MAASive: un progetto per massimizzare le risorse in una rete di valore

Nasce con questo scopo il progetto MAASive, per rendere le aziende manifatturiere più resilienti alle sfide dovute ai mercati in rapida evoluzione.

 

Al giorno d’oggi, la competizione non è più tra singole aziende, bensì tra sistemi di aziende – fornitori, compratori, partner tecnologici e finanziari – noti come “reti di valore”. Le reti di valore odierne sono chiamate ad accrescere la propria resilienza per affrontare un contesto economico sempre più in rapida evoluzione.

Il progetto Horizon MAASive (Manufacturing-as-a-Service to Increase Resilience in Value Networks) mira a sviluppare nuovi modelli per aumentare la resilienza delle reti di valore facendo leva sul Manufacturing-as-a-Service, un metodo di flessibile in cui i membri delle reti di valore collaborano tra loro condividendo la capacità produttiva e sfruttando le tecnologie digitali per ottenere maggiore velocità e affidabilità.

L’obiettivo è massimizzare le risorse esistenti in una rete di valore, fornendo alle industrie un toolkit che consisterà in una combinazione di metodi e tecnologie esistenti applicati nel contesto MaaS, integrati da nuovi modelli e tecnologie sviluppati come parte del progetto. Attraverso una rete dinamica e connessa, il toolkit collega produttori a fornitori di servizi su richiesta, consentendo alle aziende di trovare e utilizzare  in modo agevole servizi di produzione e attrezzature.

Il progetto, della durata di 36 mesi, punta a rendere le aziende manifatturiere europee resilienti a eventi imprevedibili, come ad esempio la pandemia COVID. Questo tipo di approccio ai servizi permette alle aziende di adattarsi rapidamente a eventi critici e riprendere la produzione anche in circostanze impreviste, facendo fronte alle interruzioni delle forniture di materiali e componenti critici.
Molte aziende europee sottoutilizzano le proprie attrezzature di produzione, il che indica la possibilità di un potenziale significativo per l’aumento della produzione in Unione Europea senza investimenti aggiuntivi.

Il Politecnico di Milano getterà le fondamenta concettuali dei modelli proposti, contribuirà allo sviluppo di un modello di simulazione, e supporterà la disseminazione dei risultati del progetto.

I ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Gestionale coinvolti sono Margherita Pero, Antonio Masi, Franco Chiriacò e Adeline Athina Abou Ali.

Capofila del progetto è l’Università di Aalborg (Danimarca). I partner sono, oltre al Politecnico di Milano, Technische Universitat Amburgo (Germania) Ecole Centrale Di Nantes (Francia), Kamstrup As (Danimarca), Arcelik As (Turchia), Artico Sa (Romania), Ilpea Plastik Ve Kaucuk Urunleri Sanayi Ve Ticaret Limited Sirketi (Turchia), Industrie Ilpea Romania Srl (Romania), Smartopt Bilisim Teknolojileri Anonim Sirketi (Turchia), Txt E-Tech S.R.L (Italia), Etk Ems Skanderborg A/S (Danimarca).

Trasformare la produzione per un futuro incentrato sul cliente


Negli ultimi anni si è osservata una profonda trasformazione nell’industria manifatturiera, nota con il termine “servitizzazione”, un fenomeno che consiste nell’abbandono del tradizionale focus sulla produzione di beni a favore di un approccio orientato ai servizi. I servizi, offrendo ai produttori la possibilità di distinguersi nel mercato altamente competitivo di oggi, diventano parte integrante del business model di molte aziende.

 

Anna De Carolis, Junior Assistant Professor, Manufacturing Group
Claudia Aurisano, Research fellow, Manufacturing Group
School of Management, Politecnico di Milano

 

La servitizzazione è il processo attraverso il quale i produttori passano dalla mera vendita di prodotti, all’offerta di soluzioni a 360° che comprendono non solo il prodotto, ma anche una serie di servizi a questo associati. Fornendo un pacchetto di servizi a corredo dei loro prodotti, le società produttrici possono soddisfare al meglio le esigenze dei clienti e instaurare relazioni a lungo termine con la consapevolezza che i clienti apprezzeranno sempre più i risultati e le esperienze di acquisto e utilizzo di servizi rispetto al semplice possesso di un bene.

