La MIP Management Academy lancia un catalogo di oltre 250 corsi pensati per le aziende

Oltre 250 titoli a copertura di 16 differenti aree tematiche: grazie al ventaglio di corsi 2022 della MIP Management Academy, sia i privati che le aziende potranno accedere a contenuti di riconosciuta eccellenza in maniera flessibile, per puntare a miglioramento delle performance, crescita del capitale umano, retention e motivazione.

La Prof.ssa Angela Tumino, Associate Dean for Corporate Education al MIP e Federico Giacomini, Director of Corporate Education al MIP, ci hanno spiegato nel dettaglio le caratteristiche di questa nuova offerta formativa.

Specificità e flessibilità: come la nuova offerta 2022 della MIP Management Academy dedicata ad imprenditori, manager ed imprese incarna questi due concetti?  

Flessibilità è la parola chiave per descrivere la MIP Management Academy – spiega la Prof.ssa Angela Tumino. Grazie alla sua ampia offerta è possibile costruire percorsi formativi su misura in termini di contenuti (il catalogo copre infatti ben 16 aree tematiche), durata (si spazia da corsi brevi di un paio di giorni fino ad Executive Master che richiedono un impegno di due anni) e modalità di fruizione: alcuni corsi sono erogati  on campus, per i quali comunque è sempre prevista la possibilità di seguire da remoto in caso di necessità, altri corsi sono FlexBlended e prevedono una parte di formazione asincrona tramite clip video, che si abbina a lezioni in diretta online (nel caso dei corsi Flex) oppure on campus (nel caso di corsi Blended) e vi sono infine i corsi online, che prevedono unicamente lezioni da remoto da fruire in modalità sincrona.  Altro elemento distintivo della MIP Management Academy è poi sicuramente la specificità: si basa su contenuti avanzati e di riconosciuta eccellenza, erogati da professori universitari e illustri professionisti.

La formazione continua è oggi fondamentale per la crescita di un professionista e – di conseguenza – per la crescita di un’azienda. Per far fronte a questa necessità, in che direzione sta andando la Corporate Education?

E’ proprio così – continua Angela Tumino – la Corporate Education sta evolvendo rapidamente per far fronte alle necessità dei professionisti e delle aziende. Le esigenze formative spaziano in un vasto range di tematiche e le competenze tecniche e specialistiche devono essere aggiornate costantemente per riuscire a cogliere e gestire i trend emergenti (si pensi ad esempio a quello dell’Intelligenza Artificiale, alla Blockchain, o alla crescente rilevanza di temi quali Sostenibilità, Transizione energetica o Industria 4.0). Al loro fianco poi diventano sempre più importanti le cosiddette soft skills, con una crescente contaminazione tra humanities e business. Cresce anche l’esigenza di andare oltre la formazione tradizionale con formati innovativi e caratterizzati da una elevata interazione con i partecipanti (come ad esempio gli Inspiring Workshop o i Corporate Lab). Alla luce di tutto questo, a partire dalle aree di competenza su cui si struttura la nostra MIP Management Academy, c’è anche la possibilità di costruire soluzioni custom, che rispondono al meglio agli obiettivi formativi e specifici di ciascuna azienda.

Tutti i corsi vengono erogati in classi interaziendali, ma possono quindi essere pianificati anche in house per una Academy destinata solo ad una specifica realtà aziendale. Come funziona nel dettaglio e quali sono i vantaggi di questa flessibilità?

Il passaggio da una modalità interaziendale, che favorisce il networking e la contaminazione tra saperi e business differenti, ad una modalità in house è assolutamente una delle possibilità previste dall’offerta della MIP Management Academy – specifica Federico Giacomini, Director of Corporate Education al MIP. Questo naturalmente può valere sia per un singolo corso che per un numero consistente di corsi, andando così a costituire una vera e propria Academy aziendaleNel secondo caso, garantiamo un supporto a 360° nella progettazione, insieme ad un team di esperti, partendo da un’analisi approfondita dei bisogni formativi dell’azienda e customizzando i vari corsi sulla base delle necessità più profonde che emergono dal confronto diretto col committente. Molto spesso questo tipo di confronto parte dalla comprensione del sistema di valori aziendali e dal modello di competenze che l’azienda ha deciso di adottare, indagando i gap attraverso assessment consolidati, che vanno a misurare in modo puntuale e strutturato la differenza tra l’expertise attuale e quella attesa dall’azienda.

