Open Lab Smart Home – Time to HACK!

Sei appassionato di IoT? Passi il tempo libero smanettando con dispositivi elettronici? Oppure sei uno sviluppatore software, appassionato di C++, Java, Python o altri linguaggi?
Che tu sia studente, laureato o appassionato, questa è la sfida che fa per te.
Partecipa all’Hackathon “Open Lab Smart home – Time to HACK!” e mettiti alla prova in uno dei contesti più dinamici ed innovativi del mondo IoT: la Smart Home.

Dai spazio alla tua creatività: fai parlare tra loro gli oggetti della casa intelligente usando oltre 30 dispositivi multi-brand e i relativi product-cloud per costruire nuovi scenari, use-case ed esperienze.

I migliori progetti verranno selezionati e accompagnati lungo un percorso di sviluppo verso l’implementazione di un proof-of-concept, con il supporto del laboratorio IOT del Politecnico di Milano e 8 aziende leader del settore. Le 3 squadre migliori saranno premiate con dispositivi per la smart home e gadget per un valore complessivo di oltre 3.000€.

Le idee sviluppate rimarranno di proprietà dei proponenti, che potranno eventualmente proporle sul mercato avvalendosi del supporto di nostre aziende partner.

La partecipazione è gratuita.
Registrati subito qui: http://tiny.cc/OpenLabHackathon

Per maggiori informazioni:
https://www.iotlab.polimi.it/open-lab-smart-home-time-to-hack/

CleanTech Challenge Italy

 

È il MIP la Business School italiana scelta per organizzare la CleanTech Challange Italy, la fase italiana della competizione internazionale dedicata al mondo delle tecnologie sostenibili, supervisionata dalla London Business School (LBS) e dalla University College London (UCL).

La sfida consiste nello sviluppare idee innovative nel campo della clean technology, dalla fase di progettazione fino all’ottenimento di fondi per realizzare il progetto.

La CleanTech Challange è una competizione improntata sull’innovazione globale, aperta a studenti e Alumni provenienti dalle migliori università e business school del mondo, al fine di riconoscere le idee cleantech con le seguenti caratteristiche:

– sono innovative e originali

– hanno un potenziale in termini di business

– hanno un impatto positivo sull’ambiente

Alumni e studenti potranno presentare la propria idea entro il 1 Marzo 2020 alle ore 23:59.

I progetti finalisti saranno presentati presso la sede del MIP il 3 e 4 Aprile 2020.

Alla fine della fase italiana, saranno assegnati due premi predisposti dall’Associazione Gianluca Spina, l’associazione non profit, creata per lo sviluppo di progetti educativi e innovativi e fondata in onore dell’ex Presidente e Dean del MIP, scomparso prematuramente nel 2015.

I due premi saranno così suddivisi:

– Premio di €5,000 al gruppo vincitore della CleanTech Challange

– Premio di €3,000 eventuale nel caso non sia il primo, per la migliore idea che supporterà la #plastic challange, ovvero la riduzione della produzione e l’abbandono di plastica a livello ambientale.

I vincitori rappresenteranno, poi, l’Italia alle finali della CleanTech Challange, che si terrà presso la London Business School il 23 e 24 Aprile 2020.

In questa fase finale il premio ammonta a £10,000

Ai partecipanti è chiesto di inviare, entro la scadenza del 1 marzo, un estratto di 300 parole via email a CleantechChallenge2020@mip.polimi.it.

Per maggiori informazioni sulla programmazione e sul regolamento della competizione, registrati QUI.

