Talents and the challenges for education: pubblicato il nuovo numero di SOMe Magazine

Il mondo della formazione sta evolvendo molto velocemente: cambiano le modalità di relazione tra docenti e studenti, le piattaforme per l’apprendimento, l’esperienza in aula e online, grazie anche alle innovazioni offerte dal digitale.

Di questo e di cosa possiamo aspettarci per il futuro parliamo nel nuovo numero di SOMe: dall’evoluzione della didattica nei corsi undergraduate e negli open programs, alla necessità di nuove competenze dei docenti, all’efficacia dell’insegnamento, le sfide del settore sono presentate da Marika Arena, Antonella Moretto, Tommaso Buganza, Mara Soncin e Tommaso Agasisti.

In “Stories” raccontiamo due progetti di ricerca volti rispettivamente al miglioramento delle condizioni di vita di soggetti non vedenti e al monitoraggio del benessere dei giovani durante lo sport, per terminare con una esperienza di networking internazionale tra giovani ricercatori europei.

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I numeri precedenti:

  • #8 “The challenge of pursuing impact in research”
  • #7 “From data science to data culture: the emergence of analytics-powered managers”
  • #6 “Innovation with a human touch”
  • #5 “Inclusion: shaping a better society for all”
  • #4 “Multidisciplinarity: a new discipline”
  • #3 “New connections in the post-covid era”
  • #2 “Being entrepreneurial in a high-tech world”
  • Special Issue Covid-19 – “Global transformation, ubiquitous responses”
  • # 1 “Sustainability – Beyond good deeds, a good deal?”

Train the trainers

Le tecnologie digitali stanno cambiando profondamente le dinamiche dell’insegnamento: è necessaria una riprogettazione dell’intera esperienza formativa che richiede ai formatori lo sviluppo di nuove competenze non solo digitali ma anche pedagogiche.

Tommaso Buganza, Professore di Leadership & Innovation, School of Management Politecnico di Milano

 

La pandemia ci ha resto tutti cintura nera di Teams, Zoom, Webex, ecc.
Ci ha catapultati in un mondo digitale e ci ha obbligati a sviluppare competenze digitali in tempi brevi e senza possibilità di sottrarci. In alcuni casi questo ha funzionato molto bene (ci dicono gli studenti) in altri casi meno.

Ora non siamo sicuri che la pandemia sia solo un ricordo del passato, ma possiamo essere almeno sicuri che non torneremo mai indietro per molti aspetti delle nostre vite, e la formazione è sicuramente uno di questi. Queste competenze digitali ci sono costate fatica e ora le terremo con noi.

Forse è arrivato un momento in cui abbiamo la maturità per cominciare a chiederci come è cambiato (o deve ancora cambiare?) il nostro set di competenze come formatori.

Possiamo partire da una considerazione semplice sul concetto di digitale: l’equazione

digitale = online a distanza

si è dimostrata falsa.

Infatti, dobbiamo distinguere la natura e le funzionalità dei molti strumenti che abbiamo imparato ad usare. Da un lato, come detto, Zoom, Teams, Webex, ecc, sono strumenti che ci permettono di interagire a distanza. Ma la pandemia ha portato anche strumenti per l’interazione che abilitano attività innovative e che possono essere fruiti tranquillamente anche in una situazione di aula fisica.

Pensiamo a software di instant polling come Socrative, Kahoot! o Poll Everywhere. Oggi possiamo allargare l’interazione anche a centinaia di studenti in pochi secondi. Avere il polso delle emozioni puntuali con tag cloud o di quanto abbiano capito un concetto con risposte multiple in tempo reale.

Ma possiamo anche fare di più; possiamo innescare dinamiche di interazione interne all’aula. Per esempio chiedendo di scrivere pareri e poi di votare quelli scritti da altri in una sorta di semplice ma rapido ed interessante brainstorming.

Poi esistono altri strumenti, come MIRO, Mural o Jamboard, che invece permettono di creare uno spazio condiviso per permettere a team di studenti di interagire in modo più profondo, agendo un artefatto virtuale in modo coordinato e contemporaneo, mantenendo traccia di ciò che è stato fatto anche nelle lezioni passate, se necessario, e guidandoli con template e passi di processo che una volta avrebbero richiesto carta, stampe, gestione logistica, perdita di informazioni, ecc.

