Il leader alla prova delle soft skill

Nella vita delle aziende, la fusione rappresenta una delle fasi più delicate. È il momento in cui due entità con culture, storie, stili di leadership differenti si incontrano. Un processo che va pianificato e gestito con attenzione, ponendosi l’obiettivo di dare vita a una nuova cultura aziendale condivisa. Solo in questo modo un’integrazione può considerarsi davvero riuscita. Sergio Gonella, Culture and People Development & Recruiting Director di Wind Tre, azienda nata alla fine del 2016 dalla più grande fusione Europea nelle Telecomunicazioni, quella tra Wind Telecomunicazioni e H3G, questo percorso l’ha seguito in prima persona e lo ha raccontato agli studenti dell’Executive MBA della School of Management del Politecnico di Milano all’interno del ciclo “A point of view on Leadership”: «Abbiamo lavorato due anni per realizzare al meglio questa integrazione e, fin da subito, è parso evidente che le sfide maggiori non le avremmo affrontate solo a livello tecnologico o di business. Era fondamentale concentrarsi sulle persone. Così abbiamo deciso di coinvolgerle, attraverso un ampio cantiere di iniziative in cui le soft skill hanno giocato un ruolo preponderante».

I tre pilastri della leadership

Queste iniziative includevano «attività di ascolto come le engagement survey, attività di coinvolgimento attraverso communities, iniziative dedicate al welfare, allo sviluppo, al learning e alla gestione delle performance». Una strategia che è valsa sin da subito a Wind Tre la certificazione di Top Employer, e che ha preso ispirazione da un nuovo modello di leadership, definito anche in questo caso dal coinvolgimento delle persone scelte per guidare la nuova azienda. «Grazie alle interviste e ai focus group che hanno coinvolto i manager», spiega Gonella, «abbiamo individuato i tre pilastri che costituiscono il modello di leadership di Wind Tre: self, people e business».
Per quanto riguarda l’ambito self, «il leader deve dimostrare doti di stabilità, imprenditorialità e esemplarità». Caratteristiche interne che però devono essere poi tradotte all’esterno, ossia portate verso il team. «I nostri leader devono motivare i propri collaboratori e dar loro fiducia, permettere loro di esprimersi liberamente e in maniera costruttiva e stimolare la crescita di un network di relazioni interno ed esterno all’azienda», continua Gonella. Tutti elementi dove la padronanza delle soft skill è centrale.
L’approccio costruttivo della leadership si riflette anche sul business: «Su questo versante, le nostre priorità sono la generazione di valore, un forte orientamento al cliente e un’attitudine all’esplorazione e alla continua innovazione».

Osservare, imparare, innovare

La centralità attribuita alle soft skill è coerente con le trasformazioni del contesto globale, che vedranno mutare profondamente la gerarchia delle competenze lavorative richieste. È lo stesso Gonella a spiegarlo, citando il Future of Jobs Report stilato dal World Economic Forum nel 2018: «Se mettiamo a confronto le skill più richieste nel 2018 con quelle che lo saranno maggiormente nel 2022, possiamo notare non solo che queste ultime sono tutte competenze soft, ma che le capacità di apprendere, la creatività, l’originalità, assumeranno un ruolo preponderante». Questo perché si prevede che nel 2022 i ritmi dell’innovazione e del mutamento degli scenari saranno ancora più rapidi rispetto al presente. «La capacità di imparare, ma anche quella di sapere imparare, mettendo in atto delle strategie definite, diventerà persino più importante dell’onnipresente problem solving. Il leader del futuro dovrà essere in grado di analizzare le criticità pensando sempre a soluzioni innovative. E, per farlo, dovrà mettere in campo tutta le sue capacità di apprendimento», conclude Gonella.

Digital Transformation: how to implement this into practice

l tema della Digital Transformation sta ridisegnando in modo significativo processi e modelli di business delle imprese. Come adattare i propri processi interni alle esigenze delle nuove tecnologie? Quali sono le principali sfide che le aziende devono affrontare?