Formare, innovare, adattarsi al contesto: il futuro del MIP

Vittorio Chiesa e Federico Frattini, da poco nominati rispettivamente Presidente e Dean, raccontano cambiamenti, strategia e obiettivi della Graduate School of Business del Politecnico di Milano

Archiviato il quarantennale celebrato nel 2019, il MIP inizia il 2020 all’insegna del cambiamento. A partire dai vertici. Vittorio Chiesa e Federico Frattini vanno a ricoprire rispettivamente le cariche di Presidente e Dean.
Cambiano quindi le persone nei ruoli di responsabilità, ma non cambia l’obiettivo della Business School: offrire ai propri studenti tutti gli strumenti per competere in un mercato del lavoro sempre più complesso. Ma, per farlo, è necessario mettere in campo nuove proposte e nuove strategie. «Lo scenario delle business school si è trasformato», ci racconta Vittorio Chiesa. «Il panorama in cui agiamo è cambiato, è diventato più competitivo e ha messo in discussione il modello della formazione tradizionale, mostrandone tutti i suoi limiti». Una realtà che, come ribadisce Federico Frattini, «impone un ripensamento nelle modalità di erogazione dell’offerta formativa, sempre più orientata al lifelong learning».

La digitalizzazione che guarda al mondo

Contenuti nuovi, formati differenti, lifelong learning: sono le parole chiave che raccontano le linee guida del MIP, e che a loro volta indicano anche le sfide da affrontare. «La prima riguarda l’innovazione delle modalità con cui avviene la formazione», spiega Frattini. «Vogliamo portare avanti una riflessione sugli spazi fisici in cui formiamo i nostri studenti. Il campus del futuro è distribuito, costituito da spazi più piccoli, agili e flessibili. È un’evoluzione resa possibile dalle tecnologie digitali. Ma proprio in quest’ottica dobbiamo interrogarci sulla natura dei formati: sono corretti? Possono diventare più integrabili con la vita professionale e privata dei nostri studenti? Noi abbiamo già sperimentato con dei progetti in questo campo, ad esempio con Flexa, ma dobbiamo fare ancora di più in ottica di continuous learning».
La digitalizzazione, d’altra parte, è uno dei due assi strategici che hanno portato alla crescita del MIP negli ultimi anni. «L’altro», racconta Vittorio Chiesa, «è l’internazionalizzazione. Le nostre classi accolgono studenti da tutto il mondo. Ma non dobbiamo fermarci qui: dobbiamo allargare il nostro scope geografico. E se da una parte possiamo contare su una città, Milano, che ormai può vantare lo stesso appeal delle più grandi e moderne capitali europee, dall’altra sta anche a noi espandere la nostra portata internazionale. La seconda sfida è questa».

Insieme alle aziende la formazione è continua

La terza e ultima sfida, invece, si ricollega al tema della formazione continua: «Va ripensato il concetto stesso di alumnus», interviene Federico Frattini. «Fino a non molto tempo fa, un percorso di formazione come un master terminava ed avviava gli studenti al lavoro. Oggi questo passaggio non è più così netto: il bisogno di formazione è continuo, per questo la didattica va ripensata secondo questa prospettiva. Ed è per questo che non possiamo prescindere dallo sviluppare nei nostri studenti capacità critiche ed il saper apprendere».
La stessa natura societaria del MIP offre un punto di vista privilegiato sulla realtà del mondo del lavoro e sulle esigenze delle aziende, come spiega il presidente Chiesa: «Il MIP è una società consortile per azioni senza scopo di lucro. Nel CDA del MIP siedono numerose aziende leader italiane e internazionali. Abbiamo notato che questa presenza si è tradotta in una moltiplicazione del valore della nostra offerta, sempre al passo con le richieste che arrivano dal mondo del lavoro».

Una business school competitiva

Le sfide, quindi, sono chiare. Così come la strategia per il futuro. «il panorama della business education è un contesto altamente competitivo», conclude Federico Frattini. «Una business school è a tutti gli effetti una azienda soggetta a forti pressioni competitive, determinate dall’ingresso di nuovi competitor nel mercato ed accelerate dalla digitalizzazione. La nostra priorità è impostare una modalità di gestione della scuola improntata a una professionalizzazione sempre maggiore. Lo si può fare coinvolgendo persone con capacità e competenze specifiche. Competitività, professionalità e velocità d’azione sono tre parole chiave per il futuro del MIP».

