La School of Management del Politecnico di Milano nel ranking dei migliori MBA full time al mondo secondo Bloomberg Businessweek

La School of Management del Politecnico di Milano fa il suo ingresso nel ranking che Bloomberg Businessweek dedica ai migliori programmi MBA full time del mondo, in maggioranza erogati da business school americane. Il Master in Business Administration della Scuola milanese risulta 19esimo tra le Università europee.

Bloomberg Businessweek ha intervistato nel 2018 quasi 27.000 tra studenti MBA, alunni e reclutatori e ha chiesto loro un parere sulle esperienze vissute e sugli obiettivi raggiunti o da raggiungere: la classifica si basa infatti sulle loro risposte. I parametri presi in considerazione riguardano la qualità dell’apprendimento, il network di relazioni che si può costruire, la capacità di ciascuna Scuola di facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro e il livello salariale ottenuto.

Il ranking del settimanale economico americano arriva una settimana dopo quello del Financial Times, che per il decimo anno consecutivo ha confermato il giudizio positivo sulla School of Management del Politecnico di Milano, saldamente inserita tra le prime 50 scuole europee  (42esimo posto su 95) e in  particolare tra le prime cinque che appartengono a Università “tecniche”, con uno specifico focus su ingegneria e tecnologia. Anche tra i cinque prodotti classificati dall’FT European Ranking  figura l’MBA full time.

La School of Management è composta dal Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano e dal MIP Graduate School of Business, la business school dell’Ateneo milanese. “Questa classifica internazionale è un’ulteriore conferma della validità dei programmi erogati dalla nostra Scuola. Il successo di un master ‘classico’ ma sempre richiestissimo come l’MBA full time testimonia che abbiamo intrapreso la strada giusta: oggi infatti il nostro MBA coniuga didattica esperienziale, smart learning, progetti sul campo ed ha il supporto di decine di imprese che assicurano la disponibilità di progetti per i nostri allievi che rappresentano un bacino di talenti molto appetibile per le loro attività di recruitment”, commentano Alessandro Perego e Andrea Sianesi, rispettivamente Direttore del Dipartimento e Dean di MIP.

HSE e Politecnico di Milano insieme per lo studio delle prestazioni e dell’efficienza dei sistemi universitari

Un accordo di cooperazione è stato recentemente siglato tra la Higher School of Economics (HSE) di Mosca e il Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano per la realizzazione di uno studio congiunto su larga scala dal titolo “Efficiency, Performance and Impact of Higher Education Institutions (EPI)”.

Secondo l’accordo, il Laboratory for University Development-IOE di HSE (Laboratorio per lo sviluppo universitario – Institute of Education) fungerà da principale sede di ricerca e sviluppo per questa iniziativa, con la supervisione del prof. Tommaso Agasisti, professore associato del Politecnico di Milano.

“Il tema dell’efficienza delle istituzioni universitarie è stato messo sempre più in evidenza nelle recenti politiche e nei dibattiti pubblici in tutto il mondo. Ciò comporta aspettative più alte da parte di vari stakeholder sul contributo che i sistemi universitari devono dare in diversi ambiti socio-economici o in singoli settori industriali, all’interno e all’esterno delle loro comunità ospitanti, anche in virtù delle grandi risorse finanziarie investite nell’istruzione universitaria”, spiega Tommaso Agasisti. “Il programma del progetto EPI presenta una vasta gamma di domande da affrontare; si analizzano i fattori e i meccanismi che determinano il modo in cui le università possono dare un contributo efficace a diversi ambiti socio-economici. Lo studio intende esplorare, tra le altre cose, l’efficienza degli investimenti attuali e potenziali nell’istruzione universitaria, il modo in cui fattori interni (come le pratiche manageriali) nonché quelli esterni, influenzano le prestazioni delle Università”

Partendo da una serie di studi congiunti di gruppi di ricerca HSE e Politecnico di Milano, il progetto EPI si è trasformato molto presto in un ambito di ricerca di vasta portata. I partner ritengono che il progetto si trovi ora in un momento di forte slancio, tanto da stimolare una discussione internazionale più significativa sugli argomenti in questione che miri a coinvolgere studiosi di altri paesi.

