«Grazie all’Mba Full Time imparo a valorizzare il family business»

Fabio Borgia, studente MBA Full Time, ha un ruolo di primo piano nell’azienda agricola Le Rogaie, gestita insieme ai genitori e ai fratelli. Storia di un progetto innovativo che, attraverso i social, racconta una realtà attenta alla sostenibilità sociale, economica e ambientale

Innovare in un settore considerato tra i più tradizionali si può. È quello che fa Le Rogaie, azienda agricola a gestione famigliare nella Maremma toscana, che durante il primo lockdown ha deciso di raccontare online le proprie attività. Il family business è gestito dalla famiglia Borgia: due genitori e cinque figli. Tra questi c’è Fabio Borgia, attualmente iscritto all’MBA Full Time del MIP Politecnico di Milano. Ingegnere di formazione, specializzato nel settore energetico, ci racconta le motivazioni che hanno portato Le Rogaie in rete: «Ci siamo ispirati ad alcuni agricoltori stranieri, che grazie ai social avevano l’opportunità di raccontare la propria realtà in maniera trasparente e senza stereotipi. E così abbiamo deciso di provare anche noi».

L’azienda agricola va online

Così Le Rogaie è sbarcata su YouTube, su Facebook, su Instagram. Le visualizzazioni e le iscrizioni ai canali social sono in crescita, così come l’interesse degli utenti: «Credo che il successo derivi dal mix di tradizione, passione, famigliarità e spirito innovativo. Siamo reali, ci mostriamo per come siamo, e la nostra iniziativa sta già interessando utenti al di fuori dell’Italia. Il volto dell’operazione è mio fratello Edoardo, che nei video racconta le attività della nostra impresa con un linguaggio tecnico ma al contempo divulgativo», spiega Borgia. I contenuti creati, che hanno un obiettivo formativo, e l’apertura dell’azienda alla ricerca hanno suscitato anche l’interesse del mondo accademico e scientifico: «Le Agenzie spaziali europea e italiane, insieme con il Cnr e varie università europee, collaborano con Le Rogaie portando avanti studi avanzati sulla fotosintesi clorofilliana; inoltre effettuano misurazioni utili per la calibrazione dei satelliti».

Tornando “a terra”, invece, vale la pena ricordare l’iniziativa che ha permesso agli studenti delle facoltà agrarie di visitare virtualmente l’azienda, aggirando così le restrizioni causate dalla pandemia: «Grazie alla nostra iniziativa, quelle visite adesso avvengono online. Ma vorremmo dare la possibilità a chiunque di poter vivere un’esperienza reale in fattoria». Le pagine social si rivolgono infatti al pubblico più ampio possibile. «Le Rogaie produce soprattutto latte. La crescente attenzione rivolta al tema dell’allevamento, e alle questioni zootecniche in generale, meritavano degli approfondimenti che raccontassero questa realtà in maniera onesta, sottolineando anche un elemento per noi centrale come quello della sostenibilità».

La sostenibilità è sociale, economica, ambientale

«È un tema che abbiamo sempre sentito molto vicino a noi, e che decliniamo sotto tre punti di vista», spiega Fabio Borgia. «Il primo è quello della sostenibilità sociale. Il nostro primo impegno è coinvolgere le realtà presenti sul territorio, essere presenti, aperti al mondo esterno. Poi viene la sostenibilità economica, che forse è la sfida più grande: ci favorisce, da questo punto di vista, avere conservato le dimensioni di un family business. Ciascuno di noi fa leva sulle proprie competenze specifiche per rafforzare i fondamenti dell’azienda. Io, nello specifico, seguo soprattutto lo sviluppo del ramo online e mi occupo di stabilire nuovi contatti. Da ultima, ma non per importanza, c’è la sostenibilità ambientale». Un tema che, nel caso de Le Rogaie, è strettamente collegato all’attitudine all’innovazione: una tradizione di famiglia, visto che, come racconta Borgia, il padre Giulio non si è mai tirato indietro di fronte alle sperimentazioni, che fossero di carattere social o tecnico. «Nel 2008 abbiamo investito in un impianto a biogas che chiude il ciclo della CO2 e che produce 250 Kwatt di energia elettrica all’ora, ceduti interamente all’Enel. Il nostro obiettivo, ambizioso ma possibile, è trasformare Le Rogaie in una realtà carbon negative. Ci teniamo a far passare il messaggio che l’agricoltura non è sfruttamento della natura, anzi: l’intervento dell’uomo migliora la natura stessa», ricorda Borgia.