Per le aziende manifatturiere, abbracciare questa trasformazione significa optare per un’evoluzione strategica che va oltre la semplice vendita di prodotti e che richiede una rivalutazione dei modelli di business, dei processi interni e un cambiamento culturale all’interno delle aziende dove i produttori sono sempre più fornitori di soluzioni, pronti a rispondere alle esigenze dei loro clienti. I clienti, dalla loro parte, beneficiano di questa trasformazione ottenendo l’accesso a una serie di servizi che ottimizzano le prestazioni, la durata e l’efficienza dei prodotti acquistati.

Dal punto di vista del mercato, la servitizzazione rappresenta quindi un efficace strumento di differenziazione competitiva in cui le aziende possono distinguersi offrendo un mix unico di prodotti e servizi, finalizzato a promuovere relazioni più salde con conseguente aumento della fedeltà del cliente. Questo fenomeno, inoltre, agevola l’evoluzione da un modello di vendita transazionale a un modello basato su abbonamento o pay-per-use, che genera flussi di ricavi più prevedibili e ricorrenti.
Ed è grazie al maggior coinvolgimento dei clienti lungo tutto il ciclo di vita del prodotto che i produttori ottengono preziose informazioni sul comportamento dei consumatori, utili per adattare nuovi servizi e prodotti a vantaggio di una maggiore soddisfazione dei clienti.

Dal punto di vista ambientale invece, questo cambiamento porta a concentrarsi sulla longevità, sulla riparabilità e sulla sostenibilità dei prodotti, in linea con la crescente domanda di pratiche ecologiche e socialmente responsabili.

Nel complesso, la vendita di servizi legati ai prodotti sta riconfigurando il mercato manifatturiero, poiché offre nuovi flussi di entrate, rinsalda le relazioni con i clienti, favorisce la differenziazione, traina l’innovazione e promuove un approccio più incentrato sul cliente.

La servitizzazione è un aspetto fondamentale per l’evoluzione dell’industria manifatturiera, perché risponde alle mutevoli aspettative dei consumatori moderni: l’esperienza del cliente è requisito fondamentale per rimanere competitivi e per questo motivo posizionarsi in un segmento di eccellenza può garantire la sopravvivenza delle aziende manifatturiere tradizionali.

Il Manufacturing Group della School of Management del Politecnico di Milano mira a trasmettere le sue conoscenze scientifiche al settore industriale, con servizi che favoriscono l’evoluzione delle aziende attraverso il modello della servitizzazione.

La ricerca prodotta supporta le aziende a creare valore attraverso l’individuazione di nuovi servizi a corredo dei rispettivi prodotti o la trasformazione del prodotto stesso in un servizio, tramite l’adozione di un modello di business incentrato sul cliente e sulla sua fedeltà.

Sfruttando le conoscenze scientifiche sull’evoluzione dei servizi, le aziende lungimiranti possono adattarsi facilmente alle crescenti esigenze dei clienti, diversificando i business model attraverso le tecnologie digitali che consentono di cavalcare l’onda della service economy.

Costruire una roadmap per il futuro del manifatturiero

Intervista a Marco Taisch
Professore di Advanced and Sustainable Manufacturing Systems, and Operations Management, School of Management, Politecnico di Milano
Presidente scientifico del World Manufacturing Foundation
Presidente del MADE Competence Center per l’Industria 4.0

 

Ci racconti il percorso del World Manufacturing Forum: perché è nato e quali sono i suoi obiettivi?

