Il MIP Politecnico di Milano premia le idee innovative dei suoi Alumni

Cinque membri della community della business school milanese nel corso dell’evento Shape The Future hanno ricevuto un voucher da impiegare per un corso di alta formazione firmato MIP

MIP Politecnico di Milano, la Graduate School of Business dell’ateneo milanese, ha premiato le idee innovative di cinque suoi Alumni, discusse e presentate durante l’evento Shape The Future (https://shapethefuture.it/).

Ognuno di loro ha ricevuto un voucher di formazione per investire sul sempre più strategico continuous learning, partecipando a uno dei tanti percorsi di formazione della Management Academy del MIP. Per loro la possibilità di scegliere un modulo formativo all’interno dell’ampia offerta formativa strutturata in molteplici formati, su differenti aree tematiche verticali e disegnati su misura per incontrare le diverse necessità del mondo del business (corsi brevi, percorsi executive, percorsi executive flex, executive master, ecc.).

Il tratto comune di ogni vincitore, così come di tutti i partecipanti a Shape The Future, è l’appartenenza alla community del MIP, un network di oltre 20.000 tra diplomati e laureati della School of Management. Barbara Sala ha ricevuto il Best Alumni Innovator Award, a Gaetano Lapenta è stato riconosciuto il Best Alumni Entrepreneur Award, mentre Valentina Garonzi si è aggiudicata la Special Mention Best Alumni Entrepreneur. Infine, Alberto Cammarota è stato il vincitore del Best Alumni Impact Award, mentre Luca Saporetti ha ricevuto la Special Mention Best Alumni Community Impact.

La selezione dei vincitori finali è frutto del lavoro di una giuria di qualità composta da membri della Faculty, dai Delegati e dai responsabili dell’Alumni Relations della School of Management del Politecnico di Milano e da professionisti provenienti dalle aziende del network del MIP Politecnico di Milano. I voucher sono stati erogati grazie al supporto delle aziende partner dell’evento (BIP Business Integration Partners, Edison, Mediolanum) e dall’Associazione Gianluca Spina (http://www.associazionespina.it/). Nata dall’idea di un gruppo di colleghi e amici del Presidente del MIP prematuramente scomparso nel 2015, l’Associazione ha l’obiettivo di promuovere e sostenere iniziative di formazione e ricerca scientifica sul Management attraverso la promozione del fund raising.

Grazie a Shape The Future e alla generosità degli Alumni del MIP, è stato anche possibile supportare con una donazione economica Unicef Next Generation Italia, la celebre Fondazione impegnata per garantire a tutti i diritti inviolabili quali il diritto alla protezione, alle cure, alla nutrizione, all’istruzione e formazione (https://donazioni.unicef.it/nextgen/#/home).

Di seguito la breve descrizione dei progetti premiati.

Barbara Sala, CEO di Delcon, è l’artefice di una innovativa bilancia (blood collector mixer) in grado di rivoluzionare la filiera trasfusionale del sangue, ponendo fine a problemi storicamente irrisolti in questo settore, come ad esempio il grande numero di passaggi manuali all’interno della lunga filiera donatore-ricevente. La bilancia “Milano” è un device rimodellato da zero sulla base delle esigenze reali dell’utilizzatore finale e capace di garantire la tracciabilità di ogni sacca di sangue, attraverso l’innovazione di un processo consolidatosi negli anni (https://www.delcon.it/).

Gaetano Lapenta, Co-Founder e CEO di Fybra, ha ricevuto il premio per lo sviluppo di “fybra”, un sensore intelligente che migliora la qualità dell’aria e risparmia energia attraverso l’intelligenza artificiale. Questa tecnologia si è rivelata particolarmente utile con l’arrivo del Covid-19 e la necessità di un continuo ricambio d’aria negli ambienti chiusi (https://fybra.co/).

Valentina Garonzi (https://www.linkedin.com/in/valentinagaronzi/?originalSubdomain=it), CEO di Diamante, è stata invece premiata con una Special Mention per il suo progetto che punta a migliorare la salute mondiale attraverso i virus delle piante. Garonzi e il suo team stanno utilizzando questi ultimi per produrre nano-particelle che possono essere utilizzate a livello terapeutico.

Alberto Cammarota, consulente di Boston Consulting Group e Founder del progetto no-profit Covmatic, ha ideato un sistema open-source con un’alta capacità di trasmissione robotica che aiuta a tracciare i casi di Covid-19. Covmatic ha migliorato e velocizzato l’efficacia dei test, permettendo a laboratori e autorità sanitarie di monitorare l’andamento della pandemia (https://covmatic.org/).

Luca Saporetti, Supply Chain Global Vice President di Livanova, ha ottenuto la Special Mention Best Alumni Community Impact per il suo contributo all’ideazione, sviluppo e guida del Club Alumni Supply Chain Management & Logistics, che conta oggi oltre 70 iscritti fra Director e Senior Manager attivi nell’ambito della Supply Chain, della Logistica e delle Operations. Il Club organizza diversi momenti di condivisione di esperienze gestionali innovative con l’obiettivo di creare un punto di incontro tematico per Alumni, Faculty e studenti (https://alumni.polimi.it/ctp_chapter/supply-chain-management-logistics/).

Con Shape the future, il MIP Politecnico di Milano per la prima volta ha chiamato a raccolta in un innovativo evento online i suoi 15.000 Alumni e Alumnae per partecipare a una sfida globale per plasmare il futuro dell’innovazione, dell’imprenditorialità e della sostenibilità .”Negli attuali tempi di crisi e cambiamento” – ha dichiarato Federico Frattini, Dean del MIP Politecnico di Milano – “il mondo ha più che mai bisogno di nuove idee e ispirazioni che affrontino le grandi sfide della nostra società, plasmando un futuro migliore per tutti. I Governi, le istituzioni e le aziende di tutto il mondo stanno preparando piani di ripresa e sviluppo per il mondo post-pandemia. Con questo evento, che puntiamo a replicare anche nel 2022, abbiamo voluto e vorremo sempre contribuire a questo dibattito e lasciare il segno, sfruttando il potere della nostra community di alunni e portando le loro intuizioni sotto i riflettori per affrontare le priorità globali sotto gli occhi di tutti”.

A chi non piace giocare?

