Il manager del futuro? È un designer

Designer che diventano manager, manager che apprendono gli strumenti del design. La “contaminazione” tra queste professionalità è una delle risposte alla complessità crescente. Ed è al centro del Master in Strategic Design for Innovation and Transformation, come raccontano Claudio Dell’Era e Cabirio Cautela

Fino a pochi anni fa eravamo (o credevamo di essere) in grado di comprendere il mondo affidandoci a un approccio analitico, basato cioè su metodologie, logiche e categorie ben definite. Oggi non è più così. La crescente complessità richiede un cambio di passo, con il coinvolgimento di nuove abilità come l’intuitività e la creatività. «È il motivo per cui i manager di oggi possono trarre vantaggio dall’adozione delle competenze offerte dal design», ci spiega il professor Claudio Dell’Era, che insieme al professor Cabirio Cautela è co-direttore del master in Strategic design for Innovation and Transformation presso il MIP Politecnico di Milano. «Le sfide del mondo del lavoro odierno richiedono infatti una figura manageriale potenziata, più contemporanea e progressivamente sempre più richiesta».

L’evoluzione dei designer

D’altra parte, gli stessi designer nel corso degli ultimi vent’anni hanno visto una progressiva evoluzione del proprio ruolo. «Da una parte sono passati dall’essere figure tecniche a diventare sempre più manager. Basti pensare all’automotive, ad esempio, con Chris Bangle in Bmw e Walter De Silva in Audi, e poi in tutti quei settori in cui il linguaggio del prodotto, la sua struttura, il significato hanno un impatto importante sul posizionamento» spiega Cautela. «Dall’altra, i designer hanno iniziato a essere sempre più presenti nei reparti marketing delle aziende, diventando fondamentali non tanto nel design dei prodotti, quanto nelle nuove soluzioni di offerta, ossia quel processo integrato tra prodotto, servizio, comunicazione e distribuzione».

L’umano al centro

Il motivo per cui un’azienda regolata sui principi del design finisce per acquisire un vantaggio competitivo, è la centralità dell’elemento umano. «Il design presuppone un coinvolgimento dal basso dei dipendenti. Solo in questo modo è possibile dare un senso alla propria attività lavorativa, anteponendo i valori umani a quelli più funzionali e tecnici», spiega Dell’Era. «Si tratta di una dinamica sempre più indispensabile, una necessità più che una scelta». Le ricadute sono positive anche per gli utenti: «La nuova ricetta per l’innovazione deve spingerci a creare prodotti, servizi e soluzioni che rendano più piacevoli le esperienze di vita delle persone. Sono quelle persone che dobbiamo mettere al centro delle nostre riflessioni».

Il buon design fa vendere meglio

Un punto di vista che trova eco anche nelle considerazioni di Cautela: «Il buon design fa vendere di più, ma soprattutto fa vendere meglio. Perché parte da una visione delle persone, e non aziendale, perché mette al centro il cambiamento, i modelli culturali emergenti, le relazioni. Il business è una conseguenza, non il fine». E ne traggono beneficio anche i lavoratori coinvolti: «L’employee engagement, ossia il coinvolgimento dei lavoratori, è maggiore se è legato a una motivazione profonda, a un purpose. Che non è il profitto, o lo stipendio più alto. Il design leader deve trasmettere proprio questo concetto: lo scopo è cambiare in un certo modo la vita delle persone. Un approccio che permette di trattenere le risorse umane che credono davvero nello scopo aziendale, dando loro modo di valorizzare la propria creatività».

Il master

Sono i temi e le sfide a cui il Master in Strategic Design for Innovation and Transformation cerca di rispondere, offrendo una formazione che si rivolge ai manager che vogliono acquisire strumenti di design e ai designer che invece sentono il bisogno di una formazione manageriale più forte. «La domanda da cui siamo partiti è: chi è il design leader?» spiega Cautela. «La risposta è che si tratta di una figura che non ha solo una capacità propositiva esterna, ma che infonde nuovi valori nell’organizzazione. Per definire questa figura, abbiamo utilizzato quattro blocchi tematici: il primo riguarda il design come lente con cui affrontare l’innovazione, per dare valore ai prodotti anche per i significati che incarnano. Il secondo tema è quello della leadership e dell’engagement, come abbiamo detto. Il terzo è quello dei dati a supporto della creatività: non i big data, ma i “thick” data, i dati qualitativi (sentimenti, reazioni) che danno informazioni sui singoli alle prese con gli oggetti. Infine, il quarto blocco riguarda il problema dell’integrazione della creatività nelle organizzazioni. Come si può fare? È una questione che si riscontra spesso nelle big corporation, perché l’integrazione dei nuovi processi creativi è sempre complessa. Ma, se fatta bene, può portare grandi benefici».

Design e tecnologie innovative per una società inclusiva: nuovo Joint Research Center


Creare un mondo più inclusivo e più smart: questo lo scopo del nuovo Joint Research Center “Design e tecnologie innovative per una società inclusiva” creato con un accordo quinquennale tra Politecnico di Milano, NTT DATA e POLI. Design, a cui partecipa come partner anche il Dipartimento di Ingegneria Gestionale della School of Management.

Nel nuovo Research Center lavoreranno NTT DATA, multinazionale giapponese leader nella consulenza e nel settore IT, POLI.Design, realtà di riferimento per la formazione post laurea e che svolge un ruolo di cerniera tra università, istituzioni, imprese e lavoro, e per il Politecnico il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria, il Dipartimento di Design e il Dipartimento di Ingegneria Gestionale.

La volontà di lavorare insieme nasce non solo dal desiderio di compiere studi congiunti su tematiche tecnologiche innovative, ma anche e soprattutto dalla condivisione di valori importanti da promuovere insieme, quali il supporto all’uguaglianza, alla diversità e all’inclusione.