Al MIP per un mindset imprenditoriale

Fabio Borgia è attualmente iscritto all’MBA full time del MIP, e si prepara ad affrontare i bootcamp in attesa della summer internship. «Sono un ingegnere, ma mi sto progressivamente interessando ai temi di governance. In generale, trovo che tutto il corso sia ben fatto e ben strutturato. Io ho deciso di iscrivermi a questo Mba perché trovo vincente la tradizione tecnologica del Politecnico di Milano. Per me si è trattato di un investimento motivato da esigenze di curriculum e dalla volontà di accedere a un tipo di formazione in grado di offrire innumerevoli opportunità, anche grazie al forte legame che c’è tra MIP e aziende. Infatti, ho già sostenuto diversi colloqui. Penso poi al PoliHub, l’incubatore del Politecnico. Grazie a questo Mba sto sviluppando un mindset improntato all’entrepreneurship capace di stimolare riflessioni e idee innovative. Idee che, ovviamente, daranno un forte contributo anche alla realtà de Le Rogaie», conclude Borgia.

 

Dalla tecnologia al luxury, passando per il MIP: l’esperienza di Merry Le

Alumna dell’MBA, racconta il successo ottenuto alla Mark Challenge, competizione per startup nell’ambito luxury&yachting. Un risultato che passa anche dalla capacità di utilizzare al meglio le proprie skill

 

C’è una frase, attribuita ad André Citroën, fondatore dell’omonima casa automobilistica francese, che recita più o meno così: “Saper fare è nulla senza far sapere.” Perché a volte la sfida più grande non è trovare un’ottima idea e svilupparla. Può essere molto più complesso raccontarla in modo efficace, soprattutto quando si ha di fronte un pubblico variegato, con diversi background formativi. Come convincere tutti? È quanto si è chiesta Merry Le, che dopo aver frequentato il Master in Business Administration presso il MIP Politecnico di Milano è diventata business strategy lead per Moi Composites. L’azienda, uno spin off del Politecnico di Milano, opera nel mercato della stampa 3D on demand e si è aggiudicata lo Special award in Yachting nell’ambito della Mark Challenge, competizione per startup in ambito luxury. «La nostra tecnologia brevettata, la Continuous Fiber Manufacturing, permette la produzione di prodotti uniciin maniera più efficiente e economicamente più accessibile», spiega Le. «Caratteristiche che si sposano alle esigenze produttive di un settore di lusso come lo yachting, in cui la personalizzazione è ricercata. La Mark Challenge ci sembrava il palcoscenico adatto per valorizzare i vantaggi unici della nostra startup. C’era un ostacolo principale: poiché si tratta di un innovazione tecnologico, era difficile far comprendere le sfumature più tecniche».

 

L’importanza di un buon pitch

Merry Le e i suoi colleghi, tutti e quattro provenienti dal MIP e dal Politecnico, hanno così deciso di sfruttare il proprio network di conoscenze, inclusi i docenti del MIP: «Abbiamo presentato il progetto a numerose persone, per ottenere dei feedback sulla sua efficacia. Quindi abbiamo semplificato il linguaggio e reso più chiaro alcuni messaggi. La presentazione vera e propria, poi, ci ha messi di fronte a una complicazione ulteriore», racconta Le, «poiché è avvenuta nel pieno dell’emergenza sanitaria da Covid-19, così tutto si è svolto online». Ma la strategia di Moi Composites ha pagato, perché Merry Le e i suoi colleghi sono stati premiati e hanno ottenuto la possibilità di presentare il proprio pitch davanti alla commissione del Monaco Yachting Cluster. Non solo: la stessa presentazione è stata votata dal pubblico come miglior pitch. «Un successo che abbiamo ottenuto, io e miei colleghi, anche grazie ai nostri differenti background, che ci hanno permesso tanto di sviluppare un business plan solido, quanto di lavorare con una tecnologia innovativa.»