Gli Alumni Ben Thompson, Virginia Soana e Sandro Duarte raccontano il loro viaggio imprenditoriale dai banchi del MIP alla partnership con Zero Latency VR, leader mondiale nel campo della dell’intrattenimento in realtà virtuale.

Come nasce la vostra startup: a quali esigenze risponde e quali sono state le sfide durante la pandemia?

  • Ben: Sono un appassionato di paintball e softair- Sono sempre stato interessato al rapporto che esiste tra videogiochi e mondo reale e alla convergenza che la tecnologia sta rendendo possibile tra questi due mondi. Zero Latency VR si inserisce proprio n questo spazio di mercato, abbracciando l’esperienza fisica – è infatti necessario il movimento fisico durante il gioco – e l’esperienza digitale – il mondo, gli zombi, le astronavi sono tutti motivi digitali e classici dei videogiochi.
  • Sandro: A chi non piace giocare? Stavamo seguendo il boom di Zero Latency già da tempo.L’idea di portare il franchising in Italia è nata però quando un progetto che Ben ed io stavamo portando avanti, sempre legato al gioco innovativo, per diversi motivi non è andato a buon fine. Ovviamente non ci siamo arresi, e abbiamo iniziato il nostro viaggio con Zero Latency negli ultimi mesi del 2019.L’idea iniziale era di aprire verso giugno 2020, ma abbiamo dovuto rimandare a causa dell’incertezza del momento, legata al COVID -19
  • Virginia: Sono figlia del Nintendo NES e di Super Mario Bros. Inizialmente, Sono stata coinvolta nel progetto in qualità di consulente legale ma quando, grazie al know-how dei miei colleghi e la loro esperienza diretta, ho compreso bene di che cosa si trattasse, ho subito deciso di aderire al progetto, affascinata da un mondo tanto evoluto ed interessato al VR. La sfida più grande? L’avvio e la preparazione, attualmente in fase di finalizzazione, del nostro progetto in concomitanza della pandemia COVID -19, ostacolo non esattamente facilissimo di superare.

Dopo la partnership con Zero Latency VR, quale ruolo immaginate per Live Action Gaming nel futuro del gaming/entertainment?

  • Ben: Il primo punto della nostra agenda è espandere ZL in Italia e portarlo in più città. Lato mio, ho lavorato con un amico svedese su un sistema di punteggio e un’interfaccia in grado di inserire elementi digitali in esperienze fisiche. Si tratta di un progetto ormai prossimo ad essere completato e vedo Live Action Gaming come un importante veicolo e promotore di questa tecnologia in Italia.
  • Sandro: La realtà virtuale è venuta per restare! Unendo le forze con la comunità ZL, non solo otteniamo un partner di grande rilevanza mondiale in termini di intrattenimento VR ma anche l’accesso al know-how di alto livello, senza la necessità di sviluppare una piattaforma VR da zero. Per ora, l’obbiettivo a breve termine è quello di aprire più sedi in tutta la penisola e offrire agli italiani un’esperienza VR unica e rivoluzionaria
  • Virginia: Come già anticipato da Ben, l’idea è quella di espanderci quanto più possibile in Italia, nei prossimi 3/5 anni, seguendo una strategia già in buona parte pianificata: sappiamo che il Paese è pronto e desideroso di provare la virtual reality e siamo certi che LAG, per la sua vision e per la compagine societaria, possa essere il vettore giusto per questo obiettivo.

Ci raccontate anche qualcosa sulle vostre altre esperienze professionali post MBA e su quanto hanno influito in questo nuovo progetto?

  • Ben: Il project work finale che Sandro ed io abbiamo presentato, con altri colleghi, a completamento del Part Time MBA ha riguardato proprio il tema della realtà virtuale giocata in uno spazio fisico. Dopo l’MBA, ho lasciato il mio vecchio ruolo e sono passato al settore E-sports. Subito dopo il feedback positivo che abbiamo ricevuto sulla tesi, abbiamo deciso di provare a trasformarla da esercizio teorico  a un progetto vero e proprio. Ci sono state diverse iterazioni, fallimenti e difficoltà, ma alla fine abbiamo fatto un buon accordo con ZL e siamo felici di lanciarlo presto.
  • Sandro: Sarò per sempre grato al MIP. Sono stati due anni intensi e ricchi di grandi emozioni. A livello professionale, il Part Time MBA ha avuto un effetto quasi immediato poiché negli ultimi 3 anni ho coordinato diverse attività di ingegneria che, insieme a un team multidisciplinare, identificano delle soluzioni innovative per ridurre al minimo il costo di ownership degli elicotteri presso la Leonardo Helicopter Division. La vena imprenditoriale è emersa durante l’ MBA visto che, sin dal primo giorno, il personale docente ha incoraggiato gli studenti a perseguire le loro idee imprenditoriali e a svilupparle. Se 3 anni fa mi avessero detto che avrei perseguito il lato imprenditoriale, avrei riso!
  • Virginia: Il Part Time MBA ha completamente cambiato la mia prospettiva lavorativa, facendomi innamorare dell’imprenditoria. Concluso il corso, ad oggi, ho abbandonato l’attività dipendente e ho avviato 3 start up, tra cui l’ultima è proprio Live Action GamingInoltre, sono entrata, in qualità di share holder, in un’altra società fondata da un altro alumnus del Part Time MBA, collaborando altresì nella sua community di professionisti, e ho un quarto progetto in divenire su cui sto collaborando in qualità di mentor. Non solo soddisfazioni, ma anche cadute e fallimenti che però mi hanno insegnato a non mollare e mi hanno portata ad essere sempre più consapevole delle mie possibilità e competenze.

La nostra Community Alumni condivide la passione per l’innovazione e il purpose di contribuire a un futuro migliore per tutti. Che impatto ha avuto l’esservi conosciuti al MIP e aver frequentato l’International Part Time MBA sulla vostra crescita personale e professionale e su questa nuova esperienza imprenditoriale?