Le aree principali su cui l’HSE si è finora focalizzato all’interno di questo settore di ricerca sono, tra le altre, la valutazione dell’impatto di iniziative di eccellenza accademica, l’analisi delle implicazioni derivanti da modelli di finanziamento basati sulle prestazioni, la valutazione del contributo delle università allo sviluppo economico delle regioni russe, ecc. Il progetto EPI incoraggia la partecipazione attiva di giovani ricercatori, consentendo loro di instaurare collaborazioni con accademici esperti in questo campo.

Gabriele Bonomi Boseggia vince l’SCF Thesis Award

Per il terzo anno di fila, un ex studente del Politecnico di Milano si aggiudica il premio per la migliore tesi magistrale nel campo del Supply Chain Finance.

Il Thesis Award della Supply Chain Finance Community è un riconoscimento annuale che vuole premiare gli studenti di Laurea Magistrale o Laurea Triennale di tutto il mondo che hanno sviluppato i propri lavori di tesi nell’ambito del Supply Chain Finance (SCF).

Il Supply Chain Finance si occupa dell’ottimizzazione dei flussi finanziari nelle supply chain. Un requisito essenziale è che almeno due membri primari della supply chain collaborino al fine di migliorare le performance finanziarie, la sostenibilità e la mitigazione dei rischi lungo la filiera.

Gabriele Bonomi Boseggia si è aggiudicato questo ambito riconoscimento con la sua tesi “Supply chain-based creditworthiness. Small and mid corporate rating”. Nel suo lavoro di tesi, Gabriele ha sviluppato due framework il cui obiettivo è mostrare come le prestazioni correlate alla filiera possano prevedere in anticipo la probabilità di default di un’azienda, il tutto tramite l’uso di tecnologie innovative come le reti neurali e il machine learning. L’applicazione permette di migliorare l’attività di valutazione del rischio di credito attraverso l’estrazione di informazioni addizionali da poche e non convenzionali caratteristiche dei dati di filiera.

La lista delle tesi inizialmente presentate era composta da 26 elaborati, da cui poi la Supply Chain Finance Community ne ha ammesse 16 come possibili candidate: 13 lauree magistrali (tra cui 6 dal Politecnico di Milano) e 3 lauree triennali. La giuria ha decretato una shortlist di 4 tesi, tra le quali l’elaborato di Gabriele e l’elaborato di altre due ex studentesse del Politecnico di Milano, Carola Gervasio ed Elena Fusari, arrivate terze nella competizione.

La tesi di Bonomi Boseggia è stata quella che ha soddisfatto maggiormente i criteri di: 1) rilevanza per la diffusione del Supply Chain Finance; 2) Qualità e rigore dell’intera tesi e della metodologia; 3) Originalità e qualità della presentazione orale. La giuria era composta da:

  • Dr Ronald de Boer PMP, Windesheim University of Applied Sciences, Paesi Bassi.
  • Prof Xiangfeng Chen, PhD, Università di Fudan, Cina
  • Prof Federico Caniato, PhD, Politecnico di Milano, Italia
  • Dr Axel Schulte, Fraunhofer IML, Germania
  • Luca Mattia Gelsomino, PhD, Windesheim University of Applied Sciences, Olanda
  • Nick Vyas, Direttore del Centro Global Supply Chain Management, USC Marshall School of Business, Los Angeles, Stati Uniti.
  • Prof. Dr. Janet Godsell, Università di Warwick, Regno Unito.

La premiazione è avvenuta il 29 novembre in occasione del Supply Chain Finance Forum di Amsterdam, l’evento più rilevante a livello mondiale sul SCF, che ha visto la partecipazione di oltre trecento persone.

 

Ranking Financial Times 2018

Per il decimo anno il Financial Times conferma il giudizio positivo sulla School of Management del Politecnico di Milano, che tiene bene il confronto con le maggiori business school europee. La Scuola infatti compare tra le prime 50 (42esimo posto) all’interno dell’FT European ranking 2018, che anche quest’anno ha valutato 95 realtà eccellenti. In particolare, figura tra le prime 5 che appartengono a Università “tecniche”, con uno specifico focus su ingegneria e tecnologia.
La School of Management del Politecnico continua dunque a distinguersi nel panorama europeo per ben cinque linee di prodotto, che vanno dai “tradizionali” ma non per questo meno richiesti MBA full time ed EMBA, al Master of Science in Ingegneria gestionale, a una sempre più ampia e innovativa offerta specifica per manager, professionisti e aziende.

