dei riferimenti esistenti (sulla scia della liquidità Bauminana) fino al suo totale opposto, una rigidissima tecnocrazia.

Il punto è sempre lo stesso: non è possibile fare previsioni di alcun tipo, e in fondo quel poco che serve conoscere, di speculazione pura sul futuro, è già stato scritto. Queste riflessioni invece ci richiamano ad una responsabilità molto grande, quella di rimanere molto vigili sugli atti di moto, anche solo incipienti, che l’innovazione tecnologica sta imprimendo alla nostra società.

Ci attende un futuro che può essere a misura d’uomo solo se saremo capaci di costruircelo.

 

 

Note di lettura

Questa riflessione nasce, e può essere ulteriormente sviluppata, attingendo al pensiero dei seguenti autori:

  • Yuval Harari: consiglio l’intera trilogia su passato, futuro e presente dell’uomo;
  • Mark Tegmar, “Vita 3.0”, ed il dibattito interno al Future of life Institute;
  • Zygmunt Bauman, in particolare il suo testo cardine “Modernità liquida”.

 

 


[1] Citazione del poeta Giacomo Leopardi

[2] Alessandro Baricco, “Cinque anni in uno”, https://www.ilpost.it/2021/05/28/baricco-2025/

[3] Si veda report Osservatorio Artificial Intelligence, “On your marks”, ed. 2019.

[4] Si consideri, ad esempio, “A 3D printed car which is designed by AI”, www.thereviewstories.com/czinger-21c-ai-3d-printed-car/

 

 

 

Premio Nazionale per l’Innovazione: assegnata la Menzione Speciale Pari Opportunità del MIP

Bryla e ScreenNeuroPharm sono le due startup tutte al femminile che, grazie alla Menzione Speciale Pari Opportunità, potranno accedere gratuitamente ai corsi della Management Academy del MIP.

Anche quest’anno il MIP, grazie alla menzione speciale “Pari Opportunità”, ha dato il proprio contributo al Premio Nazionale per l’Innovazione, la più importante competizione per start up d’Italia. La menzione, che ha l’obiettivo di favorire l’imprenditorialità femminile, è parte di una business plan competition che non solo vuole sostenere la nascita di imprese ad alto contenuto di innovazione, ma anche favorire il rapporto tra ricercatori, aziende e mondo della finanza, diffondendo così la cultura d’impresa in ambito accademico.

In questa edizione, la “Menzione Pari Opportunità” è andata a Bryla e ScreenNeuroPharm, classificate rispettivamente al primo e al secondo posto.

Ottavia Bettucci, ricercatrice dell’Istituto Italiano di Tecnologia – IIT e co-founder di Bryla, spiega: “Eravamo fortemente spinte dall’idea di concretizzare un’idea di ricerca in qualcosa che potesse avere uno sviluppo più concreto ed essere lanciato sul mercato.”

Così da progetto di ricerca, Bryla, il cerotto fotovoltaico intelligente che tramite stimolazione elettrica permette di accelerare la guarigione delle ferite cutanee e di monitorare il paziente, si è trasformato in startup.

E da quel primo grande salto, Bryla è arrivata fino al PNI. Francesca Santoro, PI IIT e co-founder, spiega: “Dopo aver partecipato alla selezione regionale di Start Cup Campania, dove siamo state accompagnate nella parte di business plan, abbiamo proseguito con la selezione nazionale. Qui abbiamo avuto la possibilità di incontrare altre startup nel settore della tecnologia per l’healthcare e quindi di confrontarci anche con realtà che si dedicano a tematiche affini alle nostre”.

Di healthcare si occupa anche ScreenNeuroPharm, l’altra startup premiata con la Menzione in occasione del PNI.
La loro idea è nata come risposta a un problema ben noto: molte sperimentazioni di nuovi farmaci falliscono in fasi avanzate, portando a un grande dispendio sia economico che in termini di sacrificio animale.
Martina Brofiga, Marietta Pisano e Francesca Callegari ci spiegano: “Creare dei modelli in vitro che mimino meglio la condizione reale può permettere di bloccare la sperimentazione in una fase precedente, portando a un considerevole risparmio di tempo e di risorse, sia a livello economico che di vite animali.”