Dobbiamo riconoscere però che tutti questi strumenti, e la nostra capacità di usarli, si incrociano con un cambio nel modo in cui la società interagisce con il concetto di apprendimento. Grosse piattaforme digitali, come YouTube o Instagram, hanno rivoluzionato il modo di interagire con la conoscenza. Lo hanno reso più rapido, frazionato, interattivo e a richiesta. Il micro-learning, lo spacchettamento della parte pratica in piccoli pezzi più facilmente digeribili, la multimodalità della comunicazione (slide, parlato, filmati etc.) sono esperienza di molti noi, sia come utenti che come formatori. Soprattutto la dinamicità dell’azione formativa si è modificata. Non possiamo più pensare di avere lunghi periodi di trasferimento frontale e poi lunghi periodi di applicazione. Il paradigma dello studio di caso da 20 pagine da leggere per poi discuterne non è tramontato (ancora) ma inizia a sembrare in alcuni casi lento e un po’ datato.

In questo scenario non è rilevante se la formazione avviene in presenza o online tramite una piattaforma di comunicazione, quello che dobbiamo fare è cambiare il flusso logico esperienziale delle nostre lezioni.

Ma quali sono le competenze che dobbiamo sviluppare perché ciò accada?

In che modo, per cambiare quello che facciamo in aula, dobbiamo cambiare ciò che facciamo prima di andare in aula?

Io credo che ci siano 3 cose fondamentali che dobbiamo apprendere sempre meglio.

La prima è concepire (e quindi progettare) una lezione come un servizio da erogare. Dobbiamo progettare non solo i contenuti (che sono e rimangono il punto centrale ovviamente) ma anche come saranno fruiti. Dove vogliamo mettere una interazione, dove vogliamo mettere un controllo, dove vogliamo mettere una attività di gruppo per rinforzare un concetto. Tutto questo richiede una progettazione, e non può essere gestito in modo estemporaneo una volta in aula. Progettare un lavoro di gruppo in 4 passi richiede di progettare una board di MIRO specifica, fare un brainstorming, richiede di preparare la slide interattiva, ecc. In moltissimi casi scopriremo che la risorsa scarsa sarà il tempo e dovremo scegliere cosa e come farlo per massimizzare l’efficacia formativa. Il contenuto è condizione necessaria ma non più sufficiente, dobbiamo immaginarci come dei progettisti di processi di formazione.

Ovviamente esiste un dark side di questo approccio ed è quello di mettere l’enfasi sul così detto infotainment e di perdere di vista la centralità del contenuto. L’esperienza formativa significativa ed appagante è un mezzo e non il fine. Dobbiamo però accettare che oggi non dedicare la giusta attenzione alla progettazione della fruizione rischia di ridurre drasticamente l’efficacia formativa.

La seconda cosa che dobbiamo imparare a fare sempre più e meglio è esplorare lo spazio digitale. Tutti gli strumenti che abbiamo nominato prima aggiungono continuamente funzionalità e dettagli. Ognuna di esse abilita nuove interazioni o attività. Non potremo mai utilizzarle se non le conosciamo, dobbiamo essere curiosi per avere nuove idee. Per esempio, quado Miro ha introdotto la possibilità di nascondere alcuni contenuti e mostrarli solo al momento opportuno sono nate idee di come strutturare processi complessi con più passaggi; o quando Poll Everywhere ha inserito la possibilità di votare le idee di altri si sono aperti spazi per brainstorming collettivi che prima sarebbero stati impossibili (o avrebbero richiesto troppo tempo).

Anche in questo caso esiste un possibile dark side, quello di innamorarsi dello strumento e di aggiungere attività per utilizzarlo e non per il loro reale impatto sul processo formativo. Dobbiamo ricordarci anche in questo caso che lo strumento è un mezzo e non un fine.

Infine, personalmente, ho aggiunto una attività che una volta non facevo. Nel progettare nuove lezioni con interazioni digitali di varia natura e durata e mischiando strumenti differenti ho dovuto iniziare ad aggiungere una fase di test. Una volta creavo le slide, pesavo come raccontarle e andavo in aula. Oggi testo tutti gli strumenti e le interazioni come se fossi un partecipante. Infatti, la nostra capacità di gestire la situazione sul momento con creatività è ridotta in modo drastico dall’utilizzo di sistemi ricchi ma rigidi. Se manca un link, se la pagina non si aggiorna, se non riesco a entrare in Mural, la gestione del problema è lunga e il tempo perso senza che accada nulla riduce drasticamente l’esperienza formativa rischiando di vanificare tutto il lavoro svolto.

