Contro lo spreco alimentare: il successo degli Hub di quartiere per il recupero e il sostegno ai più fragili

In occasione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare del 5 febbraio 2021, il monitoraggio dei dati effettuato dalla School of Management del Politecnico di Milano evidenzia che, grazie alla raccolta degli Hub Isola e Lambrate, sono state raggiunte oltre 3.300 famiglie con 152.000 pasti.

 

Il bilancio della raccolta delle eccedenze per il 2020 è di 76 tonnellate: 62 quelle raccolte tra gennaio e febbraio e tra giugno e dicembre in via Borsieri e 14 nel neo inaugurato Hub in via Bassini.

L’idea degli Hub di quartiere nasce dal protocollo di intesa “ZeroSprechi”, tra il Comune di Milano, Assolombarda e la School of Management del Politecnico di Milano, firmato nel 2016. Una delle priorità della Food Policy di Milano è ridurre lo spreco di cibo e innovare le modalità di recupero degli alimenti da destinare agli indigenti, progettando e sperimentando un modello di recupero e ridistribuzione delle eccedenze alimentari basato su reti locali di quartiere.

Questo progetto, come dichiara Giovanni Fosti, “è reso possibile dalla presenza di reti sul territorio come il Programma Qubi – la ricetta contro la povertà infantile di Fondazione Cariplo”.

Come afferma Anna Scavuzzo, la Vicesindaco di Milano con delega alla Food Policy, “questa azione ci ha permesso di continuare a lavorare per raggiungere obiettivi di sostenibilità, ma anche di diritto al cibo sano”. L’impegno nella lotta agli sprechi porterà all’apertura nella prossima estate di altri due Hub di quartiere in zona Corvetto e Gallaratese.

Anche di fronte alle difficoltà del periodo – afferma Alessandro Perego, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano – i risultati del primo Hub di Isola e del recente Hub di Lambrate hanno dimostrato la sostenibilità di un modello che si basa su processi operativi strutturati e solide collaborazioni intersettoriali. Gli Hub costituiscono anche un punto centrale nella rete sociale di un quartiere. Continueremo a lavorare a stretto contatto con le imprese donatrici e tutti i partner del progetto per garantire la continuità e la replicabilità del sistema in altre aree della città.”

Come dichiara Alessandro Scarabelli, Direttore Generale di Assolombarda, “la crisi causata dal Covid ha colpito pesantemente l’economia di molte famiglie, aggravando purtroppo le condizioni di coloro che già prima avevano difficoltà a reperire beni di prima necessità. Per questo motivo, l’apertura di due nuovi Hub assume una rilevanza ancora più significativa per la tenuta sociale della città. Gli importanti risultati raggiunti sono il segno evidente di quanto sia importante fare squadra e rafforzare il nostro impegno per costruire un modello di recupero delle eccedenze e di redistribuzione a sostegno delle persone più fragili”.

 

Partner del progetto: Comune di Milano, Politecnico di Milano School of Management, Assolombarda, Fondazione Cariplo, Banco Alimentare.

Intervista a Fulvio Catalano, founder MOKAPEN, dal MBA alle regole d’oro per lanciare una start-up

1. Raccontaci MOKAPEN: com’è nato, cos’è, a chi si rivolge.

Mokapen è una piattaforma CRM che nasce da una constatazione: le piattaforme di collaborazione esistenti nel mercato sono complesse, non modulari e non sempre in lingua italiana. Questo crea una barriera di accesso non permettendo alle piccole imprese italiane di avere un “fast CRM”. Ho deciso quindi di sviluppare un tool che potesse essere semplice, logico, ma che fosse anche pronto per essere scalabile. Mokapen può quindi essere utilizzata da piccole imprese per organizzare le attività, liberi professionisti per collaborare con i clienti nei vari progetti o studenti per coordinare attività di studio, ma anche da aziende più strutturate dove l’organizzazione per funzioni aziendali è indispensabile. Perché “Mokapen”? Perché credo fermamente che la vera digital transformation tenga un piede nel cloud e uno per terra. La caffettiera moka e la penna sono due oggetti tradizionali ai quali ancora non rinunciamo quando siamo digital.