 

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Leadership e purpose: così l’aspetto umano torna al centro del business

Dalla consapevolezza alla sostenibilità. Perché oggi è così importante che i manager guidino le aziende mettendo al centro l’elemento umano? Ce lo raccontano Arrigo Berni e Josip Kotlar, presentando l’Executive Programme in Leading with Purpose.

Affrontare le sfide del presente sostenuti da un’intenzione consapevole, un motivo che spinge a perseguire uno scopo o un obiettivo. In una sola parola, dal purpose. È la prova che attende i leader di oggi e di domani, chiamati a confrontarsi con scenari e sfide sempre più interconnesse e con consumatori che valutano i brand sulla base del loro contributo alla società: «Negli ultimi decenni le condizioni materiali di vita a livello globale sono migliorate enormemente. E la natura umana è tale per cui al soddisfacimento di una classe di bisogni, in questo caso materiali, nascono nuovi bisogni, in questo caso immateriali, di significato», spiega Arrigo Berni, founding partner di The Mind at Work Italy e Adjunct Professor del MIP Ma non solo. Il progressivo peggioramento delle condizioni ambientali impone un ripensamento delle ragioni alla base delle attività economiche: «Definire il purpose di un’attività», spiega Josip Kotlar, direttore dell’ Executive Programme in Leading with Purpose erogato da MIP Politecnico di Milano con la collaborazione di The Mind at Work, «è fondamentale per portare al centro del business, in maniera coerente, l’aspetto umano. Finora abbiamo assistito a una sorta di divisione tra le attività economiche e quelle di responsabilità sociale di impresa. Il nostro intento è usare il purpose per promuovere una visione più integrata di questi due aspetti che non sono separati, ma che devono stare assieme per essere sostenibili».

Consapevolezza, la chiave per la complessità

Un cambiamento epocale, che richiede leader consapevoli: «La leadership intenzionale», spiega Berni, «è contraddistinta da una grande consapevolezza di sé e dalla capacità di dare significato alla realtà, anziché reagire ad essa. A questo, un leader guidato dal purpose associa capacità di generare relazioni collaborative con gli altri e abilità nell’elaborare rappresentazioni corrette della realtà in cui opera».

Un approccio che può essere anche letto come un’evoluzione dei metodi con cui l’uomo, da sempre, cerca di elaborare strategie efficaci. Come spiega Kotlar, «è importante che le decisioni siano guidate da quella che possiamo definire “coscienziosità”. Oggi, però, gli strumenti tradizionali con cui vengono assunte le decisioni sono commodities a disposizione di qualsiasi azienda. Non costituiscono più un vantaggio competitivo. Sono necessari nuovi approcci che portino a decisioni coscienziose. Il purpose è rilevante perché offre un nuovo set di strumenti con cui maneggiare la complessità, senza limitarsi a una visione tecnicistica, e quindi limitata, del mondo».

Il cambiamento sostenibile passa dal purpose

I vantaggi di una leadership ispirata dal purpose derivano soprattutto dall’abbandono di una visione incentrata superficialmente sul “cosa” e sul “come”. «Un approccio», sottolinea Berni, «che sacrifica la consapevolezza delle intenzioni sottostanti una decisione e che porta a risultati non solo scarsamente sostenibili nel tempo, ma anche inferiori alle possibilità, perché non riesce a trasmettere energia all’intera organizzazione». Facendosi guidare dal purpose, invece, «i risultati si fondano su cambiamenti strutturali e quindi sostenibili nel tempo, perché figli di una visione sistemica della realtà aziendale e i risultati sono superiori, perché frutto di energia superiore, a livello sia individuale che collettivo».