Progettare l’esperienza formativa, esplorare costantemente le potenzialità degli spazi digitali e inserire una fase di test sono nuove competenze ed attività che dobbiamo aggiungere a ciò che già facciamo. Non vi è una sostituzione o l’eliminazione di vecchie attività. Sono semplici e pure aggiunte. Il nostro lavoro, come tutti i lavori, sta diventando più complicato e richiede livelli di specializzazione crescente. Personalmente non credo che questo sia stato innescato dalla pandemia. Questo cambiamento era già in atto, la pandemia ha agito come catalizzatore e lo ha solo reso più veloce dandoci minor tempo di reazione.

WeAre 4 Children: tecnologie digitali al servizio dello sport e del benessere dei ragazzi

Il Laboratorio E⁴SPORT del Politecnico di Milano ha progettato una maglietta sensorizzata – “smart garment” – per raccogliere dati sul benessere dei ragazzi nella fascia 11-12 anni durante l’attività sportiva.

 

L’attività motoria in età pediatrica è importantissima perché irrobustisce la muscolatura, sviluppa l’apparato osseo, migliora la circolazione sanguigna, rinforza il sistema immunitario e insegna a condividere e a socializzare con i coetanei. Tuttavia, la recente pandemia ha portato molti ragazzi a rinunciare all’attività motoria e abbracciare stili di vita più sedentari.

Le società dilettantistiche sportive sono da sempre attori importanti nell’aiutare i ragazzi a crescere attraverso lo sport, supportandoli nella creazione di un equilibrio tra corpo e mente.
Questo compito oggi può essere svolto anche con nuovi strumenti: grazie alle tecnologie digitali infatti è possibile raggiungere questo obiettivo con modalità che in passato erano impensabili. In particolare, queste tecnologie relative all’Internet of Things (IoT) – come  smart garment, smart watch, smart bracelet, sensori di movimento e di postura etc. – un tempo a disposizione soltanto dei club sportivi più prestigiosi, potrebbero essere adottate anche dalle società dilettantistiche sportive per raccogliere dati rilevanti “dal campo” relativi alla qualità degli allenamenti, alla performance sportiva, al benessere fisico e psicologico dei ragazzi.

In questo contesto, i Dipartimenti di Ingegneria Gestionale e di Design del Politecnico di Milano in collaborazione con il Centro Sportivo U.S. Bosto di Varese hanno costruito una progettualità innovativa per comprendere come le tecnologie digitali possano contribuire al benessere dei giovani calciatori, così come al miglioramento della loro performance sportiva.
“WeAre 4 Children”, questo il nome del progetto di ricerca approvato dal Comitato Etico del Politecnico di Milano, coinvolgerà 20 giovani calciatori della U.S. Bosto i quali, durante gli allenamenti settimanali a Capolago e durante le partite amichevoli, indosseranno una maglietta sensorizzata in grado di raccogliere dati sulla loro performance sportiva e sul loro benessere fisico. Il monitoraggio avverrà tramite sensori biometrici installati sulla maglietta stessa, come accelerometro, cardiofrequenzimetro e sensori specifici per il motion capture in grado di rilevare informazioni real-time su parametri quali l’attività cardiaca, la postura, la respirazione, il consumo di energia, lo stato d’animo.

Politecnico di Milano e U.S. Bosto hanno coinvolto alcuni partner del territorio varesotto. In particolare, TK Soluzioni (azienda ICT di Saronno) fornirà supporto nella realizzazione della piattaforma che permetterà l’integrazione dei dati raccolti, Alfredo Grassi (azienda tessile di Lonate Pozzolo) offrirà le proprie competenze per la realizzazione e produzione della maglietta, e il Centro Polispecialistico Beccaria di Varese monitorerà i dati fisici e posturali grazie alla loro Unità di Medicina dello Sport.

Il progetto è concepito come uno studio di fattibilità, volto a verificare se la soluzione digitale sviluppata ad hoc sia, da un lato, apprezzata dai giovani calciatori, dalle loro famiglie e dagli allenatori e, dall’altro lato, che i dati raccolti siano affidabili e che il sistema funzioni correttamente in diverse situazioni d’uso (allenamento, partita etc.).