Ogni anno infatti il prestigioso quotidiano finanziario londinese redige la classifica dei migliori master MBA, degli executive MBA, dei master in management, dei corsi a catalogo e di quelli su commessa. I parametri che determinano il posizionamento in graduatoria sono numerosi, tra cui l’opinione che gli stessi diplomati danno dei docenti e del prodotto formativo, la retribuzione o l’avanzamento di carriera che si raggiungono dopo avere frequentato il master e l’esposizione internazionale della Scuola.

Presente nei ranking internazionali dal 2009, anche quest’anno la School of Management del Politecnico di Milano rientra tra le eccellenze con un buon numero di prodotti:
Master Full Time MBA
Master Executive MBA
Master of Science in Ingegneria Gestionale
Programmi Executive ‘su misura’ per le imprese
Programmi Executive Open per manager e professionisti

La SoM è composta dal Dipartimento di Ingegneria Gestionale e dal MIP, che è la business school dell’Ateneo milanese. “Essere considerati ancora una volta da FT tra le migliori realtà europee ci conferma nella validità delle nostre scelte ed è premiante non solo per noi, ma per gli studenti e per le imprese nostre clienti, che continuano ad apprezzare l’ampiezza, lo sviluppo e la qualità della nostra attività formativa”, commentano Alessandro Perego e Andrea Sianesi, rispettivamente Direttore del Dipartimento e Dean di MIP.
La nostra è un’offerta completa e valida a tutto tondo – proseguono – come dimostra il fatto che siamo ben posizionati in questo ranking con corsi e master che si rivolgono sia a executive e professionisti che a neolaureati, che ad aziende. Inoltre, tra i criteri di valutazione rientrano le possibilità di carriera di chi esce dai nostri corsi, la buona opinione dei diplomati sui docenti e i prodotti e l’internazionalizzazione della Scuola, tutti aspetti che ci stanno particolarmente a cuore e su cui abbiamo costruito la nostra proposta”.

Il caso BANALE

Insoddisfatti della vostra attuale posizione lavorativa? Siete assiduamente alla ricerca di un lavoro, ma non riuscite a trovare il contratto dei sogni? Avete perso motivazione nello svolgere con massimo impegno un lavoro subordinato di cui difficilmente vedete i frutti?

Perché allora non smettere di cercare lavoro, ed iniziare a crearlo, fondando una start-up?

Magari fosse così facile, diranno alcuni di voi.

Il mestiere dell’imprenditore non è alla portata di tutti, diranno gli altri.

Tutto vero: essere un innovatore e dare vita alla propria idea di business non è affatto un’impresa semplice.

Ma i veri leader si riconoscono dall’abilità di affrontare le complessità con intelligenza e di trarre, da ogni sfida, una straordinaria opportunità.

È il caso di Tommaso Puccioni e Stefano Bossi, due alumni EMBA del MIP che si sono conosciuti sui banchi della Business School milanese e che oggi sono un grande esempio di imprenditoria d’eccellenza Made in Italy, fondatori della start-up BANALE.

Una best practice lampante di come le nozioni teoriche apprese in classe possano trasformarsi in carburante e miccia al tempo stesso per accendere lo spirito competitivo di due purosangue del business.

Analizzare casi di successo di aziende leader che hanno monitorato il mercato ed hanno colmato con precisione chirurgica un vuoto competitivo – pensiamo a IKEA che ha reinventato il mondo dell’arredamento e del design parlando ad un target tutto nuovo, o ad Apple che ha reso la tecnologia divertente e friendly – ha fatto scattare in Tommaso e Stefano la curiosità di indagare i settori più conservativi e fertili.

Trovato lo stimolo, ecco il risultato dell’analisi: il mercato dell’igiene orale è quanto di più statico ed immutato ci sia sul mercato, e reagisce poco ai cambiamenti di consumo dei clienti.

Come penetrare efficacemente il settore dell’oral care? Ascoltando i clienti e sfruttando uno degli insight più rilevanti: nonostante spazzolino e dentifricio siano progettati per un utilizzo domestico, il 30% delle persone si lava i denti fuori casa ogni giorno.

Bingo! Ecco il vuoto competitivo, colmato da Toothbrush: uno spazzolino di design, completamente personalizzabile, compatto ed estremamente versatile, che unisce in un solo elemento, spazzolino e dentifricio! Un oggetto semplice, ma funzionale e soprattutto disegnato sulle necessità dei clienti e modellato sulle loro esperienze di consumo.