Un corso per sviluppare i propri punti di forza

Dalla volontà di incoraggiare un cambiamento positivo nel mondo, il MIP Politecnico di Milano ha deciso quindi di avviare l’Executive Programme in Leading with Purpose: «Si basa sul modello innovativo di digital learning FLEX», spiega Kotlar. «Coniuga una formazione d’impatto con la massima flessibilità. Il programma è composto da 8 moduli tematici, ciascuno formato da una combinazione di brevi clip, una sessione di domande/risposte live e quattro lezioni interattive. Il programma si conclude con un project work che permette ai partecipanti di mettersi alla prova su progetti reali; offre inoltre una sessione di coaching che supporta i partecipanti nel lavoro su se stessi, per scoprire e sviluppare i punti di forza interiori, al fine di migliorare la capacità di innovare, sviluppare l’imprenditorialità e altri aspetti della leadership. È un programma che offre ampia flessibilità di indirizzare il proprio percorso personale».

Tra soft skill, personalizzazione ed empowerment: il management secondo il MIP

La figura del manager oggi deve confrontarsi con nuove sfide e opportunità, come quelle presentate dal digitale. E se le competenze hard sono fondamentali, sono le soft skill a fare la differenza. Ce lo racconta Simone Franzò, direttore dell’Executive master in management

 

Una profonda conoscenza dei principi del management e un buon bilanciamento tra soft e hard skill. Sono queste le basi su cui un manager deve costruire il proprio successo. Ce lo racconta Simone Franzò, direttore dell’Executive master in management (Emim) presso il MIP Politecnico di Milano. «Sembra scontato, eppure troppe volte le figure manageriali mostrano gravi lacune nella formazione. Oggi più che mai, invece, è fondamentale poter contare su competenze solide. Anche perché il digitale sta cambiando i confini di questa professione».

 

Affrontare le sfide, cogliere le opportunità

La diffusione sempre più pervasiva delle tecnologie digitali sta giocando un ruolo molto importante: «Da una parte abbiamo delle sfide, dall’altra delle opportunità», spiega Franzò. «Pensiamo alla diffusione dello smartworking. Pone sicuramente una sfida dal punto di vista della gestione del team». Ma c’è anche l’altro lato della medaglia: «Le nuove tecnologie abilitano nuove opportunità, possono migliorare la produttività e l’efficacia del lavoro svolto. Non sono però la panacea di tutti i mali: devono essere opportunamente gestite. Solo così possono diventare uno strumento virtuoso a beneficio dell’azienda». La sfida è anche culturale: «È necessario un cambio di mindset. Così come la presenza fisica sul posto di lavoro non può più essere considerata un valore imprescindibile, allo stesso modo l’adozione del digitale richiede una formazione che coinvolga tanto i manager quanto le risorse umane. Facciamo un esempio: il tema della gestione dei dati e della conoscenza. Non si può digitalizzare senza saper gestire il flusso relativo al knowledge management». Ma le tecnologie, appunto, non sono tutto. Anzi, non sono niente, senza competenze. «Oggi più che mai», continua Franzò, «è evidente l’esigenza di coniugare le hard skill, ossia le competenze più nozionistiche, che si apprendono tramite i classici percorsi formativi, con le soft skill: per esempio, la gestione della leadership, del team, il public speaking. Sono queste le competenze che diventano sempre più fonte di successo e di vantaggio competitivo per alcuni manager rispetto ad altri».

 

Un master per chi vuole rafforzare le proprie competenze

L’Executive master in management offre una formazione in linea con questi principi. «Si tratta di un master in general management che si rivolge a chi ha un’esperienza di lavoro tipicamente consolidata e sente il bisogno di aggiornare e rafforzare le proprie competenze in aree chiave del sapere manageriale», illustra Franzò. «La struttura formativa si articola in quattro macro-blocchi. Il primo set di corsi si basa sui fondamentali di management, all’interno dei quali lo studente potrà scegliere tra i sei e gli otto corsi. Il secondo blocco è costituito da corsi elective: proponiamo oltre cento corsi, e tra questi gli allievi ne sceglieranno tra i sei e gli otto. Il terzo blocco è il Percorso executive: un percorso di otto moduli precostituiti che affrontano un macrotema da molteplici punti di vista fra loro complementari (digital transformation, project management, energy management e così via). Infine, il project work, che ha l’obiettivo di applicare le nozioni apprese fino a quel momento su un problema reale di stampo manageriale».