Il gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Gestionale sotto la guida del Prof. Emanuele Lettieri e dell’Ing. Andrea Di Francesco, project manager del progetto e ricercatore del Laboratorio interdipartimentale “E4Sport” del Politecnico di Milano, condurrà, con il contributo di tutti i partner, una valutazione dell’impatto che il progetto potrebbe generare sulla comunità allargata della U.S. Bosto, così come della sua sostenibilità economico-finanziaria.
L’ambizione è che la soluzione testata possa poi essere estesa ad altre società dilettantistiche sportive, anche in altri sport diversi dal calcio.

 

Per maggiori informazioni: https://www.e4sport.polimi.it/weare4children/

Space Economy: verso una nuova frontiera per l’innovazione e la sostenibilità

La combinazione di tecnologie spaziali e digitali rappresenta una forza pervasiva che abilita una innovazione di tipo cross-settoriale, ed al contempo rende il mondo più sostenibile. Tuttavia le opportunità tecnologiche sono solo un terreno fertile che per concretizzarsi necessita di strategie manageriali ed imprenditoriali per il rinnovamento strategico di organizzazioni consolidate e per la creazione e crescita di startup innovative

 

Angelo Cavallo, Assistant Professor in Strategy & Entrepreneurship, School of Management, Politecnico di Milano

La Space Economy è un fenomeno di frontiera dell’innovazione e della sostenibilità che si concretizza nella combinazione di tecnologie spaziali e digitali utili a sviluppare opportunità di business che danno la possibilità a molte imprese, in svariati settori, di accrescere la propria competitività su scala globale attraverso l’innovazione a tutti i livelli – dal prodotto/servizio, ai processi, sino al modello di business complessivo.

Il valore economico generato dall’uso combinato di tecnologie dello spazio e digitali è stimato per circa 371 miliardi di dollari nel 2021 (Satellite Industry Association). Tuttavia, il valore della Space Economy va oltre una stima di mercato e si distingue per la possibilità di innovare in tanti ambiti ed al contempo contribuire a rendere il nostro pianeta più sostenibile attraverso l’integrazione dei dati terrestri e satellitari, alla base di nuovi servizi space-based.
Mediante delle mappe globali di copertura del suolo ad alta risoluzione, i climatologi possono sviluppare modelli climatici e capire come sta evolvendo il clima sulla superficie terrestre. Tramite immagini multispettrali e radar, combinate con tecniche di machine learning e deep learning è possibile oggi creare modelli predittivi circa la deforestazione. Il monitoraggio tempestivo e continuo delle dinamiche della foresta è fondamentale per l’attuazione delle politiche di conservazione. Un altro campo di applicazione dei dati satellitari è nel monitoraggio dell’inquinamento. Un caso ormai molto noto riguarda il monitoraggio dei livelli di inquinamento durante il periodo di lockdown dovuto alla pandemia Covid-19. Ad oggi moltissime di queste analisi vengono fatte tramite dati provenienti da sensori a terra, largamente diffusi nel territorio europeo. Le tecnologie satellitari sono complementari e utili in aree dove non vi siano sensori terrestri.

Un numero sempre maggiore di studiosi inserisce la combinazione di tecnologie digitali e dello spazio tra i driver che possono abilitare il raggiungimento dei Sustainable Development Goals (SDGs), strumento adottato a livello globale per indirizzare le attività economiche e sociali verso il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità.
Ad esempio, servizi space-based contribuiscono al SDG 7 “Affordable and Clean Energy” che si prefigge di garantire l’accesso all’energia per una più vasta platea di utenti e può essere favorito attraverso sistemi di monitoraggio remoto degli impianti in luoghi in cui condizioni atmosferiche e altri fenomeni naturali possono portare ingenti danni all’infrastruttura e dove la manutenzione può risultare difficoltosa.

Lo sviluppo di un mercato delle space economy e di soluzioni space-based passa però necessariamente dalla strutturazione e esplorazione di nuovi modelli di business ripercor­rendo tutta la catena del valore, da chi sviluppa i servizi a chi crea nuove in­frastrutture fino agli utilizzatori finali di tali servizi che possono rendere più efficienti le loro operations e/o creare nuovi prodotti. Innovare i modelli di business tradizionali e muoversi verso una logica di platformization, servitization e open innovation è fondamentale per far sì che i nuovi servizi space-based abbiano impatto economico, ambientale e sociale su larga scala.