Oggi Toothbrush è venduto in più di 50 store disseminati sul territorio italiano e nel mese di febbraio varcherà i confini europei, mentre la start-up BANALE aumenta il proprio organico mese dopo mese.

Un successo che non nasce dal caso, ma che si fonda su formazione d’eccellenza e networking: due dei vantaggi di cui solo chi partecipa ad un MBA può godere!

Volete scoprire gli altri? Eccone una breve lista!

  1. Un tuffo nel mondo del business.Leader non si nasce, ma si diventa. Tutto ciò che serve è allenare il proprio talento naturale e completare i tasselli mancanti del mosaico di competenze. C’è chi è portato per gli economics, ma manca di visione di marketing, chi è un abile commerciale, ma non sa leggere un bilancio. Niente paura: l’obiettivo di un EMBA è proprio quello di ispezionare gli ingranaggi del business da vicino, per controllare con sicurezza tutto il meccanismo.
  2. Chi sovvenziona la mia idea?Un EMBA è un’occasione straordinaria per incontrare grandi aziende e finanziatori dal fiuto infallibilea caccia di un’idea vincente in cui investire!
  3. Consapevolezza delle proprie potenzialità.Fare il salto nell’imprenditoria può essere considerato un passo azzardato anche per i professionisti più affermati. Durante un EMBA si impara a mettere a fuoco i propri obiettivie a sfidare i propri limiti. Il risultato: una maggiore consapevolezza della propria forza, la carica ideale per affrontare una nuova avventura!

BENVENUTI SUL NOSTRO NUOVO SITO WEB

 

Abbiamo il piacere di informarvi che è  online il nuovo sito della School of Management.

Un sito che ha l’obiettivo di presentare la Scuola, mettendo in evidenza le caratteristiche distintive delle  sue due strutture “core” DIG e MIP. Verranno così messi in evidenza sia i servizi di ricerca e formazione che tutti gli eventi rivolti alla Community.

Il sito ha un forte taglio editoriale, che ci aiuterà a valorizzare le nostre expertise attraverso la condivisione dei contenuti della ricerca, dei contributi della Faculty e delle storie di successo di studenti e Alumni. Pensiamo che questo rappresenti un ulteriore passo in avanti per la School of Management, in linea col processo di integrazione tra le due anime della Scuola ormai avviato da anni. Da oggi saremo ancora più presenti sul panorama internazionale come un’unica entità.

È anche in questa ottica che abbiamo deciso di creare anche una versione del sito in cinese, disponibile a partire dai prossimi mesi.

Alessandro Perego, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Gestionale

Andrea Sianesi, Dean – MIP Politecnico di Milano Graduate School of Business

 

 

Simone Di Somma

Oggi parliamo con Simone Di Somma, laurea in Ingegneria Gestionale, esperienze lavorative in Hewlett-Packard e Philip Morris International, attività svolte principalmente in giro per il mondo tra Europa, Medio Oriente e Stati Uniti.

A dicembre del 2013 ha fondato, assieme ad altri 3 soci INNAAS, la prima azienda Italiana specializzata nello sviluppo di piattaforme Data-Driven con l’obiettivo di trasformare i dati in un beneficio tangibile per il business: abilitazione di nuovi revenue stream, creazione di servizi innovativi e ottimizzazione dei processi.

In cosa consiste esattamente il tuo lavoro e quali sono le sfide maggiori che devi affrontare ogni giorno?

Come Managing Director di una startup ho principalmente due compiti: il primo è gestire al meglio le risorse (umane e finanziarie) per far sviluppare l’azienda nel tempo, il secondo è validare continuamente il business model dell’iniziativa.

Per quanto riguarda la prima attività, la gestione, devo fare una premessa importante: il modo in cui facciamo startup in INNAAS è differente da quello classico in stile Silicon Valley. Per noi il burn-rate non sostenibile è un vero e proprio taboo.

INNAAS ha voluto confrontarsi con il mercato fin dal giorno zero. Tutto quello che sviluppiamo, ogni nostro servizio o prodotto, deve avere un’applicazione commerciale immediata. Questo approccio è ancora più sfidante per un’azienda che si confronta quotidianamente con la tematica dell’innovazione contro i giganti mondiali del software.