 

Dal networking al career empowerment, passando dalle soft skill

Il master, che può essere fruito online a seguito del manifestarsi della pandemia Covid-19, si caratterizza quindi per un’elevata personalizzazione dei contenuti. «È il suo punto di forza. Non solo perché ogni studente potrà scegliere quali ambiti approfondire, ma anche perché questo permetterà a tutti gli iscritti di incrociare un ampio numero di colleghi diversi da un corso all’altro e che condividono le medesime esigenze formative. Approssimativamente, il networking potrebbe raggiungere un’ampiezza di oltre un centinaio di persone, tutte legate da interessi comuni». Particolare rilievo, poi, è dato proprio alle soft skill, oltre che al career empowerment: «Oltre ai corsi maggiormente incentrati sulle competenze soft, abbiamo previsto una serie di iniziative a supporto dello sviluppo di carriera per i nostri allievi. Ad esempio, i nostri allievi avranno l’opportunità di confrontarsi con manager e head hunter, che illustreranno quali sono le competenze più appetibili dal mercato», conclude Franzò.

 

Recuperare la spiritualità (per diventare manager più consapevoli ed efficaci)

Oltre le soft skill. Il percorso executive in spiritualità e management si propone di guidare i suoi iscritti in un livello profondo di conoscenza dell’umano per dare vita a una contaminazione virtuosa con tematiche più legate al business. «Ci rivolgiamo a chi vuole conoscersi meglio per fare un salto in avanti», spiega il docente Luciano Traquandi

 

L’importanza delle soft skill in ambito formativo e lavorativo è ormai accettata da tutti. Esiste, però, un livello più profondo da esplorare, apparentemente antitetico rispetto a concetti come business, produttività, tecnologia, ma fondamentale per ritrovare un equilibrio profondo: la spiritualità. «Viviamo in un’epoca in cui l’eccesso di tecnologia, con i suoi percorsi definiti, può condurre a uno stato entropico, e quindi di decadenza. Lo spirito, invece, è profondamente umano e, per natura, anti-entropico. È proprio ciò di cui abbiamo bisogno», spiega il professor Luciano Traquandi, che per il MIP Politecnico di Milano cura il Percorso executive in spiritualità e management (SPEM).

 

Il bilanciamento tra umano e tecnologia

Ma che cosa significa, esattamente, spiritualità? E come mai il MIP ha deciso di dedicare addirittura un corso a questa tematica? «Abbiamo deciso di adoperare questo termine perché era quello che più di tutti indicava qualcosa di incommensurabile e intangibile, sfuggente a qualsiasi tipo di misurazione. Per capirne meglio la natura, pensiamo al termine “cultura”», spiega Traquandi. «Non si può “pesare” la cultura. Ma culture differenti portano a esiti differenti. Con il percorso SPEM vogliamo andare oltre, e affrontare dimensioni che spesso sfuggono».

Un corso, questo, che ha richiesto una lunga preparazione: «È da circa dieci anni che ci lavoriamo. Ma arriva nel momento ideale, in una fase storica in cui siamo profondamente scossi proprio da qualcosa di apparentemente insignificante e intangibile», illustra Traquandi, facendo riferimento al coronavirus. Ma questo bisogno di spiritualità è legato anche alla poderosa accelerazione tecnologica degli ultimi anni: «Il futurologo John Naisbitt affermava che all’high tech doveva corrispondere un high touch: ossia, un “tocco” umano che facesse da contrappeso alla tecnologia. Ma non commettiamo l’errore di mettere in contrapposizione questi due ambiti: la tecnica beneficia della spiritualità, e la spiritualità è aiutata dalla tecnica; pensiamo ad esempio a quei monaci buddhisti che sono anche fisici teorici», racconta Traquandi.

