Perchè l’EMBA è stato per me un life-changer

Qual è il nostro modo di ragionare.

Che cosa ci sta più a cuore come individui.

Per cosa ci alziamo la mattina.

In base a quali criteri prendiamo le nostre decisioni.

Cosa dà efficacia nella mia relazione con gli altri.

Cosa significa successo per il team.

Cosa significa cambiamento in un’azienda.

E soprattutto, sono in cammino o sto aspettando…

Ecco. Iscriversi e frequentare l’EMBA Part Time mi ha dato modo di farmi queste domande, e di lavorarci sopra. E di trovare metodi per provare a rispondere a queste domande, ogni giorno, in ogni contesto, dentro e fuori dalla vita professionale.

Già per questo la mia esperienza al MIP è stata indimenticabile.

Mi sono iscritto per accelerare la mia carriera e migliorarne la prospettiva, e ne esco avendo capito che la carriera è l’ultima cosa a cui pensare se si vuole crescere.

Includo nel concetto di crescita tutto ciò che riguarda lo sviluppo umano e professionale di una persona, l’allargamento della propria coscienza.

Qui, dentro e fuori dalle aule del MIP, fisiche e digitali, dalle lezioni e dai confronti con i docenti, con i compagni, con i testi e tutto ciò che ne è nato, a livello di network di connessioni e relazioni, qui ho trovato maestri, qui si può crescere come persona.

L’importanza dell’investimento, almeno personalmente, mi ha messo nella posizione per voler scattare. I contenuti e le relazioni in quella di poterlo fare.

Solo le due cose insieme sono garanzia di impatto solido e di lungo periodo.

Io non ero un ingegnere, non lo sono e non lo sarò. Anche se ho imparato molto da diversi ingegneri, e ho grandi amicizie con ingegneri oggi.

Mi ero iscritto per cercare un posto sicuro in una grande azienda, e esco sicuro di avere un posto nel mondo, del mio posto nel mondo.

Con un team di compagni ho co-fondato una startup, che ha già vinto un bando da 50mila euro a fondo perduto, e un programma di incubazione per 6 mesi. Si chiama Bridged e ha l’obiettivo di facilitare il matching tra organizzazioni del terzo settore e imprese per realizzare progetti a impatto sociale e ambientale.

Con un secondo team ho seguito la joint venture di due grandi aziende nel settore della formazione e del lavoro, applicando il metodo scientifico sperimentale appreso al MiP, e giungendo a definire il business plan e il piano strategico, operativo e tecnologico, del progetto. Concludendo con un workshop con le 2 aziende con il dean Federico Frattini e Mariano Corso, professore di Change e Knowledge Management.

E con un terzo team ho validato un nuovo modello di business per una piattaforma che aggrega i servizi di cura alla famiglia e alla casa.

Ci sono state aperte le porte del Polihub, l’incubatore del Politecnico, e al momento opportuno affronteremo la fase di finanziamento e allargamento della compagine societaria per fare lo sprint necessario al go to market.

Sono tre progetti reali, nati e validati al MIP.

Come docente di comunicazione pubblica e trasformazione digitale ho allargato la mia visione, che era soprattutto filosofica, sociologica, psicologica, e di scienze dei media e della comunicazione, fino a comprendere l’impatto organizzativo della trasformazione digitale della comunicazione.

Oggi so di poter offrire la mia consulenza tenendo presente l’interezza del sistema organizzativo, che ha sempre nella comunicazione il suo meccanismo relazionale, tra colleghi, partner, supplier e stakeholder.

Sono qui oggi a condividere la mia esperienza e lo faccio molto volentieri, per voi e per me. Perché ho capito che non c’è differenza tra noi.

Siamo in un’unica ecologia, squilibrata dalla nostra specie. Sta a noi fare quanto possiamo per riequilibrarla, grazie al nostro modo di pensare, di decidere e di fare, che insieme è quello che diventiamo, come individui e società.

 

L’Autore
Michele Bergonzi

Alumnus dell’EMBA Part Time del MIP. Appassionato di filosofia della scienza e di approccio sistemico.

Imprenditore sociale. Insegna comunicazione pubblica e trasformazione digitale. Papà di Bruno e Tullio. Gli piace alternare la vita nella giungla urbana con quella sulle montagne, dove coltiva una vigna.

E’ membro dell’Advisory board dell’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano.

Quando finanza fa rima con innovazione. Welfin si presenta

Un’idea, un project work, una startup: la storia di Welfin passa dalle aule del MIP al mercato finanziario grazie alla sua forte impronta innovatrice. Sarà la prima piattaforma di prestiti P2P con credito garantito dall’azienda a essere lanciata sul mercato. I suoi fondatori raccontano il progetto.