Un’attenzione per la sostenibilità che emerge in entrambi i progetti. Se ScreenNeuroPharm, come spiega Martina, vuole rendere più sostenibile la filiera della sperimentazione farmacologica, Bryla, si pone invece l’obiettivo di avere un impatto positivo sulla vita dei pazienti e sceglie per il suo “cerotto” dei materiali e una tecnologia green.

Due progetti ambiziosi, che siamo felici di sostenere attraverso l’assegnazione di questa Menzione. Questa vittoria, come hanno sottolineato le scienziate, offre tra l’altro l’occasione ai team di affinare quegli strumenti di business e management utili a far crescere una startup. Il premio, infatti, è erogato in corsi della Management Academy del MIP.

Non ci resta che congratularci con le vincitrici e augurare loro buona fortuna!

Design e tecnologie innovative per una società inclusiva: nuovo Joint Research Center


Creare un mondo più inclusivo e più smart: questo lo scopo del nuovo Joint Research Center “Design e tecnologie innovative per una società inclusiva” creato con un accordo quinquennale tra Politecnico di Milano, NTT DATA e POLI. Design, a cui partecipa come partner anche il Dipartimento di Ingegneria Gestionale della School of Management.

Nel nuovo Research Center lavoreranno NTT DATA, multinazionale giapponese leader nella consulenza e nel settore IT, POLI.Design, realtà di riferimento per la formazione post laurea e che svolge un ruolo di cerniera tra università, istituzioni, imprese e lavoro, e per il Politecnico il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria, il Dipartimento di Design e il Dipartimento di Ingegneria Gestionale.

La volontà di lavorare insieme nasce non solo dal desiderio di compiere studi congiunti su tematiche tecnologiche innovative, ma anche e soprattutto dalla condivisione di valori importanti da promuovere insieme, quali il supporto all’uguaglianza, alla diversità e all’inclusione.

Obiettivo primario della collaborazione è avviare una trasformazione culturale, abilitata da un uso sinergico degli strumenti tecnologici e di design più avanzati, per “mettere l’uomo al centro”, supportando uno sviluppo inclusivo della società portando la tecnologia al servizio dell’individuo.

La collaborazione prevede il finanziamento di attività e progetti di ricerca che interesseranno diversi ambiti e tematiche di primaria rilevanza per ideare e realizzare soluzioni tecnologiche “trasparenti” che impattino sulla vita quotidiana individuale: Smart Mobility, Cybersecurity, Blockchain, Internet of Humans, Diversity Management, Universal Design, Design for Social Benefit, Product and Service Design.

In particolare, il contributo del Dipartimento di Ingegneria Gestionale si focalizzerà sui temi Data Analytics e Technology Tools for Diversity and Inclusion, in stretta collaborazione con il Dipartimento di Elettronica, Informatica e Bioingegneria del Politecnico di Milano.

Per saperne di più, leggi il comunicato stampa.

Disruption? No grazie. Innovazione e Leadership nel New Normal

Qualunque sia il futuro post-Covid, la nuova normalità richiederà un cambiamento fondamentale nella guida delle aziende. Che tipo di mentalità dovranno avere i leader per fare business e innovazione in un mondo che sarà completamente diverso? In un periodo in cui la tentazione sarà di essere sempre più competitivi a causa delle scarse risorse a disposizione, imparare a condividere può essere l’unica strategia in grado di garantire la sopravvivenza.

 

Roberto Verganti, Professore di Leadership and Innovation
School of Management Politecnico di Milano, Stockholm School of Economics e Harvard Business School

 

Molti manager si interrogano su un quesito fondamentale: come prepararsi alla “nuova normalità”? Come saranno i mercati quando l’ondata o le ondate principali della pandemia di Covid-19 si esauriranno? Come riprogettare prodotti, servizi e operatività per affrontare i. cambiamenti dello scenario?
La scadenza per ripensare il nostro modo di operare è sempre più vicina. Chi si prepara ora inizierà con il piede giusto. Chi aspetta sembrerà un dinosauro di un’altra era (anche se quell’era risale ad appena qualche mese fa).