 

Non si quantifica: si percepisce

Gli obiettivi del percorso SPEM si legano proprio a questo ambito: proporre chiavi di lettura per la comprensione della dimensione dello spirito, allo scopo di una contaminazione virtuosa con il mondo della produzione. E la spiritualità ha ricadute su moltissimi ambiti: sul change management, sull’economia, sul diritto, sul decision making, persino sull’intelligenza artificiale. «La categoria dello spirito è pervasiva», spiega Traquandi. «Ma attenzione: non è possibile misurarla. Di fronte a questo, dobbiamo arrenderci. La possiamo sentire, percepire, avvertire, ma non controllare. E anche se questo corso è rigorosamente laico, vale la pena ricordare casi di aziende che, a seguito di acquisizioni problematiche hanno accettato delle vere e proprie analisi teologiche che hanno poi permesso di superare le criticità rilevate. Ed è normale che sia così: tutti noi viviamo questa dimensione profonda. Magari facciamo fatica a confessarlo a noi stessi, ma la viviamo».

 

Un percorso che mira alla comprensione

Il corso SPEM affronta tutti questi temi: «Si rivolge a persone coraggiose e sensibili, di grande competenza», spiega Traquandi. «Persone che sentono il bisogno di fare un salto in avanti, sia per lavoro sia per sé stessi. Perché proprio la conoscenza di sé è un elemento fondamentale di questo percorso. L’approccio è complesso. Ogni modulo sarà dedicato a un tema. E, visto che, come dicevamo prima, lo spirito è pervasivo, avremo dei relatori provenienti da ambiti molto diversi: medici, teologi, militari, imprenditori, esperti dal mondo della ricerca e dell’economia. Proporremo agli iscritti una molteplicità di stimoli, necessari per arrivare a una piena comprensione. Non ci sono e non possono esserci teorie e risultati unificati. Ogni partecipante vivrà un’esperienza personale che attingerà dal proprio serbatoio di spiritualità. Da questo punto di vista, sarà fondamentale la partecipazione: il confronto interno al gruppo sarà determinante per il successo di questa esperienza», conclude Traquandi.

«Data science e business analytics: oggi le aziende non possono farne a meno»

Il professor Carlo Vercellis, direttore del Percorso executive in data science e business analytics, racconta le ultime tendenze nel mercato dei big data e lancia un appello: «I consulenti esterni non bastano più. Ora le organizzazioni devono integrare queste figure al proprio interno»

 

Una crescita che da cinque anni si mantiene costantemente in doppia cifra, intorno al 20%, e investimenti che in Italia hanno raggiunto il valore di 1,7 miliardi di euro. È il mercato degli analytics, in parole semplici l’analisi dei dati, arrivato a un punto di svolta. «Ma ora è tempo di crescere», annuncia il professor Carlo Vercellis, Full Professor of Machine Learning al Politecnico di Milano, direttore del Percorso executive in data science e business analytics presso il MIP Politecnico di Milano e responsabile scientifico dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics. «Le grandi aziende hanno preso confidenza con questi strumenti, anche se finora si sono appoggiate soprattutto a consulenti esterni. È il momento di integrare queste figure all’interno delle organizzazioni, anche per le Pmi. Tante le sfide da affrontare, altrettante le figure professionali richieste e quindi gli sbocchi lavorativi per chi vuole operare in questo ambito».

 

Organizzazione, gestione, automazione dei processi: le ultime tendenze

Sono due, in particolare, le tendenze identificate da Vercellis. «La prima sfida è di ordine organizzativo e gestionale, e riguarda il governo della filiera dei progetti data driven, quelli basati cioè sui dati: passare dalle sperimentazioni, ormai sempre più numerose e complesse, al progetto pilota, e poi alla messa in produzione fino ad arrivare al deployment. La seconda sfida riguarda i processi di business, che devono essere cambiati in una prospettiva data driven. Pensiamo alla process automation, ossia un’automazione dei processi che sostituisca le attività umane a scarso valore aggiunto attraverso algoritmi che consentono ai software e ai robot di svolgere una serie di mansioni ripetitive. Questo consente di liberare numerose risorse, umane e materiali».

