WeAre 4 Children: tecnologie digitali al servizio dello sport e del benessere dei ragazzi

Il Laboratorio E⁴SPORT del Politecnico di Milano ha progettato una maglietta sensorizzata – “smart garment” – per raccogliere dati sul benessere dei ragazzi nella fascia 11-12 anni durante l’attività sportiva.

 

L’attività motoria in età pediatrica è importantissima perché irrobustisce la muscolatura, sviluppa l’apparato osseo, migliora la circolazione sanguigna, rinforza il sistema immunitario e insegna a condividere e a socializzare con i coetanei. Tuttavia, la recente pandemia ha portato molti ragazzi a rinunciare all’attività motoria e abbracciare stili di vita più sedentari.

Le società dilettantistiche sportive sono da sempre attori importanti nell’aiutare i ragazzi a crescere attraverso lo sport, supportandoli nella creazione di un equilibrio tra corpo e mente.
Questo compito oggi può essere svolto anche con nuovi strumenti: grazie alle tecnologie digitali infatti è possibile raggiungere questo obiettivo con modalità che in passato erano impensabili. In particolare, queste tecnologie relative all’Internet of Things (IoT) – come  smart garment, smart watch, smart bracelet, sensori di movimento e di postura etc. – un tempo a disposizione soltanto dei club sportivi più prestigiosi, potrebbero essere adottate anche dalle società dilettantistiche sportive per raccogliere dati rilevanti “dal campo” relativi alla qualità degli allenamenti, alla performance sportiva, al benessere fisico e psicologico dei ragazzi.

In questo contesto, i Dipartimenti di Ingegneria Gestionale e di Design del Politecnico di Milano in collaborazione con il Centro Sportivo U.S. Bosto di Varese hanno costruito una progettualità innovativa per comprendere come le tecnologie digitali possano contribuire al benessere dei giovani calciatori, così come al miglioramento della loro performance sportiva.
“WeAre 4 Children”, questo il nome del progetto di ricerca approvato dal Comitato Etico del Politecnico di Milano, coinvolgerà 20 giovani calciatori della U.S. Bosto i quali, durante gli allenamenti settimanali a Capolago e durante le partite amichevoli, indosseranno una maglietta sensorizzata in grado di raccogliere dati sulla loro performance sportiva e sul loro benessere fisico. Il monitoraggio avverrà tramite sensori biometrici installati sulla maglietta stessa, come accelerometro, cardiofrequenzimetro e sensori specifici per il motion capture in grado di rilevare informazioni real-time su parametri quali l’attività cardiaca, la postura, la respirazione, il consumo di energia, lo stato d’animo.

Politecnico di Milano e U.S. Bosto hanno coinvolto alcuni partner del territorio varesotto. In particolare, TK Soluzioni (azienda ICT di Saronno) fornirà supporto nella realizzazione della piattaforma che permetterà l’integrazione dei dati raccolti, Alfredo Grassi (azienda tessile di Lonate Pozzolo) offrirà le proprie competenze per la realizzazione e produzione della maglietta, e il Centro Polispecialistico Beccaria di Varese monitorerà i dati fisici e posturali grazie alla loro Unità di Medicina dello Sport.

Il progetto è concepito come uno studio di fattibilità, volto a verificare se la soluzione digitale sviluppata ad hoc sia, da un lato, apprezzata dai giovani calciatori, dalle loro famiglie e dagli allenatori e, dall’altro lato, che i dati raccolti siano affidabili e che il sistema funzioni correttamente in diverse situazioni d’uso (allenamento, partita etc.).

Il gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Gestionale sotto la guida del Prof. Emanuele Lettieri e dell’Ing. Andrea Di Francesco, project manager del progetto e ricercatore del Laboratorio interdipartimentale “E4Sport” del Politecnico di Milano, condurrà, con il contributo di tutti i partner, una valutazione dell’impatto che il progetto potrebbe generare sulla comunità allargata della U.S. Bosto, così come della sua sostenibilità economico-finanziaria.
L’ambizione è che la soluzione testata possa poi essere estesa ad altre società dilettantistiche sportive, anche in altri sport diversi dal calcio.

