Trasformare la produzione per un futuro incentrato sul cliente


Negli ultimi anni si è osservata una profonda trasformazione nell’industria manifatturiera, nota con il termine “servitizzazione”, un fenomeno che consiste nell’abbandono del tradizionale focus sulla produzione di beni a favore di un approccio orientato ai servizi. I servizi, offrendo ai produttori la possibilità di distinguersi nel mercato altamente competitivo di oggi, diventano parte integrante del business model di molte aziende.

 

Anna De Carolis, Junior Assistant Professor, Manufacturing Group
Claudia Aurisano, Research fellow, Manufacturing Group
School of Management, Politecnico di Milano

 

La servitizzazione è il processo attraverso il quale i produttori passano dalla mera vendita di prodotti, all’offerta di soluzioni a 360° che comprendono non solo il prodotto, ma anche una serie di servizi a questo associati. Fornendo un pacchetto di servizi a corredo dei loro prodotti, le società produttrici possono soddisfare al meglio le esigenze dei clienti e instaurare relazioni a lungo termine con la consapevolezza che i clienti apprezzeranno sempre più i risultati e le esperienze di acquisto e utilizzo di servizi rispetto al semplice possesso di un bene.

Per le aziende manifatturiere, abbracciare questa trasformazione significa optare per un’evoluzione strategica che va oltre la semplice vendita di prodotti e che richiede una rivalutazione dei modelli di business, dei processi interni e un cambiamento culturale all’interno delle aziende dove i produttori sono sempre più fornitori di soluzioni, pronti a rispondere alle esigenze dei loro clienti. I clienti, dalla loro parte, beneficiano di questa trasformazione ottenendo l’accesso a una serie di servizi che ottimizzano le prestazioni, la durata e l’efficienza dei prodotti acquistati.

Dal punto di vista del mercato, la servitizzazione rappresenta quindi un efficace strumento di differenziazione competitiva in cui le aziende possono distinguersi offrendo un mix unico di prodotti e servizi, finalizzato a promuovere relazioni più salde con conseguente aumento della fedeltà del cliente. Questo fenomeno, inoltre, agevola l’evoluzione da un modello di vendita transazionale a un modello basato su abbonamento o pay-per-use, che genera flussi di ricavi più prevedibili e ricorrenti.
Ed è grazie al maggior coinvolgimento dei clienti lungo tutto il ciclo di vita del prodotto che i produttori ottengono preziose informazioni sul comportamento dei consumatori, utili per adattare nuovi servizi e prodotti a vantaggio di una maggiore soddisfazione dei clienti.

Dal punto di vista ambientale invece, questo cambiamento porta a concentrarsi sulla longevità, sulla riparabilità e sulla sostenibilità dei prodotti, in linea con la crescente domanda di pratiche ecologiche e socialmente responsabili.

Nel complesso, la vendita di servizi legati ai prodotti sta riconfigurando il mercato manifatturiero, poiché offre nuovi flussi di entrate, rinsalda le relazioni con i clienti, favorisce la differenziazione, traina l’innovazione e promuove un approccio più incentrato sul cliente.

La servitizzazione è un aspetto fondamentale per l’evoluzione dell’industria manifatturiera, perché risponde alle mutevoli aspettative dei consumatori moderni: l’esperienza del cliente è requisito fondamentale per rimanere competitivi e per questo motivo posizionarsi in un segmento di eccellenza può garantire la sopravvivenza delle aziende manifatturiere tradizionali.

Il Manufacturing Group della School of Management del Politecnico di Milano mira a trasmettere le sue conoscenze scientifiche al settore industriale, con servizi che favoriscono l’evoluzione delle aziende attraverso il modello della servitizzazione.

La ricerca prodotta supporta le aziende a creare valore attraverso l’individuazione di nuovi servizi a corredo dei rispettivi prodotti o la trasformazione del prodotto stesso in un servizio, tramite l’adozione di un modello di business incentrato sul cliente e sulla sua fedeltà.

Sfruttando le conoscenze scientifiche sull’evoluzione dei servizi, le aziende lungimiranti possono adattarsi facilmente alle crescenti esigenze dei clienti, diversificando i business model attraverso le tecnologie digitali che consentono di cavalcare l’onda della service economy.

Gender Lens Investing: la parità di genere passa dagli investimenti

Un approccio di investimento per coniugare risultati economici e impatto positivo per le donne

 

È stato pubblicato il primo report ‘Empowering women, building sustainable assets: Strengthening the depth of gender lens investing across asset classes’ promosso da UN Women, l’organizzazione delle Nazioni Unite dedicata all’uguaglianza di genere e all’emancipazione delle donne, da Politecnico di Milano (progetto TIRESIA), Università Bocconi (Axa Research Lab on Gender Equality) e Phenix Capital.

Il report esplora il mercato del Gender Lens Investing (GLI), attraverso analisi quantitative e qualitative. Il GLI è un approccio che pone l’uguaglianza di genere al centro delle decisioni di investimento con l’obiettivo di ridurre le disparità di genere attraverso l’allocazione strategica di risorse economiche.

Il rapporto mette in luce la mancanza di un consenso sulla definizione di uguaglianza e inclusione nel contesto finanziario, evidenziando l’urgente necessità di una migliore alfabetizzazione finanziaria. Migliorare l’educazione finanziaria è identificato come un passo fondamentale per incorporare le questioni di genere nelle decisioni di investimento.