Il prodotto non basta. Il B2B e la sfida della trasformazione digitale

 

Il digitale rivoluziona anche il rapporto tra fornitore e cliente. Le parole chiave delle imprese diventano così marketing e servizio

Marketing e imprese B2B: un connubio recente, ma già imprescindibile. Fino a poco tempo fa era il reparto commerciale a occuparsi tanto della costruzione della reputazione nei confronti delle aziende, quanto della conversione di queste in clienti. Con la trasformazione digitale il panorama è mutato. Le imprese italiane, storicamente poco sensibili al marketing, sono ora protagoniste di una presa di coscienza improvvisa. Ce lo spiega il professor Giuliano Noci, Professore di Strategia e Marketing
presso il Politecnico di Milano: «Il cambiamento deriva da due elementi. Uno è di ordine tecnologico, l’altro è legato a un calo di risultati delle reti commerciali tradizionali».

La tecnologia impone un rapporto più profondo con il cliente

La componente tecnologica che impone alle aziende B2B di puntare sul marketing presenta due aspetti: «Innanzitutto, oggi non basta più che il prodotto sia tecnologicamente avanzato. Per essere attrattivo deve funzionare in un certo modo, secondo le aspettative del cliente», racconta Noci. «Viene rivoluzionato il rapporto tra fornitore e cliente, dove quest’ultimo non compra tanto il prodotto, quanto piuttosto il servizio a esso associato. Tradizionalmente, le imprese B2B hanno sempre vantato una grande conoscenza di ciò che vendevano, a cui però non corrispondeva una conoscenza altrettanto approfondita del cliente e dei suoi bisogni. Il marketing, oggi, è lo strumento con cui instaurare questa nuova intimità. Ed è qui che entra in gioco il secondo elemento legato all’aspetto tecnologico: i confini della competizione oggi sono mutevoli. Le analisi organiche e sistematiche del contesto, dei competitori, dei clienti diventano cruciali. Solo conoscendo tutti questi fattori si possono intercettare i trend e rispondere ai bisogni dei clienti, fornendo loro dei servizi che altrimenti sarebbero erogati da qualcun altro».

La relazione, prima della transazione

D’altra parte, le performance delle reti commerciali a cui si sono appoggiate finora le aziende non sono paragonabili a quelle di una volta. Questo impone un ripensamento strategico, secondo Noci: «Il buyer industriale adotta comportamenti simili a quelli dei privati che oggi comprano online. Si costruisce una rete di alternative di acquisto possibili, e solo dopo incontra il fornitore. Questo significa che bisogna pensare alla costruzione di un sistema omnicanale, a partire dal classico sito web, per proseguire anche sui social, come LinkedIn. Per gestire tutti questi nuovi elementi, diventa ineludibile l’integrazione tra marketing e commerciale, tant’è che quest’ultimo vira sempre più verso la funzione di advisor nei confronti dei clienti».
Questi cambiamenti impongono alle aziende un ribaltamento dei paradigmi operativi: «Il modello su cui basarsi non sarà più transazionale, ma relazionale, perché le nuove tecnologie sublimano la dimensione umana. Analogamente, non bisogna più pensare in termini di prodotto, ma di servizio. Se un’azienda invece si appiattisce sul prodotto, potrà avere dei margini operativi solo su quello, mentre la vera sfida e i veri guadagni sono legati ai servizi connessi al prodotto stesso. Ci vuole coraggio, soprattutto per le piccole imprese, che possono sfruttare una maggiore flessibilità: uscire dalla comfort zone, e capire come posizionarsi in una rete di imprese che offrono servizi», consiglia Noci.

Per i manager la sfida è culturale

In questo processo le figure dei manager diventano fondamentali. «Non devono essere solo estremamente competenti e avere capacità di marketing e strategiche. Poiché devono portare le aziende a un cambiamento che è prima di tutto culturale, devono possedere grandi capacità di leadership, con le quali farsi seguire anche da chi per molti anni ha lavorato in un contesto differente» conclude Noci. In questa prospettiva i corsi brevi dell’area B2B del marketing del MIP hanno l’obiettivo di fornire strumenti concreti per far fronte alla crescente importanza della trasformazione digitale.

Master in Performing Arts Management: aperte le iscrizioni

Sono aperte le iscrizioni per la nuova edizione del Master in Performing Arts Management (MPAM), in partenza a novembre 2020.