La seconda attività è la ricerca di un business model in grado di conciliare financial governace ed una ricerca spinta di innovazione. Questo mix quasi ossimorico non è un qualcosa di facilmente reperibile sui testi accademici o all’interno di qualche blog post dei guru californiani. E’ un’attività che richiede energia e lucidità. Si tratta del mio passatempo principale.

Qual è stato il momento professionale più bello e quello più difficile che hai vissuto?

Il momento più bello è stato la prima vendita di un prodotto INNAAS. Sette mesi dalla costituzione dell’azienda. I nostri prodotti sono piattaforme software che utilizzano i dati per creare informazioni di valore con un impatto concreto sul business. Si tratta di prodotti caratterizzati da un sales cycle abbastanza lungo.

Convincere un primo cliente del calibro di TIM è stata la prova concreta che le nostre intuizioni erano giuste ed il business sostenibile. Il momento più difficile è stato a fine 2014 quando due persone chiave del team tecnologico di INNAAS hanno deciso di abbandonare il progetto per dedicarsi ad una loro iniziativa personale.

La defezione avveniva in uno dei momenti più cruciali della storia aziendale: un nostro prodotto, sviluppato per un caso di utilizzo specifico, sarebbe dovuto essere esteso con diverse applicazioni di utilizzo che avevamo concordato con un nuovo cliente. La scadenza concordata di questa consegna era a strettissimo giro.

La ricetta per sfuggire a quel momento buio è stata la concentrazione. Ho chiesto massima concentrazione a tutto il team e l’ho ottenuta. Abbiamo consegnato in tempo il deliverable con buona soddisfazione del cliente.

Cosa significa per te il termine “leadership” e come cerchi di portarla quotidianamente all’interno del tuo ambiente lavorativo?

Per comprendere la parola Leadership è necessario partire dalla parola “Consapevolezza”. La consapevolezza delle proprie capacità, delle proprie forze, delle proprie debolezze, del mercato, dei clienti, dei partner, del proprio portfolio prodotti, delle proprie emozioni. Consapevolezza significa avere la base cognitiva giusta per prendere le giuste decisioni.

Tramite la consapevolezza ognuno all’interno del team può lavorare affinché le cose possano progredire: le capacità professionali svilupparsi, le opportunità commerciali concretizzarsi, i prodotti progredire così come i processi aziendali e le relazioni tra i colleghi.

La leadership è la capacità di agire in modo consapevole. Individualmente e collettivamente. Il mio personale apporto alla leadership nell’ambiente lavorativo avviene tramite l’esempio ed il racconto.

Dare l’esempio in prima persona e raccontare le buone pratiche, ciò che ha funzionato e cosa è migliorabile sono elementi propedeutici alla creazione di uno stato di consapevolezza nel team. Ispirare è infine la scintilla.

Cosa significa per te il termine “innovazione” e come cerchi di portarla quotidianamente all’interno del tuo ambiente lavorativo?

Innovazione non è tecnologia, non è un invenzione tecnologica, né tantomeno scoperta. Innovare è capire quando il mercato è pronto per qualcosa e evangelizzare quella cosa nel modo giusto. Uno dei libri che più maggiormente ha trasformato la mia percezione all’innovazione è stato The Innovator’s Dilemma.

Non basta gestire in modo perfetto la propria azienda per avere successo. Anzi, un’efficienza troppo spinta potrebbe portare al fallimento. Tempismo e capacità di prevedere le trasformazioni della società e del mercato fanno la differenza.

All’interno dell’ambiente lavorativo il mio apporto all’innovazione è quello di rimettere sempre in discussione tutto in un’ottica di miglioramento continuo. Tutto è in continua trasformazione. Il mercato, i trend, le abitudini delle persone, i gusti, i pattern di utilizzo, i processi comportamentali.

Leggere, informarsi ed osservare aiutano molto nella sfida dell’innovazione.

La tua citazione preferita?

La mia citazione preferita è senza dubbio “Senza dati, sei solo un’altra persona con un’opinione” di William Edwards Deming.

Grazie mille Simone per il per il tempo dedicatoci e per l’interessante conversazione.