  • Ben: Sono un paio gli aspetti necessari per aumentare il proprio successo, sia in una carriera da dipendente sia in qualità di imprenditore. Uno di questi è una rete, da cui si possono ottenere consigli, risorse e, soprattutto, membri del TEAM. La squadra è tutto. L’MBA mi ha dato una più ampia capacità e comprensione di come funzionano le imprese, permettendomi di capire meglio come agisce un datore di lavoro e facendomi acquisire quell’approccio necessario per avviare la mia azienda, gestire le persone, gestire tutti i flussi di lavoro.. Il formato part time, ha reso questa esperienza ancora più impattante perché mi ha permesso di apprendere importanti skill, quali la gestione del tempo, la capacità di delegare e il rispetto delle scadenze, fondamentali in un ambito imprenditoriale ma anche necessarie per sopravvivere e seguire con successo un MBA lavorando a tempo pieno
  • Sandro: Una buona parte del feedback positivo che il LAG sta avendo è in gran parte dovuto al fatto che siamo un team multidisciplinare in termini di background e dall’immensa voglia di fare. Come dice Ben, la squadra è tutto! Se hai un team che crede nel progetto, buona parte del lavoro è fatto. A livello personale e professionale, quando penso al mio percorso al MIP, mi viene in mente la frase “I was blind, but now I see” (Ero cieco, ma ora vedo). Come detto prima, ho vissuto intensamente l’MBA e ho estratto il maggior numero di insegnamenti possibili. Quindi, personalmente, lodare una caratteristica piuttosto che un’altra, non renderebbe giustizia al Master. Vedo la mia esperienza nel suo insieme e non in parte.
  • Virginia: L’aver frequentato questo percorso, oltre ad avermi fornito quel set di competenze “business” che mi mancavano, data la mia formazione legale di base, mi ha permesso di affinare soft skills che, nel mondo dell’imprenditoria, sto applicando quotidianamente. Penso al time management, alla scansione ed esecuzione delle attività secondo un concetto di priorità calato nei bisogni aziendali, alla capacità di lavorare e condurre un team di persone, solo per citarne alcuni. A latere, l’esserci conosciuti durante il Master eaver condiviso assigment e consegne, rispettato scadenze e lavorato come gruppo ci ha permesso di “oliarci” come persone ancor prima di diventare un team a tutti gli effetti, come siamo ora. Abbiamo un percorso comune che ci sta aiutando ad affrontare le sfide quotidiane e un mindset condiviso che ci permette di puntare in alto con consapevolezza e serenità.

Welfin: premiato a Switch2Product il prestito sostenibile

Il team nato sui banchi dell’Executive MBA del MIP si aggiudica la Menzione Speciale MIP di Switch2Product, la challenge di Politecnico di Milano, Deloitte e PoliHub, che valorizza soluzioni innovative, nuove tecnologie e idee offrendo loro risorse economiche per supportare lo sviluppo tecnologico e un percorso di accelerazione imprenditoriale dedicato realizzato da PoliHub, dal Technology Transfer Office (TTO) e da Officine Innovazione di Deloitte.

Una piattaforma per prestiti Peer 2 Peer, la prima in Italia, in cui sono le aziende stesse a fare da garante per i propri dipendenti. Il risultato? Tassi più bassi per chi prende in prestito, un rendimento sicuro per chi presta e un modo innovativo di fare welfare per le aziende coinvolte.

È Welfin, progetto creato sui banchi dell’Executive MBA dai nostri Alumni Francesco Giordani, Ideo Righi e Alessandra Bellerio, e premiato poche settimane fa a Switch2Product con la “Menzione Speciale MIP”.

Un’idea imprenditoriale che sta dimostrando non solo di essere innovativa, ma di riservare un’attenzione speciale anche a un tema importante per la nostra Scuola, la sostenibilità. Da un lato, infatti, Welfin si impegna a creare impatto sociale offrendo migliori condizioni economiche – i tassi sono vantaggiosi sia per chi prende in prestito che per chi presta; dall’altro, coinvolgendo le aziende come garante, permette l’accesso al credito anche a persone che altrimenti lo avrebbero avuto con difficoltà.

Un progetto come questo non sta passando inosservato: la menzione vinta a Switch2Product, competizione organizzata dal Polihub, infatti arriva a pochi mesi di distanza da un altro riconoscimento, il premio Fintech & Insuretch assegnato dall’omonimo Osservatorio.

Due occasioni importanti, che hanno offerto ai nostri studenti tutti gli elementi per rafforzare non solo il proprio network, ma anche la possibilità di ricevere supporto su aspetti specifici come quelli legali o fiscali.

“A seguito della vittoria del premio Fintech & Insurtech abbiamo potuto beneficiare di un periodo di incubazione di tre mesi presso il Polihub” – spiega Alessandra Bellerio. “Abbiamo cercato di avviare un percorso di networking utile ad acquisire una serie di input – positivi o negativi che fossero – importanti per aggiustare strategia e modello di business. Una delle cose che abbiamo imparato è che ogni opportunità di networking deve essere accolta, perché può trasformarsi in un’occasione di partnership o di confronto.”

Francesco Giordani aggiunge: “Aver vinto Switch2Product ci permette di continuare il percorso di accelerazione che abbiamo già iniziato, che ci ha dato un grande valore aggiunto in termini di competenze e di spunti raccolti. Inoltre, abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con professionalità diverse, di essere guidati da mentor e di incontrare professionisti di spicco dell’ambito bancario. Non solo! Il percorso di accelerazione Switch2Product ci sta traghettando verso un investor & corporate roadshow, che per noi rappresenta un’opportunità da non perdere. Infine, abbiamo anche avuto uno special grant di 30.000 Euro da parte della Camera di Commercio di Milano, Monza Brianza, Lodi, per supportare la fase inziale della startup.”

Switch2Product si sta quindi rivelando per i nostri Alumni un’occasione per mantenere ben saldo il rapporto con il Polihub, con il MIP – che offre ai vincitori della Menzione dei corsi della Management Academy – e, a livello più ampio, con l’ecosistema del Politecnico.

“Siamo figli del Politecnico” – sottolinea con orgoglio Ideo Righi. “Il team si è costituito al MIP, siamo parte dell’Osservatorio Fintech & Insurtech, siamo incubati al Polihub. Questo ci ha dato la possibilità di confrontarci con altri startupper e imprenditori, tutte persone che gravitano intorno al Politecnico. Si tratta di un network importante, che ci ha dato tanto e che pensiamo possa darci ancora molto”.

“E poi non dimentichiamo che ci siamo conosciuti proprio grazie all’EMBA del MIP e lì è nato il nostro team” – aggiunge con un sorriso Alessandra.