 

Il futuro del lusso tra personalizzazione e sostenibilità

Le caratteristiche del business di Moi Composites si adattano alle ultime evoluzioni del mercato del lusso in generale, e non solo dell’industria nautica: «Il trend attuale è quello della personalizzazione. I clienti cercano sempre più prodotti tagliati su misura, adatti alle loro specifiche esigenze. È una tendenza accompagnata da una richiesta sempre maggiore di sostenibilità ambientale e sociale, oltre che di circolarità», continua Le. «Sono convinta che, nonostante il Covid-19 abbia avuto un grande impatto sull’economia, e quindi anche sul luxury, siamo più preparati ad affrontare il cambiamento. La recessione del 2008 colpì all’improvviso, cogliendo tutti di sorpresa; ma proprio grazie a quella crisi le persone hanno imparato come affrontare la ripresa ea diventare più creative e più propositive».

 

La ricchezza dell’MBA

Merry Le ha frequentato il Master in Business Administration presso il MIP perché, dopo anni di carriera, sentiva il bisogno di ampliare il proprio bagaglio di competenze: «Il mondo cambia in fretta, è sempre più importante poter contare su skills che permettano di comprendere e affrontare al meglio i cambiamenti in atto». Statunitense della East Coast, dopo 14 anni nell’industria aeronautica e aerospaziale, oggi Merry Le, nel suo nuovo ruolo di business strategy lead, ha la possibilità di impiegare le conoscenze acquisite durante il master. Non solo: il project work con cui ha partecipato alla Mark Challenge le è stato proposto proprio dal MIP. E se si tiene conto che Moi Composites, con sede nella vicina cittadina di Pero, è nata grazie al supporto del Politecnico di Milano, appare evidente come l’offerta del MIP non sia limitata alla formazione, ma possa contare anche su un tessuto produttivo geograficamente vicinissimo, popolato di aziende di alto livello alla costante ricerca di professionalità altrettanto valide. «La mia esperienza è stata fantastica», conclude Le. «Consiglierei a chiunque la scelta che ho fatto. Ad attrarmi è stata soprattutto l’enfasi sul tech e sui big data, ma più in generale sentivo il bisogno di imparare qualcosa di nuovo, oltre che di migliorare e affinare le skill di cui ero già in possesso. Un ulteriore valore aggiunto è dato dall’eterogeneità della classe: gli studenti provenivano da venti Paesi differenti, e questo ci ha permesso di confrontarci con punti di vista inediti. Una grande ricchezza».

Personalizzazione e digital learning: l’Mba Full Time si rinnova

Contenuti aggiornati e una nuova strutturazione dell’offerta didattica. Arrivano le concentrations, quattro specializzazioni in ambiti di eccellenza. E continua l’innovazione dell’erogazione dei contenuti: il learning è sempre più digital

 

Dal 2020 l’MBA Full Time del MIP Politecnico di Milano cambia forma. Si evolve, per rispondere alle esigenze delle aziende e ai trend in continuo sviluppo, conservando ovviamente la mission di un master in business administration: offrire una comprensione manageriale a 360° sul funzionamento di un’azienda. «Ci rivolgiamo sempre a quelle persone che hanno tra i tre e i sette anni di esperienza lavorativa e che vogliono dare un boost alla propria carriera», racconta Antonella Moretto, Direttore dell’area Mba & Emba. «A cambiare è la strutturazione dell’offerta didattica. A una parte core, strutturata su dei pillar tematici tradizionali, si aggiunge un percorso fortemente personalizzato, che si declina in quattro specializzazioni denominate concentrations».