Gli investitori, sempre più consapevoli, riconoscono l’importanza di misurare e rendicontare l’impatto dei loro investimenti, adottando pratiche di misurazione che coinvolgono questioni di genere e uguaglianza, contribuendo attivamente al successo e all’impatto positivo di tali iniziative.

Le iniziative dall’alto verso il basso, comprese le regolamentazioni più stringenti, sono accolte positivamente dalla comunità degli investitori, favorendo un ambiente propizio all’accelerazione delle iniziative di genere e disuguaglianza.

I risultati chiave emersi dal rapporto forniscono una panoramica dettagliata del mercato degli investimenti miranti all’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile (SDG) 5 delle Nazioni Unite, che promuove la diversità di genere.

“Non siamo stati ancora capaci di rendere l’impatto il fulcro centrale attorno a cui le istituzioni finanziarie generano valore.” commenta Mario Calderini, direttore di Tiresia.

A luglio 2023, il capitale investito ha raggiunto la cifra notevole di 56 miliardi di dollari USA, evidenziando una crescente domanda per i fondi di investimento d’impatto legati all’SDG 5. Il private equity si conferma come la strategia ad impatto più matura, vantando il maggior numero di fondi di investimento (41) e un significativo capitale allocato. Anche gli investimenti in asset reali, immobiliari ed infrastrutturali, sebbene con un numero limitato di fondi, hanno registrato un aumento di iniziative nel 2022.

Questo innovativo rapporto non solo rivela risultati importanti, ma sottolinea anche i profondi contributi che il Gender Lens Investing può apportare alla società. Allocando strategicamente il capitale per affrontare la disuguaglianza di genere, il GLI offre una soluzione pratica e potenzialmente impattante per affrontare il cronico sottofinanziamento delle iniziative di emancipazione delle donne e di parità di genere.

Mentre il mondo si impegna a raggiungere gli ambiziosi obiettivi stabiliti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, questo rapporto è una testimonianza del potenziale del Gender Lens Investing come forza trasformatrice per un cambiamento positivo, rompendo barriere e aprendo la strada a un futuro più inclusivo ed equo.

“Uno dei motivi più immediati per spiegare perché questo non è successo, è chiedersi chi non era all’interno dei consigli di amministrazione di grandi istituti finanziari. Le donne. Credo fortemente che la rivoluzione d’impatto dipenda da maggior inclusione, maggior presenza di donne e di diversità di genere tra gli organi decisionali.”

HumanTech Day 1

Ad un anno dall’inizio dei lavori, il 26 gennaio scorso si è svolto il primo evento HumanTech, il progetto selezionato e finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) per il periodo 2023-2027 nell’ambito dell’iniziativa “Dipartimenti di Eccellenza”.

 

Un anno dopo l’avvio del progetto HumanTech-Humans and Technology, il Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano ha promosso l’evento “HumanTech – Day 1”. Docenti e ricercatori hanno condiviso studi e ricerche in corso sul tema interazione uomo-tecnologia, per ispirare, creare consapevolezza e stimolare nuove idee. L’obiettivo è ridefinire il complesso rapporto tra tecnologia, persona e società per consentire una transizione digitale sostenibile dei sistemi industriali.

Dopo i saluti di Raffaella Cagliano, Direttrice del Dipartimento, e Federico Caniato, responsabile del progetto HumanTech, il primo panel ha visto la partecipazione di alcuni membri del Comitato Scientifico del progetto, tra cui la Prof.ssa Katharina Hölzle, Direttrice dell’Institute for Human Factors and Technology Management, IAT – Universität Stuttgart, il Prof. Torbjörn H. Netland, Chair of Production and Operations Management, ETH Zürich e la Prof.ssa Viola Schiaffonati, Docente di Logica e Filosofia della Scienza, Politecnico di Milano.

Nella seconda parte, moderata dal Prof. Guido Micheli, sono stati presentati i nuovi laboratori sviluppati e finanziati all’interno del progetto:  “Cognitive Ergonomics in Cyber Physical Systems Laboratory – CORE Lab”, referente Prof. Matthias Klumpp, “Behavioural Research in Immersive Environment Laboratory – BRIEL Lab”, referente Prof. Lucio Lamberti, e il “HumanTech DataHub”, referente Prof.ssa Carlotta Orsenigo.

Il laboratorio CORE si concentra sullo studio dell’ergonomia cognitiva e, attraverso avanzati dispositivi e sensori, conduce studi sperimentali sulle reazioni umane, cognitive e fisiologiche, nell’interazione persona-tecnologia durante attività lavorative tipiche di contesti di produzione e logistica in contesti reali o realisticamente riprodotti.

Il laboratorio BRIEL supporta le attività di ricerca sull’analisi dei fattori comportamentali, cognitivi ed emozionali nel comportamento economico, conducendo ricerche sperimentali che fanno leva sulle neuroscienze applicate in contesti fisici, digitali e immersivi altamente verosimili agli ambienti di lavoro e di utilizzo della tecnologia.

HumanTech Data Hub” è una piattaforma in cui sarà possibile raccogliere e archiviare in modo sicuro tutti i dati a supporto del programma di ricerca HumanTech, in modo da offrire uno strumento unico e semplificato per l’accesso e l’elaborazione dei dati.