Questi sono alcuni dei temi che abbiamo trattato il 17 maggio in occasione della tavola rotonda “Digital Transformation: how to implement this into practice”, moderata da Filippo Passerini, Global Operating Executive, Consultant, Educator, former CIO Global di P&G, e dedicata agli allievi dell’Executive MBA.

A confrontarsi sul tema, insieme al Prof. Federico Frattini, Associate Dean for the Digital Transformation, c’erano Massimo Chiriatti, CTO Blockchain & Digital Currencies – University Programs Leader di IBM, Daniele Savarè, Innovation and Business Solutions di SIA, Ilker Kalali , Head of Industrial Engineering and Smart Manufacturing in Pirelli, Fabio Napol , Business Process Improvement Director, Luxottica, Fabio Moioli, Head of Consulting & Services at Micro, Lorenzo Pini, Innovation Project Leader di Legrand Bticino e Marco Signa, Connectivity Strategy Sr. Manager, Whirlpool Corporation.

Grazie alla varietà di settori e aziende rappresentate, abbiamo avuto la possibilità di vedere la Digital Transformation sotto aspetti di vista diversi e di apprezzare la varietà di prospettive emerse dal dibattito.

Arriva il Digital Readiness Coach per gli studenti dell’i-Flex!

Il 2019 è l’anno dell’MBA Revolution! Infatti, l’intera offerta dei programmi MBA ed Executive MBA è stata rivoluzionata seguendo cinque filoni principali: innovazione, personalizzazione, digitalizzazione, soft skills ed ecosistema.

Proprio con l’obiettivo di fornire agli allievi gli strumenti adatti ad affrontare il cambiamento e la trasformazione digitale, da quest’anno abbiamo inaugurato un nuovo servizio, tutto dedicato agli allievi dell’International Flex EMBA. Si tratta del Digital Readiness Coach Service.

Gli allievi del master avranno a disposizione un coach che, attraverso suggerimenti, esempi e casi pratici, li guiderà aiutandoli ad affrontare e superare le sfide poste da contesti di business sempre più connessi al mondo digitale.

La #MIPexperience continua in azienda!

Cosa c’è di meglio per uno studente della possibilità di toccare con mano le realtà aziendali per capire meglio quale percorso professionale si vuole intraprendere?

Proprio per questo gli allievi dei nostri Master hanno la possibilità di entrare in contatto in modo continuativo con il mondo del business attraverso varie attività, tra cui anche le company visit.

Si tratta di visite in azienda che si articolano in vari momenti. I responsabili HR, per esempio, presentano i valori, i principi, l’organizzazione del polo aziendale in cui ci si trova, oltre alle possibilità di carriera offerte.

Durante l’incontro con i manager di linea, invece, si parla delle best practice messe in opera dall’azienda, mentre durante il tour guidato gli allievi possono toccare con mano quello che accade sulla linea di produzione.

Tutto questo permette agli studenti dei nostri Master di conoscere in modo approfondito – e dall’interno – l’organizzazione aziendale, entrando personalmente in contatto con le funzioni e i ruoli che hanno sempre sognato di ricoprire. Infatti, tramite un’analisi diretta del contesto professionale, la raccolta di informazioni utili per attivare un processo decisionale e l’individuazione dei punti di forza ed eventuali aree di sviluppo, gli studenti saranno in grado di pianificare e definire sempre meglio strategie per il raggiungimento dei propri obiettivi di carriera.

I nostri studenti sono in grado di rimanere costantemente aggiornati sui trend del mercato del lavoro e sulle nuove competenze richieste per essere competitivi grazie agli strumenti sviluppati e alle relazioni che la nostra Scuola ha saputo creare e consolidare con le aziende leader sul mercato del lavoro sia italiano che internazionale.