 

Symplatform 3: la conferenza sulle piattaforme digitali

Nei giornali, nelle nostre riunioni e nei feed di LinkedIn c’è una parola che ricorre sempre più spesso: piattaforma.

Che sia un nuovo scandalo a carico di una delle grandi big tech, la nuova strategia di innovazione di un grande gruppo industriale…o semplicemente un nuovo servizio digitale, la parola piattaforma appare in qualunque settore.

Ma cosa vuol dire veramente piattaforma? Cosa hanno in comune Uber, Amazon, Apple…e un qualunque quotidiano? O ancora, perchè è corretto considerare un’app come Strava, il famoso servizio per fare tracking delle proprie performance sportive, una piattaforma? Questi e tanti altri temi sono al centro di Symplatform: l’evento in cui la conoscenza accademica incontra il mondo dei professionisti per costruire una discussione critica su cosa sono le piattaforme, come funzionano e cosa possono diventare per le persone, le organizzazioni e la nostra società.

Siamo felici di lanciare la terza edizione di Symplatform, un simposio sulle piattaforme digitali che si pone l’obiettivo di unire accademici e practitioners.
Symplatform è un progetto sviluppato da Trinity College Dublin, Politecnico di Milano School of Management e Audencia Business School.

Qui potete trovare un breve video che introduce la conferenza.

Il programma e la registrazione dell’evento sono disponibili a questo link: https://symplatform.com

Per maggiori informazioni potete scrivere a: daniel.trabucchi@polimi.it e tommaso.buganza@polimi.it.

Machine Learning & Big Data Analytics

Le tecnologie digitali e gli algoritmi per analizzare i dati rappresentano l’evoluzione più recente delle tecnologie intellettuali. Grazie ad esse ci siano trasformati in quello che oggi siamo, in quello che sappiamo, nei nostri modi di pensare. Viviamo in stretta simbiosi con le tecnologie intellettuali e sarà sempre più così anche nei confronti degli algoritmi dell’intelligenza artificiale

 

Carlo Vercellis, Professore Ordinario di Machine Learning, School of Management, Politecnico di Milano

La maggior parte dei nostri gesti quotidiani, acquisti, spostamenti, decisioni personali o professionali sono orientati da un algoritmo di Machine Learning: è comodo ricevere suggerimenti circa prodotti da acquistare, di alberghi e mezzi di trasporto per i viaggi, le indicazioni di film o brani musicali che potrebbero piacerci.

Molte aziende da decine di anni raccolgono grandi moli di dati nei loro sistemi informativi. Gestori di carte di credito, che nel corso di un weekend registrano quasi due miliardi di transazioni, grandi retailer, operatori delle Telco e delle Utility.

Tuttavia, la vera rivoluzione che ha portato ai Big Data coincide con l’avvento dei social network, fenomeno indicato con il termine Internet of People. Ognuno di noi si è trasformato da lettore di informazioni in autore di contenuti. La necessità di immagazzinare questa mole di dati immensa e in rapida crescita ha indotto le grandi aziende del web a creare un nuovo tipo di database basato su architetture a rete distribuite e di fatto a dare vita al cloud.

Accanto alle persone, ormai in Internet ci sono anche le “cose”: si tratta della Internet of Things, costituita da innumerevoli oggetti dotati di sensori e spesso capaci di comportamenti intelligenti e autonomi. Siamo in grado di accendere le luci di casa a km di distanza, di regolare il termostato e di osservare attraverso l’impianto di videosorveglianza. L’automobile potrà guidare in modalità autonoma senza il nostro intervento. Si tratta di un universo composto da quasi 30 trilioni di sensori che registrano valori numerici con altissima frequenza temporale (un trilione è pari a “uno” seguito da 18 “zero”!). Abbiamo inoltre i contatori digitali per gas e power, capaci di registrare puntualmente i nostri consumi e di suggerire comportamenti che rendano più efficiente e sostenibile il nostro utilizzo dell’energia. Indossiamo dispositivi di fitness e smart watch al polso, che registrano la nostra attività fisica, i principali parametri vitali, le nostre abitudini alimentari, la qualità del sonno, e ci forniscono suggerimenti utili a migliorare le nostre condizioni fisiche. Oggetti intelligenti che contribuiranno a rendere sempre più comoda la nostra vita.

Da quanto abbiamo detto finora, è chiaro che il valore predittivo e il valore applicativo contribuiscono a generare un grande valore economico, per le imprese, per la pubblica amministrazione, per i cittadini nel loro complesso.