 

Per maggiori informazioni: https://www.e4sport.polimi.it/weare4children/

Lo sport come modello ispiratore e sede di valori

“Sono il padrone del mio destino. Il capitano della mia anima”, così recitava Nelson Mandela citando “Invictus”, meravigliosa poesia composta dall’inglese William Ernest Henley. Quasi un mantra, durante i 27 anni di reclusione di Madiba, che hanno permesso all’attivista sudafricano di resistere ai soprusi, rappresentando quell’animo indomito capace di ispirare milioni di persone in tutto il mondo. Una frase ripresa anche da Clint Eastwood nell’omonimo lungometraggio, Invictus – L’invincibile (2009), in cui la storia di Mandela si intreccia con quella di François Pienaar, capitano della nazionale di rugby che vinse il Campionato Mondiale nel 1995.

Perché lo sport, ad ogni livello, è da sempre motivo di unione in grado di appianare contrasti, superare odio e bandiere e unire 43 milioni di persone per sospingere la propria squadra a battere gli “invincibili” All Blacks. Uno schema che si è ripetuto anche in occasione di EURO 2020, per noi italiani motivo di grande orgoglio grazie alla vittoria della nazionale allenata da Roberto Mancini che rappresenta l’ennesima conferma del potere dello sport, capace di unire Paesi diversi attraverso la prima competizione europea itinerante.

I 51 incontri previsti sono stati infatti organizzati in 11 città, promuovendo così uno spirito di condivisione che, quasi magicamente, hanno collegato Roma con Baku, Londra con Bucarest, San Pietroburgo con Amsterdam. Una opportunità, anche particolarmente critica data la situazione sanitaria, che però ha costituito un valore aggiunto sotto l’aspetto comunicativo, esportando (anche) esperienze architettoniche, ingegneristiche e gestionali grazie alla riconosciuta visibilità di un evento così seguito.

In tal senso, infrastrutture sportive iconiche come Hampden Park (Glasgow, 1903) hanno condiviso il palcoscenico con stadi di ultima generazione, sancendo un sodalizio tra memoria e innovazione, quest’ultima evidenziata da EURO 2020 per via di impianti di assoluto livello. Temi ormai fondamentali come la sostenibilità, considerata in senso tout court, hanno per esempio costituito la base del rinnovamento della Johan Cruijff Arena (Amsterdam, 1996), attualmente un autentico hub energetico per la propria città, oppure il leitmotiv dell’intera area in cui è localizzata l’Allianz Arena (Monaco di Baviera, 2005).

Per tale ragione, viene quasi spontaneo considerare vincitori di EURO 2020, al pari dell’Italia, anche i 60.000 spettatori che hanno colmato la Puskás Aréna (Budapest, 2019), le migliaia di persone che hanno percorso l’Olympic Way dirette al Wembley Stadium (Londra, 2007), oppure la spettacolare vitalità che ha illuminato fin dalla partita inaugurale il Foro Italico, in cui sventolavano infiniti tricolori poi identificati, in un’indimenticabile serata europea, nell’arco di Wembley, capace di irrompere nella notte londinese come un luminoso manifesto simbolico della tenacia dimostrata dal nostro Paese per uscire dalla crisi pandemica.

Perché in fondo, rammentando alcune frasi di Nelson Mandela, sono i valori, identificati nello spirito di squadra, nella volontà di rialzarsi dalle difficoltà, nell’ambizione di conquistare qualcosa e persino nell’adattarsi, a conferire allo sport il difficile ruolo di ispiratore. E questo indipendentemente dal talento dell’atleta, che dev’essere sempre spinto da “un desiderio, un sogno, una visione” come sosteneva il grande Muhammad Ali. Un uomo, al pari di Madiba, in grado di impersonificare l’essenza più profonda dell’essere sportivo, non soltanto per quegli indimenticabili incontri, ma anche – e direi soprattutto – per la forza dimostrata ad Atlanta ’96, quando ormai indebolito nel fisico, scovò la volontà per emozionare milioni di persone, come a ricordare una sua frase: “Impossibile non è una regola, è una sfida”.

Considerando ciò, il Master in Progettazione Costruzione Gestione delle Infrastrutture Sportive da me frequentato e organizzato da Politecnico di Milano e MIP, pone infatti lo sport al centro del proprio programma, reputando la pratica sportiva in qualità di espressione di questo valore aggiunto: la trasversalità della passione e dei valori sportivi uniti ad un alto livello di formazione scientifica e multidisciplinare che offre uno spettro formativo di elevato prestigio e, allo stesso tempo, di soddisfazione professionale e umana.