Per saperne di più, partecipa alle presentazioni in programma:

-Martedì 22 gennaio alle ore 17.30, presso il nostro partner Accademia Teatro Alla Scala

Martedì 28 gennaio al MIP.

Il Master MPAM, infatti, è stato sviluppato in partnership con Accademia Teatro alla Scala e in collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa.

Prendere parte a questo Master significa comprendere a fondo l’intero mondo delle arti performative.

Lo stretto legame con il Teatro alla Scala e la possibilità di frequentare lezioni tenute da professionisti, infatti, consentono agli studenti di acquisire conoscenze teoriche e pratiche estremamente approfondite, arricchite da internship presso alcune delle più importanti istituzioni culturali italiane e internazionali.

Career Development Training 2020

Il Career Development Center riapre la stagione 2020 con un catalogo formativo di 12 Career Workshop e Career Lab, realizzato in collaborazione con prestigiosi Trainer e Coach, esperti di Career Management a livello internazionale.

Questo percorso esclusivo, dedicato ai corsi MBA ed Executive MBA, consente di sviluppare competenze di Career Self-Design che, all’interno di un mercato del lavoro sempre più complesso ed esigente, risultano fondamentali per trasformarsi in “Career Leader” di successo.

Grazie al team IP Career Trainer MIP, di cui fanno parte, tra gli altri, Luigi Centenaro, Fondatore e Managing Partner di Big Name,  Sandra Bichl, Partner di Career Angels ed Edorado Sala, Director di Ideas on Stage, i partecipanti potranno, a partire dalla definizione di un obiettivo professionale individuale, acquisire la metodologia e gli strumenti necessari a costruire un piano di sviluppo personalizzato.

Obiettivo finale? Diventare imprenditori di sè stessi.

Food Policy. Oltre 150mila pasti recuperati con 77 tonnellate di cibo: il successo dell’Hub di via Borsieri

Pronto a partire un nuovo centro contro lo spreco alimentare nel Municipio 3

L’Hub di quartiere di via Borsieri contro lo spreco alimentare compie un anno e festeggia con un grande successo: 77 tonnellate di cibo per 154.000 pasti equivalenti recuperati e 21 organizzazioni non profit coinvolte, 11 supermercati e 5 mense aziendali. Pronto a decollare un nuovo Hub in Municipio 3.

Possiamo decisamente parlare di un grande successo per l’Hub di via Borsieri – commenta la Vicesindaco con delega alla Food Policy Anna Scavuzzo –, che ha così posto le basi per poter essere replicato anche in altri Municipi. I numeri raggiunti dimostrano ancora una volta che se tutti gli attori collaborano per un obiettivo comune è possibile creare una rete efficace e solidale capace di rispondere ai bisogni anche di una grande città come Milano. Grazie alla partecipazione di due nuovi importanti attori come AVIS Comunale di Milano e Banca di Credito Cooperativo di Milano siamo dunque pronti ora a partire anche nel Municipio 3”.

Il progetto dell’Hub di quartiere è nato all’interno delle azioni definite nel protocollo “Zero Sprechi” promosso da Comune di Milano, Assolombarda, Politecnico di Milano, realizzato in collaborazione con Banco Alimentare della Lombardia e sostenuto dal Programma QuBì – La ricetta contro la povertà infantile promosso da Fondazione Cariplo con il sostegno di Fondazione Vismara, Intesa Sanpaolo, Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi, Fondazione Fiera Milano e Fondazione Snam.
Programma QuBì – afferma Monica Villa Vicedirettrice dell’area servizi alla persona della Fondazione Cariplo – ha scelto fin da subito di sostenere gli Hub in quanto permettono di recuperare il fresco, in particolare frutta e verdura e quindi migliorare l’alimentazione delle persone in povertà.
Programma QuBì continuerà a sostenere anche per il 2020 l’Hub di via Borsieri e quello del Municipio 4, che lavoreranno in connessione con il nuovo Hub di Lambrate.