Tuttavia, i dati di per sé non servono a nulla se non vengono analizzati automaticamente da algoritmi intelligenti. In particolare, gli algoritmi di machine learning nell’ambito dell’intelligenza artificiale vengono applicati a grandi moli di dati per riconoscere regolarità ricorrenti e per estrarre conoscenze utili che permettono di prevedere con notevole accuratezza eventi futuri. Si tratta di una logica induttiva, un po’ come il meccanismo di apprendimento di un bimbo, cui la mamma indica alcuni esempi di lettere dell’alfabeto ponendolo in breve tempo in grado di identificarle autonomamente e quindi di imparare a leggere.

Ad esempio, gli algoritmi sono in grado di interpretare l’umore, il cosiddetto “sentiment”, di post testuali sulle reti sociali con accuratezze del 95-98%, maggiore di quella che potrebbe ottenere un lettore umano. Analogamente, oggi gli algoritmi sono in grado di effettuare con grande precisione il riconoscimento automatico dei contenuti e del contesto delle immagini analizzate.

Le tecnologie digitali e gli algoritmi per analizzare i dati rappresentano l’evoluzione più recente delle tecnologie intellettuali e ci aiuteranno a vivere meglio. Pensiamo infatti che lungo il corso della storia, dai primi strumenti preistorici all’invenzione della scrittura, dall’invenzione della stampa all’ideazione dei computer, le tecnologie intellettuali sono state il motore dell’evoluzione umana. Grazie ad esse noi ci siano trasformati in quello che oggi siamo, in quello che sappiamo, nei nostri modi di pensare. Viviamo in stretta simbiosi con le tecnologie intellettuali e sarà sempre più così anche nei confronti degli algoritmi dell’intelligenza artificiale.

Sul versante economico, osserviamo che le imprese più mature nell’analisi dei dati hanno una maggiore capacità di competere e continuano a rafforzarsi nei confronti delle imprese meno evolute e meno tempestive nell’adozione di strategie di innovazione digitale. Da anni si parla di digital divide in riferimento alle diverse opportunità di accesso alle risorse digitali da parte dei cittadini. Nell’ambito dell’Osservatorio Big Data Analytics che abbiamo avviato al Politecnico di Milano sin dal 2008, abbiamo introdotto dallo scorso anno il termine Analytics Divide per indicare il gap che si è venuto a creare e che purtroppo si sta ampliando tra le imprese virtuose nell’impiego di big data e intelligenza artificiale e quelle meno innovative, che faticheranno di più a uscire dalla palude in cui il virus ci ha spinti.

Per poter progredire come azienda data driven occorre tuttavia disporre di talenti e competenze adeguate, che possono essere ottenute mediante l’acquisizione di nuove risorse o il reskilling di risorse già disponibili in azienda. In questa prospettiva, presso il MIP-Politecnico di Milano abbiamo avviato diverse attività formative su temi di Machine Learning, Artificial Intelligence, Big Data Analytics, Data Science, quali il master internazionale in Business Analytics & Big Data e il percorso executive in Data Science & Business Analytics.

Tecnologia e innovazione, a misura d’uomo

Il progresso scientifico, la disponibilità di mezzi tecnici, la cross-fertilizzazione tra le diverse comunità di ricerca e l’innovazione combinatoria  ci stanno regalando ad una inarrestabile progressione delle capacità umane. Ma quanta, e soprattutto quale, innovazione è davvero a misura d’uomo?

 

Giovanni Miragliotta, Professore di Advanced Planning, Co-Direttore dell’Osservatorio AI, Politecnico di Milano

Ovunque guardiamo, come cittadini e come ricercatori, leggiamo delle “magnifiche sorti e progressive”[1] che, per mezzo delle nuove tecnologie, stanno cambiando la nostra società e la nostra vita. Da quelle a noi più familiari, come le reti di comunicazione a banda larga, a quelle  più avanzate, come la bioingegneria, a quelle che operano nascoste dietro le quinte, come la crittografia, tutto si fonde al punto che diventa quasi difficile rendersi conto del potenziale di cambiamento del sistema di ricerca e innovazione che abbiamo costruito nei paesi sviluppati. A materializzarne il potenziale ci pensano, di tanto in tanto, discontinuità inattese come ad esempio la pandemia che stiamo vivendo la quale, combinando le diverse innovazioni esistenti, ci mostra come possono essere stravolti in pochi mesi il modo di lavorare, di insegnare, di progettare, di curare. Una riflessione molto potente, in questo senso, anche e soprattutto perché viene da un letterato e non da uno scienziato, è quella recentemente pubblicata da Alessandro Baricco[2].