Anche Francesco è d’accordo nel definire il team uno degli aspetti strategici: “Siamo stati fortunati, abbiamo avuto tempo di sceglierci, di conoscerci durante l’EMBA. Siamo arrivati già pronti, sapendo di essere accomunati da una visione di fondo – quella di trasformare un’idea di business in un’impresa di successo.”.

Ma c’è di più. Infatti, Giordani continua: “L’Executive MBA è stata l’occasione di rafforzare le nostre competenze. Volendo contestualizzare nell’ambito startup ed entrepreneurship, uno dei temi più interessanti è stato quello della Lean Startup. È uno degli elementi che stiamo applicando a Welfin. Tra l’altro il MIP ci ha fornito dei modelli da applicare ai vari contesti – strategici, di marketing, delle operation. Questo ci guida nel definire la rotta”.  

Tuttavia, l’EMBA non è fatto solo di hard skill, ma anche di soft! Alessandra infatti specifica: “Durante l’Executive MBA ho avuto modo di approfondire dei corsi riguardanti degli aspetti un po’ più personali, ma che ho scoperto essere fondamentali nell’ambito del business. Infatti, perché un’attività sia di successo è importante che il team si efficace: lavorare sulle proprie soft skill e sulla crescita personale è quindi indispensabile. Per me le soft skill si sono rivelate utili per dare risalto a delle componenti tecniche essenziali”.

Anche con un Executive MBA alle spalle, rimane importante non abbandonare mai il processo di continuous learning. E lo sanno bene in nostri Alumni, che stanno già riflettendo su quali tematiche approfondire grazie ai corsi della Management Academy del MIP, vinti in occasione di Switch2Product.
Non vediamo quindi l’ora di riaverli nuovamente sui nostri banchi!

The Purposeful Re Engagement Event

Il mese di dicembre rappresenta spesso un momento di bilanci e di sguardi al futuro. È proprio guardando al futuro della nostra Community che sabato 12 dicembre abbiamo voluto organizzare un momento di incontro dedicato a tutti i nostri Alumni.

Il MIP in questi ultimi mesi si è impegnato per imprimere una nuova direzione all’orientamento strategico della nostra Scuola e per riallinearne il purpose, i valori e la cultura, grazie anche alla collaborazione dei professionisti di The Mind at Work. In un processo di rinnovamento così importante, tuttavia, non potevamo non coinvolgere i nostri Alumni, uno dei motori della nostra scuola.

È stato così un piacere per noi poterli invitare – seppur virtualmente – di nuovo al MIP per un evento tutto dedicato a loro.
Insieme al Dean, Federico Frattini, e al Prof. Josip Kotlar i nostri Alumni hanno avuto la possibilità di scoprire tutte le novità riguardanti la community e di confrontarsi sulle sue sfide future.

È intervenuto inoltre, in qualità di Guest Lecturer, Darren Rudkin di The Mind at Work, che ha coinvolto gli Alumni in un workshop tutto incentrato sul nuovo purpose della scuola.

Un’opportunità apprezzata anche dai membri della nostra community, che ci hanno ringraziato per aver creato uno spazio di condivisione e di riflessione e per aver, ancora una volta, mantenuto vivo il legame non solo con la Scuola, ma anche all’interno del gruppo stesso degli Alumni.

Questo evento ha rappresentato per noi un momento importante, l’occasione per guardare insieme al futuro e coinvolgere ancora una volta gli Alumni nella vita della Scuola e renderli attori del cambiamento che stiamo vivendo.

«Con l’MBA la crescita è personale, non solo professionale»

Achille Balestrini, nuovo Ceo e Global brand manager di Nava Design Milano e MH Way, racconta il suo percorso professionale e formativo, segnato dal Politecnico. E spiega quanto è importante, anche per chi ha già un’esperienza sul campo, strutturare maggiormente con un master le nozioni apprese.

Dall’architettura al management, passando attraverso l’iniziativa imprenditoriale. È la traiettoria professionale di Achille Balestrini, alumnus MBA Pt It 6 presso il MIP Politecnico di Milano e recentemente nominato nuovo Ceo di Nava Design Milano e MH Way, due realtà parte di Smemoranda Group. Un cammino, il suo, segnato da tre elementi importantissimi per chi ha deciso di farsi strada nel mondo del business: passione, competenza e intraprendenza. Ma anche dalle esperienze vissute nell’ateneo milanese: «Se ho scelto l’MBA del MIP, è anche perché proprio al Politecnico avevo conseguito la laurea in architettura», racconta Balestrini. Ma tra la laurea e il master c’è stato un percorso fatto di intuizioni e scommesse personali.

Architetto, imprenditore, manager

Dopo la laurea e l’inizio della propria carriera nel mondo dell’architettura, Balestrini decide infatti di assecondare la propria passione per l’abbigliamento sportivo casual. «Non riuscivo a smettere di pensare a un’idea che all’epoca sembrava decisamente innovativa, quella di un brand che fosse personalizzabile». È un’intuizione vincente, perché a quel progetto Balestrini dedica le sue energie per sette anni circa. «Un periodo di tempo durante il quale aprimmo un negozio monomarca a Milano, diversi temporary store e uno shop online. Tutto grazie all’entusiasmo e allo spirito di sacrificio». Eppure, questi traguardi non sono quelli a cui Balestrini aspira, non sono abbastanza. «Decisi di interrompere quell’esperienza da imprenditore. Nel frattempo, ricevetti un’offerta da Marco Boglione, fondatore e presidente di BasicNet, gruppo proprietario di diversi marchi come Kappa, Superga, K-Way». È quello il momento in cui Balestrini abbandona la strada imprenditoriale per trasformarsi in un vero e proprio manager. «Mi innamorai profondamente del progetto che dovevo seguire. Questa fase è durata dal 2011 al 2019. Poi, nel 2020, sono stato nominato Ceo e Global brand manager di Nava Design Milano e MH Way».