2. “Gratuito. Semplice. Italiano.” Quali sono gli obiettivi di lungo termine dietro il claim di MOKAPEN?

Quando si parte è sempre importante sapere dove si vuole arrivare, pur non escludendo cambi di programma. Sicuramente tutti i CRM trattano più o meno gli stessi argomenti: task, progetti, collaborazione, contatti e altro. La competitività si sposta quindi sull’accessibilità economica, su come queste entità vengono organizzate e su quanto l’utente è in grado di capire in autonomia come funziona la piattaforma. Poiché Mokapen deve sempre permettere l’accessibilità, in futuro manterrà sempre una base gratuita senza limiti temporali pur offrendo funzionalità premium a pagamento oltre quelle attualmente disponibili. Pur crescendo il focus dietro ogni sviluppo o logica è sempre la semplicità, per questo spendo molto tempo nell’analizzare come un processo deve funzionare per non rendere Mokapen complessa come le altre piattaforme. Italiano, si perché ho deciso questa volta di partire dall’Italia, anche se Mokapen è già disponibile anche in lingua inglese. Ovviamente il piano è di introdurre altre lingue, ma il punto di forza della localizzazione credo sia soprattutto il far conoscere Mokapen come qualcosa di, appunto, “locale”.

3. Quanto bisogno di uno strumento come MOKAPEN c’è in questo momento di ricorso massiccio a Smartworking e Homeworking?

Ben detto. Smartworking e homeworking sono due concetti diversi. Strumenti come Mokapen sono proprio da smartworking, innanzitutto per far risparmiare tempo tenendo traccia delle cose da fare. Anni fa, ogni mattina ero solito scrivere la tipica lista dei task da fare, alcuni dei quali dovevo rimandare al giorno successivo. Perché quindi scrivere sempre lo stesso task ogni giorno quando sarebbe più smart scriverlo solo una volta in un tool online? Se poi pensiamo allo stato forzato di homeworking di questo periodo, è immediato vedere in strumenti digitali la risposta smart per imparare a lavorare in un modo migliore, abbattendo le barriere delle distanze, comprimendo il tempo di esecuzione e raggiungendo il 100% della condivisione delle attività di un team. Lavorare da Palermo, Milano o Mumbai è quindi indifferente.

4. Dopo il tuo primo successo con Wardroba, nata al MIP e incubata al Polihub, quanto dell’esperienza “politecnica” hai messo nella tua nuova iniziativa?

Sorrido. Wardroba è stata la prima fiamma, ma la scintilla è stato il MIP. In questa esperienza si è letteralmente aperta la mente e grazie al progetto Wardroba ho avuto con i miei compagni qualcosa dove letteralmente sporcarci le mani, tra idee a volte non chiare, piani strategici visti e rivisti, soddisfazioni e aspettative deluse. Poi è arrivata l’incubazione al Polihub dove ho capito che la realtà su come si lancia una startup è ben diversa da quello che raccontiamo negli elevator pitch. Dalle esperienze MIP/Polihub ho imparato tre regole per me d’oro che hanno determinato la nascita Mokapen:

– Per avere successo devi sapere “fare” in prima persona. A differenza di Wardroba, ho imparato la programmazione web e ho creato Mokapen.

Parti dal basso, rendi solido e poi cresci. Il mio socio di Wardroba Federico Della Bella mi ha fatto capire che è meglio far poche cose bene che molte male (grazie Fede).

Devi realmente risolvere un problema, altrimenti lascia perdere. Spesso qualcosa che per me è una soluzione per gli altri non è niente di utile.