Infrastrutture di trasporto: gestione dei rischi senza confini

 

Le infrastrutture critiche di un territorio sono quelle che ne soddisfano le necessità socio-economiche fondamentali, quali ad esempio energia, trasporti, comunicazioni, o servizi finanziari. Sono “critiche” in quanto una loro eventuale perdita o interruzione di servizio, anche parziale o momentanea, produce conseguenze gravi in termini di perdita economica, sicurezza o benessere della popolazione.
Tali infrastrutture, per le loro caratteristiche di estensione geografica, interconnessione ed interdipendenza, sono esposte a molteplici fattori che ne minacciano l’integrità fisica e la continuità di servizio. Ad esempio, eventi naturali o metereologici, come frane, abbondanti nevicate o alluvioni, sono spesso la causa del blocco di strade, autostrade e ferrovie. Non di rado sono le infrastrutture a cavallo di 2 paesi, ad esempio nelle nostre montagne ai valichi di frontiera, ad essere danneggiate con conseguenze su vaste aree transfrontaliere. E’ proprio in tali situazioni che azioni condivise e coordinate di monitoraggio del rischio e di gestione della fase emergenziale sono fondamentali, per aumentare la resilienza delle infrastrutture e per garantire uno sviluppo sostenibile delle regioni interessate.
Su questi temi, il Dipartimento di Ingegneria Gestionale è partner scientifico del progetto “SICt-Sicurezza delle Infrastrutture Critiche transfrontaliere”, finanziato dal “Programma di cooperazione Interreg V-A Italia-Svizzera 2014-2020” il cui evento di kick off si è svolto ad aprile 2019.
Il progetto ha lo scopo di aumentare la capacità di governance di eventi accidentali a carico di Infrastrutture Critiche di trasporto ed energia tra Italia e Svizzera, grazie alla implementazione di tecnologie avanzate di monitoraggio e di gestione dei flussi informativi tra gli attori coinvolti.
Ne abbiamo parlato con il professor Paolo Trucco, docente di Industrial Risk Management.

Qual è il vantaggio per due paesi confinanti essere in grado di gestire questi rischi in modo congiunto?

Le grandi infrastrutture di trasporto ed energia di un paese non si fermano al confine ma sono strettamente collegate con quelle di paesi confinanti creando una maglia di dimensione continentale. La rete di trasmissione elettrica europea ha continuità metallica da Lisbona a Kiev.
Allora eventi incidentali in un Paese possono produrre effetti negativi di disservizio o problemi di sicurezza in regioni anche distanti per propagazione ad effetto domino. Allo stesso modo, nessun Paese è in grado di gestire autonomamente in modo efficace questo tipo di eventi. La mutua conoscenza dei rischi e delle modalità di intervento in paesi confinanti, ma soprattutto la condivisione di informazioni e il coordinamento operativo in fase di emergenza sono indispensabili.

L’area geografica di interesse del progetto si estende da Zurigo a Milano interessando più di 440 nodi di trasporto stradale e ferroviario, gestiti da diversi operatori. Quali strategie vengono messe in campo?

L’area geografica di intervento del progetto SICt è stata stabilita esattamente in base alla estensione delle zone influenzate da eventi che possano accadere nell’area di confine Lombardia-Canton Ticino. Ad esempio, a seguito di un blocco del valico di Chiasso, il re-indirizzamento dei mezzi di trasporto merci e dei viaggiatori deve avvenire a Zurigo su lato Svizzero, e nell’area metropolitana di Milano sul versante Italiano. Per fare questo occorre certamente fornire ai diversi decisori informazioni più precise e tempestive sugli eventi attivi o previsti, ma soprattutto serve concordare delle modalità di intervento coordinate e collaborative: chi fa cosa, in quali tempi, con che mezzi ed eventualmente con quale livello di supporto ricevuto dagli altri attori. All’atto pratico, per ottenere questo tipo di pianificazione transfrontaliera occorre conoscersi di più tra operatori, allineare il più possibile i “modus operandi” e scambiarsi tempestivamente informazioni utili.