 

L’autore
Luca Filidei

Architetto, laureato al Politecnico di Milano, ho conseguito presso lo stesso Ateneo il Master Universitario di II livello in Progettazione Costruzione Gestione delle Infrastrutture Sportive. Ho svolto attività di ricerca e collaborato con il Comune di Milano in occasione del bilancio partecipativo. Da febbraio scrivo articoli riguardanti le infrastrutture sportive sul web magazine Calcio e Finanza.

 

 

Oltre l’evento sportivo: come ripensare stadi e palazzetti

Le infrastrutture non possono essere più concepite esclusivamente come teatri di gesta sportive, ma come elementi attivi all’interno di un tessuto sociale, economico e culturale.

Lo spiega Emilio Faroldi, direttore del Master in progettazione e gestione dello sport

Non solo palcoscenici di memorabili imprese atletiche, ma anche luoghi in grado di valorizzare il contesto in cui sorgono, con ricadute positive a livello sociale, economico e culturale. È il futuro, e in certi casi il presente, delle infrastrutture sportive. «Ma lo sport oggi non è soltanto la grande infrastruttura o il monumento dell’evento agonistico d’eccellenza: è tutto ciò che forma caratterialmente e fisicamente i ragazzi. Per questo la cultura dello sport è fondamentale. E gestire lo sport è un lavoro molto complesso», spiega il professor Emilio Faroldi, direttore del Master in progettazione e gestione dello sport e prorettore del Politecnico di Milano.

Ma che cosa significa, in concreto, gestire lo sport?

Prima la gestione, poi la progettazione

«Significa affrontare la gestione degli impianti non solo dal punto di vista tecnico, che comunque è fondamentale, ma anche da quello di processo», spiega Faroldi. «In altre parole, un manager oggi dovrebbe essere in grado di incorporare fin da subito nei temi progettuali gli aspetti di natura gestionale, cercando di anticipare e prevenire i problemi».

Pensiamo ai grandi eventi, come i Giochi olimpici o le competizioni calcistiche maggiori, come Mondiali e Europei. «Nella maggior parte dei casi, la realizzazione di infrastrutture sportive si traduce, subito dopo la manifestazione, in un abbandono della stessa. A volte già poche settimane dopo l’ultima gara. Per ovviare a questo problema bisogna cominciare a concepire lo sport non come evento, ma come elemento ordinario. Bisogna guardare oltre, al futuro», spiega ancora il professor Faroldi.

Tra emozione, esperienza e condivisione

Chi oggi si confronta con la gestione dello sport, poi, non può prescindere nemmeno dalle sue modalità di fruizione, anche e soprattutto digitali. «Il primo aspetto è legato alla crescita degli eSport. In Asia già esistono palazzetti che ospitano competizioni di gaming, e molte società calcistiche hanno squadre di videogiocatori. Il secondo aspetto riguarda invece il modo in cui viviamo gli eventi. La condivisione dell’esperienza sui social è uno degli aspetti che spinge le persone a vivere quello stesso momento dal vivo. Vale per le nuove generazioni in particolare, ma non solo». L’infrastruttura sportiva diventa così spazio di condivisione di un vissuto a cui sono inevitabilmente legate le emozioni. «Non ci affezioniamo all’aspetto di una struttura, ma alle emozioni che abbiamo provato al suo interno. Di uno stadio abbiamo a cuore il ricordo di una vittoria sofferta, o di una serata legata a un concerto. È un parametro che non va affatto messo in secondo piano, quando parliamo di gestione delle infrastrutture sportive».

La competitività esige competenza

Questi sono solo alcuni degli aspetti che mostrano la complessità e la rilevanza strategica dello sport e delle sue strutture, e che quindi richiedono la formazione di figure professionali consapevoli delle numerose implicazioni legate a quest’ambito. Il Master in progettazione e gestione dello sport, erogato dal Politecnico di Milano in collaborazione con MIP, ha proprio questo obiettivo: «Lo sport italiano non può più permettersi un approccio empirico. È un errore lasciare che solo gli sportivi entrino nel management dello sport. Noi ci rivolgiamo invece sia a figure con una formazione tecnica sia a chi proviene da altri settori come l’economia, la giurisprudenza o il design», chiarisce Faroldi. «Gli sbocchi lavorativi sono molteplici. Pensiamo allo Stadium operations manager o ai Project manager di infrastrutture per lo sport e ai Facility project manager che si dedicano allo sport inteso come veicolo di inclusione sociale. Figure che diventano fondamentali in un contesto globale sempre più competitivo, e a cui i club devono guardare, se vogliono creare strutture in grado di apportare benefici economici non limitati ai singoli eventi sportivi».