Obiettivo primario della collaborazione è avviare una trasformazione culturale, abilitata da un uso sinergico degli strumenti tecnologici e di design più avanzati, per “mettere l’uomo al centro”, supportando uno sviluppo inclusivo della società portando la tecnologia al servizio dell’individuo.

La collaborazione prevede il finanziamento di attività e progetti di ricerca che interesseranno diversi ambiti e tematiche di primaria rilevanza per ideare e realizzare soluzioni tecnologiche “trasparenti” che impattino sulla vita quotidiana individuale: Smart Mobility, Cybersecurity, Blockchain, Internet of Humans, Diversity Management, Universal Design, Design for Social Benefit, Product and Service Design.

In particolare, il contributo del Dipartimento di Ingegneria Gestionale si focalizzerà sui temi Data Analytics e Technology Tools for Diversity and Inclusion, in stretta collaborazione con il Dipartimento di Elettronica, Informatica e Bioingegneria del Politecnico di Milano.

Per saperne di più, leggi il comunicato stampa.

MBA Full Time 2020: la specializzazione in Luxury and Design Management

La Concentration dell’MBA del MIP si propone di far toccare con mano agli studenti il lusso made in Italy, con uno study tour organizzato in importanti distretti produttivi. L’obiettivo è formare professionalità in grado di confrontarsi con i maggiori trend in atto.

Capire le peculiarità del mercato del lusso made in Italy, per potervi lavorare innovando e conservando la tradizione di brand storici: è l’obiettivo della specializzazione in Luxury and design management, una delle quattro Concentrations che dal 2020 permetteranno agli iscritti dell’Mba full time del MIP Politecnico di Milano di approfondire un ambito a loro scelta. «Chi sceglierà il percorso Luxury potrà scoprire i segreti di aziende italiane, magari ancora in mano alla famiglia fondatrice, che però sono state capaci di diventare leader mondiali del settore», spiega il professor Alessandro Brun, professore al Politecnico di Milano, Direttore del master in Global Luxury Management (MGLuxM)

Il lusso tra strategia e operatività

Le specializzazioni sono dei percorsi che vanno a rispondere a esigenze specifiche delle aziende, che cercano sì figure formate nell’ambito del management, ma che richiedono anche competenze più approfondite. Il lusso è uno di questi ambiti. «Ma attenzione, non è solo fashion», precisa Brun. «Intendiamo, invece, tutto ciò che è definibile di alta gamma, in qualsiasi settore. Auto sportive, nautica, gioielli, design e arredo. E spesso sono soprattutto gli studenti stranieri a essere particolarmente interessati a comprendere i motivi profondi del successo globale del made in Italy». Le modalità didattiche della specializzazione in Luxury and design management conservano la stessa caratteristica chiave delle altre Concentrations: un’impostazione eminentemente pratica. «Le prime due settimane avranno un avvio più tradizionale, anche se già in questo momento verrà attivata la modalità bootcamp, con dei progetti assegnati agli iscritti da svolgere a stretto contatto con i manager delle aziende. Nella prima settimana toccheremo elementi strategici: cos’è il lusso, chi sono i principali player e come si compete in questo settore, come si svolge un’analisi di mercato, come si definisce il posizionamento, fino ad arrivare al go to market. Nella seconda settimana si affrontano temi molto più operativi: sostenibilità della supply chain, i diversi modelli di retail, la gestione delle scorte, l’ottimizzazione dei flussi a livelli di filiera».

In viaggio alla scoperta delle eccellenze made in Italy

Ma è soprattutto nella terza settimana che tutti questi elementi vengono visti davvero in azione. «Abbiamo approntato quello che è un vero e proprio Study tour», racconta Brun, «un’ultima settimana di bootcamp pensata e organizzata come un viaggio attraverso il tessuto produttivo italiano. Partiremo da Milano in pullman. La prima tappa sarà nel modenese, territorio con una grande tradizione nella produzione di auto di lusso; ma ci sarà modo di visitare anche un’acetaia, poiché anche l’aceto balsamico è un prodotto con caratteristiche luxury nel mondo del food. Ci sposteremo poi in Toscana, dove si trovano distretti altrettanto interessanti: penso alla pelletteria, alle scarpe. In questi anni, a proposito, stiamo lavorando a stretto contatto con Prada, Gucci, Ferragamo. Inoltre non potranno mancare un paio di experience esclusive legate al vino, tutte accompagnate da manager che ci parleranno di idee e modelli di business innovativi».

I trend delle professioni legate al lusso

L’obiettivo di questa specializzazione è concorrere alla creazione di professionalità che possano ricoprire non solo i ruoli più tradizionali del settore, ma anche quelli legati a trend in rapido sviluppo. «Pensiamo alla centralità del canale di vendita online in Cina. Ormai l’uso della Rete per l’acquisto di prodotti di lusso è sdoganato, ma bisogna essere in grado di gestire gli elementi tecnologici e di customer journey per garantire al cliente l’esperienza che sta cercando», spiega Brun. «Non meno rilevante è il tema della visibilità e della tracciabilità: include aspetti di comunicazione, sicurezza, lotta alla contraffazione e sostenibilità. Le aziende del lusso devono progettare catene distributive globali che siano una garanzia per gli acquisti. Un terzo tema riguarda poi la sfida dell’innovazione, da portare avanti mantenendo il legame con la tradizione: un bene di lusso deve essere al contempo perfettamente moderno e ricco di storia. Qui si vede la capacità di chi sa gestire innovazione e design. E una sola competenza non basta. Ce ne vogliono diverse, e bisogna saperle integrare», conclude Brun.