Il progetto terminerà nel 2021, quali sono i risultati attesi?

Il progetto renderà più facile e più rapida l’implementazione delle strategie dette prima grazie a due livelli di intervento. Da un lato potenzieremo la dotazione di strumentazione per il monitoraggio in tempo reale dei nodi critici, con installazioni fisse o mobili; si tratta principalmente di telecamere e droni, ma utilizzeremo anche immagini satellitari. Dall’altro verrà realizzata una piattaforma informativa che metterà in comunicazione e consentirà la condivisione di informazioni strutturate tra tutti gli operatori interessati, sia sul lato italiano sia su quello svizzero. La piattaforma sarà realizzata da LISPA (Regione Lombardia) come evoluzione ed estensione del “Cruscotto delle Emergenze”, un’applicazione predisposta in occasione di EXPO 2015. Nel 2021 faremo poi una esercitazione per testare sul campo la funzionalità e l’entità dei benefici ottenuti.

Gli altri partner del progetto SICt sono Regione Lombardia, capofila del consorzio, Polizia Cantonale Ticinese, Repubblica e Cantone Ticino – Dipartimento del territorio, Laboratorio Mobilità e Trasporti del Politecnico di Milano e Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI).

ABCup 2019: quindici tra le più celebri Scuole di management del mondo si sono sfidate nello splendido Golfo di Napoli

La regata si inserisce negli eventi dedicati ai 40 anni del MIP Politecnico di Milano Graduate School of Business.

Alumni Business Cup 2019: vince la moscovita Skolkovo

Nonostante la scarsità di vento che ha reso difficile agli equipaggi condurre le imbarcazioni, proprio come accade nel business quando le condizioni sono avverse, si è conclusa con successo la ventiseiesima edizione della ABCup (Alumni Business Cup), regata storica dedicata ad Alumni e studenti che quest’anno è stata organizzata dal MIP Sailing Club, il “club velico” del MIP Politecnico di Milano Graduate School of Business.

Realizzata in collaborazione con lo Yacht Club di Capri, la competizione si è svolta lo scorso weekend e ha visto la vittoria della Skolkovo School of Management di Mosca. In seconda posizione si è piazzata la francese INSEAD, in terza l’inglese LBS. Il MIP ha ottenuto il quarto posto. Le altre Scuole partecipanti, tra le più celebri a livello internazionale, erano le statunitensi Chicago Booth, Columbia BS e Warthon, le francesi ESPC, HEC, le tedesche Goethe Business School, MBS e WHU, l’italiana SDA Bocconi, la spagnola IE e la svizzera SBS.

La classifica generale ha infatti premiato i tre equipaggi con i migliori piazzamenti su due divisioni di barche: la A era costituita da una flotta monotipo di ESTE 24, mentre alla B hanno partecipato barche Cruiser di stazza più grande. Ma i team non si sono sfidati solo per mare: per sopperire alla mancanza di vento gli organizzatori hanno ideato una prova tra i vicoli di Capri che ha coinvolto anche diversi esercenti locali.

L’organizzazione dell’ABCup si inserisce nel quadro di eventi dedicati ai 40 anni del MIP Poltecnico di Milano Graduate School of Business, anniversario che cade proprio nel 2019. Il “Mip Sailing Club” ha coinvolto negli anni oltre 250 persone, con la partecipazione a 35 regate nazionali e internazionali. Un modo originale e appassionante per fare team building, tra sport e divertimento, in una cornice suggestiva.