A partire dal 2011, quando si tenne la prima edizione, il World Manufacturing Forum viene ogni anno organizzato dal Politecnico di Milano con il supporto economico della Commissione Europea. Nel 2018, grazie a Confindustria Lombardia e Regione Lombardia, al fine di dare maggiore stabilità e garantire un ampliamento delle attività abbiamo creato la World Manufacturing Foundation, che oltre a organizzare annualmente l’evento annuale, ospita una serie di altre iniziative.
La World Manufacturing Foundation, creata come organizzazione internazionale aperta a cui partecipano governi regionali, aziende, associazioni di categoria, industriali e non, ha quindi come obiettivo strategico quello di riportare la centralità del settore manifatturiero nelle agende politiche dei vari paesi.
Gli strumenti principali messi in campo sono il World Manufacturing Forum, evento che lo scorso anno ha attirato circa 1500 persone in tre giorni, e il World Manufacturing Report, un white paper annuale che, attraverso un processo di consultazione con esperti del mondo delle imprese, dell’accademia e policy makers, raccoglie pareri e restituisce visioni per il futuro su un tema specifico, rilevante per il manifatturiero, suggerendo delle key reccomendations. Nella prima edizione, nel 2018, abbiamo affrontato il tema del futuro del manifatturiero come leva di creazione del benessere economico e sociale; nel secondo, l’anno scorso, ci siamo focalizzati sulle skills fondamentali necessarie al settore. E quest’anno, nell’evento che si svolgerà l’11 e il 12 novembre, parleremo di intelligenza artificiale.

 

L’edizione 2020 del Forum ha un sapore particolare, sapore di distanza, ma anche di ripresa post Covid. Che edizione sarà?

Per la necessità di distanziamento cambierà il formato dell’evento: si svolgerà presso la sede tradizionale di Villa Erba di Cernobbio, con trasmissione in streaming worldwide.
Ci siamo chiesti, come tutti, quale sarà l’impatto del Covid sul settore manifatturiero a livello regionale e mondiale, e per darci una risposta abbiamo creato il progetto “Back to the Future” (la citazione è voluta), novità di quest’anno.
Abbiamo “scomposto” la complessità della questione in 14 sottotemi e creato altrettanti gruppi di lavoro, ciascuno coordinato da un esperto (i.e. manager, rappresentanti del mondo associativo, policy makers, accademici), a cui abbiamo chiesto di discutere e analizzare l’impatto del Covid sul proprio tema di competenza e dare delle raccomandazioni.
Abbiamo già condiviso online, con il pubblico, diversi draft di documenti e video, prodotti da questi workshop, i cui risultati saranno presentati il primo giorno del Forum, l’11 novembre, mentre il 12 novembre presenteremo il World Manufacturing Report.
Se posso poi dare un’anticipazione, l’anno prossimo parleremo di digital transformation come abilitatore della sostenibilità del manifatturiero, mettendo insieme quindi i due trend più importanti del settore.

 

Veniamo dall’epopea di Industria 4.0. In che modo la digitalizzazione nel mondo delle fabbriche può essere un vantaggio competitivo per rilanciare la produzione e ripartire più velocemente?

Prima della pandemia era “normale” affermare che la digitalizzazione fosse un vantaggio competitivo, ed è il modo in cui abbiamo connotato l’Industria 4.0. Ora abbiamo cambiato statement: non è più un vantaggio, bensì un prerequisito di business.
Durante il lockdown abbiamo visto come la digitalizzazione abbia garantito la business continuity per molte imprese che avevano già investito in questa direzione. Per le altre, purtroppo, non c’è stato nulla da fare.
E’ stato un modo tragico di rendersene conto, questo è certo, che ha colpito quelle imprese che, per ignoranza o per inerzia, non avevano prestato attenzione a questo trend tecnologico.
Nel nostro paese in particolare, che era più lento nell’adozione di nuove tecnologie, la pandemia ha accelerato la presa di coscienza sull’importanza della digitalizzazione.

 

Imprese grandi e imprese piccole: chi è favorito in questa quarta rivoluzione industriale?

Le grandi imprese hanno cominciato a digitalizzarsi già da tempo, anche prima del “Piano nazionale Industria 4.0” del 2017. Le piccole e medie imprese erano invece in ritardo. E’ stato grazie al piano, e agli incentivi fiscali previsti che sono venute a conoscenza di questa opportunità di modernizzazione. Paradossalmente, è stato parlando di incentivi fiscali che si è potuto fare formazione anche tecnologica, e questo ha avuto un grande impatto nell’accrescimento culturale del nostro paese su questi temi.
E’ molto importante che il piano nazionale abbia una continuità temporale per permettere alle imprese, specie alle piccole, una programmazione e la costruzione di un percorso di formazione e di accrescimento di know-how. E oggi, per farlo, hanno diversi strumenti a loro disposizione, come i Digital Innovation Hub, e come soprattutto i Competence Center. Su quest’ultimo strumento il Politecnico di Milano si è messo in prima fila creando MADE, un centro di competenza che raccogliendo le competenze di più dipartimenti coordina i lavori insieme a 44 altri partner provenienti dal mondo accademico e industriale.