Nicola Altobelli

Oggi incontriamo Nicola Altobelli, Classe 1979, Executive MBA presso il MIP Politecnico di Milano.
Dopo il diploma di laurea in Relazioni Industriali, lavora da subito nell’azienda di famiglia Eceplast srl, dove attualmente ricopre il ruolo di direttore commerciale e si occupa dello sviluppo di nuovi mercati..
Da Maggio 2014 è Sherpa della delegazione italiana di GI Confindustria al G20YEA, e dallo scorso luglio Presidente dei GI Confindustria Foggia.

In cosa consiste esattamente il tuo lavoro e quali sono le sfide maggiori che devi affrontare ogni giorno?

Fondamentalmente mi occupo di gestire i rapporti con i nostri principali clienti nel mondo e attraverso lo scambio continuo di informazioni ed esperienze, provo a sviluppare soluzioni nuove per qualificare costantemente l’offerta della mia azienda, in modo da anticipare le esigenze dei clienti e battere la concorrenza sul tempo. In un epoca in cui tutto è sempre più veloce e connesso, i ritmi sono elevatissimi e le probabilità di insuccesso molto alte, ma non penso potrei mai fare un lavoro più stimolante e appagante. Più recentemente sto dedicando una quota crescente del mio tempo e delle mie energie allo sviluppo della forza vendita; certamente è questa la sfida più importante che un imprenditore deve vincere, costruire una squadra di successo che vada oltre le proprie capacità personali.

Quale è stato il momento professionale più bello e quello più difficile che hai vissuto?

Parto dal più difficile. Lavorando nel packaging industriale la sfida del contenimento dei costi è un fattore chiave che molto spesso spinge anche i clienti più affezionati a provare soluzioni low-cost. Circa 4 anni fa, il mercato europeo è stato perturbato da offerte in dumping clamorose e noi ci siamo ritrovati a perdere quote consistenti di mercato. La scelta era tra abbassare del 30% i prezzi di vendita oppure provare a resistere e presentare ai clienti soluzioni innovative che portassero risparmi in altra forma. Devo ammettere che sono stati mesi duri, ma ci hanno insegnato a valorizzare meglio la nostra offerta e mostrato una nuova via per lo sviluppo. Tant’è che oggi in particolare stiamo uscendo con prodotto rivoluzionario, che speriamo riesca a cambiare davvero il mercato, e che potrebbe consentirci di scalare il nostro modello business anche in altri continenti. Certamente vedere la faccia sorpresa dei miei clienti ogni volta che eseguo una dimostrazione pratica di questa nuova soluzione tecnica è davvero una gran soddisfazione per me.

Cosa significa per te il termine “leadership” e come cerchi di portarla quotidianamente all’interno del tuo ambiente lavorativo?

La leadership è la capacità di guidare gli altri all’ottenimento dei risultati che ci si prefigge come gruppo e come singoli. Io non mi ritengo una persona con doti di leadership naturale o carismatica, ma certamente sono dotato di determinazione e, tendenzialmente la gente che mi sta vicino, mi riconosce una buona capacità di visione, di programmazione e forse ancor di più di “execution”. Credo sia una buona base di partenza e tutto sommato i risultati sono abbastanza dalla mia parte. Ammiro tanto i grandi leader, in ogni settore, ma credo sia davvero una questione di doti naturali che non si possono costruire o imparare. Per quanto mi riguarda cerco semplicemente di dare il buon esempio attraverso impegno e risultati. Una ricetta semplice, anche un po’ antica, ma che secondo me funziona.

Cosa significa per te il termine “innovazione” e come cerchi di portarla quotidianamente all’interno del tuo ambiente lavorativo?

Nel recente restyling del nostro logo aziendale in occasione dei 20 anni di attività, ho voluto che fosse inserito anche un nuovo pay-off: “bulk packaging innovators”. Credo sia esattamente ciò che qualifica la nostra offerta sul mercato, noi siamo gli innovatori nel nostro settore e tutta la storia aziendale è costellata di momenti chiave in cui una innovazione ha generato nuove opportunità. Vi porto alcuni esempi concreti: Mio padre nel ’95 fu in grado di avviare l’azienda dal garage di casa grazie a una tecnologia produttiva di sua invenzione (innovazione tecnologica), quando tutti i nostri competitors delocalizzavano noi abbiamo investito nello sviluppo di un processo più automatizzato aumentando il nostro livello di servizio al cliente invece che cercando il costo più basso (innovazione di processo). Quando i clienti ci hanno chiesto di ridurre i prezzi siamo riusciti ad offrire prodotti che portavano vantaggio di costo ma non intaccavano la nostra marginalità; Eceplast è basata in provincia di Foggia, in un contesto sociale abbastanza complicato e certamente molto lontano dalle aree più industrializzate, noi abbiamo sempre investito sulla crescita delle persone e introdotto sistemi di incentivazione aziendale per aumentare la produttività (innovazione organizzativa). Oggi puntiamo a un modello di sviluppo basato sul “open innovation”  creando una community attorno ai nostri prodotti più innovativi.
Insomma come diceva S.Jobs “innovation is the only way to win” e noi ci crediamo sul serio.