Un MBA per rafforzare le competenze

Nel mezzo, però, c’è un altro passaggio importante, quella dell’MBA. «A iscrivermi mi spinse il bisogno, personale prima ancora che professionale, di imparare. Dalla mia avevo un bagaglio di conoscenze empiriche, sperimentate e apprese sul campo, ma nessuno studio alle spalle», spiega Balestrini. «Il master mi ha aiutato, innanzitutto, a mettere ordine tra le mie competenze, strutturandole in maniera più coerente, organica e strategica. Da un certo punto di vista, era rincuorante e motivante vedere che molte idee nate durante la mia esperienza venivano confermate a lezione». A proposito di lezioni, l’MBA ha permesso a Balestrini di mettere alla prova le nozioni apprese sui banchi tramite project work e lavori di gruppo. «Si tratta di una modalità che ho trovato molto efficace. Sotto un certo aspetto, è perfetta per chi già si trova a suo agio a lavorare in gruppo, come nel mio caso. D’altro canto, spinge alla discussione anche chi ha un’attitudine meno spiccata a confrontarsi con gli altri. Sono momenti davvero formativi e stimolanti».

Nava Design e MH Way: obiettivo rilancio

Forte di questa esperienza, e con delle competenze rafforzate e strutturate dal master, Balestrini è ora alle prese con il rilancio di Nava Design Milano e MH Way, in veste di Ceo e Global brand manager. «La cosa curiosa è che sono entrambi due brand legati al mondo del design e dell’architettura, da cui tutto per me è cominciato. Per Nava hanno lavorato dei designer importanti come Max Huber e Bob Noorda, mentre MH Way è nato dal designer giapponese Makio Hasuike. Entrambe queste realtà, acquisite dal gruppo Smemoranda, sono ora in cerca di rilancio e di riposizionamento», spiega Balestrini. «Per dare nuova linfa a entrambi i brand, dovrò mettere in pratica quanto ho imparato finora. Le sfide più importanti e stimolanti riguarderanno la gestione aziendale e l’espansione commerciale dei marchi sul territorio nazionale e, soprattutto, sui mercati internazionali».

«La visione del MIP per le HR è moderna e contemporanea»

La gestione delle risorse umane si fonde con gli strumenti del marketing e richiede competenze sempre nuove e aggiornate. L’obiettivo è valorizzare i singoli, partendo dalla lezione della diversity. Ce lo spiega Chiara Lombardi, human resource manager di Emilio Pucci e alumna del MIP.

Una rinnovata centralità del valore umano, unita a una gestione competente e qualificata. È questo il futuro, e per certi aspetti già il presente, della gestione delle risorse umane all’interno di un’organizzazione. Così sostiene Chiara Lombardi, human resource manager presso Emilio Pucci, maison italiana parte del gruppo Lvmh, e alumna del percorso executive in Human Resource Business Leader presso il MIP Politecnico di Milano. «L’Hr non ammette improvvisazioni. Tantomeno oggi, considerato il legame sempre più stretto con gli strumenti del marketing, necessari alle aziende per mettere in atto strategie di attraction e retention dei talenti».

Una didattica basata sul confronto

La visione di Chiara è maturata dopo lunghi anni di esperienza nel settore, preceduti da una laurea in lingue e perfezionati anche grazie al percorso executive, dove si è iscritta con l’obiettivo di consolidare le proprie competenze: «Ho sempre nutrito un grande interesse per le risorse umane, e con il passare del tempo ho capito che volevo trasformarmi in un’Hr manager dall’impostazione più strategica. Al contempo mi sono resa conto che, per farlo, mi mancavano alcune competenze hard. Per questo mi sono iscritta al percorso proposto dal MIP». All’inizio, si aspettava lezioni frontali dall’impostazione decisamente accademica, ma presto si è accorta che, in realtà, un elemento fondante del corso consisteva nel coinvolgimento attivo degli studenti: «Ai docenti di alto livello si affiancava la collaborazione delle aziende, grazie alle quali avevamo un punto di vista privilegiato e attuale sulla realtà delle Hr. Ma è stato dato molto spazio anche alle interazioni tra noi studenti, che hanno dato vita a confronti aperti, portatori di una grande ricchezza di contenuti. Per questo consiglio di avvicinarsi a questo corso aprendo occhi e mente il più possibile. Il ventaglio di contenuti, possibilità, soluzioni è così ampio che rappresenta un’opportunità di apprendimento irripetibile».

I frutti di questo periodo formazione, per Chiara, sono evidenti: «Non sarei stata così efficace sul mercato del lavoro senza le consapevolezze guadagnate all’interno del percorso. Per me è stata una vera e propria boccata d’aria fresca, che mi ha dato tante opportunità di apprendimento e tante competenze in più da usare sia nella mia azienda sia nella mia fase di transizione lavorativa».

Tra cambiamento e diversity

C’è un altro versante, però, dove le esigenze di Lombardi hanno trovato risposta nel percorso executive del MIP. Perché se è vero che le competenze hard sono fondamentali, le risorse umane non possono comunque prescindere dalle persone. «Il mio obiettivo è rendere centrale nelle aziende in cui lavoro la tematica del cambiamento, da portare avanti con azioni piccole e grandi. Al MIP ho potuto rafforzare una visione moderna e contemporanea e approfondire convinzioni che fanno bene sia alle risorse sia alle aziende. Penso al tema della diversity, ad esempio, ormai fondamentale e ineludibile. Non si può prescindere dalla valorizzazione delle risorse umane. Se una persona viene trattata in maniera corretta, fornirà più volentieri il proprio contributo, generando valore e ricchezza tanto per l’impresa quanto per le persone che lavorano al suo fianco».

Un tema che Lombardi ha particolarmente a cuore, visto che ormai dal 2018 è mentor e coach per Young Women Network, realtà no-profit che ha come obiettivo l’empowerment delle giovani donne. «Il tema della leadership femminile è importantissimo, e ho apprezzato moltissimo come è stata affrontata la questione della diversity al MIP (che inoltre, con l’iniziativa Mip4Women, mette a disposizione delle candidate donne un contributo di 1000 euro, ndr). Purtroppo in molte aziende scarseggiano gli esempi di manager donne da prendere a modello, visto che i consigli di amministrazione sono ancora per larga parte al maschile. La situazione può evolvere, ma dobbiamo impegnarci tutti nel diventare promoter del cambiamento».

«Le buone idee non bastano: al MIP ho imparato a svilupparle»

Il confronto con i colleghi di master, i due anni di esperimenti e miglioramenti e, soprattutto, una mentalità votata al miglioramento continuo. Martin Leban, alumnus AMIE (ora IMIE), racconta come è nata l’idea di uno shampoo contenuto in biglie biodegradabili.