I laboratori sono a disposizione dei ricercatori del DIG e sono aperti a collaborazioni con imprese e istituzioni.

Dopo la ricca poster session di oltre 50 ricerche, nel pomeriggio, presso MADE Competence Center Industry 4.0 e PoliHub, i partecipanti hanno potuto assistere alle sperimentazioni dei laboratori, conoscerne le attrezzature e approfondirne le potenzialità, grazie anche ai seminari paralleli organizzati negli stessi ambiti e riflettere, in chiusura, sull’idea di un Manifesto HumanTech.

Una giornata ricca di riflessione e stimoli, per coinvolgere e promuovere la collaborazione tra diversi gruppi di ricerca dipartimentali e immaginare, insieme e in modo sinergico, nuovi  scenari di sviluppo.

 

Video e foto dell’evento:

Sostenibilità e aspetti sanitari nello sviluppo del settore agroalimentare in Africa

Concluso ad Addis Abeba il corso di fondazione IHEA tenuto dal Politecnico di Milano

 

Si è concluso ad Addis Abeba il corso “Sustainability and health aspects in the development of selected value chains of the agri-food sector in Ethiopia”, promosso da Fondazione IHEA – Italian Higher Education with Africa e organizzato dal Politecnico di Milano in collaborazione con il Dipartimento di Medicina Animale, Produzioni e Salute dell’Università di Padova e il College of Veterinary Medicine and Agriculture della Addis Abeba University.

Il corso ha fornito a dottorandi, giovani ricercatori e professionisti una formazione integrata sul ruolo del settore agroalimentare nei Paesi dell’Africa subsahariana, con particolare attenzione al contesto etiope, sull’importanza dell’innovazione e dell’imprenditorialità, nonché sugli aspetti della sicurezza alimentare e della salute degli animali per lo sviluppo delle global value chain.

Per il Politecnico hanno collaborato Federica Ciccullo, docente del Dipartimento di Ingegneria Gestionale, Niso Randellini, dottorando, e Sandra Cesari de Maria, project manager del Food Sustainability Lab.

 

Al via il progetto SETS: formazione per le competenze digitali

Moduli e piani di sviluppo di competenze digitali all’interno delle organizzazioni dell’economia sociale.

 

Sono ufficialmente partite le attività del progetto di formazione SETS (Social Economy Transition Skills) parte del programma Horizon Europe CSA “Green and digital skills and training needs for a just transition”, di cui il Dipartimento di Ingegneria Gestionale è risultato vincitore nel 2023.

L’obiettivo è supportare, testare e pianificare moduli e piani di sviluppo di competenze digitali all’interno delle organizzazioni dell’economia sociale.

La specificità di questo progetto si inserisce nella visione della Commissione europea di “Twin transition”, ovvero “doppia transizione”, coerentemente con il Transition Pathway dell’economia sociale, che consiste nella modernizzazione dei processi produttivi attraverso lo sviluppo di soluzioni volte a rendere la società e le sue industrie sempre più sostenibili, ma anche digitali e tecnologicamente sviluppate.

Il progetto, della durata di 24 mesi, ha lo scopo di sviluppare formazione in una doppia prospettiva:  da un lato la formazione per le cooperative, le imprese sociali e il non profit, dall’altro la formazione degli  stessi formatori dei provider di soluzioni ICT, dei soggetti che si occupano di capacity building in ambito digitale sulle specificità dell’economia sociale, in una prospettiva di mutua cross-fertilizzazione tra organizzazioni dell’economia sociale e “formatori” tecnici sui temi identitari della social economy.

Il ruolo del Politecnico di Milano, come unica università all’interno del consorzio, sarà quello di fare ricerca innanzitutto sul WP 2, per l’analisi degli skills gap, lo sviluppo dei training models (WP3) prima del piloting e del testing con le varie organizzazioni e i partner coinvolti. I moduli che avranno successo verranno formalizzati in modo più esplicito attraverso una certificazione.

I ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Gestionale coinvolti ad oggi in questo progetto di skills development sono Mario Calderini e Francesco Gerli.

Capofila del progetto è Diesis Network (Belgio). I partner sono, oltre al Politecnico di Milano, All Digital Aisbl (Belgio), Open Impact Srl (Italia), Social Good Accelerator (Francia), Fundacija Za Izboljsanje Zaposlitvenih Moznosti Prizma Ustanova (Slovenia), European Forum of Technical and Vocational Education and Training (Belgio).

 

Per saperne di più
Digital @polimi

Food policy. Tre nuovi HUB di quartiere contro lo spreco in città, nel 2023 recuperate oltre 615 tonnellate di cibo

A Palazzo Marino, in occasione della Giornata nazionale di prevenzione contro lo spreco alimentare, presentate le nuove azioni per il potenziamento dei punti di raccolta e il nuovo coinvolgimento dei mercati della città.

 

Milano, 5 febbraio 2024 – Continua l’impegno dell’Amministrazione nella lotta allo spreco: in occasione della Giornata nazionale di prevenzione contro lo Spreco alimentare, che si celebra oggi, la vicesindaco con delega alla Food Policy e all’Agricoltura Anna Scavuzzo ha presentato le iniziative realizzate in sinergia con i partner della città dopo la vittoria della prima edizione dell’Earthshot Prize 2021, prestigioso riconoscimento internazionale dedicato alle migliori soluzioni per proteggere l’ambiente.
Un insieme di azioni che sono il frutto di un anno di lavoro corale che ha coinvolto 36 enti del settore e 12 partner tra soggetti pubblici e privati, enti di ricerca e imprese in workshop, confronti, analisi di bisogni e tavoli di co-progettazione.