Quattro pillar per delle basi solide

«A queste, però, si arriva solo dopo una prima fase in cui vengono poste delle solide basi teoriche», chiarisce Moretto. «È un’esperienza totalizzante, che prevede tra gli otto e i nove mesi di impegno e che garantisce una grande accelerazione di carriera a chi, entro quattro o cinque anni, si vede in un ruolo manageriale importante. A conclusione del percorso è prevista un’internship. Vale la pena poi ricordare che l’anno scorso, al momento della graduation, il 90% dei nostri iscritti aveva già trovato un nuovo impiego». La prima fase formativa, come detto, è quella dei quattro pillar: «Nell’ordine, si tratta di: analisi dell’impresa e del contesto; gestione delle attività e dei processi; pianificazione dell’innovazione e della trasformazione; e, infine, realizzazione di queste ultime». Quest’ultimo aspetto è importantissimo nella visione del Mip: «Formare dei manager che comprendano il funzionamento complessivo di un’azienda è ovviamente il nostro obiettivo, ma non ci basta. Qui al Mip cerchiamo di selezionare candidati che dimostrino una spiccata indole da innovatori, che vogliano farsi agenti del cambiamento».

Concentrations: bootcamp intensivi a contatto con le aziende

È a questo punto che entrano in gioco le concentrations, le specializzazioni. «La personalizzazione del percorso didattico è uno dei grandi punti di forza di questo Mba. Ci sono delle track tematiche che prevedono centinaia di ore di attività a scelta, e i mesi delle concentrations prevedono dei bootcamp intensivi su uno di questi temi, a scelta: Global management and sustainability, Big Data and Digital Transformation, Innovation and entrepreneurship e Luxury and design management. I bootcamp sono stati disegnati ad hoc insieme alle imprese partner, allo scopo di sviluppare nuove competenze, ma anche per lavorare e mettere in pratica questi aspetti. L’impostazione fattuale, quindi, in questa fase emerge in maniera nettissima», spiega Moretto, «ma se nel 2020 c’è un’altra novità, è che anche durante le lezioni core, e cioè durante i momenti più teorici, la quota delle attività pratiche arriva al 50%. Il resto è costituito da quella che definiamo experiential gym, un insieme di attività che includono presentazioni aziendali svolte da manager, challenge e casi di studio, simulazioni, company visits, workshop di career development».

Con il digital learning il campus diventa diffuso

Anche la parte didattica più tradizionale sarà però, a suo modo, innovativa. «Quando parliamo di lezioni frontali, e cioè in aula, non ci stiamo riferendo alle lezioni classiche. Le nozioni di base, infatti, sono erogate per via digitale. Gli studenti possono prepararsi prima, in vista dell’attività in aula, votata all’approfondimento. E anche parte delle lezioni frontali sono fruibili a distanza. Ci piace definire questa modalità “campus diffuso”. Inoltre, grazie alle nostre piattaforme digitali sarà possibile fruire di contributi di eccellenza provenienti da altre università. Una serie di opportunità che vanno a definire una esperienza di digital learning altamente personalizzata, flessibile e in linea con le esigenze degli studenti», conclude Moretto.

#YourMBA: scopri le specializzazioni dell’MBA Full Time

 

Un ambiente internazionale, occasioni di crescita personale, sviluppo di soft skill e contatto diretto con le aziende. Tutto questo è il nostro Full Time MBA. Un viaggio a 360 gradi, lungo 12 mesi.
In questo contesto, il MIP vuole offrire percorsi di studio ricchi di stimoli e opportunità di carriera, sempre più personalizzati. A tal fine, sono state studiate ad hoc quattro specializzazioni, che permetteranno ai candidati di frequentare corsi “su misura”.

In base a interessi e esigenze di carriera, infatti, gli allievi potranno scegliere tra:

MBA in Entrepreneurship & Innovation
L’MBA in Entrepreneurship & Innovation fornisce gli strumenti per comprendere le sfide della trasformazione digitale e dell’innovazione in ambito imprenditoriale. Con un particolare focus sul mondo delle start-up.