La tua citazione preferita?

Ce ne sono diverse, ma probabilmente la famosa frase di Henry FordSe avessi chiesto ai miei clienti cosa volevano, mi avrebbero risposto: cavalli più veloci” è quella che in questo momento storico più rappresenta la fase di transizione che stiamo vivendo in Eceplast.
Puntare a rinnovare la nostra offerta sul mercato attraverso una value proposition che non è più legata alla qualità dei nostri manufatti, ma alla capacità di sviluppare soluzioni innovative che creano valore per i nostri clienti è una sfida che mi appassiona e che sento abbiamo le carte in regola per giocare. Ford è riuscito a cogliere l’essenza della domanda latente dei sui potenziali clienti e ha prodotto loro una soluzione che non si aspettavano, certamente più costosa di un cavallo, ma non comparabile. In definitiva vorrei riuscire a far riconoscere Eceplast come un partner di valore e non un semplice fornitore di prodotti.

Grazie mille Nicola per il tempo dedicatoci e per l’interessante conversazione.

Alessio Garofalo

Quello di Alessio Garofalo, da Ufficiale dell’Esercito a Manager in Amazon, è stato un percorso guidato dalla determinazione. A 19 è stato ammesso all’Accademia Militare di Modena, dove ha conseguito un Master Degree in Scienze Strategiche delle Comunicazioni. Per i dodici anni successivi ha servito la Patria in Armi, ricoprendo ruoli di Leadership in quel settore delle Forze Armate che si occupa di fornire il supporto ICT e TELCO alle truppe impiegate in Missioni di Crisis Response Operations. Afghanistan, Libano, Kosovo; poi la scelta di arricchire i propri skills con un Executive MBA, durante il quale è entrato in contatto con la ricerca talenti di Amazon. Sei mesi di dura selezione per approdare a Swansea (UK), con il prestigioso ruolo di Pathway Operations Manager, all’interno del Leadership Program di Amazon.

Cosa ti ha spinto a voler frequentare un Executive MBA e perché hai scelto il MIP?

Sono sempre stato molto ambizioso e anche un gran sognatore. La mia famiglia non aveva grandi possibilità ma ha sempre creduto in me e mi ha costantemente supportato, insegnandomi l’importanza del sacrificio per ottenere ciò che si vuole. La mia esperienza nell’Esercito ha rafforzato questa convinzione ma, girando il mondo, mi sono accorto che il sacrificio da solo non bastava, era necessario trovarsi di fronte ad un’opportunità.

È così che ho deciso cosa avrei voluto fare da grande, diventare una persona in grado di offrire quelle opportunità. Nella mia testa però volevo farlo in un modo particolare, diventando un “abilitatore”, ora, post “Entrepreneurship & Finance”, lo chiamo Business Angel.

Seppur sognatore però, dovevo creare un piano d’azione (ecco il lato militare che fa capolino) e quindi mi sono chiesto, come faccio ad arrivare al mio obiettivo? Per essere spendibile nel mercato del lavoro dovevo acquisire quelle hard skills necessarie a tradurre la mia esperienza in un contesto imprenditoriale. L’Executive MBA si presentava quindi come lo strumento adatto a raggiungere lo scopo.

La scelta del MIP è stata molto semplice. Volevo una scuola che non avesse un background puramente “economics, con un MBA riconosciuto a livello internazionale ed un percorso flessibile in grado di integrarsi con un’agenda difficile da controllare. Flex EMBA è stata la risposta del MIP, anzi, è stata la mia opportunità.

Dall’esercito ad Amazon: puoi raccontarci questo cambio di carriera e il percorso che hai affrontato?