KeepONLearning. La pandemia non ha fermato la formazione

KeepONLearning volge al termine. Quattro mesi dopo il suo esordio, l’iniziativa del MIP Politecnico di Milano dedicata all’apprendimento continuo e rivolta ai suoi stakeholder, giunge alla sua naturale conclusione, per lasciare spazio, a settembre, alla riapertura in sicurezza del campus. Da marzo a luglio, KeepONLearning ha proposto ininterrottamente contenuti e approfondimenti a una vasta community di studenti, aziende, docenti, partner, coinvolgendo top manager e professionisti di assoluto rilievo nel panorama internazionale. Così facendo, non solo gli studenti hanno potuto continuare a frequentare i corsi a cui erano iscritti, ma anche le aziende e i partner hanno avuto accesso a una serie di contenuti che, tra gli altri, avevano l’obiettivo di fornire strumenti utili per fronteggiare l’emergenza da Covid-19.

Prima di dare vita a KeepONLearning, l’ultima settimana di febbraio il MIP ha innanzitutto trasferito tutta l’offerta formativa online per non interrompere l’erogazione dei corsi: una sfida non semplice, ma che è stata resa possibile anche dall’attenzione che ormai da anni il MIP rivolge al digital learning.

Due settimane dopo, il 18 marzo, è stato varato KeepONLearning, anche grazie allo staff del MIP che ha lavorato con entusiasmo e convinzione per il successo dell’iniziativa. Il sito del MIP si è così arricchito di numerosi contenuti messi a disposizione dei nostri stakeholder: articoli, webinar, corsi online, talk con docenti e manager, strumenti operativi, approfondimenti. Un bouquet di conoscenze che ha affrontato temi importanti come lo smart working, l’impatto del Covid-19 sulle aziende e sulla supply chain, l’aiuto che può derivare dall’intelligenza artificiale, la gestione dell’innovazione digitale nell’emergenza, anche in un settore cruciale come quello della sanità, e tanto altro ancora, con la partecipazione di multinazionali come Microsoft, Lamborghini, Pirelli e personalità di rilievo internazionale come Carlo Cottarelli.

I partecipanti agli oltre 90 live webinar organizzati sono stati tantissimi, oltre 20mila. Grazie a KeepONLearning, il sito del MIP ha visto crescere le visite di oltre il 60% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Numeri che testimoniano da una parte l’impegno del MIP nella sua mission di condividere conoscenza al servizio dei suoi stakeholder, dall’altra il grande bisogno di competenze sempre aggiornate in un panorama globale caratterizzato da evoluzioni rapidissime.

La ripartenza è prevista per settembre, quando il MIP tornerà a ospitare nelle proprie aule e nei propri spazi, in piena sicurezza, persone provenienti da tutto il mondo pronte a scambiarsi idee e punti di vista innovativi. La parola d’ordine, stavolta, sarà “Nice to MIP You”. Una riapertura che si porterà dietro anche il bagaglio di conoscenze e scoperte accumulato in questi ultimi mesi proprio grazie a KeepONLearning.

 

«La visione del MIP per le HR è moderna e contemporanea»

La gestione delle risorse umane si fonde con gli strumenti del marketing e richiede competenze sempre nuove e aggiornate. L’obiettivo è valorizzare i singoli, partendo dalla lezione della diversity. Ce lo spiega Chiara Lombardi, human resource manager di Emilio Pucci e alumna del MIP.

Una rinnovata centralità del valore umano, unita a una gestione competente e qualificata. È questo il futuro, e per certi aspetti già il presente, della gestione delle risorse umane all’interno di un’organizzazione. Così sostiene Chiara Lombardi, human resource manager presso Emilio Pucci, maison italiana parte del gruppo Lvmh, e alumna del percorso executive in Human Resource Business Leader presso il MIP Politecnico di Milano. «L’Hr non ammette improvvisazioni. Tantomeno oggi, considerato il legame sempre più stretto con gli strumenti del marketing, necessari alle aziende per mettere in atto strategie di attraction e retention dei talenti».