MBA in Digital Transformation & Big Data
L’MBA in Digital Transformation & Big Data si concentra sulla portata rivoluzionaria della digital transformation all’interno delle aziende e dei loro modelli di business, con una particolare attenzione alle potenzialità dei Big Data.

MBA in Luxury & Design Management
L’MBA in Luxury & Design Management permette di approfondire le principali logiche di gestione e i fattori di successo dei settori luxury e design, attraverso il contatto diretto con le aziende.

MBA in Global and Sustainable Management
L’MBA in Global and Sustainable Management si rivolge a manager che vogliono arrivare preparati alle sfide del futuro e impegnarsi nell’espansione sostenibile della propria azienda.

Martina Pietrobon

Laureata in “Psicologia del marketing”, un passato nella divisione vendite di una grande azienda, un MBA in tasca, e un’esperienza di tre mesi in India che ha lasciato il segno. Lei si chiama Martina Pietrobon ed è la nuova responsabile del Marketing di Microsoft Italia. Segni particolari: è una nostra Alumna.
Come è arrivata a un ruolo così prestigioso? Lo abbiamo chiesto direttamente a lei!

Entrata subito dopo la laurea in Johnson & Johnson occupandosi di vendite, Martina capisce presto che è il marketing a interessarle davvero. Guardandosi intorno, si rende conto che, nella sua azienda, molti di quelli che occupano il ruolo da lei desiderato hanno un MBA alle spalle.
L’ambizione è forte e così la decisone è presa: si iscrive all’MBA Full Time del MIP. Avendo una formazione di tipo umanistico e sociologico, la Business School del Politecnico rappresenta un approccio “complementare”, che le permette di colmare alcune lacune.

«Mi sono licenziata, con le persone che mi chiedevano se fossi sicura di lasciare un contratto a tempo indeterminato, in un una grande azienda…Ma ero convinta, era quello che volevo fare nella vita», ci racconta la Pietrobon.
A chi oggi si affaccia nel mondo del lavoro può sembrare strano, ma Martina, a nemmeno trent’anni non solo aveva già un contratto a tempo indeterminato, ma non aveva mai nemmeno fatto uno stage.

Perché quindi lasciare quella comfort zone?
«Io sono una persona che quando ama, ama con tutta sé stessa» – spiega – «Dover tenere un piede in qualcosa che non mi dava più soddisfazione, anche se mi avrebbe permesso di conservare un contratto, mi faceva sentire legata, sarebbe stata una limitazione alla sfida che stavo per affrontare. Mi dicevo: nella peggiore delle ipotesi tornerai a fare quello che facevi prima, in Johnson & Johnson o in un’altra azienda.  Licenziarmi, per me, significava crederci fino in fondo. A un certo punto o investi tu su te stesso o non puoi aspettarti che siano gli altri a farlo per te. Sei tu a doverci credere per primo, altrimenti gli altri vedranno solo gli ostacoli, il lavoro al quale rinunci in un periodo di crisi economica, il futuro incerto…»

Quando Martina ci racconta della sua esperienza, l’entusiasmo è palpabile. Viene naturale chiederle che cosa abbia significato l’MBA per lei.

«È come se l’MBA ti desse la visibilità di un’intera enciclopedia: sai che a una certa necessità nel mondo del lavoro corrisponde uno strumento per risolverla. Ovviamente in un anno tu non riesci ad avere gli strumenti per risolvere tutto da solo, ed è anche questo il bello del gioco. Alla fine quello che impari è che esistono varie leve, e che l’importante è sapere quando, come e con chi azionarle. Quello che mi ha dato l’MBA, quindi, è una visione a 360° di molti strumenti – anche finanziari – che prima non conoscevo» – ci rivela.  «Capisci che ogni pezzettino, come in un motore, è legato all’altro. Perché il motore funzioni, devono lavorare bene tutte le singole parti».