 

Quali sono, a suo avviso, le 3 parole chiave sull’evoluzione della trasformazione digitale nelle fabbriche nei prossimi 6 mesi?

Prima di tutto “servitizzazione”, ossia lo sviluppo di nuovi modelli di business che si stanno creando grazie alle nuove attività digitali svolte nelle industrie da remoto.
E quindi la seconda, “remoto” o, se vogliamo “industrial smart working”.
Infine “resilienza”, intesa come capacità di adattamento, riconfigurabilità e flessibilità della fabbrica e della supply chain.

Robot e veicoli a guida autonoma per innovare le PMI

 

 

Nuovo progetto del Politecnico di Milano per l’industria manifatturiera europea

L4MS Logistics for Manufacturing SMEs (le PMI italiane) è un progetto Horizon 2020 per l’innovazione delle piccole e medie imprese manifatturiere europee. Grazie ai robot, utilizzati come veicoli autonomi, il progetto fornisce le soluzioni per automatizzare e digitalizzare la logistica interna all’azienda, con l’obiettivo di ridurre tempi e costi di installazione fino a un fattore stimato pari a 10. Ciò consentirà l’implementazione economica di soluzioni logistiche piccole e flessibili, che non richiedono modifiche dell’infrastruttura, fermi di produzione e competenze interne.

Le soluzioni di L4MS si basano su una infrastruttura informativa denominata OPIL (Open Platform for Innovation in Logistics), la cui implementazione rende possibile la sostituzione, con un tempo di installazione molto breve, delle classiche attrezzature logistiche (muletti, transpallet, ecc.) con robot mobili più flessibili, gli AGV (Automated Guided Vehicles).

L’adozione dell’infrastruttura OPIL permette di sfruttare il paradigma IoT (Internet of Things) per abilitare la comunicazione tra i diversi elementi della fabbrica (macchinari, robot, programma di pianificazione, ecc.), creando un sistema logistico flessibile e reattivo, nonché facilmente riconfigurabile, incontrando le esigenze dell’attuale mondo produttivo, molto incentrato nella personalizzazione del prodotto.

L4MS è un’unica struttura che fornisce alle aziende, oltre alle soluzioni tecnologiche e il supporto necessario per implementarle nelle proprie realtà, anche il trasferimento delle competenze tecniche necessarie per gestire le nuove tecnologie, nonché consulenza sul modello di business e l’accesso ai finanziamenti europei tramite l’innovativo meccanismo delle Open Call dei progetti H2020.

Uno dei modi per accedere all’offerta di L4MS è di presentare il proprio caso studio durante la fase di Open Call del progetto. I candidati con il maggior potenziale di innovazione avranno la possibilità di accesso a vari servizi, tra cui: matchmaking con integratori di sistemi e produttori di robot mobili, finanziamento fino a € 250.000, ambiente di test all’avanguardia, tutoraggio per modelli di business e servizi innovativi, esperti di tecnologia per l’adozione delle più recenti soluzioni di automazione logistica, formazione per il potenziamento del nuovo modello di business basato sulle tecnologie avanzate in ambito robot per la logistica industriale.

La call per il bando si aprirà il 1 settembre 2019 e si chiuderà il 30 novembre 2019.

Per maggiori informazioni e per partecipare al bando consultare il sito: https://www.l4ms.eu/l4ms/#/home

Manifattura 4.0: al centro c’è l’uomo

Il futuro del manifatturiero è digitale e passa dalla Quarta Rivoluzione Industriale. Le piccole e medie imprese, al pari delle grandi, devono attrezzarsi per non restare irrimediabilmente indietro. Eppure, in modo solo all’apparenza paradossale, l’Industria 4.0 rilancia la centralità dell’uomo e di temi quali la formazione e l’inclusione sociale.