Questa occasione, che ci ha mostrato portata e velocità del cambiamento possibile, può essere colta per riflettere su quale sia l’innovazione a misura d’uomo; è ancora più importante farlo ora, in vista di quello che si sta sviluppando, nelle università e nei laboratori di tutto il mondo, poiché le prossime conquiste tecnologiche potrebbero materializzare un cambiamento, secondo il pensiero di molti (ed io sono uno di quelli) addirittura dirompente per l’assetto stesso delle nostra società.

La nostra società, prendendo come riferimento gli stati democratici occidentali, si poggia su alcuni pilastri, un mix di weltanschauung, principi morali e senso comune, che ne costituiscono il collante. Alcune innovazioni tecnologiche (in primis bioingegneria e intelligenza artificiale) sono, per così dire, in rotta di collisione con questi principi, e potrebbero portare a nuove società che non è facile prevedere se e quanto saranno a misura d’uomo, almeno come oggi noi interpretiamo tale misura.

Pensiamo alla centralità che il lavoro ha nella struttura della società, anche solo limitandoci alla sua valenza economica e trascurando gli aspetti psicologici o di realizzazione personale; per la prima volta nella storia inizia ad intravedersi un futuro possibile in cui non solo non sappiamo più predire quali saranno i lavori dei nostri figli tra 30 anni, ma iniziamo a dubitare che ci possano addirittura essere dei lavori rimasti. In un numero sempre crescente di specifiche mansioni (=Narrow AI), infatti, le macchine hanno raggiunto già abilità superumane e, come sapete, vi è un enorme dibattito sul bilancio tra posti di lavoro creati e distrutti. Le analisi condotte nell’Osservatorio Artificial Intelligence, almeno per la prossima decade, sembrano indicare uno scenario positivo[3], ma allungando l’orizzonte di analisi non è da escludere uno scenario in cui la domanda per il lavoro umano, reso antieconomico o inutile dalle nuove abilità delle macchine[4], sarà molto inferiore.  In una situazione di precario equilibrio monetario e fiscale delle nazioni, una alterazione significativa nel mercato del lavoro potrebbe rappresentare un elemento di forte instabilità.

Cambiando tecnologia di riferimento, l’avvento delle biotecnologie potrebbe portare in un prossimo futuro dei cambiamenti così importanti da scuotere le fondamenta stessa della società: come evolverà il concetto di famiglia qualora fosse normale per gli esseri umani vivere 120 anni, con una giovinezza che possa durare oltre 40 anni?  Cosa accadrà quando le classi più abbienti, oltre a potersi permettere una assistenza sanitaria tradizionale migliore, potranno permettersi anche di intervenire per migliorare il proprio pacchetto genetico in modo non eguagliabile dalla maggior parte delle persone? Per la prima volta nella storia osserveremo una biforcazione nella nostra specie, con una (piccola) frazione della popolazione che disporrà di un “hardware” (corpo + cervello) più capace, resistente e duraturo rispetto alla maggioranza della popolazione?

Questi esempi ci fanno ragionare sulla portata del cambiamento possibile, economico e sociale, ma non sembrano ancora intaccare i fondamenti ideologici della società che abbiamo costruito, nel nostro occidente, a partire dalle rivoluzioni americana e francese, ovvero la convinzione profonda nel valore della libertà, della unicità ed irripetibilità dell’individuo. Ma cosa accadrebbe se, in linea di principio, osservando tutte le interazioni di una persona con il suo ambiente e con i suoi simili, fosse possibile prevedere esattamente quali sarebbero le sue sensazioni, ed i suoi bisogni? Cosa accadrebbe se Google, o Facebook, o altri, forti della immensa mole di dati che raccolgono su di noi, sapessero consigliarci il libro giusto, il lavoro giusto, l’investimento giusto, la moglie giusta, la chirurgia preventiva giusta molto meglio di quanto sapremmo fare da soli, confusi e sperduti in una mole sterminata di decisioni importanti, da prendere decine di volte nella nostra (lunghissima) vita? A quel punto saremmo ancora “liberi”? E ammesso che ci rimanga uno spazio di libertà, ci converrebbe farne uso, , oppure non sarebbe più conveniente affidare le nostre decisioni ad una tecnologia di “life advisor” che avrebbe probabilità di successo e di felicità molto maggiori di quelle che sapremmo apparecchiarci con le nostre stesse mani?  Questo ultimo scenario, ventilato da molti pensatori, apre ad un ripensamento radicale dei principi fondanti della nostra società, in primis il principio liberale, portando ad esiti che potrebbero spaziare da un ulteriore allentamento dei riferimenti esistenti (sulla scia della liquidità Bauminana) fino al suo totale opposto, una rigidissima tecnocrazia.