La formazione nell’azienda di famiglia, il confronto con i colleghi di master provenienti da tutto il mondo e, infine, la nascita di una startup che, ispirandosi a principi di sostenibilità sociale e ambientale, dà vita a un prodotto piccolo, ma dal grande potenziale. È la storia di Martin Leban, giovane imprenditore sloveno e co-fondatore della startup OneTwoThreeZero, nonché alumnus AMIE (ora evolutosi in IMIE, International Master in Innovation and Entrepreneurship) presso il MIP Politecnico di Milano: «Il master mi ha insegnato che di idee, buone e meno buone, ce ne sono tante. A fare la differenza è l’impegno che ci si mette per svilupparle. Ed è proprio così che io e i miei colleghi abbiamo concepito lo shampoo in biglie biodegradabili».

Dall’idea alla sua realizzazione

Leban proviene da una famiglia che possiede una piccola azienda di prodotti per la cura dei capelli. «Un ambiente in cui ho imparato molto, osservando di giorno in giorno», racconta Leban. «Creare cosmetici senza produrre rifiuti è stato uno dei miei obiettivi fin da quando lavoravo nell’azienda di famiglia e vedevo quanta plastica utilizzavamo. Quando ho visto il progetto di shampoo biodegradabili che Renata Alessio, Indira Pambudy e Sarra Elamin avevano iniziato nell’ambito del master AMIE, mi è subito piaciuto e ho chiesto loro di entrare a far parte del team».
Il potenziale ecologico di questa idea è evidente: «L’industria cosmetica utilizza molta plastica per i propri packaging, anche per piccole quantità di prodotto, come capita, ad esempio, con i flaconcini distribuiti negli hotel. Noi siamo partiti da un prodotto concettualmente simile alle capsule di detersivo utilizzate nelle lavastoviglie. In quel caso, però, l’involucro è un materiale plastico. La sfida, per noi, consisteva nel trovare un materiale biodegradabile che al contempo fosse abbastanza resistente da contenere lo shampoo al suo interno». Una sfida raccolta dai suoi due partner e chimici, Anja Pajntar e Uros Novak. «È un processo di ricerca che dura ormai da due anni. La difficoltà è data dalla piccola percentuale di acqua che compone lo shampoo, il 10%, di per sé un grande risparmio rispetto all’80% degli shampoo medi. Potevamo ripiegare su un prodotto senz’acqua, ma l’effetto sui capelli non sarebbe stato lo stesso». La tabella di marcia di OneTwoThreeZero prevedeva una serie di importanti test ad aprile 2020, ma l’attuale situazione sanitaria ha costretto Leban e il suo team a rimandare. «Ormai ci siamo, però. Tant’è che il laboratorio che ci ha ospitati finora non basta più; a breve cominceremo a produrre maggiori quantità del nostro prodotto».

L’importanza di non accontentarsi

Leban non nasconde che l’esperienza al MIP è stata cruciale, per la vita di questa startup. «A cominciare dai miei compagni di corso, di 17 nazionalità differenti. Questa diversità si è rivelata un autentico valore aggiunto, perché mi ha permesso di confrontarmi con punti di vista e culture differenti, che hanno generato un vero flusso creativo. Oggi sfrutto i principi del design thinking appresi grazie al master, che mi ha insegnato anche come dare vita a un team equilibrato, valutando quali possono essere le individualità più strategiche per l’azienda».
Importante anche l’esperienza del project work: «È uno dei motivi per cui ho scelto proprio il MIP. Ho imparato in che cosa consiste il processo di sviluppo, che non è solo una questione di nozioni, ma anche di mentalità. Concentrarsi a fondo su un’idea, per trovarne il vero potenziale e dare vita a una serie di possibilità virtualmente infinite».
Infine, un consiglio a chi sta per iscriversi a un master: «Il modo migliore per viverlo è cercare di arrivare lì con le idee chiare su che cosa si vuole ottenere. E non accontentarsi mai, ma lavorare su sé stessi. Il livello delle lezioni è altissimo, e spinge a puntare ancora più in alto, ad approfondire sempre di più. È questa mentalità che permette di avvicinarsi ai propri obiettivi, sia che si voglia lavorare come imprenditori, sia come consulenti. Le prospettive lavorative legate a questo master sono molteplici».

Quando finanza fa rima con innovazione. Welfin si presenta

Un’idea, un project work, una startup: la storia di Welfin passa dalle aule del MIP al mercato finanziario grazie alla sua forte impronta innovatrice. Sarà la prima piattaforma di prestiti P2P con credito garantito dall’azienda a essere lanciata sul mercato. I suoi fondatori raccontano il progetto.

«In Italia il mercato del credito al consumo è in continua espansione e i prestiti P2P (peer to peer, ndr) continuano ad avere un grande potenziale». Perché non partire da qui e ripensare il credito tra privati in una nuova ottica intra e inter-aziendale? Questa la riflessione da cui sono partiti Ideo Righi, Francesco Giordani, Alessandra Bellerio e Roberto Bertani, fondatori di Welfin, nonché alumni EMBA Pt 2018.
Welfin è una piattaforma che rivoluziona il credito tra dipendenti, permettendo a una o a più comunità aziendali di ottenere il massimo dalla condivisione delle proprie risorse. In altri termini, per dirla con le parole dei cinque fondatori, «Welfin mette in relazione lender (chi presta), borrower (chi prende in prestito) e azienda (che fa da garante) favorendo la creazione di condizioni vantaggiose per tutti gli attori in gioco». Vediamo di capirne di più.

Un modello di business che mette d’accordo tutte le parti

In un mercato del credito al consumo che presenta tassi di interesse mediamente elevati, le politiche di concessione del credito da parte delle aziende sono spesso caute e il costo del recupero crediti oneroso. «Welfin interviene creando un circolo virtuoso che premia i tre interlocutori in gioco, lender, borrower e azienda, attraverso un sistema win-win-win» spiega Francesco. «Win per chi presta, perché ha un rendimento garantito dall’azienda a tassi superiori di quelli di mercato; win per chi prende in prestito perché ottiene tassi vantaggiosi e win per l’azienda, che facendo da garante fidelizza i dipendenti, ne aumenta il senso di appartenenza e migliora la propria reputation», prosegue Alessandra. «Welfin offre all’azienda un nuovo strumento di welfare con cui ottimizzare la gestione del credito insoluto, creare un beneficio economico condiviso puntando sull’innovazione finanziaria – sottolinea Ideo -. Sono già molti gli imprenditori che, consapevoli dell’efficienza del modello di business di Welfin, desiderano implementare la piattaforma e partire quanto prima».