Il salto da Capitano a Manager Amazoniano è stato, come dire, un gran bel salto, decisamente più adrenalinico del mio primo lancio col paracadute e questa volta, completamente al buio.

Ho iniziato l’EMBA ad ottobre 2015 ed esattamente un anno dopo ero catapultato in un’altra dimensione, nuovo lavoro, nuovo paese, nuova lingua, tutto nuovo. In pochissimo tempo un cambiamento spaventoso, radicale ed inaspettato, poiché avvenuto ancora prima della fine dell’EMBA.

Non posso dire che la transizione sia stata graduale, ma ci sono stati dei passaggi importanti che mi hanno portato a questo traguardo. Il primo e più importante è stato sicuramente entrare in contatto con i miei compagni di corso, professionisti di ogni settore che suscitavano in me ammirazione e che mi hanno spronato e aiutato.

Il secondo importante elemento è stato l’acquisizione del knowledge che un MBA è in grado di offrire. Capire come funzionano le dinamiche aziendali, comprendere come elaborare una strategia di go-to-market, interpretare l’impatto di politiche economiche globali. Cito, il sapere rende liberi… e rende anche più sicuri di sé.

Il percorso di coaching, la psicologa e l’assistenza del Career Development Office mi hanno aiutato a definire gli obiettivi e a prendere la rincorsa per il salto.

Cosa ci ho messo io? Tanta, tanta, tanta determinazione. Ho sacrificato il mio tempo libero, gli hobby e talvolta anche le relazioni e per l’interview di Amazon, mi sono preparato forse più che all’esame di maturità.

Una volta dentro, nessuna transizione, l’approccio è pragmatico, lo chiamiamo “hitting the wall”, una volta che ti ci sei scontrato bisogna iniziare a scalare. Per i militari ricorda molto il “muro del pianto”.

Puoi dirci uno o più aspetti del precedente ruolo da te ricoperto che porteresti, o hai già portato, nella tua nuova carriera?

Amazon è senza dubbio allo stato attuale l’impresa più innovativa e discussa del pianeta. In un ambiente completamente guidato da metriche, produttività, continuous improvement e previsioni, ho portato con me un approccio strutturato ma rapido, in grado di giungere velocemente ad una decisione.

L’ampio spettro e la risonanza delle azioni intraprese nei miei ruoli precedenti, in Italia e nelle Missioni internazionali, mi permettono ora di comprendere il quadro globale di quello che sta accadendo, partendo da un approccio analitico, ma senza perdere di vista l’impatto complessivo di ogni singola azione.

Molte volte nell’Esercito bisogna fare tanto con poco e questo ti aiuta a sviluppare la fantasia, la creatività, caratteristica che ora si sposa bene con il dover costantemente inventare nuovi processi e soluzioni per un costante e continuo miglioramento.

Infine, il rapporto con le persone. Comandare una Compagnia vuol dire credere, fidarsi e potenziare i propri uomini. Ho sempre detto, un buon Ufficiale è prima di tutto un buon psicologo, a volte un amico. Lo stesso approccio l’ho portato con me in Amazon.

Ed ora, quali sono i tuoi prossimi obiettivi professionali?

Non ho perso di vista il mio traguardo. Mentre lavoro ad Amazon e finisco il Master ho anche lanciato due Start UpBankube e Mondejavu. Alberto e Giulia, miei compagni Flexers, mi stanno accompagnando nell’avventura con Bankubeche in questo momento è in un percorso di accelerazione con InnoVits Academy.

Mondejavu è invece il mio piccolo segreto che spero di poter vedere sul mercato verso giugno.

Nel prossimo futuro quindi, vedo la possibilità di diventare un imprenditore di successo per poi poter arrivare, un giorno, al raggiungimento del mio sogno di diventare un Business Angel.

Amazon mi sta dando una possibilità di crescita incredibile e mi permette di imparare alla velocità della luce in un ambiente che è una costante sfida quotidiana, in Amazon “every day is day one”. In futuro questi skills mi saranno assolutamente necessari per combattere in un mondo che cambia continuamente, in cui, chi non si evolve soccombe.

A tutti coloro che stanno valutando cosa fare, se frequentare o meno un MBA, un Master, se cambiare lavoro, dico solo: “Osate!”, la fortuna aiuta gli audaci e se vi troverete un giorno in difficoltà, sarà in quel momento che vi renderete conto di quanto valete.

“Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia.” Goethe.