Riviste, futuristi, consulenti, organizzazioni. Tutti cercano di immaginare come sarà il New Normal. E tutti sono d’accordo su due cose: in primo luogo, il mondo avrà un aspetto diverso rispetto a prima. In secondo luogo, questa trasformazione non sarà temporanea. Anche quando il Covid-19 sarà completamente sconfitto (e si spera lo sarà), il nostro atteggiamento verso la socializzazione, la nostra apertura verso il mondo, il nostro bisogno di salute (e l’ansia per le nuove infezioni), saranno radicalmente diversi, nel bene e nel male.

Eppure, mentre ci avviciniamo sempre più e esploriamo una nuova vita, i nuovi mercati, la nuova operatività, emerge la vera sfida: il fenomeno che stiamo affrontando è senza precedenti, così sproporzionato e rapido che è inverosimile poter cogliere l’essenza di ciò che accadrà. Un semplice numero per spiegare la rapidità e l’entità della discontinuità: nel marzo 2020 oltre 7 milioni di americani a settimana hanno presentato richiesta di sussidi di disoccupazione. Questo numero è quasi decuplicato rispetto a quanto accaduto durante la crisi finanziaria del 2008. Pertanto, a prescindere dalla perspicacia e dallo sforzo profuso per prevedere cosa accadrà, dobbiamo ammettere che la risposta alla domanda “come sarà il mondo?” è: nessuno lo sa veramente. Questo ci sgomenta, perché per come solitamente immaginiamo i leader (e gli esperti), supponiamo che sappiano sempre tutto. Eppure, in questo contesto, “fingere di sapere” è l’errore più tragico che si possa commettere.

Amy Edmondson illustra nel suo libro The Fearless Organization che quando una persona ammette di non sapere, essa apre le porte all’apprendimento. Per capire come fare business nella nuova normalità, l’atteggiamento mentale di cui abbiamo bisogno non è quindi indovinare come sarà, ma prepararsi ad imparare.

Come? Essendo il contesto completamente nuovo, non possiamo fare affidamento sulle esperienze passate. Dovremo imparare “in corsa” attraverso continui esperimenti e adattamenti. Ci sono due modi per sperimentare e imparare: competere (imparare da soli) o collaborare (imparare condividendo).

Imparare da soli. Questo è il classico modo di imparare. L’obiettivo è di imparare meglio degli avversari per poter superare la concorrenza. Con questo approccio, le aziende competono tra loro conducendo diversi esperimenti. L’apprendimento, in altre parole, è una leva di differenziazione. Ogni azienda prova le proprie idee, fallisce, impara, corregge il tiro e ripete. Dal momento che le aziende mirano a battere la concorrenza, non vorranno certo condividere i propri risultati e approfondimenti con altre aziende, né i dati che alimentano l’apprendimento. Ciò implica che ogni volta che un’azienda ha un’idea, essa deve studiarla e analizzarla affidandosi solo alle proprie risorse.

Imparare condividendo. Anche con questo approccio, le aziende conducono diversi esperimenti. Generano le proprie idee e ripetono. Tuttavia, condividono i dati e i risultati dei propri esperimenti. Perché? Perché in questo modo possono apprendere dalle prove degli altri player. Se un’idea è già stata testata e fallisce, altri possono evitare questo percorso poco promettente e concentrarsi su altre opzioni. E se l’idea ha successo, altri possono costruire su di essa, invece di partire tutti da zero. Naturalmente questo percorso riduce le distanze tra i concorrenti. Tuttavia, il vantaggio è che questo approccio richiede meno risorse (individuali e collettive) e meno tempo per trovare buone soluzioni. Questo aumento della produttività complessiva e della velocità facilita la crescita della domanda di soluzioni, il che alimenta i rendimenti per ogni player. In altre parole, questo meccanismo di apprendimento replica i meccanismi del dilemma del prigioniero: la cooperazione tra i player porta a rendimenti superiori di quelli che i player otterrebbero se massimizzassero i propri rendimenti individuali.

Imparare da soli è il tipo di apprendimento che è stato promosso nell’ultimo decennio da molti studiosi dell’innovazione ed esemplificato dal motto “fail often to succeed sooner”. Ha funzionato fintanto che l’ambiente è cambiato rapidamente ma in modo lineare, così che l’apprendimento proveniente da un esperimento potesse essere applicato a quello successivo senza che nel frattempo il contesto cambiasse drasticamente. Il cambiamento che stiamo affrontando ora con il Covid-19 è invece discontinuo e senza precedenti. Se in questo contesto ognuno conduce esperimenti da solo, non c’è tempo sufficiente per ciascun player di analizzare questo spazio inesplorato delle soluzioni e poi ripetere prima che il contesto si evolva di nuovo.