Prosegue l’impegno dell’Amministrazione e della Città di Milano – ha detto la vicesindaco con delega alla Food Policy Anna Scavuzzoper il contrasto agli sprechi e alla povertà alimentare, un duplice obiettivo che si raggiunge con un’azione sinergica che vede negli hub di quartiere una risposta molto concreta: lo slancio che ci ha dato l’Earthshot Prize ci ha permesso di investire risorse e co-progettare come utilizzarle insieme ai tanti soggetti attivi sui tavoli della Food Policy. Ancora una volta un bel lavoro di squadra che consolida a Milano un dispositivo di aiuto alimentare di grande efficacia“.

Per la Console Generale britannica a Milano, Catriona Graham, “come evidenziato dall’assegnazione dell’Earthsot Prize, la Food Policy di Milano continua a dimostrarsi all’avanguardia. Ci auguriamo che questa partnership aiuti la Città a promuovere l’impatto del suo lavoro per ridurre gli sprechi alimentari: una sfida critica condivisa da tutto il nostro pianeta”.

Con l’obiettivo, quindi, di ridurre lo spreco di cibo e innovare sempre più le modalità di recupero degli alimenti da destinare ai più fragili, a Milano nasceranno, entro il 2024, tre nuovi Hub di quartiere contro lo spreco alimentare: si tratta del Food Hub Cuccagna (Municipio 4), dell’Hub Selinunte (Municipio 7) e dell’Hub diffuso (Municipio 2), che si aggiungono a quelli già attivi in città (Hub Isola, Municipio 9; Hub Lambrate, Municipio 3; Hub Centro, Municipio 1; Hub Gallaratese, Municipio 8 e infine l’Hub Foody Zero Sprechi, nato all’interno del Mercato Ortofrutticolo di Milano).

L’esperienza degli Hub di quartiere – avviata nel 2019 dal Comune di Milano insieme a Fondazione Cariplo, Programma QuBì, Assolombarda e Politecnico di Milano per incentivare il recupero e la redistribuzione delle eccedenze alimentari con una rete territoriale di soggetti del Terzo settore, che a loro volta destinano il cibo a persone e famiglie in difficoltà – continua a crescere, portando così da cinque a otto i centri di raccolta e stoccaggio del cibo proveniente da diversi punti vendita di esercenti e grande distribuzione.

L’ampiamento della rete di Hub di quartiere per la lotta contro lo spreco alimentare a vantaggio dei cittadini più fragili è un risultato importante per Milano che dimostra un impegno costante e congiunto della Fondazione Cariplo, in sinergia con il Comune e tutti gli attori del sistema alimentare cittadino. Il modello Food Policy di Milano, volto a connettere e valorizzare le competenze, rappresenta un punto di riferimento a livello internazionale come dimostrano i tanti riconoscimenti ricevuti in questi anni, non ultimo l’Earthshot Prize“, ha spiegato Carlo Mango, direttore area Ricerca di Fondazione Cariplo.

Il Rapporto dell’Osservatorio Waste Watcher International mostra come il valore di cibo complessivamente sprecato in Italia è di oltre 13 miliardi di euro all’anno. Valori in continua crescita, che mostrano quanto siano importanti, a livello di tenuta sociale, di attenzione alla sostenibilità e cura per le famiglie più deboli, iniziative come ‘Zero Sprechi’ e gli Hub di quartiere che Assolombarda, insieme a Politecnico, Comune di Milano e Fondazione Cariplo, ha messo in campo ormai da diversi anni – ha detto Adriana Pontecorvo, Vicepresidente Gruppo Alimentazione di Assolombarda -. Una funzione sociale ancora più centrale in questi ultimi mesi.  La nostra è una iniziativa che ogni anno si arricchisce, oltre che di nuovi centri per il recupero e la redistribuzione di eccedenze alimentari, anche di una forte spinta all’innovazione, con una sempre più precisa mappatura delle eccedenze e un sempre maggior numero di imprese che aderiscono a questo virtuoso esempio di collaborazione pubblico-privata. Il marchio ‘Zero Sprechi Hub’, realizzato pro bono dall’agenzia Armando Testa, valorizzerà, sempre di più, l’impegno dei donatori di eccedenze e dei tanti sostenitori del progetto“.

L’alleanza anti-spreco si allarga anche grazie ad un maggiore coinvolgimento dei mercati comunali in cui si punta a raccogliere circa 200 Kg di eccedenze di fresco al giorno in 20 mercati cittadini, un lavoro che si aggiunge a quello portato avanti all’interno dell’Hub Foody Zero Sprechi. L’iniziativa vede come capofila Eco delle Città APS, Associazione Banco Alimentare della Lombardia ‘Danilo Fossati’ ODV, Magma s.r.l Impresa sociale, Recup APS, Comunità nuova onlus, Fondazione Arché e Caritas Ambrosiana.