I premi per i vincitori sono stati realizzati appositamente dal pittore e scultore napoletano Lello Esposito: per la ABCup 2019 l’artista ha impresso sulla vela del trofeo una rivisitazione di Pulcinella, la caratteristica maschera napoletana. Supporto alla regata è stato offerto anche dalle aziende SLAM, che produce abbigliamento tecnico per velisti, SAMI, che realizza cavi ad alta tecnologia e Moëth e Chandon, che ha messo a disposizione il suo champagne per i festeggiamenti finali.

Per il MIP hanno partecipato gli equipaggi composti da Giulia Zucchetti (skipper), Otello Costa, Michele Albertini e Mario Aquino (divisione A) e da Davide Casola (Skipper), Hugues Bartnig, Claudio Marconi, Francesco Vagnoni, Giampaolo Mercati, Filippo Croce, Maria Cristina Rossi, Alfonso Scarano (divisione B).

Finanza quantitativa. Affidarsi alla matematica e alla statistica per gestire la complessità

C’erano una volta i banchieri e i bancari. C’erano, e ci sono ancora, ma negli ultimi vent’anni il loro lavoro è diventato molto più complesso. L’incremento esponenziale dei derivati (strumenti finanziari complessi) a partire 2000 e la crisi del 2008, uniti a un nuovo approccio regolamentare che ha portato a un mercato più aperto, hanno rivoluzionato il mondo della finanza, dando vita a uno scenario le cui regole e i modelli, a oltre un decennio di distanza, non sono ancora del tutto chiari.

I dati al centro

È in tale contesto che si sono imposti gli strumenti della finanza quantitativa: «Il risk management e il fintech sono le risposte che abbiamo messo a punto per fronteggiare l’eredità della crisi», ha spiegato il professor Emilio Barucci introducendo la decima edizione del Percorso executive in finanza quantitativa, di cui è direttore, che prenderà il via a novembre 2019 presso la School of Management del Politecnico di Milano.
Secondo Aldo Nassigh, Vice president di Unicredit, «il crack di Lehman Brothers è paragonabile alla Rivoluzione francese. Ha messo fine a un paradigma, ma non siamo ancora entrati in quello nuovo. Di certo, però, possiamo registrare una tendenza che va verso il prodotto vanilla (negoziazioni di tipo standard, semplici e lineari, ndr): i portafogli crescono di volume, includendo decine di migliaia di derivati individualmente semplici, ma che messi tutti insieme generano un’enorme complessità». Nassigh tiene poi a specificare che il modus operandi delle banche è molto diverso da quello delle società fintech, ed è importante non confondere le due strategie: «Le banche non sono data driven, ma la loro attività parte da modelli di valorizzazione del portafoglio, di valutazione del rischio, di pricing. Solo in un secondo momento calibriamo questi modelli sui dati».

Finanza quantitativa: cercasi professionisti

È evidente, dunque, come dice Barucci, che «l’utilizzo dello strumento quantitativo, ossia della matematica e della statistica applicate all’ambito finanziario, è diventato cruciale». E si è tradotto in nuove opportunità lavorative, che coprono uno spettro di posizioni più ampio di quello che si può comunemente pensare. Come illustra Barucci, le principali aree interessate sono quattro: «la gestione del portafoglio, la valutazione dei prodotti finanziari, il trading e la gestione del rischio».
Nonostante queste siano aree in grande sviluppo, oggi si registra ancora una carenza di personale formato adeguatamente: «Abbiamo bisogno di numerosi profili quantitativi nel settore del trading, ma facciamo fatica a trovarli», ammette Luigi Terzi, head of market risk management di Banco BPM. «Se il trader, una volta, era colui che cercava di cogliere il sentiment di mercato, oggi non può fare a meno di adoperare strumenti algoritmici che mitigano il rischio di certe operazioni. Ma la finanza quantitativa si sposa anche al sales desk, al financial engineering, all’IT, all’audit compliance: tutti ambiti dove la formazione quantitativa è fondamentale».