Tante nozioni, quindi, ma non solo. La nostra Alumna infatti spiega: «L’MBA mi ha formato, mi ha dato sicuramente delle competenze, ma mi ha anche insegnato che spesso sono l’attitudine e l’atteggiamento che si hanno verso il voler imparare, a fare la differenza. Quello che per me è stato fondamentale è stato avere un approccio che qui in Microsoft definiamo growth mindset, ovvero la volontà di mettersi in gioco e di imparare cose nuove. Penso che spesso sia la superbia a non permettere alle persone di crescere nelle aziende e di fare carriera. L’MBA ti fa capire che quello che sai è poco, troppo poco, e che ti devi continuamente aggiornare e mettere in gioco».

E mentre la nostra chiacchierata prosegue, appare evidente come Martina in gioco si sia messa fino in fondo. Come? Scegliendo di completare l’esperienza formativa al MIP con un exchange program di tre mesi in India, presso l’Indian Institute of Management Lucknow.

«Ho scelto l’IIM perché era la scuola più rinomata per il marketing nel mondo asiatico. Quello che volevo vedere era la sfaccettatura del marketing in quel tipo di cultura. L’approccio infatti è molto diverso rispetto a quello che studiamo noi. In India è basato tutto sui numeri, anche nel marketing e nella comunicazione. Lì il filo conduttore era dato da un ROI numerico, basato su KPI finanziari. È stata un’esperienza molto formativa, sia dal punto di vista delle competenze, che da quello culturale. Tre mesi in India – sebbene in una rinomata Business School – rimangono un’esperienza forte, un po’ catartica. Trovarmi in un ambiente internazionale, incontrare persone che hanno una cultura e un modo di vedere le cose così diversi dal mio, mi hanno permesso di sviluppare le soft skill in modo straordinario…»

Tornata dall’India e ricevuto il diploma, si è aperta davanti a lei una nuova strada nel marketing, prima in Johnson & Johnson e poi in Microsoft, fino ad arrivare alla posizione che ricopre oggi.

Tappe intermedie che le hanno dato tanto: «Quando ho iniziato a lavorare in Microsoft mi occupavo del co-marketing con i partner, una posizione che mi dava meno visibilità rispetto a ora, ma che mi ha permesso di capire il business, i meccanismi di marketing e di vendita»  – ci spiega.

Un’esperienza che l’ha resa, insieme alle sfide che affronta ogni giorno, la professionista che è oggi.
Così, un po’ con uno sguardo al futuro e alle nuove generazioni, e un po’ al passato, chiudiamo l’intervista chiedendole quale consiglio vorrebbe dare alla Martina neolaureata di dieci anni fa, ma anche ai nostri studenti che stanno scoprendo ora il proprio percorso professionale.

Con passione Martina ci spiega: «Ho finito l’MBA che praticamente avevo 30 anni. Forse avrei dovuto trovare il coraggio di farlo un po’ prima. Una volta entrata nel mondo del lavoro, mi sono resa conto che i ragazzi all’estero si laureano prima, riescono a fare un MBA prima e quindi arrivare al mondo del lavoro prima di noi…o comunque ci sono arrivati prima di me. Quindi tornando indietro troverei prima il coraggio, di licenziarmi e di fare un MBA».

Poi aggiunge, pensando ai ragazzi che iniziano ora la loro carriera: «Io ho avuto la fortuna di non fare parte della generazione degli stagisti. Forse sono stata l’ultima. Non ho fatto uno stage, sono entrata a tempo determinato in una grande azienda. Quando, già un anno dopo, vedi che le persone iniziano ad avere problemi a trovare lavoro, ti senti in una comfort zone.  Ecco, il consiglio che avrei dato a me e che mi sento di dare alle persone che si approcciano oggi a questo mondo è: la comfort zone spesso non ti permette di di metterti veramente in gioco. Se sei veramente ambizioso, non ti fermare in quelle situazione in cui “non stai poi così male”. È proprio quel “non star poi così male” che blocca le persone e non permette loro di spiccare il volo. È come se a un certo punto un uccellino si abituasse alla propria gabbietta e alla relativa sicurezza che ne deriva. Penso che ogni uccellino dovrebbe cercare di aprire quella gabbietta – non di arredarla! –  e spiccare il volo, anche a costo di scontrarsi con un predatore.»