Una didattica basata sul confronto

La visione di Chiara è maturata dopo lunghi anni di esperienza nel settore, preceduti da una laurea in lingue e perfezionati anche grazie al percorso executive, dove si è iscritta con l’obiettivo di consolidare le proprie competenze: «Ho sempre nutrito un grande interesse per le risorse umane, e con il passare del tempo ho capito che volevo trasformarmi in un’Hr manager dall’impostazione più strategica. Al contempo mi sono resa conto che, per farlo, mi mancavano alcune competenze hard. Per questo mi sono iscritta al percorso proposto dal MIP». All’inizio, si aspettava lezioni frontali dall’impostazione decisamente accademica, ma presto si è accorta che, in realtà, un elemento fondante del corso consisteva nel coinvolgimento attivo degli studenti: «Ai docenti di alto livello si affiancava la collaborazione delle aziende, grazie alle quali avevamo un punto di vista privilegiato e attuale sulla realtà delle Hr. Ma è stato dato molto spazio anche alle interazioni tra noi studenti, che hanno dato vita a confronti aperti, portatori di una grande ricchezza di contenuti. Per questo consiglio di avvicinarsi a questo corso aprendo occhi e mente il più possibile. Il ventaglio di contenuti, possibilità, soluzioni è così ampio che rappresenta un’opportunità di apprendimento irripetibile».

I frutti di questo periodo formazione, per Chiara, sono evidenti: «Non sarei stata così efficace sul mercato del lavoro senza le consapevolezze guadagnate all’interno del percorso. Per me è stata una vera e propria boccata d’aria fresca, che mi ha dato tante opportunità di apprendimento e tante competenze in più da usare sia nella mia azienda sia nella mia fase di transizione lavorativa».

Tra cambiamento e diversity

C’è un altro versante, però, dove le esigenze di Lombardi hanno trovato risposta nel percorso executive del MIP. Perché se è vero che le competenze hard sono fondamentali, le risorse umane non possono comunque prescindere dalle persone. «Il mio obiettivo è rendere centrale nelle aziende in cui lavoro la tematica del cambiamento, da portare avanti con azioni piccole e grandi. Al MIP ho potuto rafforzare una visione moderna e contemporanea e approfondire convinzioni che fanno bene sia alle risorse sia alle aziende. Penso al tema della diversity, ad esempio, ormai fondamentale e ineludibile. Non si può prescindere dalla valorizzazione delle risorse umane. Se una persona viene trattata in maniera corretta, fornirà più volentieri il proprio contributo, generando valore e ricchezza tanto per l’impresa quanto per le persone che lavorano al suo fianco».

Un tema che Lombardi ha particolarmente a cuore, visto che ormai dal 2018 è mentor e coach per Young Women Network, realtà no-profit che ha come obiettivo l’empowerment delle giovani donne. «Il tema della leadership femminile è importantissimo, e ho apprezzato moltissimo come è stata affrontata la questione della diversity al MIP (che inoltre, con l’iniziativa Mip4Women, mette a disposizione delle candidate donne un contributo di 1000 euro, ndr). Purtroppo in molte aziende scarseggiano gli esempi di manager donne da prendere a modello, visto che i consigli di amministrazione sono ancora per larga parte al maschile. La situazione può evolvere, ma dobbiamo impegnarci tutti nel diventare promoter del cambiamento».

«Le buone idee non bastano: al MIP ho imparato a svilupparle»

Il confronto con i colleghi di master, i due anni di esperimenti e miglioramenti e, soprattutto, una mentalità votata al miglioramento continuo. Martin Leban, alumnus AMIE (ora IMIE), racconta come è nata l’idea di uno shampoo contenuto in biglie biodegradabili.

La formazione nell’azienda di famiglia, il confronto con i colleghi di master provenienti da tutto il mondo e, infine, la nascita di una startup che, ispirandosi a principi di sostenibilità sociale e ambientale, dà vita a un prodotto piccolo, ma dal grande potenziale. È la storia di Martin Leban, giovane imprenditore sloveno e co-fondatore della startup OneTwoThreeZero, nonché alumnus AMIE (ora evolutosi in IMIE, International Master in Innovation and Entrepreneurship) presso il MIP Politecnico di Milano: «Il master mi ha insegnato che di idee, buone e meno buone, ce ne sono tante. A fare la differenza è l’impegno che ci si mette per svilupparle. Ed è proprio così che io e i miei colleghi abbiamo concepito lo shampoo in biglie biodegradabili».