Contribuire alla riduzione dello spreco alimentare resta fra gli obiettivi primari di Sogemi. Siamo quindi orgogliosi di sostenere le iniziative della Food Policy di Milano, quest’anno con il recupero di oltre 401 tonnellate di cibo per i pasti di circa 10.600 persone. Un risultato ottenuto grazie alla preziosa collaborazione e all’impegno di produttori e grossisti e degli enti che effettuano la raccolta. Il Mercato Agroalimentare di Milano rappresenta un nodo strategico per il sistema alimentare milanese e per l’intera filiera, è pertanto fondamentale continuare a supportare progetti e azioni di solidarietà e sostenibilità alimentare”, ha aggiunto Cesare Ferrero, Presidente Sogemi, Mercato Agroalimentare di Milano.

Infine, l’intera gestione degli Hub di quartiere verrà migliorata attraverso la digitalizzazione della filiera che permetterà di avere una migliore mappatura delle eccedenze e delle risorse disponibili e una logistica condivisa e integrata capace di ottimizzare il sistema di stoccaggio, raccolta e distribuzione, e di ridurre infineanche l’impatto ambientale.

 

I numeri

Sono oltre 615 le tonnellate di cibo recuperate nel solo 2023, di cui 574 tonnellate dai cinque Hub di Quartiere ad oggi attivi a Milano, a cui si aggiungono 41 tonnellate da mercati scoperti. Centinaia di migliaia di eccedenze che sono state redistribuite tra circa 27.000 persone fragili, equivalenti a circa 1.230.000 pasti.

Nell’ultimo anno la rete degli Hub di Quartiere ha permesso di aumentare la quantità di eccedenze ridistribuite, garantendo cibo fresco e secco ad un numero sempre maggiore di persone in stato di bisogno nella città di Milano. Come partner scientifico dell’iniziativa, in questo nuovo anno lavoreremo per potenziare e innovare il sistema, integrando nuovi partner, risorse e servizi, e monitorandone gli impatti“, ha dichiarato Raffaella Cagliano, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Gestionale della School of Management del Politecnico di Milano.

Il nostro operato sul territorio si concentra su tre povertà: energetica, educativa e alimentare, a sostegno di una Transizione Giusta. Perseguendo tale scopo, abbiamo voluto rispondere prontamente e attivamente al processo di co-progettazione promosso dal Comune di Milano per il rilancio degli Hub di quartiere – ha commentato Angela Melodia, Responsabile Sviluppo e Innovazione e dei Progetti di Riqualificazione Sociale e Culturale di Fondazione Snam ETS -. Siamo convinti che sia fondamentale procedere con interventi sociali e iniziative inclusive nei confronti dei beneficiari finali, le persone vulnerabili, ponendo le nostre risorse e le nostre competenze a servizio degli attori della rete e dei partner coinvolti, con i quali desideriamo fare sistema in un’ottica di continua innovazione, con l’obiettivo comune di generare sempre di più un impatto sociale positivo“.

 

I soggetti coinvolti nei nuovi Hub di quartiere
I tre Hub di quartiere che saranno attivi entro il 2024 seguono un modello ormai consolidato di partnership pubblico-privato che vede coinvolti numerosi attori. In particolare:
– il Food Hub Cuccagna ha come capofila del progetto l’Associazione Consorzio Cantiere Cuccagna Impresa Sociale, a cui si aggiungono Emergency Ong onlus, Recup Associazione di Promozione Sociale, Associazione Economia e Sostenibilità, Associazione Comunità il Gabbiano ODV e Fondazione Acra;
– Hub diffuso vedrà la collaborazione di Comin Coop Soc. di solidarietà, Milano Positiva Aps, Associazione T12 Lab, Parrocchia Santa Maria Assunta in Turro, Terza Settimana Odv, Mutuo Soccorso Milano Aps;
– Hub Selinunte, futuro polo logistico di distribuzione alimentare, sarà infine gestito da Coopi cooperazione internazionale onlus.

I partner degli Hub di Quartiere
Enti sostenitori: Programma QuBi, Fondazione Milan, Banca di Credito Cooperativo di Milano e Fondazione Snam.
Enti gestori: Banco Alimentare della Lombardia, Terre des Homme Italia, Ibva Solidando.
Hub Foody Zero Sprechi: Sogemi, Fondazione Cariplo, Università degli studi di Milano, Banco Alimentare della Lombardia, Recup, Croce Rossa Sud Milano, Eco dalle Città, Caritas Ambrosiana, Croce Rossa italiana Comitato di Milano
Sponsor tecnici: Avis Milano, SoDe social delivery, Armando Testa.
Le insegne coinvolte: Lidl, Esselunga, Carrefour, Coop Lombardia, Il Gigante, Natura sì, Iper La grande i, Unes, Getir, Pam, Erbert, Conad, Glovo, con 37 punti vendita totali.

Cresce in Italia la finanza a impatto: salute, educazione, tecnologia, agricoltura e ambiente i settori di maggior interesse

Tiresia-School of Management Politecnico di Milano e SIA-Social Impact Agenda per l’Italia presentano il rapporto “Finance for Impact: 2023 Italian Outlook – The Journey to Radicality”, la fotografia più aggiornata dello stato dell’impact finance in Italia. 