Genesi e sviluppo di Welfin. Dal project work alla scelta di “fare impresa”

Ma qual è stato il punto di partenza? «L’osservazione di una realtà imprenditoriale che soffriva dell’insolvenza, verso strutture di credito al consumo, dei suoi dipendenti ci ha permesso di riflettere e studiare un sistema che potesse aiutare tutte le parti coinvolte, dall’azienda ai dipendenti. Abbiamo quindi individuato un’esigenza e ideato una soluzione» spiega ancora Ideo. Per Alessandra, «i valori di riferimento che hanno ispirato Welfin sono stati l’etica, la trasparenza e l’utilità per i dipendenti». Un’idea diventata prima project work per l’EMBA Pt 2018 e poi – grazie alla fiducia e al successo ottenuto – una startup. «Quando ci siamo accorti del suo potenziale, abbiamo deciso di “fare impresa”» racconta Francesco. «Ci siamo scelti all’interno dell’aula del Master e abbiamo creato un team affiatato, trasversale, con alle spalle già un’esperienza di business e quindi una chiara percezione dei rischi. Una squadra che viaggia sulla stessa lunghezza d’onda quindi, sia in ottica di crescita personale che professionale», commenta Alessandra.

La finanza premia l’innovazione sostenibile

Welfin ha vinto il Premio “Fintech & Insurtech 2019”, istituito dall’omonimo Osservatorio del Politecnico di Milano, riservato ai progetti più innovativi in ambito finanziario. Quali sono state le sue carte vincenti? «Un modello di business inedito che riesce a innovare il settore finanziario in modo sostenibile e intelligente» raccontano gli ideatori. «Grazie al riconoscimento ottenuto inizieremo un periodo di incubazione attraverso il PoliHub, contestuale allo sviluppo di tutti gli ambiti necessari al go to market, da quello fiscale a quello legale, in modo da arrivare pronti al calcio d’inizio ufficiale».
L’azienda, inoltre, ha anche avviato un dialogo con Banca d’Italia. «Abbiamo effettuato una prima valutazione della compliance normativa del modello di business. Un’esperienza che ci ha offerto conferme e spunti di riflessione per arrivare al go to market ancora più pronti», raccontano i tre, che in conclusione illustrano il ruolo che ha avuto il MIP in questa esperienza e i suoi punti di forza: «Il network, la professionalità dei docenti e il grande supporto in tutte le fasi di sviluppo del progetto. Il Master ci ha garantito un’esperienza orientata all’imprenditorialità, fortemente pragmatica e interattiva ed è stato anche un incubatore di talento e open-mindedness di modelli applicativi di business e sviluppo di leadership. E il modello di business di Welfin, secondo noi, potrebbe essere ancora più efficace nel periodo di ripresa dalla pandemia di Covid-19, quando di fronte all’aumento delle criticità per l’accesso al credito al consumo, fungerà da supporto per i nuclei familiari e i singoli lavoratori in difficoltà».
Non resta che (ri)partire, quindi.

Dall’energia all’arte: il successo di Itisartime

L’esperienza di due alumni del Master in Energy Management che gestiscono insieme Itisartime, pagina Instagram da mezzo milione di follower. Dall’incontro tra i banchi del MIP allo sviluppo di una mentalità imprenditoriale, seguendo i concetti di progresso, innovazione e mutamento.

Che relazione c’è tra il Master in Energy Management del MIP Politecnico di Milano e una pagina Instagram da oltre 450mila follower che parla di arte? Apparentemente nessuna, ma in realtà il legame c’è, e va oltre il fatto che gli animatori di Itisartime, Alessandro Brunelli e Andrea Del Moro, siano entrambi degli alumni del MEM. «Arte ed energia condividono il concetto di progresso. L’arte è creatività per definizione, e a sua volta la creatività è innovazione e mutamento. E quali sono le parole oggi più diffuse nei congressi sull’energia? Progresso e rivoluzione», spiega Brunelli.

Un progetto in divenire

L’esperienza di Itisartime parte da lontano. «In parte coincide con la mia storia personale», racconta Brunelli. «A 19 anni cominciai a collezionare piccoli pezzi d’arte che sembravano parlare di me; mostrarli a tutti attraverso i social mi sembrava un modo innovativo di raccontare me stesso». Una visione che pian piano si è espansa: «Quando mi sono reso conto che il mondo dell’arte era sconfinato, ho deciso di andare oltre quella limitazione e ripostare invece tutte quelle opere che si distinguevano rispetto alle altre. Quello è stato il vero atto di nascita di Itisartime, un progetto che ha visto la luce nel 2015».
Il successo della pagina, che ha portato i due anche all’Affordable Art Fair di Milano, inizialmente ha colto Brunelli di sorpresa. «Non avrei mai pensato di sfiorare il mezzo milione di persone». Grandi numeri che impongono qualche riflessione sul futuro del progetto. E anche da questo punto di vista il Master in Energy Management un ruolo importante l’ha giocato: «Lì ho conosciuto Andrea, che si è quindi unito al progetto in una fase successiva. Ha ottime doti comunicative, un’ampia visione commerciale e di progetto. Per tutti questi motivi è salito a bordo, per trasformare Itisartime in una realtà più solida. Aspiriamo a diventare un riferimento per il settore», rivela Brunelli.

Cinque idee per l’arte in Italia

Sullo stato dell’arte in Italia, e su ciò che riguarda la sua comunicazione e diffusione al grande pubblico, Brunelli ha le idee chiare: «Il potenziale del nostro Paese è enorme, lo sappiamo. Ci sono iniziative che secondo me hanno costituito degli importanti passi avanti. Penso a Domenicalmuseo, ad esempio, che avvicina molte persone ai luoghi dell’arte. Ma anche il connubio tra arte e cinema può destare interesse in chi magari è stanco delle solite mostre». Non mancano, ovviamente gli ambiti in cui sarebbe possibile fare qualcosa in più: «Bisognerebbe mantenere e incrementare le sovvenzioni ai fondi come il Fai o agli spazi espositivi privati, come l’Hangar Bicocca o la Fondazione Prada, per fare degli esempi. L’appeal tra i giovani crescerebbe. In secondo luogo, qualsiasi iniziativa dovrebbe essere veicolata attraverso un canale informativo e divulgativo. Infine, provare a trasformare i problemi in soluzioni. Penso alla street art e all’urban art: investire su progetti a tema potrebbe trasformare gli atti di vandalismo in opere d’arte, grazie alle quali magari riqualificare zone periferiche».