Obiettivo dell’Hub di quartiere è quello di fornire risposte concrete alla domanda di riduzione degli sprechi alimentari in città e di accesso al cibo da parte delle persone bisognose, garantendo un servizio di raccolta alimentare e redistribuzione su piccola scala.
Le tonnellate di cibo donato nell’Hub di via Borsieri sono state 77, per un totale di circa 154.000 pasti equivalenti, con un valore economico di 308.000 euro, raggiungendo i livelli previsti dal modello studiato dal Politecnico di Milano tra i partner del progetto. Sono inoltre aumentati nel corso dell’anno gli attori sociali che usufruiscono del servizio: le organizzazioni non profit sono infatti passate da 14 a 21.

Esprimo una enorme soddisfazione nell’aver contribuito a realizzare una soluzione di sistema per affrontare il recupero delle eccedenze piccole e diffuse, le più difficili da gestire. Questi progetti hanno un valore di educazione alla solidarietà – sia per i singoli sia per la collettività – di cui abbiamo profondo bisogno in questa epoca in cui sono alti i rischi di aumento della disuguaglianza sociale e della emarginazione” afferma Alessandro Perego, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Gestionale e Responsabile Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano.

A distanza di un anno i risultati del progetto, stimolato e coordinato da Banco Alimentare della Lombardia nella logistica e nel rispetto degli aspetti igienico sanitari, confermano che è una risposta vincente al bisogno alimentare sul territorio grazie alla rete di collaborazione tra Istituzioni Pubbliche, profit, non profit e Università.” dichiara Marco Magnelli, Direttore di Banco Alimentare della Lombardia.

Anche molte aziende associate ad Assolombarda, attraverso le mense hanno partecipato alla donazione del cibo in avanzo favorendo la diminuzione degli sprechi. A queste si aggiungono anche quelle della grande distribuzione organizzata che recupera ogni giorno diverse tipologie di alimenti che transitano dall’Hub e vengono redistribuiti ai diversi soggetti – in totale 11 supermercati e 5 mense aziendali.

Il successo dell’Hub di Quartiere di via Borsieri e l’ apertura del nuovo Hub nel Municipio 3 sono la dimostrazione della forza del fare sistema – ha dichiarato Alessandro Scarabelli, Direttore Generale di Assolombarda -. Un traguardo che ci rende orgogliosi, reso possibile grazie anche al determinante contributo delle nostre imprese, che hanno deciso di giocare un ruolo attivo per ridurre lo spreco alimentare promuovendo un modello replicabile ed efficace. I risultati dell’iniziativa ci spingono a rafforzare il nostro impegno sul tema, con l’obiettivo di diffondere sempre di più le buone pratiche e la cultura della riduzione dello spreco in una logica di maggiore sostenibilità e responsabilità verso il nostro territorio

La novità più importante per il 2020 è il nuovo progetto per l’apertura di un ulteriore Hub di quartiere nel Municipio 3, in zona Lambrate, grazie alla partecipazione di AVIS Comunale di Milano e Banca di Credito Cooperativo di Milano, che hanno partecipato all’avviso pubblicato dal Comune di Milano nei mesi scorsi.

Siamo consapevoli dell’urgenza di rafforzare su tutta Milano questa rete capace di combattere la povertà alimentare e al tempo stesso lo spreco di cibo – dichiara Giuseppe Maino, Presidente di BCC Milano – perciò abbiamo deciso di sostenere il progetto, di cui condividiamo obiettivi e valori. In particolare, siamo orgogliosi dei nostri Soci che, rinunciando al consueto dono natalizio della Banca, hanno scelto di devolvere la cifra corrispondente alla realizzazione dell’Hub di quartiere. Da tempo siamo impegnati a sviluppare un network virtuoso con le più importanti realtà associative e istituzionali della Città Metropolitana per sostenere e potenziare le migliori energie del territorio”.

Anche Avis Milano ha partecipato all’Avviso Pubblico dedicato agli Hub di quartiere poiché in linea con i nostri obiettivi – afferma Sergio Casartelli Direttore Generale di Avis Milano ” e attraverso la messa a disposizione dei nostri spazi nel Municipio 3, daremo il nostro contributo a questo importante progetto in città entrando a far parte della rete degli attori coinvolti nella lotta allo spreco alimentare a Milano“.