Per innovare nella nuova normalità dobbiamo imparare condividendo. Questa strategia è l’unica in grado di garantire sufficiente margine, velocità e produttività degli esperimenti. Infatti, la condivisione dei dati permette ad una più ampia comunità di player di partecipare agli esperimenti, includendo una gamma più eterogenea di contesti. E la condivisione dei risultati permette di evitare test improduttivi.

L’apprendimento attraverso la condivisione è già praticato nella ricerca scientifica legata al Covid-19. Per esempio, PostEra, una start-up con sede a Santa Clara, California e Londra, sta coordinando un grande progetto di collaborazione, Covid Moonshot, per sviluppare rapidamente farmaci anti-Covid efficaci e facili da produrre. L’obiettivo del progetto è quello di progettare gli inibitori della proteasi principale della SARS-CoV-2 (l’enzima che permette al virus di replicarsi). Il progetto fa leva sui dati condivisi da esperimenti condotti presso un laboratorio delle radiazioni da sincrotrone, Diamond Light Source, il quale ha identificato 80 frammenti di molecole che potrebbero legarsi alla proteasi. Una comunità di scienziati e produttori utilizza questi dati per progettare gli inibitori dei composti, i quali vengono sottoposti attraverso il sito web di PostEra. La start-up esegue poi gli algoritmi di machine learning in background per verificare la presenza di duplicazioni e dare priorità ai candidati per i test. Sono stati presentati più di 3.600 tipi di molecole con solo 32 duplicazioni nei progetti.

L’apprendimento condiviso si sta facendo strada anche nei profit business non collegati al Covid-19. Microsoft ha recentemente lanciato una campagna Open Data. Il movimento Open Data promuove la condivisione dei dati, analogamente a quanto fa Open Source con la condivisione del codice software. Microsoft svilupperà 20 nuove collaborazioni basate su dati condivisi entro il 2022, tra cui, ad esempio, la pubblicazione di un set di dati Microsoft sull’utilizzo della banda larga negli Stati Uniti.
Da notare che l’apprendimento condiviso non implica che player diversi collaborino sulla stessa idea o soluzione, come nei consorzi. Al contrario, le aziende analizzano idee ed esperimenti diversi. Questo permette di esplorare l’intero spazio delle soluzioni. Ciò che viene condiviso, invece, sono i dati che alimentano gli esperimenti, e/o gli approfondimenti e i risultati che essi generano.

L’apprendimento attraverso la condivisione si basa sulla volontà di cooperare. Il che non è facile da realizzare. Soprattutto in un periodo in cui le risorse a disposizione sono scarse. La tentazione è quella di guardarsi dentro e comportarsi in modo ancora più competitivo, per assicurarsi le poche cose rimaste, invece di concentrarsi, in modo collaborativo, sul costruire di più. Di che tipo di cultura e mentalità avranno bisogno i leader dell’innovazione per promuovere l’apprendimento attraverso la condivisione nelle proprie aziende?

Qualunque sarà il futuro, la nuova normalità richiederà un cambiamento fondamentale nel modo in cui creeremo innovazione e guideremo le nostre aziende. Mentre il mantra dell’innovazione dell’era pre-Covid era quello della “disruption” dei concorrenti, questo non è proprio il momento di fare disruption. Questo è piuttosto il momento di ricostruire collettivamente una nuova economia e un nuovo mondo. I veri eroi, nel business e nella società, non saranno i disruptors, ma quei catalizzatori che favoriranno una mentalità cooperativa. Il che, nell’innovazione, significa condividere i dati e gli insegnamenti degli esperimenti condotti da tutti. Le aziende dovranno provare diverse idee in competizione tra loro, ma potranno anche trarre vantaggio dalla condivisione dell’apprendimento, al fine di evitare strade poco promettenti, migliorare la produttività collettiva e costruire rapidamente una nuova società. Il Covid-19 è il momento della verità per i leader: ora possono dimostrare il proprio orientamento autentico a guidare le aziende con determinazione e significato.