«In Italia il mercato del credito al consumo è in continua espansione e i prestiti P2P (peer to peer, ndr) continuano ad avere un grande potenziale». Perché non partire da qui e ripensare il credito tra privati in una nuova ottica intra e inter-aziendale? Questa la riflessione da cui sono partiti Ideo Righi, Francesco Giordani, Alessandra Bellerio e Roberto Bertani, fondatori di Welfin, nonché alumni EMBA Pt 2018.
Welfin è una piattaforma che rivoluziona il credito tra dipendenti, permettendo a una o a più comunità aziendali di ottenere il massimo dalla condivisione delle proprie risorse. In altri termini, per dirla con le parole dei cinque fondatori, «Welfin mette in relazione lender (chi presta), borrower (chi prende in prestito) e azienda (che fa da garante) favorendo la creazione di condizioni vantaggiose per tutti gli attori in gioco». Vediamo di capirne di più.

Un modello di business che mette d’accordo tutte le parti

In un mercato del credito al consumo che presenta tassi di interesse mediamente elevati, le politiche di concessione del credito da parte delle aziende sono spesso caute e il costo del recupero crediti oneroso. «Welfin interviene creando un circolo virtuoso che premia i tre interlocutori in gioco, lender, borrower e azienda, attraverso un sistema win-win-win» spiega Francesco. «Win per chi presta, perché ha un rendimento garantito dall’azienda a tassi superiori di quelli di mercato; win per chi prende in prestito perché ottiene tassi vantaggiosi e win per l’azienda, che facendo da garante fidelizza i dipendenti, ne aumenta il senso di appartenenza e migliora la propria reputation», prosegue Alessandra. «Welfin offre all’azienda un nuovo strumento di welfare con cui ottimizzare la gestione del credito insoluto, creare un beneficio economico condiviso puntando sull’innovazione finanziaria – sottolinea Ideo -. Sono già molti gli imprenditori che, consapevoli dell’efficienza del modello di business di Welfin, desiderano implementare la piattaforma e partire quanto prima».

Genesi e sviluppo di Welfin. Dal project work alla scelta di “fare impresa”

Ma qual è stato il punto di partenza? «L’osservazione di una realtà imprenditoriale che soffriva dell’insolvenza, verso strutture di credito al consumo, dei suoi dipendenti ci ha permesso di riflettere e studiare un sistema che potesse aiutare tutte le parti coinvolte, dall’azienda ai dipendenti. Abbiamo quindi individuato un’esigenza e ideato una soluzione» spiega ancora Ideo. Per Alessandra, «i valori di riferimento che hanno ispirato Welfin sono stati l’etica, la trasparenza e l’utilità per i dipendenti». Un’idea diventata prima project work per l’EMBA Pt 2018 e poi – grazie alla fiducia e al successo ottenuto – una startup. «Quando ci siamo accorti del suo potenziale, abbiamo deciso di “fare impresa”» racconta Francesco. «Ci siamo scelti all’interno dell’aula del Master e abbiamo creato un team affiatato, trasversale, con alle spalle già un’esperienza di business e quindi una chiara percezione dei rischi. Una squadra che viaggia sulla stessa lunghezza d’onda quindi, sia in ottica di crescita personale che professionale», commenta Alessandra.

La finanza premia l’innovazione sostenibile

Welfin ha vinto il Premio “Fintech & Insurtech 2019”, istituito dall’omonimo Osservatorio del Politecnico di Milano, riservato ai progetti più innovativi in ambito finanziario. Quali sono state le sue carte vincenti? «Un modello di business inedito che riesce a innovare il settore finanziario in modo sostenibile e intelligente» raccontano gli ideatori. «Grazie al riconoscimento ottenuto inizieremo un periodo di incubazione attraverso il PoliHub, contestuale allo sviluppo di tutti gli ambiti necessari al go to market, da quello fiscale a quello legale, in modo da arrivare pronti al calcio d’inizio ufficiale».
L’azienda, inoltre, ha anche avviato un dialogo con Banca d’Italia. «Abbiamo effettuato una prima valutazione della compliance normativa del modello di business. Un’esperienza che ci ha offerto conferme e spunti di riflessione per arrivare al go to market ancora più pronti», raccontano i tre, che in conclusione illustrano il ruolo che ha avuto il MIP in questa esperienza e i suoi punti di forza: «Il network, la professionalità dei docenti e il grande supporto in tutte le fasi di sviluppo del progetto. Il Master ci ha garantito un’esperienza orientata all’imprenditorialità, fortemente pragmatica e interattiva ed è stato anche un incubatore di talento e open-mindedness di modelli applicativi di business e sviluppo di leadership. E il modello di business di Welfin, secondo noi, potrebbe essere ancora più efficace nel periodo di ripresa dalla pandemia di Covid-19, quando di fronte all’aumento delle criticità per l’accesso al credito al consumo, fungerà da supporto per i nuclei familiari e i singoli lavoratori in difficoltà».
Non resta che (ri)partire, quindi.