 

Con le digital platform il manager si fa designer dell’innovazione

In un contesto sempre più digitale, la funzione del dirigente assomiglierà a quella di un architetto: una figura più carismatica e meno operativa in grado di sviluppare visioni e costruire relazioni

 

Trasformazione digitale e management dell’innovazione: cosa sta succedendo in questi due ambiti, così importanti per il futuro delle imprese? È il tema del workshop Digital trasformation and Innovation Management: Opening up the Black Box, che si è tenuto il 19 e il 20 dicembre presso il Politecnico di Milano. Tra gli accademici che vi hanno preso parte, c’è anche il professor Carmelo Cennamo, della Copenhagen Business School. «In un contesto sempre più digitale, la funzione del manager assomiglierà sempre più a quella di architetto» sostiene Cennamo. «In un’economia basata sulle digital platform, avrà il compito di disegnare nuove architetture relazionali con le altre aziende. Dovrà valutare se all’azienda conviene utilizzare una propria piattaforma o se affidarsi a terzi, e capire quale ruolo e quale posizione strategica dovrà assumere la sua compagnia in questa struttura. È un’evoluzione che avvicina la figura del manager a quella del designer, rendendola meno operativa. Ma dovrà sempre trattarsi di una figura carismatica, in grado di sviluppare visioni e immaginare nuove configurazioni nel sistema di valore».

Modularità, complementarietà, flessibilità

La chiave di questo cambiamento è la digital platform. «Sono ecosistemi basati su piattaforme che funzionano per mezzo di strutture relazionali, dove le aziende sono interdipendenti tra loro e condividono un insieme di attività correlate», spiega Cennamo. Sono due, principalmente, le caratteristiche delle digital platform: «La prima è la modularità. Significa che le varie attività all’interno di una piattaforma possono sì essere complementari, ma rimangono comunque indipendenti. Il secondo elemento è proprio la complementarietà. Viene così incentivato il coordinamento, che avviene proprio grazie alle peculiarità di questo sistema. È un mondo dove vengono meno i classici rapporti contrattuali, in nome di una maggiore flessibilità».

Grandi e piccole alla prova della disruption

Un cambiamento simile ha delle ricadute non da poco su tutte le imprese, grandi e piccole. «Le potenzialità sono assolutamente disruptive» racconta Cennamo. «Assistiamo a una progressiva disintermediazione, che mette in contatto attori precedentemente disconnessi. Le piattaforme aiutano a mettere direttamente sul mercato un’offerta, così nasce un mercato liquido che supera di gran lunga i limiti di quello tradizionale». Per le piccole imprese il vantaggio è notevole: «Si riesce ad arrivare al di là dei mercati locali, raggiungendo un giro di potenziali clienti immensamente più ampio». Per le grandi imprese, soprattutto le incumbent che hanno sempre offerto servizi di tipo premium, le cose sono un po’ diverse. «Prendiamo l’esempio degli hotel di alto livello, che avevano relazioni privilegiate con la clientela. Per loro, un mercato più liquido ha significato anche un mercato più trasparente e competitivo. E questo ha comportato una certa difficoltà. Ma lo stesso vale per le banche, che guardano con timore all’avvento delle fintech. Con le digital platform, chi non aveva degli asset è riuscito a trovare un valore».

L’importanza della “visione” per il manager

Dalla digital platform alle cognitive enterprises, il passo è breve. «L’azienda è sempre stata una struttura che riceveva input e mandava all’esterno degli output, spesso materiali. Oggi la materia prima da processare sono i dati, fondamentali per chi vuole sfruttare tecnologie come i big data, il machine learning, l’intelligenza artificiale… L’evoluzione è questa. I rischi, però, sono due: da una parte le piccole aziende potrebbero ritrovarsi ad avere una mole di dati troppo piccola, insufficiente per le tecnologie che abbiamo citato. Potrebbero essere così costrette ad affidarsi a qualcun altro, a un player più grande. Dall’altra parte, bisogna evitare che i manager si affidino ciecamente ai dati processati dalle intelligenze artificiali. Perché anche quei dati vanno saputi interpretare, e vanno letti in modo critico. Un vero manager non potrà mai fare a meno delle sue capacità di visione strategica», conclude Cennamo.