Lo studio coinvolge 39 operatori del mercato finanziario, il 72% di quanti dichiarano di adottare queste strategie di investimento. Due miliardi e 400 milioni di euro vengono gestiti da soggetti che hanno un approccio di impatto radicale, ovvero di totale aderenza ai principi di intenzionalità, misurabilità e addizionalità. Mario Calderini: «Ho fortemente voluto che l’Outlook avesse fin dal titolo un forte richiamo alla radicalità perché è la lente con la quale abbiamo analizzato il mercato italiano. Questi criteri stringenti consentono di delineare una nicchia di mercato che rappresenta il DNA più puro degli sforzi prodotti dall’industria finanziaria per contribuire alla soluzione di importanti problemi sociali e ambientali”. I principali settori di interesse risultano essere quelli della salute (68%) e, a parimerito, dell’educazione, della tecnologia, dell’agricoltura e dell’ambiente (61%).

 

Milano, 1 febbraio 2024 – Cresce in Italia la finanza a impatto, ovvero un’ampia gamma di investimenti e finanziamenti basati sull’assunto che i capitali privati, talvolta in combinazione con i fondi pubblici, possano intenzionalmente contribuire a creare impatti sociali positivi e misurabili e, al tempo stesso, rendimenti economici: 9,3 miliardi di euro a fine 2022, un terzo in più (+33%) dell’anno precedente, quando i miliardi erano circa 7 e rappresentavano l’8,5% del dato europeo. Gli Asset Under Management (AUM), infatti, a fine 2021 risultavano pari a 1.063 miliardi di euro a livello internazionale (fonte: GIIN) e a 80 miliardi a livello europeo (fonte: Impact Europe). Il 75% degli AUM italiani è gestito da organizzazioni bancarie (19% del campione di operatori oggetto di indagine), il 21% da gestori di fondi a impatto (71% del campione) e il 4% da investitori istituzionali (10%).

Sono alcuni dei dati contenuti nel rapporto Finance for Impact: 2023 Italian Outlook – The Journey to Radicality presentato da Tiresia, il Centro di Ricerca per l’innovazione e la finanza per l’impatto sociale della School of Management del Politecnico di Milano, a oggi lo studio più aggiornato e completo in Italia che indaga con un approccio critico l’ecosistema della finanza a impatto sociale nel nostro Paese. Realizzato in collaborazione con SIA – Social Impact Agenda per l’Italia, il network italiano per gli investimenti e la finanza a impatto, e con il sostegno di Impact Europe e GSG on Impact Investing, l’Outlook consolida e arricchisce il percorso di analisi dell’evoluzione del mercato italiano della finanza per l’impatto, che Tiresia ha intrapreso nel 2016 e che oggi arriva restituire i dati del nostro Paese a tutto il 2022.

Lo studio coinvolge 39 operatori del mercato finanziario, che rappresentano il 72% di quanti dichiarano di adottare strategie di investimento riconducibili alla finanza per l’impatto in Italia. Nello specifico, 31 operatori sono asset manager che investono direttamente in organizzazioni imprenditoriali con finalità sociali o in organizzazioni del terzo settore.  Secondo i principi della finanza ad impatto – intenzionalità, misurabilità e addizionalità – il 45% degli operatori risulta avere un approccio di impatto radicale, ovvero di totale aderenza a questi principi; mentre il 55% ha un approccio generale. In Italia, quindi, 2,4 miliardi di euro vengono gestiti da operatori che hanno un approccio radicale alla strategia di investimento ad impatto e 6,9 miliardi di euro da operatori che scelgono un approccio generalista.

«Ho fortemente voluto che l’Outlook avesse fin dal titolo – The Journey to Radicality – un forte richiamo alla radicalità, perché la radicalità è la lente con la quale abbiamo analizzato il mercato italiano della finanza a impatto» dichiara Mario Calderini, professore ordinario del Politecnico di Milano e direttore di Tiresia. «Essere radicali significa aderire rigorosamente alla triade intenzionalità-misurabilità-addizionalità. Questi criteri stringenti consentono di delineare una nicchia di mercato che rappresenta il DNA più puro degli sforzi prodotti dall’industria finanziaria per contribuire alla soluzione di importanti problemi sociali e ambientali. E perché la finanza a impatto raggiunga volumi significativi e possa così migliorare, in modo consistente, la vita di quante più persone possibili, deve essere pienamente integrata in un nuovo ecosistema di economia sociale, plasmato da politiche pubbliche e animato da attori privati. Dopo dieci anni, è il momento di dirlo chiaramente: l’impatto o è politico o non è».

Tra i 31 gestori patrimoniali ci sono organizzazioni che gestiscono veicoli d’investimento a cui si applica la Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR). Guardando alla classificazione Articolo 8 e Articolo 9 dei loro veicoli, risulta che alcuni operatori (il 29%) gestiscono veicoli di investimento che sono stati classificati come Articolo 8. Tuttavia il 50% ha una strategia di investimento che si allinea ai principi della finanza per l’impatto così come definita nel rapporto. Per il restante 71% di organizzazioni che gestiscono veicoli di investimento classificati come Articolo 9, si evidenzia al contrario un 40% che ha invece un approccio generalista e che non aderisce ai tre principi della triade dell’impatto. Questi risultati sollevano preoccupazioni sulla normativa UE, che manca ancora di una classificazione precisa degli approcci orientati all’impatto.