 

enGIneering For sporT for all

Perché lo sport NON crei più esclusione sociale

Lo sport per un bambino con disabilità motoria è causa di esclusione sociale e disagio. Ciò è contrario al sentito come comune che lo sport sia e debba essere momento di inclusione sociale. È pertanto necessario far sì che lo sport non crei più esclusione sociale per i bambini con disabilità motoria. È questo l’ambizioso obiettivo del progetto di ricerca multidisciplinare “enGIneering For sporT for all” (GIFT), risultato tra i vincitori del bando Polisocial Award – Edizione 2019, la competizione annuale promossa dal programma di responsabilità sociale del Politecnico di Milano che quest’anno aveva lo sport come tema chiave per la sua forte valenza sociale.

 

GIFT si concentrerà sui bambini emiplegici frequentanti la scuola primaria. Se il punto di partenza è questo, l’ambizione è quella, nel tempo e con altri finanziamenti, di coprire la maggior parte delle disabilità motorie e cognitive perché davvero lo sport sia per tutti.

 

Il progetto insisterà due ambiti di ricerca. Una ricerca tecnologica che svilupperà ortesi innovative che, correggendo il deficit funzionale dei bambini emiplegici, consentiranno loro di avvicinarsi alla pratica sportiva. Una ricerca sociale che coinvolgerà le famiglie, gli insegnanti della scuola primaria e le associazioni sportive affinché davvero questi bambini possano fare attività sportiva, riducendo la distanza che oggi esiste tra chi chiamiamo normodotato e disabile.

 

Il progetto di ricerca – della durata di 18 mesi e coordinato dalla Prof.ssa Manuela Galli del Dipartimento di Elettronica Informazione e Bioingegneria – è stato sviluppato dal Laboratorio Interdipartimentale E4Sport del Politecnico di Milano – alla cui costituzione ha contribuito il Dipartimento di Ingegneria Gestionale – e vedrà il coinvolgimento di prestigiosi partner quali l’Associazione La Nostra Famiglia – IRCCS “Eugenio Medea”, l’Università Cattolica di Milano, ITOP, BTS, Math&Sport, Edumoto, Yuki Onlus e diverse associazioni sportive.

 

Il Dipartimento di Ingegneria Gestionale sarà impegnato in prima linea nella valutazione dell’impatto sociale ed economico generato dal progetto GIFT, sviluppando una metodologia specifica che consenta di misurare il “valore” generato dallo sport e dall’attività sportiva, con l’ambizione che tale metodologia sia applicabile all’ecosistema sport nel suo complesso, così come ai diversi attori – es. associazioni sportive, società dilettantistiche, grandi club e Leghe.

 

Comprendere come lo sport e l’attività sportiva generino valore per la società e per il sistemo economico-produttivo è oggi una priorità per promuovere un cambio di prospettiva, riconoscendo che lo sport e l’attività sportiva non sono soltanto “divertimento”, ma sono un investimento importante – e da tutelare – per il benessere della società e la sua competitività” spiega Emanuele Lettieri, Professore Ordinario di Accounting, Finance & Control e project manager del progetto GIFT “non a caso, Istituzioni importanti come la UEFA, la FIGC e il CONI hanno attivato progettualità in questa direzione, riconoscendo nella misura del valore creato, una informazione cruciale per sviluppare nuove politiche e iniziative. E il Dipartimento di Ingegneria Gestionale è pronto a dare il suo contributo insieme al Laboratorio Interdipartimentale E4Sport”.  