Il valore aggiunto del Master in Energy Management

Tra queste e altre suggestioni, Itisartime guarda al futuro. E lo fa grazie anche ad alcuni insegnamenti che Brunelli e Dal Moro hanno appreso durante il Master in Energy Management: «Io ho una formazione di tipo ingegneristico, Andrea di tipo economico. La prima cosa che fa il master è mettere in relazione persone con percorsi diversi: è dal confronto tra punti di vista ed esperienze differenti che nascono le buone idee. È stato un incontro davvero fortunato, se pensiamo che adesso collaboriamo in un settore così avulso dalle nostre esperienze formative. Il master ci ha poi fornito spunti di miglioramento professionale e più in generale di personal development. Se oggi valutiamo le occasioni lavorative legate a Itisartime con una mentalità imprenditoriale, il merito è del MEM», conclude Brunelli.

«Hostmate: così al MIP è nata la nostra startup»

La storia di questa società che opera nel mercato degli affitti brevi, nata tra i banchi del MIP. Ce la racconta uno dei suoi fondatori, Felipe Aguilera, alumnus MBA, che illustra opportunità e sfide e offre qualche consiglio a chi sta per intraprendere il percorso del master.

Le buone idee, da sole, non bastano. Devono essere studiate, approfondite, discusse, difese. È il modo migliore per tirare fuori il loro vero potenziale: «D’altra parte, se un’idea nasce perfetta, vuol dire che non è abbastanza innovativa», afferma Felipe Aguilera, alumnus del Master in Business Administration del MIP e tra i fondatori di Hostmate, startup innovativa con sede a Milano che opera nel mercato degli affitti brevi. «Gestiamo ogni aspetto del servizio, dalla messa online dell’immobile alla pulizia degli appartamenti, passando attraverso l’adempimento della parte compliance, l’accoglienza degli ospiti e la manutenzione».

Competenze trasversali per un servizio unico

Come spesso accade, Hostmate nasce da un brainstorming: «Circa tre anni fa, insieme ad alcuni amici e colleghi ci siamo messi a discutere sui cosiddetti megatrend del mercato immobiliare. Tra questi spiccava l’home sharing», racconta Felipe. «E così abbiamo dato vita a Hostmate. Attualmente operiamo soprattutto a Milano, ma piano piano ci stiamo espandendo verso Torino e Venezia. Roma e Firenze saranno le nostre prossime grandi sfide. Ci teniamo a distinguerci dai nostri competitor e a offrire un servizio unico». Le variabili da gestire sono molte e richiedono un variegato ventaglio di professionalità: «Per questo, al team si sono uniti altri due alumni del MIP: Virginia Soana, attualmente business manager, e Amr Aladl, operations strategy advisor. Due profili con background accademici molto diversi, in giurisprudenza e in ingegneria. Ma la complessità del business lo richiede», spiega Felipe. «Il nostro obiettivo primario è offrire una customer experience di alto livello, che per noi è uno dei parametri più importanti. Il cliente deve essere soddisfatto: è la migliore garanzia per il successo del nostro business. Ma per rispondere alle sue esigenze, dobbiamo conoscere il business in ogni sfaccettatura».

Tra burocrazia e innovazione

Anche il contesto operativo assume la sua rilevanza. «L’Italia offre due vantaggi fondamentali per il mercato degli affitti brevi: la diffusione delle abitazioni di proprietà e grandi volumi turistici. D’altra parte, però, troviamo una forte resistenza al cambiamento, senza dimenticarsi dell’aspetto burocratico e amministrativo: è davvero sfidante districarsi tra le varie pratiche», spiega Felipe. Per fortuna, però, questi limiti sono compensati «dalla grande disponibilità di talenti e di giovani, e meno giovani, che hanno il desiderio di innovare, cambiare le regole, combattere la paura del nuovo».

Un master che insegna a fare

Caratteristiche che, poi, hanno contraddistinto l’esperienza di Felipe al MIP. «La mia formazione precedente era nell’ambito della finanza, ma sentivo il bisogno di approfondire le basi della logistica, delle operations, dell’innovazione in generale. Soprattutto, di un master che mi portasse a “fare”, oltre che a “imparare”. L’MBA ha risposto in pieno alle mie aspettative. Abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con professori che hanno condiviso ottime linee guida per la definizione di modelli di business, operativi e organizzativi “agili”, in grado di sopravvivere ad ambienti incerti e in continua evoluzione, come quello in cui viviamo oggi. Allo stesso modo, la comunicazione aperta e il costante scambio di esperienze con i miei colleghi hanno favorito la proliferazione e il miglioramento di idee che poi si sono concretizzate in progetti reali. Hostmate è uno di questi». Infine, un consiglio a chi sta per intraprendere questo percorso: «Bisogna prepararsi a un periodo intenso di studio e di pratica, e non dimenticare che gran parte del valore dell’MBA nascerà proprio dal confronto con i colleghi, come quello tra me, Amr e Virginia, e i professori. Quindi alzate la voce e alzate la mano».

Una risposta alle sfide Covid-19

Nonostante la pandemia del Covid-19 abbia impattato notevolmente il settore dell’hospitality, Hostmate e il suo team hanno saputo reagire. «Abbiamo deciso di approfittare di questo particolare frangente per accelerare alcuni importanti progetti inclusi nel piano strategico, in particolare, Hostmate Strutture Ricettive e Hostmate Centro Affitti» afferma Felipe «Il primo progetto, ad esempio, punta ad aiutare le strutture ricettive meno digitali , inserendo e gestendo la propria struttura nelle principali piattaforme virtuali di prenotazione e aiutandoli nella comunicazione con i propri ospiti». Rispetto al futuro del settore, l’alumnus commenta invece così «Ci aspettiamo lato inquilini e ospiti una maggiore attenzione a tematiche igienico-sanitarie nonché un incremento nell’utilizzo dei canali digitali per la prenotazione, comunicazione e pagamento dei servizi, ma saremo pronti ad affrontare le nuove sfide».