«Il mercato della finanza a impatto è cresciuto significativamente in appena 10 anni» osserva Filippo Montesi Altamirano, segretario generale di SIA. «Il nuovo report evidenzia il crescente interesse degli operatori finanziari e dei risparmiatori a investire in asset generativi di impatto ambientale e sociale positivo. Non possiamo sentirci ancora soddisfatti da questi risultati, sentiamo l’urgenza di mobilitare almeno il 10% degli Asset under management verso modelli di business a impatto e di preservare il carattere trasformativo della finanza a impatto, al fine di contribuire al raggiungimento dei Sustainable Development Goals a livello nazionale e globale».

 

I principali settori di interesse per gli operatori della finanza a impatto

I principali settori di interesse per gli operatori della finanza per l’impatto risultano essere quelli della salute (68%), quindi dell’educazione (61%) a parimerito con la tecnologia (61%), l’agricoltura (61%) e l’ambiente (61%). I Sustainable Development Goals a cui gli investimenti e il finanziamento contribuiscono maggiormente sono: lavoro dignitoso e crescita economica (80%); salute e benessere (77%); riduzione delle disuguaglianze (77%); città e comunità sostenibili (77%); consumo responsabile (77%). Per il 62% degli asset manager gli aspetti finanziari e sociali hanno lo stesso peso nelle scelte di investimento. Mentre per il 21% gli aspetti sociali rappresentano la logica decisionale prioritaria.

Tra i principali criteri di valutazione nella scelta di investimento e di finanziamento viene considerata la presenza di una missione d’impatto come criterio più ricorrente (88%), seguito dal potenziale di redditività e dalla scalabilità (52%) e composizione del team dell’organizzazione (48%). Altri criteri considerati sono, ad esempio, l’infrastruttura per la misurazione dell’impatto (24%) e la configurazione della governance in grado di salvaguardare il raggiungimento dei risultati sociali (8%). Le organizzazioni maggiormente supportate dagli operatori finanziari intervistati sono business tradizionali con una mission di impatto (come dichiarato dal 57% delle organizzazioni finanziarie) e organizzazioni not for profit che svolgono delle attività commerciali marginali (come dichiarato dal 54% delle organizzazioni finanziarie).

«Accogliamo con entusiasmo lo sforzo italiano di Tiresia e Social Impact Agenda per l’Italia di dare un quadro accurato del mercato della finanza a impatto» dichiara Alessia Gianoncelli, Director of Knowledge and Programs di Impact Europe. «È fondamentale avere la possibilità di conoscere a fondo il flusso di capitali all’interno del settore, capire quali siano gli investitori che adottano i tre principi dell’impatto – intenzionalità, misurabilità e addizionalità – analizzare le strategie di investimento per quanto riguarda i diversi settori e SGDs, avere un’idea chiara di quanto sia stringente (o meno) la classificazione Articolo 9, capire che peso hanno le varie tipologie di investitori. Questa ricerca accresce la conoscenza della finanza a impatto in Italia, rafforzando l’idea che sia necessario un aumento di risorse dedicate a questo settore, che purtroppo rappresenta ancora una nicchia, in Italia e in Europa».

Tra le principali barriere e driver di crescita del mercato emerse dallo studio, sicuramente si segnala la mancanza di opportunità di investimento interessanti a causa della carenza di competenze manageriali (40%), la mancanza di metodologie di misurazione di impatto standardizzate, trasparenti e comparabili (23%) e l’assenza di istituzioni pubbliche in grado di sostenere questo mercato attraverso specifiche facilitazioni e quadri normativi (30%). È fortemente emersa la necessità di una maggiore presenza della pubblica amministrazione (42%) e di investitori istituzionali (65%), oltre che la necessità di rafforzare ulteriormente la collaborazione multi-stakeholder (54%).

 

Per scaricare il report completo: https://www.tiresia.polimi.it/finance-for-impact-2023-italian-outlook/

 

Due docenti della School of Management nel Radar 2024 di Thinkers50

 

La lista annuale delle 30 figure più influenti nel campo del management a livello mondiale include Tommaso Buganza e Daniel Trabucchi per i loro studi sulle piattaforme

 

Sono Tommaso Buganza e Daniel Trabucchi i docenti della School of Management che sono stati inseriti nella Radar Class 2024 di Thinkers50, la classifica delle personalità emergenti nel mondo del management redatta da Thinkers50, l’organizzazione inglese che assegna anche i Distinguished Achievement Awards, noti come “gli Oscar del management” secondo il Financial Times.

Tommaso Buganza è professore ordinario di Leadership e Innovation e co-fondatore di LEADIN’Lab, il laboratorio di Leadership, Design and Innovation. Daniel Trabucchi è ricercatore nello stesso gruppo di ricerca e insieme sono co-fondatori di Symplatform, una conferenza internazionale annuale sulle piattaforme digitali che mira a mettere in contatto studiosi e professionisti. Sono direttori scientifici del Platform Thinking HUB, una comunità di leader dell’innovazione focalizzata sulle piattaforme, ed è per il loro lavoro di ricerca in questo ambito che sono stati inseriti nel radar.

Annunciata ogni anno a gennaio, il Radar Thinkers50 identifica le 30 personalità emergenti con il potenziale per dare un contributo significativo alla teoria e alla pratica del management, e le cui idee, secondo le loro previsioni, avranno un impatto importante sul pensiero manageriale del futuro.  Thinkers50 supporta i “pensatori” per presentare le idee che daranno forma al management nei prossimi anni.