Milano-Cortina 2026: la sfida della resilienza

L’Italia tornerà a ospitare una manifestazione olimpica. Ma affinché l’evento si trasformi in una vera opportunità, servono professionalità e preparazione. Per questo il Politecnico di Milano promuove un Master in Progettazione Costruzione Gestione delle infrastrutture Sportive

 

 

Per Milano e Cortina la vera sfida inizia adesso. Smaltito l’entusiasmo per essersi aggiudicate i Giochi Olimpici Invernali 2026, ora bisogna pensare a organizzarli e gestirli nel migliore dei modi, per valorizzare quella che potrebbe rivelarsi un’importante opportunità: «La gestione virtuosa di un grande evento sportivo rappresenta una grande occasione di rilancio, sia sociale che economico. Non solo per le città direttamente coinvolte, ma potenzialmente per l’intera nazione» ci spiega Davide Allegri, assegnista di ricerca al Politecnico di Milano e coordinatore del Master in Progettazione Costruzione Gestione delle infrastrutture Sportive.

L’eredità di un grande evento

Tra gli esempi positivi più recenti, il case study di maggior rilievo è quello di Londra 2012. «Una edizione dei Giochi che ha evidenziato alcuni concetti dai quali ormai non si può non prescindere. Chiunque si ponga come obiettivo la sostenibilità sociale ed economica dell’evento, non può fare a meno di partire da una attenta pianificazione, che passa soprattutto dalla riqualificazione degli impianti esistenti» continua Allegri. «Eventuali nuove infrastrutture, invece, devono essere concepite con un alto livello di resilienza, devono cioè avere caratteristiche di flessibilità, adattabilità e trasformabilità. Terminato l’evento, devono poter essere riconvertite. È il concetto di legacy: tutto quello che un grande evento può lasciare in eredità a un territorio, in termini sia materiali che immateriali».

Più sport, più inclusività

E proprio questo è l’approccio che ha guidato la candidatura Milano-Cortina: il recupero di infrastrutture esistenti da una parte, la costruzione di un nuovo grande impianto dall’altra, e cioè il Palaghiaccio che riqualificherà indirettamente il quartiere San Giulia e il villaggio allo scalo di Porta Romana che diventerà poi residenza universitaria. «Queste nuove infrastrutture contribuiranno a fare di Milano una città sempre più turistica dalla grande attrattività culturale, con spazi per lo sport e il tempo libero sempre più innovativi. È quello che è successo, ormai diversi anni fa, a Barcellona proprio grazie alle Olimpiadi del 1992, il cui effetto è ancora oggi ben tangibile» spiega Allegri.
In questo modo la città si avvicina alle persone e diventa quindi più inclusiva: «Oggi lo sport invade ogni settore della città contemporanea. Coinvolge tutto ciò che è benessere, cura del proprio corpo, intrattenimento, tempo libero, per ogni fascia d’età e categoria sociale. Avere delle infrastrutture sportive adeguate significa porre le fondamenta per una società basata su valori educativi condivisi e riconosciuti» spiega Allegri.

Un cambio di mentalità

Ma l’Italia ha ancora molta strada da fare. «In Francia il ministero dello sport è tra i più importanti, mentre in Italia raramente ha avuto una sua autonoma forza e riconoscibilità. Le strutture di cui disponiamo risalgono prevalentemente all’epoca fascista; ne sono state costruite altre negli anni 70 e 90, ma nessuna di queste è stata progettata pensando alla sua gestione a lungo termine. Per non parlare delle tante palestre scolastiche che punteggiano il nostro territorio e giacciono in stato di degrado: le piccole infrastrutture sportive diffuse, a partire da quelle scolastiche e oratoriali, sono cellule fondamentali che generano virtuosi processi di riqualificazione sociale» racconta Allegri. «Bisogna ripartire da un nuovo approccio culturale, che veda lo sport e i suoi spazi come valori imprescindibili della società contemporanea. Per questo è importante una formazione rivolta in primo luogo alla gestione».

È proprio questo l’obiettivo del Master in Progettazione Costruzione Gestione delle infrastrutture Sportive, istituito dal Politecnico di Milano con Federazione Italiana Giuoco Calcio, Istituto per il Credito Sportivo, Sport e Salute Spa, Coni Lombardia e Lega Serie A. «Questo corso si rivolge ai laureati magistrali in architettura, ingegneria e design. Ma è un ambito talmente multidisciplinare che coinvolge anche le discipline economiche e legali, per esempio. Quello sportivo è ormai un settore che richiede grande preparazione scientifica e specializzazione. Le opportunità occupazionali sono molteplici: società sportive di ogni livello e settore; grandi società di ingegneria e architettura; istituzioni pubbliche e private di gestione di impianti sportivi; pubbliche amministrazioni».