Le nuove competenze per la carriera: le digital skills ricercate dalle aziende

 

Con l’obiettivo di aiutare gli allievi a sviluppare tutte le competenze necessarie a gestire in modo efficace il proprio percorso di carriera, la Scuola programma regolarmente attività, eventi, seminari e workshop di approfondimento su varie tematiche.

Il mese scorso, per esempio, le aule MBA ed Executive MBA hanno avuto occasione di approfondire il tema delle Digital Skill durante una tavola rotonda che ha visto coinvolti Giuseppe Busacca, Group Director of Customer Operations di TeamSystem, Matteo Sola, People and Culture Manager, Digital HR a Talent Garden, Maurizio Marchini, Chief Operating Officer di Alpenite e Giorgio Crainz, Senior Manager, Ernst & Young.

In questa occasione i partecipanti hanno potuto scoprire di più su quali sono le Digital Hard Skills & Digital Soft Skills più ricercate dalle aziende e riflettere sull’impatto della trasformazione digitale sul mondo delle Risorse Umane. La conoscenza delle nuove tecnologie, infatti, è una di quelle competenze che le aziende ritengono ormai fondamentale ed è importante trasferire agli allievi informazioni aggiornate sui trend di mercato e sulle aspettative dei potenziali employer.

La conoscenza delle nuove tecnologie, infatti, è una di quelle competenze che le aziende ritengono ormai fondamentale ed è importante trasferire agli allievi informazioni aggiornate sui trend di mercato e sulle aspettative dei potenziali employer.

Questo è evidente anche in FLEXA, la nuova piattaforma di continuous learning che sfrutta l’intelligenza artificiale, che aiutata gli allievi del MIP a valutare non solo le proprie hard e soft skill, ma anche quelle digitali.

Siete pronti per la FLEXA experience?

 

La Digital Innovation è uno dei temi centrali della nostra Scuola. Tutto è iniziato nel 2014 con il lancio del Flex EMBA, il primo Executive MBA in distance learning. Da allora il nostro impegno nell’innovazione nel campo della formazione è cresciuto in modo esponenziale. Infatti, abbiamo appena lanciato FLEXA, la nuova piattaforma di Intelligenza Artificiale sviluppata in partnership con Microsoft, volta ad assicurare un apprendimento continuo a studenti, Alumni e – presto – professionisti.

Come funziona?

FLEXA valuta le hard, soft e digital skill dell’utente, con l’obiettivo di individuare le lacune da colmare e disegnare il percorso verso i propri obiettivi professionali.

Una volta identificati i gap da riempire, il tempo a disposizione e gli interessi, FLEXA segnala all’utente proprio quei contenuti utili per migliorare la propria conoscenza, selezionando da fonti certificate materiali di alto livello, come webinar, eventi ed articoli.

“La grande varietà di articoli e di fonti fornite da FLEXA mi sta aiutando a rafforzare le mie competenze di management; leggere articoli interessanti e ragionare sugli spunti forniti dai leader di tutto il mondo è un’esperienza che mi arricchisce e che mi aiuta a migliorare la mia conoscenza del management”, spiega Alessandro Fadda, Alumnus MIP e utente FLEXA.

Tuttavia, FLEXA offre molto di più.

Gli studenti, per esempio, possono arricchire il proprio percorso di sviluppo di carriera sfruttando le potenzialità di FLEXA. Avranno infatti la possibilità di mostrare – del tutto o in parte – il proprio profilo alle aziende – che entreranno presto su FLEXA, di vedere le offerte di lavoro e di ricevere indicazioni su quali temi approfondire per rendere il proprio profilo più interessante per una specifica azienda.

Questo è reso ancora più efficace dal coinvolgimento delle aziende, che possono registrarsi su FLEXA per pubblicizzare le proprie posizioni aperte, per le quali la piattaforma restituisce una lista di candidati in linea, basandosi su una serie di filtri che l’azienda può impostare.

Inizia subito la tua esperienza su FLEXA, accedi alla piattaforma!