 

Per maggiori informazioni:
https://thinkers50.com/radar-2024/

 

Financial Times European Business Schools Ranking 2023: POLIMI Graduate School of Management è tra le migliori business school in Europa

La Business School del Politecnico di Milano è seconda a livello europeo tra quelle appartenenti ad un’università tecnica secondo l’FT European Business School Ranking 2023

 

POLIMI Graduate School of Management – la business school che fa parte della School of Management del Politecnico di Milano – si conferma tra le migliori business school in Europa anche per quest’anno. Secondo il Financial Times European Business Schools Ranking 2023, reso pubblico oggi, la Business School del Politecnico rimane stabile al secondo posto a livello europeo tra le scuole appartenenti ad un’università tecnica (il Politecnico di Milano, appunto) dietro solo all’Imperial College Business School (UK). Nella classifica generale la business school milanese si posiziona al 36esimo posto su 90 classificate, celebrando così la permanenza nelle migliori 40 in occasione del 13esimo anno da quando è entrata nel ranking la prima volta (2010).

“La conferma ai vertici della classifica europea del Financial Times ci ripaga dell’impegno intrapreso negli ultimi anni per rinnovare la nostra offerta e i contenuti dei nostri programmi per dare agli studenti e alle aziende con cui collaboriamo proposte formative di valore che ci distinguono nel panorama dell’education” – hanno dichiarato Vittorio Chiesa e Federico Frattini, rispettivamente Presidente e Dean di POLIMI Graduate School of Management. È una soddisfazione che va ben oltre l’entusiasmo per essere ancora dopo tanti anni in classifica: l’orgoglio è soprattutto per il fatto che alla base di questo risultato c’è l’apprezzamento da parte dei nostri studenti. Dal 2020 sono state circa 3200 le persone che hanno scelto i nostri Master e quasi 600 le aziende coinvolte come partner per le attività extracurriculari[FF1] n. La forza di queste connessioni con il tessuto imprenditoriale e produttivo è dimostrata da risultati post graduation che ci soddisfano più di ogni riconoscimento internazionale”.

L’eccellenza dei percorsi formativi di POLIMI Graduate School of Management è confermata anche dalle altre voci che incidono, in misura diversa, sul punteggio finale. L’EMBA (Executive Master in Business Administration ideato per i professionisti con una carriera già avviata da almeno 6 anni) sale al 47esimo posto della relativa classifica, guadagnando 7 posizioni rispetto al 2022. Migliora anche la valutazione del Salary Increase, vale a dire il livello di retribuzione di un manager a tre anni dalla graduation e la relativa differenza rispetto al periodo pre-Master: in media lo stipendio degli Alumni di POLIMI Graduate School of Management dopo aver completato il Master cresce del 62% per gli Executive MBA e di quasi il doppio (95%) per gli MBA, rivolti a lavoratori con una esperienza lavorativa avviata da oltre 3 anni. Buona anche la percentuale (41%) di donne tra i docenti in “cattedra”.

Oggi il tasso di occupazione degli studenti di un full time MBA di POLIMI Graduate School of Management a tre mesi dalla graduation è pari all’88%. Oltre l’80% di coloro che ha frequentato un Executive MBA ha avuto un upgrade di carriera a due anni dal completamento del Master, mentre il 20% ha intrapreso una carriera all’estero e il 6% ha fondato una startup.

L’offerta formativa di POLIMI Graduate School of Management comprende oltre 40 Master, tra cui anche 7 MBA ed Executive MBA, più di 300 programmi executive open e diversi corsi di formazione progettati su misura per aziende. Ogni anno collabora con più di 100 imprese, realizzando oltre 180 programmi formativi su misura, erogando oltre 4.000 ore di didattica e coinvolgendo più di 30.000 dipendenti.

Il Financial Times European Business Schools Ranking 2023 è disponibile qui.

Il progetto BUDD-e vince il Premio per l’Innovazione in Sanità Digitale

Agenas premia il robot guida per ciechi sviluppato dal Politecnico di Milano e Ospedale Niguarda

 

Budd-e, il robot a servizio di chi non vede, ha vinto il premio “Innovazione in sanità digitale”.

Budd-e è uno speciale robot a guida autonoma che ha l’obiettivo di guidare le persone non vedenti all’interno di spazi strutturati come ospedali, centri sportivi e commerciali, musei.

Progettato e messo a punto dai ricercatori del Politecnico di Milano e sperimentato e validato all’Ospedale Niguarda, Budd-e è in grado di apprendere i percorsi interni alla struttura ospedaliera e di accompagnare persone non vedenti dall’ingresso dell’ospedale fino al reparto o ambulatorio di destinazione, e ritorno.

Il progetto ha l’obiettivo di offrirsi come soluzione per migliorare l’accessibilità e la qualità della vita delle persone non vedenti. È stato finanziato da Politecnico di Milano attraverso Polisocial Award 2021, che premia la ricerca ad alto impatto sociale con il 5×1000 devoluto al nostro ateneo.

L’iniziativa “Innovazione in sanità digitale”, è organizzata da Agenas – Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, in collaborazione con la SICS – Società Italiana di Comunicazione Scientifica e Sanitaria. Budd-e è stato premiato nella categoria “Innovatività del progetto in relazione all’uso dell’ICT – concretezza – sostenibilità e replicabilità”.

 

Per saperne di più
Il sito ufficiale di Budd-e
Su Frontiere: intervista a Marcello Farina, responsabile del progetto