Dall’idea alla sua realizzazione

Leban proviene da una famiglia che possiede una piccola azienda di prodotti per la cura dei capelli. «Un ambiente in cui ho imparato molto, osservando di giorno in giorno», racconta Leban. «Creare cosmetici senza produrre rifiuti è stato uno dei miei obiettivi fin da quando lavoravo nell’azienda di famiglia e vedevo quanta plastica utilizzavamo. Quando ho visto il progetto di shampoo biodegradabili che Renata Alessio, Indira Pambudy e Sarra Elamin avevano iniziato nell’ambito del master AMIE, mi è subito piaciuto e ho chiesto loro di entrare a far parte del team».
Il potenziale ecologico di questa idea è evidente: «L’industria cosmetica utilizza molta plastica per i propri packaging, anche per piccole quantità di prodotto, come capita, ad esempio, con i flaconcini distribuiti negli hotel. Noi siamo partiti da un prodotto concettualmente simile alle capsule di detersivo utilizzate nelle lavastoviglie. In quel caso, però, l’involucro è un materiale plastico. La sfida, per noi, consisteva nel trovare un materiale biodegradabile che al contempo fosse abbastanza resistente da contenere lo shampoo al suo interno». Una sfida raccolta dai suoi due partner e chimici, Anja Pajntar e Uros Novak. «È un processo di ricerca che dura ormai da due anni. La difficoltà è data dalla piccola percentuale di acqua che compone lo shampoo, il 10%, di per sé un grande risparmio rispetto all’80% degli shampoo medi. Potevamo ripiegare su un prodotto senz’acqua, ma l’effetto sui capelli non sarebbe stato lo stesso». La tabella di marcia di OneTwoThreeZero prevedeva una serie di importanti test ad aprile 2020, ma l’attuale situazione sanitaria ha costretto Leban e il suo team a rimandare. «Ormai ci siamo, però. Tant’è che il laboratorio che ci ha ospitati finora non basta più; a breve cominceremo a produrre maggiori quantità del nostro prodotto».

L’importanza di non accontentarsi

Leban non nasconde che l’esperienza al MIP è stata cruciale, per la vita di questa startup. «A cominciare dai miei compagni di corso, di 17 nazionalità differenti. Questa diversità si è rivelata un autentico valore aggiunto, perché mi ha permesso di confrontarmi con punti di vista e culture differenti, che hanno generato un vero flusso creativo. Oggi sfrutto i principi del design thinking appresi grazie al master, che mi ha insegnato anche come dare vita a un team equilibrato, valutando quali possono essere le individualità più strategiche per l’azienda».
Importante anche l’esperienza del project work: «È uno dei motivi per cui ho scelto proprio il MIP. Ho imparato in che cosa consiste il processo di sviluppo, che non è solo una questione di nozioni, ma anche di mentalità. Concentrarsi a fondo su un’idea, per trovarne il vero potenziale e dare vita a una serie di possibilità virtualmente infinite».
Infine, un consiglio a chi sta per iscriversi a un master: «Il modo migliore per viverlo è cercare di arrivare lì con le idee chiare su che cosa si vuole ottenere. E non accontentarsi mai, ma lavorare su sé stessi. Il livello delle lezioni è altissimo, e spinge a puntare ancora più in alto, ad approfondire sempre di più. È questa mentalità che permette di avvicinarsi ai propri obiettivi, sia che si voglia lavorare come imprenditori, sia come consulenti. Le prospettive lavorative legate a questo master sono molteplici».

«Il Covid non ci ha fermato: ecco perché ci siamo iscritti al MIP»

L’attuale situazione poteva generare dubbi sull’opportunità di confermare la propria iscrizione ai corsi. Così non è stato: ce lo raccontano tre studenti. Tra le loro motivazioni, l’efficacia del digital learning, la solidità del social networking e la volontà di confrontarsi con colleghi provenienti da tutto il mondo.