Le opportunità della consulenza

Un’ulteriore conferma di questa tendenza arriva da Gianni Pola, Senior portfolio manager presso ANIMA Sgr: «Anche gli uffici che si occupano di gestione discrezionale del portafoglio, un tempo “riservati” a laureati in economia, assumono oggi persone dal profilo quantitativo».
L’interesse per professionalità simili non riguarda però solo le banche, piccole o grandi che siano, o i gruppi che si occupano di risparmio gestito. «Stiamo assistendo a una progressiva esternalizzazione delle competenze da parte dei grandi gruppi, un processo che ha favorito molto il mercato delle consulenze» ha spiegato Barucci. Antonio Castagna, Managing partner di Iason, che si occupa proprio di consulenza, ne è testimone diretto: «Personalmente sono convinto che i modelli di pricing elaborati negli ultimi anni siano ormai maturi. Le figure che cerchiamo oggi le definirei “funzionali”, in grado cioè di far funzionare quanto già esiste. Ma, per esserne in grado, il sostrato quantitativo rimane imprescindibile».

Financial Times Executive Education Rankings 2019

Programmi Executive per individui e imprese: la School of Management del Politecnico di Milano tra le top 80 del mondo e tra le prime Scuole europee legate a Università tecniche

È un’offerta formativa di altissimo livello quella che la School of Management del Politecnico di Milano dedica agli executive.
A sancirlo, ancora una volta, sono i ranking 2019 del Financial Times sull’Executive Education, pubblicati oggi, che vedono la Business School tra le 80 migliori del mondo e tra le prime Scuole che appartengono a Università europee “tecniche”, cioè con uno specifico focus su ingegneria e tecnologia e quindi capaci di unire la propensione all’innovazione alle competenze di management.

Il quotidiano economico inglese stila due differenti ranking relativi all’offerta per executive. Uno riguarda i programmi ‘custom’, cioè quelli ideati appositamente per le specifiche esigenze delle aziende ed erogata alle loro persone, manager, quadri o impiegati ad alto potenziale: la School of Management del Politecnico di Milano vi compare per il nono anno consecutivo nonostante la lista degli ammessi al ranking si sia ridotta di 10 posizioni, migliorando la propria performance.

L’altro invece è relativo ai programmi ‘open’, cioè rivolti a manager e professionisti che scelgono individualmente il proprio percorso formativo e di crescita all’interno delle proposte della Management Academy di MIP. La SoM è entrata nel ranking per la prima volta due anni fa e oggi si posiziona nella “top ten” delle Università tecniche d’Europa.

I parametri che contribuiscono alla valutazione sono numerosi (ad esempio la relazione con le imprese per la progettazione e valutazione del percorso formativo, o l’internazionalizzazione della faculty) e si basano sul giudizio diretto dei partecipanti, oltre su quello dei CEO e dei Direttori HR delle aziende che hanno fruito della formazione. La School of Management quest’anno si distingue in particolare per il livello delle partnership con altre business school.

“I nostri programmi executive sono allineati alle aspettative del mercato, sempre alla ricerca di elementi formativi che aprano la mente sulle nuove potenzialità date dall’evoluzione delle tecnologie e dei modelli di business – dichiarano Andrea Sianesi, Dean di MIP Politecnico di Milano, e Alessandro Perego, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Gestionale -. Il mercato ci riconosce di avere la competenza e la metodologia, proprie del Politecnico, per cogliere i trend del momento e preparare i manager a governare la trasformazione digitale nelle imprese, ridefinendo processi aziendali e ruoli”.

“Proprio la vicinanza al mondo delle imprese e l’attenzione ai temi dell’imprenditorialità ci hanno ci hanno fatto guadagnare l’apprezzamento sia delle aziende che dei manager – continuano Sianesi e Perego -. Un altro elemento vincente è stato scommettere sul digital learning: permettere la fruizione a distanza dei corsi, secondo il modello dello smart learning, ha avvicinato chi aveva sempre rinunciato per la difficoltà a gestire il tempo”.