 

Tanti dati, tanti algoritmi: la necessità di una consapevolezza funzionale

I dati, però, da soli non bastano. Bisogna saperli interrogare, leggere, interpretare, e per questo c’è bisogno di professionalità specifiche: «Siamo sommersi dai dati. Le due fonti principali sono le attività social, che forniscono dati non strutturati, non riducibili a tabelle di numeri; e l’Internet of Things, ossia quella rete di oggetti, elettrodomestici inclusi, con caratteristiche smart, che raccolgono moli di dati più strutturati», spiega Vercellis. «Per leggerli bisogna sapere quali strumenti di analisi impiegare: parliamo degli algoritmi, ovviamente, che pur condividendo delle impostazioni di base non sono tutti uguali. A seconda del compito che gli si chiede di svolgere, uno può rivelarsi più adatto di un altro. Per questo c’è bisogno di figure dotate di “consapevolezza funzionale”: esperti capaci di adoperare gli strumenti di data e business analytics, senza dover essere dei tecnici. Sono queste le professionalità che oggi le aziende cominciano a cercare, perché pian piano ci si sta rendendo conto che i consulenti esterni non bastano».

 

Gli sbocchi professionali nel mondo degli analytics

I profili di questo tipo sono diversi. «Si va dal business user, capace di comprendere logiche e limiti di questi strumenti, al translator, una figura ponte che conosce i linguaggi del data science e del business, ed è in grado di far comunicare tra loro questi due mondi. Le figure oggi sono sempre più tecniche: ci sono il data scientist, il data engineer, il business analytics data scientist solution architect».

Il Percorso executive in data science e business analytics del MIP Politecnico di Milano si propone esattamente di formare professionalità variegati delle diverse tipologie indicate: «È un corso che inizia a ottobre, richiede un impegno di due giorni al mese e tocca tutti i temi legati a quest’ambito», illustra Vercellis. «Prevede delle sessioni di hands-on e, infine, un project work conclusivo grazie al quale gli studenti dovranno applicare le nozioni apprese a un problema, proposto da loro stessi o dai docenti della faculty del MIP. Il corso è rivolto ai singoli, che magari cercano un reskill, ma mi aspetto che siano soprattutto le aziende a sfruttare quest’occasione: è una grande opportunità per formare una risorsa interna in grado di gestire le esigenze dell’organizzazione, un compito che un consulente esterno non sarebbe mai in grado di svolgere».

 

«La visione del MIP per le HR è moderna e contemporanea»

La gestione delle risorse umane si fonde con gli strumenti del marketing e richiede competenze sempre nuove e aggiornate. L’obiettivo è valorizzare i singoli, partendo dalla lezione della diversity. Ce lo spiega Chiara Lombardi, human resource manager di Emilio Pucci e alumna del MIP.

Una rinnovata centralità del valore umano, unita a una gestione competente e qualificata. È questo il futuro, e per certi aspetti già il presente, della gestione delle risorse umane all’interno di un’organizzazione. Così sostiene Chiara Lombardi, human resource manager presso Emilio Pucci, maison italiana parte del gruppo Lvmh, e alumna del percorso executive in Human Resource Business Leader presso il MIP Politecnico di Milano. «L’Hr non ammette improvvisazioni. Tantomeno oggi, considerato il legame sempre più stretto con gli strumenti del marketing, necessari alle aziende per mettere in atto strategie di attraction e retention dei talenti».

Una didattica basata sul confronto

La visione di Chiara è maturata dopo lunghi anni di esperienza nel settore, preceduti da una laurea in lingue e perfezionati anche grazie al percorso executive, dove si è iscritta con l’obiettivo di consolidare le proprie competenze: «Ho sempre nutrito un grande interesse per le risorse umane, e con il passare del tempo ho capito che volevo trasformarmi in un’Hr manager dall’impostazione più strategica. Al contempo mi sono resa conto che, per farlo, mi mancavano alcune competenze hard. Per questo mi sono iscritta al percorso proposto dal MIP». All’inizio, si aspettava lezioni frontali dall’impostazione decisamente accademica, ma presto si è accorta che, in realtà, un elemento fondante del corso consisteva nel coinvolgimento attivo degli studenti: «Ai docenti di alto livello si affiancava la collaborazione delle aziende, grazie alle quali avevamo un punto di vista privilegiato e attuale sulla realtà delle Hr. Ma è stato dato molto spazio anche alle interazioni tra noi studenti, che hanno dato vita a confronti aperti, portatori di una grande ricchezza di contenuti. Per questo consiglio di avvicinarsi a questo corso aprendo occhi e mente il più possibile. Il ventaglio di contenuti, possibilità, soluzioni è così ampio che rappresenta un’opportunità di apprendimento irripetibile».