Non è esagerato dire che proprio dal settore manifatturiero passano i futuri equilibri del mondo. Ne è convinto Marco Taisch, docente di Advanced and Sustainable Manufacturing presso la School of Management del Politecnico di Milano: «Il manifatturiero avrà in futuro un vero e proprio ruolo di peacekeeper. Grazie alla sua evoluzione e alla sua diffusione, assisteremo a una diminuzione dei fenomeni migratori e all’aumento dei livelli di benessere. In altri termini, godremo di una maggiore stabilità sociale, che deriva anche dalla ricaduta indotta che il manifatturiero ha su altri settori dell’economia; ad esempio, per ogni euro generato dal manifatturiero se ne generano circa almeno due nel settore dei servizi a esso correlato. A patto, ovviamente, di introdurre gradualmente le competenze necessarie, senza le quali è impensabile una sostenibilità a tutti i livelli».

Nel corso del World Manufacturing Forum 2018, Marco Taisch, chairman scientifico, ha presentato un report contenente dieci raccomandazioni per il futuro del manifatturiero. Il tema delle competenze e della formazione è uno di quelli ritenuti più importanti: «Bisogna investire nelle persone, oltre che nelle tecnologie. La formazione ha un impatto più che lineare: senza di essa le tecnologie non possono dispiegare il loro pieno potenziale». Attenzione, però. A differenza di altri settori il manifatturiero ha bisogno soprattutto di skill specifiche: «La trasversalità delle competenze è sempre utile, ma in questo caso le skill digital e hard pesano di più rispetto a quanto accade in altri settori».

Proprio per questo c’è bisogno di un cambio di passo nel mondo della formazione. Se da una parte gli analisti sono concordi nel prevedere che la Quarta Rivoluzione Industriale determinerà un saldo occupazionale negativo nel breve periodo, dall’altra il professor Taisch afferma che la situazione si ribalterà in positivo a medio-lungo termine: «A patto, però, che cambi anche il modo di comunicare il manifatturiero, un settore ancora associato a un’immagine ‘sporca’, che spaventa le famiglie e spinge i giovani a intraprendere percorsi di studio che poi non trovano sbocco nel mercato».

Gli atenei si stanno attrezzando. La School of Management del Politecnico di Milano, ad esempio, offre un percorso executive in Manufacturing Management che ha l’obiettivo di far comprendere meglio le potenzialità di un manufacturing del futuro nuovo, avanzato, intelligente e sostenibile e introdurre gli elementi costituenti della moderna rivoluzione industriale.

Un’opportunità da cogliere, dunque. Anche adottando l’ottica dell’inclusività e della diversity: «Per lungo tempo il manifatturiero è stato appannaggio del genere maschile, per banali questioni di forza fisica – prosegue Taisch –. Le tecnologie 4.0 spostano il baricentro dal muscolo al cervello, e quindi maggiormente verso la donna. Sono poi personalmente convinto, e con me tanti altri esperti, che l’impresa possa trarre un grande vantaggio dall’assunzione di individualità diverse per genere, religione, etnia. È una questione di competitività, oltre che di etica».

I timori, d’altra parte, non mancano, e spesso sono espressi proprio dalle aziende e da chi è già inserito nel circuito lavorativo, spaventato dall’idea che una macchina possa estrometterlo dal processo produttivo: «In realtà non è così. Le tecnologie 4.0 sono abilitanti. Non sono alternative all’uomo, ma ne aumentano le capacità e la produttività, valorizzandolo ulteriormente», spiega il professor Taisch.

Un altro elemento che determina diffidenza, soprattutto nelle PMI, è la cybersecurity: «Il cloud spaventa. Molte aziende si chiedono: ‘Dove sono i miei dati?’. Il timore nasce prima di tutto da una mancanza di comprensione, e in seconda battuta dalla sovrastima di alcuni rischi che le tecnologie in effetti comportano. Le aziende perdono dati molto più spesso per un backup errato, che per colpa del cloud. La verità è che un’azienda che si pone al di fuori della Rete è destinata a sparire nel giro di pochi anni, e che oggi i dati vanno considerati a tutti gli effetti come una materia prima».