L’emergenza Covid-19 ha causato un generale rallentamento globale, ma non ha fermato il settore della formazione, che si è rapidamente convertito ai formati digitali. E se da una parte il MIP Politecnico di Milano non ha interrotto i propri servizi, dall’altra non si sono fermati nemmeno i suoi studenti, che nonostante la situazione in atto hanno confermato la volontà di seguire i corsi a cui si erano iscritti. In certi casi, anzi, le soste lavorative forzate hanno persino reso più semplice la scelta. I dubbi, tutt’al più, potevano riguardare l’attualità dei contenuti: avrebbero retto al cambiamento portato dalla pandemia?

L’importanza di contenuti davvero digitali

È bastata una settimana di corsi per fugare questo timore, come ci racconta Micaela Long, iscritta al Flex EMBA e di stanza a Basilea: «Avevo deciso di seguire questo programma per la solidità dei suoi contenuti e per l’elasticità nelle modalità di erogazione, che ben si adattavano alla mia routine lavorativa e famigliare. Mi sono bastati pochi giorni per capire che la flessibilità è anche una caratteristica dei contenuti: tutti i temi che stiamo affrontando, li stiamo trattando anche tenendo conto della situazione attuale». Dopo una settimana, il bilancio è positivo, anche per quanto riguarda l’impatto con il digital learning: «Lavorando per una funzione corporate in una multinazionale farmaceutica, ero già abituata alle interazioni online. Devo dire, però, che questo Flex EMBA mi ha positivamente sorpreso: i contenuti sono concepiti fin dal principio per una fruizione digitale; non sono banali trasposizioni dei classici insegnamenti in presenza, ma sono pensati per sfruttare i punti di forza del digitale. La differenza, rispetto ad altre mie passate esperienze di e-learning, è evidente. Anche perché, nonostante la modalità di apprendimento asincrono, il MIP ha escogitato dei meccanismi che creano comunità, completando così l’esperienza didattica: io e i miei colleghi costituiamo una classe dove lo scambio, tra noi e con i docenti, è continuo», sottolinea Long.

Il social networking funziona anche a distanza

Anche Vanessa Ottone, che lavora per Accenture e segue il corso da New York, ha visto l’attuale situazione come un’occasione per investire nella propria formazione: «La pandemia non ha mai influito sulla mia decisione. Anche se le ricadute economiche e finanziarie ci porranno davanti a sfide impegnative, sono convinta che sul lungo periodo, ora più che mai, i leader dovranno dimostrarsi resilienti e completi. Un programma come l’EMBA può sostenermi in questa direzione e prepararmi a cogliere le opportunità che emergeranno dopo la crisi». Come Long, anche Ottone ha tratto ottime impressioni dalla sua prima settimana di corsi online: «Sono convinta che un programma come il Flex EMBA, che può contare sui migliori strumenti digitali oggi disponibili, possa dare vita a un network di relazioni solide, generando connessioni di valore tra tutti i partecipanti. Dopo una settimana di lezione, ho la sensazione che il tempo che trascorriamo insieme nei gruppi di lavoro ci permette di sviluppare delle interazioni interessanti e di stabilire connessioni durature».

La ricchezza di una classe internazionale

Non ha ancora cominciato il suo MBA full time, ma dall’India ha comunque confermato la sua partecipazione Pretyush Johari, ingegnere civile: «Certo, ho avuto dei dubbi sulla mia iscrizione, anche in vista di eventuali difficoltà logistiche. Diversi elementi, però, mi hanno spinto a non tirarmi indietro. A cominciare dalla ricchezza del programma di studi, così ben strutturato e così calzante con quello che finora è stato il mio percorso lavorativo e formativo. Ma una forte influenza l’hanno avuta anche i commenti positivi di alcune mie conoscenze, sia relativi al MIP, sia all’Italia. La prospettiva di entrare in una classe composta da persone di nazionalità diverse, provenienti da tutto il mondo e in grado di portare punti di vista differenti e innovativi, è assolutamente allettante, perché sono convinto che potremo imparare molto gli uni dagli altri. Infine, non vedo l’ora di potermi cimentare con il project work, dove potrò dare forma alle mie idee, anche grazie alle competenze che avrò affinato durante il master».