Talent Networking Day

Il prossimo 19 settembre aziende e candidati MIP si incontreranno in occasione della seconda edizione del Talent Networking Day presso il MIP Politecnico di Milano, nel Campus Bovisa.
La giornata inizierà con i Coffee Chat di circa 30-45 minuti, con l’obiettivo di favorire uno scambio informale tra recruiter e candidati, prima dei colloqui one to one.

A seguire le aziende potranno aprire i propri desk per le job interview all’interno di un’area dedicata in uno dei 5 corner tematici: Technology & Digital Industrial & Energy| Retail & Consumer Goods| Luxury, Fashion & Lifestyle| Consulting & Finance.
La mattinata terminerà con il networking lunch, riservato ai recruiter coinvolti la mattina e ai responsabili del Talent Acquisition delle aziende partecipanti.

Il Talent Networking Day è dedicato ai diplomati dei Master Internazionali in Business Administration:

I candidati hanno un background internazionale ed una seniority di 3-7 anni in settori eterogenei e aree funzionali quali: Sales & Business Development, Strategy, Operations, Marketing&Communication, Analytics and Big Data, PM, Digital Transformation.

Parteciperanno, inoltre, anche gli allievi del Master Internazionale in Industrial Management:

Durante il Talent Networking Day gli employer avranno l’opportunità di:

  • condividere iniziative di recruitment e job opportunities
  • entrare in contatto e selezionare i migliori talenti
  • accedere ad un bacino di talenti con un background internazionale (sono rappresentate più di 20 nazionalità)
  • accedere al networking di hr, recruiters e line managers

Inoltre, le aziende avranno l’opportunità, una volta confermata la loro partecipazione, di pubblicare posizioni di lavoro prima dell’evento e ricevere direttamente le application dei candidati che incontreranno on campus.
Ulteriori dettagli in merito alla pubblicazione degli annunci verranno condivisi a valle della registrazione.

AGENDA
  • Ore 8.45 – 09.15 Registrazione aziende
  • Ore 09.15 – 10.00  Coffee Chat recruiter e candidati
  • Ore 10.00 – 13.15 Apertura degli stand aziendali e colloqui one to one
  • Ore 13.15 -14.15 Networking Lunch
Tra le aziende che hanno partecipato alle scorse edizioni:

Accenture|Amplifon| Ariston Thermo|Axpo Italia|Azimut Yatch|Bain&Company|BTO Research| Business Integration Partners|BTS|CNH Industrial|Credite Agricole, Costa Crociere|Danieli|Dassault Systémes| Edenred|| Electrolux| Eli Lilly|Epta|Hilti| Hyundai Motor Company Italy|IBM|Lastminute.com| Leroy Merlin|Lyreco|Luxottica|L’OreaL Italia|Marriott International| Marsh| McKinsey&Company|MediaWorld|Michael Kors|Microsoft|Moleskine|Moncler|Nestlé Italiana| Novartis Farma| OTB|RGI| Salini Impregilo| Sandvik| SIA| Sisal| Snam|TeamSystem| UniCredit| Whirlpool|Vodafone

Modalità di partecipazione

La partecipazione all’evento è riservata ad un numero limitato di aziende del network MIP. Le adesioni verranno confermate fino ad esaurimento dei posti disponibili.
Per maggiori informazioni si prega di contattare la Unit Company Engagement& Partner Care
T. 02 2399 2832 – 2847 – 4898

Informazioni utili

19 Settembre 2019|h 9.00 – 13.30
Politecnico di Milano – Campus Bovisa|Edificio BL 28 Glass Room 1 Piano
Via Raffaele Lambruschini 4B, Milano 20156

Le diversità come occasione di business

Rispetto delle diversità come importante questione etica, ma anche inclusione delle differenze come leva di business. Cristina Rossi Lamastra, professor of Business and Industrial Economics del Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano, ha fatto del diversity management uno dei suoi oggetti di ricerca. Affiancata da Mara Tanelli e Silvia Strada, docenti del Dipartimento di Elettronica e Informazione del Politecnico di Milano, e con il supporto della linguista Cristina Mariotti, sta indagando sull’utilizzo degli strumenti di data analitycs per fare emergere i bias inconsci, in particolare gli stereotipi di genere nelle comunicazioni aziendali.