I frutti di questo periodo formazione, per Chiara, sono evidenti: «Non sarei stata così efficace sul mercato del lavoro senza le consapevolezze guadagnate all’interno del percorso. Per me è stata una vera e propria boccata d’aria fresca, che mi ha dato tante opportunità di apprendimento e tante competenze in più da usare sia nella mia azienda sia nella mia fase di transizione lavorativa».

Tra cambiamento e diversity

C’è un altro versante, però, dove le esigenze di Lombardi hanno trovato risposta nel percorso executive del MIP. Perché se è vero che le competenze hard sono fondamentali, le risorse umane non possono comunque prescindere dalle persone. «Il mio obiettivo è rendere centrale nelle aziende in cui lavoro la tematica del cambiamento, da portare avanti con azioni piccole e grandi. Al MIP ho potuto rafforzare una visione moderna e contemporanea e approfondire convinzioni che fanno bene sia alle risorse sia alle aziende. Penso al tema della diversity, ad esempio, ormai fondamentale e ineludibile. Non si può prescindere dalla valorizzazione delle risorse umane. Se una persona viene trattata in maniera corretta, fornirà più volentieri il proprio contributo, generando valore e ricchezza tanto per l’impresa quanto per le persone che lavorano al suo fianco».

Un tema che Lombardi ha particolarmente a cuore, visto che ormai dal 2018 è mentor e coach per Young Women Network, realtà no-profit che ha come obiettivo l’empowerment delle giovani donne. «Il tema della leadership femminile è importantissimo, e ho apprezzato moltissimo come è stata affrontata la questione della diversity al MIP (che inoltre, con l’iniziativa Mip4Women, mette a disposizione delle candidate donne un contributo di 1000 euro, ndr). Purtroppo in molte aziende scarseggiano gli esempi di manager donne da prendere a modello, visto che i consigli di amministrazione sono ancora per larga parte al maschile. La situazione può evolvere, ma dobbiamo impegnarci tutti nel diventare promoter del cambiamento».

MIP Management Academy: la formazione executive passa online

La formazione executive non si ferma e passa online. Allo scopo di venire incontro alle esigenze di quanti desiderano non interrompere la propria formazione e sfruttare questo particolare periodo per approfondire e migliorare le proprie skills, la MIP Management Academy ha deciso di attivare una serie di nuovi workshop, fruibili in modalità online.

Nel mese di maggio, dunque, sarà possibile prendere parte a corsi di 4 ore, dedicati a temi come Customer experience, Analisi e gestione del cliente, Relazione tra azienda e agenzia di comunicazione, E-commerce.

Nello specifico, si tratterà di 4 nuovi corsi:

Analisi e gestione del cliente: customer lifetime value e churn analysis – 6 maggio

eCommerce Marketing – 14 maggio

La relazione tra azienda e agenzia di comunicazione: processi, strumenti e best practice – 15 maggio

Creare valore attraverso la customer experience – 20 maggio

Per saperne di più sui workshop e sui corsi in presenza passati alla modalità online, scopri il catalogo dei corsi brevi dedicati al Marketing della MIP Management Academy.

Scopri l’offerta della Management Academy

Presentazioni di marzo

Inizia il 2019 con la Management Academy

La fine dell’anno coincide con il momento dei buoni propositi. In cima alla lista ci sono formazione e sviluppo professionale? La Management Academy, con il suo portfolio rivolto ai profili executive, vi permetterà di approfondire i temi di attualità necessari alla vostra crescita. La flessibilità che contraddistingue la Management Academy offre agli allievi la possibilità di costruire un percorso su misura, sia per contenuti che per tempi e modalità di erogazione.
Ora non resta che trovare il corso più adatto alle tue esigenze!

Ecco i prossimi corsi in partenza:

Scoprite di più sui programmi partecipando alle presentazioni dedicate oppure contattate il nostro staff per una consulenza personalizzata.