Il punto è sempre lo stesso: non è possibile fare previsioni di alcun tipo, e in fondo quel poco che serve conoscere, di speculazione pura sul futuro, è già stato scritto. Queste riflessioni invece ci richiamano ad una responsabilità molto grande, quella di rimanere molto vigili sugli atti di moto, anche solo incipienti, che l’innovazione tecnologica sta imprimendo alla nostra società.

Ci attende un futuro che può essere a misura d’uomo solo se saremo capaci di costruircelo.

 

 

Note di lettura

Questa riflessione nasce, e può essere ulteriormente sviluppata, attingendo al pensiero dei seguenti autori:

  • Yuval Harari: consiglio l’intera trilogia su passato, futuro e presente dell’uomo;
  • Mark Tegmar, “Vita 3.0”, ed il dibattito interno al Future of life Institute;
  • Zygmunt Bauman, in particolare il suo testo cardine “Modernità liquida”.

 

 


[1] Citazione del poeta Giacomo Leopardi

[2] Alessandro Baricco, “Cinque anni in uno”, https://www.ilpost.it/2021/05/28/baricco-2025/

[3] Si veda report Osservatorio Artificial Intelligence, “On your marks”, ed. 2019.

[4] Si consideri, ad esempio, “A 3D printed car which is designed by AI”, www.thereviewstories.com/czinger-21c-ai-3d-printed-car/

 

 

 

Symplatform 2021: un simposio internazionale sulle piattaforme digitali

 

Negli ultimi anni la rilevanza dei modelli di business basati su piattaforme è aumentata significativamente. Aziende come Airbnb, Uber o BlaBlaCar hanno mostrato le grandi potenzialità dei modelli di business che hanno come obbiettivo il matchmaking di vari gruppi di clienti, come viaggiatori e host, cavalcando le opportunità delle tecnologie digitali.

Siamo felici di lanciare la seconda edizione di Symplatform, un symposium sulle piattaforme digitali che si pone l’obiettivo di unire accademici e practitioner.

Symplatform è un progetto sviluppato in collaborazione da Trinity College Dublin, Politecnico di Milano School of Management e Audencia Business School.

La seconda edizione avrà luogo in 4 sessioni digitali tra il 17 Maggio e il 20 Maggio 2021 dalle 2 alle 3.30 (CET).

Il symposium sarà basato su vari format: sessioni parallele con presentazioni di paper accademici, sessioni guidate dai practitioner “Pitch your challenge” e workshop collaborativi che possano indicare possibile sviluppi per il field delle piattaforme digitali.

Su symplatform.com sono disponibili informazioni aggiuntive sull’evento.

Symplatform: un simposio internazionale sulle piattaforme digitali

 

Negli ultimi anni la rilevanza dei modelli di business basati su piattaforme è aumentata significativamente. Aziende come Airbnb, Uber o BlaBlaCar hanno mostrato le grandi potenzialità dei modelli di business che hanno come obbiettivo il matchmaking di vari gruppi di clienti, come viaggiatori e host, cavalcando le opportunità delle tecnologie digitali.

Siamo felici di lanciare la prima edizione di Symplatform, un symposium sulle piattaforme digitali che si pone l’obiettivo di unire accademici e practitioner.
Symplatform è un progetto sviluppato in collaborazione da Trinity College Dublin, Politecnico di Milano School of Management e Audencia Business School.

La prima edizione avrà luogo al Trinity Centre for Digital Business presso il Trinity College Dublin il 16 e il 17 aprile 2020.

Il symposium sarà basato su vari format: sessioni parallele con presentazioni di paper accademici, sessioni guidate dai practitioner “Pitch your challenge” e workshop collaborativi che possano indicare possibili sviluppi per il field delle piattaforme digitali.
Su symplatform.com sono disponibili informazioni aggiuntive sull’evento.