«Grazie al movimento Me Too, la gestione della diversità è un argomento che negli ultimi tempi ha attratto l’interesse del grande pubblico, ma il tema è presente da tempo nella letteratura scientifica, in contesti di business e accademici – spiega la professoressa –. Recentemente possiamo dire ci sia stata anche una presa di consapevolezza sui danni derivanti alle imprese dal mancato rispetto delle diversità». Il movimento Me Too, nato negli Stati Uniti, ha posto l’attenzione su un tema delicato sul quale il nostro Paese evidenzia però un ritardo. «Registriamo diverse velocità in questo movimento – continua Rossi Lamastra –. Il tema dell’uguaglianza uomo/donna è profondamente influenzato dalla cultura e va di pari passo con il reddito, si accompagna a maggior sviluppo economico e a una cultura più egualitaria fondata sull’ingresso della donna nel mondo del lavoro».

Oltre a quella di genere, le politiche di diversity management fanno riferimento ad altre diversità, espressione sempre più evidente dei nostri cambiamenti sociali. O meglio, possiamo dire che l’uguaglianza di genere non sia relativa solo al rapporto uomo/donna, ma possa essere declinato su più dimensioni. Pensiamo agli LGBT, le cui politiche di inclusione sono diventate a loro volta argomento, anche se più di recente, di letteratura scientifica. E poi c’è il tema della somma delle diversità. Riportando i risultati di un test dei recruiting svolto negli Stati Uniti, Cristina Rossi Lamastra ha evidenziato la penalizzazione in cui incorrono le donne rispetto agli uomini, ma anche le persone di colore rispetto ai bianchi arrivando così a posizionare le donne di colore come ultime della graduatoria delle inclusioni.

«Il problema della gestione delle diversità appare decisamente complesso, in quanto manca una tassonomia scientifica e universalmente accettata relativamente a queste politiche – indica la docente del Politecnico –. Ma possiamo affermare che se si ignora una parte della popolazione, nel caso delle donne addirittura la metà, si trascura la relativa fetta di potenzialità e si perde la molteplicità dei punti di vista. Si perde tutta la ricchezza cognitiva associata alla diversità e alcuni studi indicano quanto tutto questo determini una perdita economica. Ormai la scarsa presenza di donne ai vertici delle aziende è vissuta da tutti come un limite, ma il problema della discriminazione è più grave e urgente in quei settori in cui la rileviamo a tutti i livelli e non solo ai vertici, come in quello oil & gas, per esempio, dove c’è una netta predominanza di uomini».

Ma come può un’azienda sensibile alla tematica applicare concretamente politiche di gestione delle diversità, che sicuramente danno anche vantaggi sotto il profilo dell’immagine pubblica? «Si possono innanzitutto migliorare i processi di recruiting, puntando su una comunicazione neutrale e prevedendo delle blind audition che non svelino il genere dei candidati, soprattutto nei settori men dominated – ha concluso Cristina Rossi Lamastra –. Le nuove tecnologie possono essere utili in questo senso».

Il tema coinvolge anche lo stesso Politecnico di Milano e la sua School of Management, che, come la maggior parte delle università italiane, aderisce alla parità di genere per quanto riguarda le carriere universitarie e la popolazione studentesca. I problemi più acuti si evidenziano in aree come quelle della matematica, delle scienze e della tecnologia, dove la presenza di donne è molto inferiore a quella degli uomini, e si sono aperti luoghi di confronto e di dibattito per elaborare azioni mitigatrici.