«Grazie all’EMBA oggi so affrontare l’emergenza mascherine»

PierPaolo Zani, alumnus del MIP e general manager di BLS, azienda produttrice di dispositivi a protezione delle vie respiratorie, ci racconta l’impatto che il coronavirus ha avuto sul business a livello umano e organizzativo. Spiegando che, con basi solide e una mission chiara, anche lo stress test più duro può offrire delle opportunità

Può un momento di grande stress, per un’azienda, tradursi in un’opportunità? Sì, se l’impresa ha basi organizzative solide e una chiara visione strategica del proprio business. In una situazione di di questo tipo si è ritrovata, nel giro di poche settimane, BLS, azienda italiana produttrice di dispositivi di protezione delle vie respiratorie, più comunemente noti come “mascherine”. «Già a fine gennaio, prima che il contagio da Covid-19 si estendesse all’Italia e al resto del mondo, gli ordini avevano subito un’impennata fino a quel momento impensabile», racconta PierPaolo Zani, general manager di Bls e alumnus dell’EMBA Part Time presso il MIP Politecnico di Milano. «Fino a pochi mesi fa la richiesta di mascherine era legata alla necessità di proteggersi da agenti inquinanti, all’interno delle industrie e i nostri clienti erano legati a quell’ambito. Questo ci ha posto un problema: come fare, in questo momento, a soddisfare la domanda dei nostri clienti consolidati, e al contempo far sentire la nostra vicinanza alla Protezione civile e al Paese?»

La sfida di BLS tra emergenze di oggi e tendenze di domani

Un dilemma non da poco, su cui Zani e il suo team hanno dovuto riflettere a fondo prima di prendere una decisione: «Siamo riusciti a trovare un equilibrio. E ci siamo riusciti rifacendoci alla nostra mission aziendale: proteggere le persone, e farlo bene». L’impennata di ordini rischiava di generare una serie di difficoltà organizzative: «Devo dire, però, che avevamo cominciato a osservare la situazione già da un po’ di tempo. È fondamentale porre un’estrema attenzione a tutti i segnali che potrebbero avere un impatto sul proprio business, anche quando si tratta di segnali minimi».

Sempre in un’ottica strategica, poi, diventa necessario prendere in considerazione i cambiamenti che potrebbero derivare dall’epidemia di Coronavirus: «Non sappiamo quanto durerà questa emergenza, a livello globale. Sappiamo però che l’utilizzo delle mascherine in Occidente potrebbe seguire quello che è il modello asiatico, caratterizzato da una maggiore diffusione a livello consumer di questi dispositivi, a prescindere dalla pandemia. Per tutto questo periodo, la sfida sarà tenere la barra dritta, ma a guidarci avremo sempre i principi della nostra mission». Ed è possibile farlo, chiarisce Zani, anche perché l’azienda ha compiuto delle scelte lungimiranti: «Abbiamo lavorato molto per stipulare dei contratti a lungo termine, che assicurano la nostra operatività, e possiamo contare sui nostri fornitori di back-up. Questa situazione è un autentico stress test: ma le basi sono solide, per questo stiamo reggendo».

Ma per Zani c’è un elemento che è ancora più importante, quello che fa davvero la differenza: «Le persone. Mai come ora veniamo ripagati dalla nostra etica, che ci impone di proteggere tanto le persone in generale, tanto quelle che lavorano con noi. In questa fase è fondamentale stabilire un dialogo con la produzione, rafforzare le norme d’igiene, assicurare un luogo di lavoro sicuro».

Un EMBA per mettere alla prova la propria dedizione

Zani, d’altra parte, ha sempre avuto un forte interesse nel ruolo che l’elemento umano svolge nell’impresa. «È stato questo, forse, l’aspetto che più di tutti mi ha spinto a iscrivermi all’EMBA Part Time del MIP. Sentivo l’esigenza di un miglioramento. Mi servivano strumenti nuovi, più efficaci, più approfonditi. Dovevo approfondire i principi del comportamento organizzativo. E sotto tutti questi punti di vista il master mi è stato davvero di grande aiuto». Non solo; il formato part time dell’EMBA ha messo anche alla prova l’impegno e la dedizione di Zani. Una sorta di piccolo stress test personale: «Il consiglio che do a chi si avvicina a questo master è di affrontarlo con il massimo impegno. Può essere impegnativo trovare un equilibrio tra vita lavorativa, privata e accademica; ma il ritorno, poi, in termini di competenze e opportunità di carriera, è altissimo. Vale davvero la pena dedicarcisi con tutte le proprie forze. Mi fa piacere poi ricordare che BLS ha un rapporto strettissimo con il Politecnico di Milano, con il quale stiamo supportando la nascita di una startup, spin-off dell’ateneo, e con cui abbiamo già collaborato per diversi workshop. E guardiamo sempre con molta attenzione ai talenti che incontriamo in aula», conclude Zani.