Autostrade per l’Italia lancia un master per assumere 20 giovani laureati

L’iniziativa nasce dalla collaborazione con Politecnico di Torino, Politecnico di Milano e MIP, la Graduate School of Business dell’ateneo milanese, e prevede un contratto in azienda per gli studenti selezionati.

Al via la selezione dei candidati per il Master universitario di secondo livello in “Ingegneria e gestione integrata delle reti autostradali”, lanciato da Autostrade per l’Italia insieme alla Scuola di Master e Formazioni Permanente del Politecnico di Torino, il Politecnico di Milano e il MIP, la Graduate School of Business dell’Ateneo Milanese, grazie a una partnership siglata per individuare e far crescere professionalmente giovani talenti.

Il Master, promosso da Autostrade per l’Italia, rappresenta una concreta opportunità occupazionale per 20 neolaureati under30 e vedrà fin dal suo avvio l’effettiva assunzione in azienda dei ragazzi selezionati, con un contratto in apprendistato di alta formazione della durata di due anni. In questo periodo, attraverso la formazione accademica e il lavoro sul campo, i ragazzi potranno contribuire alla realizzazione del Piano di Trasformazioni di ASPI, grazie ad un programma formativo teso a rafforzare competenze ingegneristiche di progettazione, gestione trasportistica, manutenzione e controllo delle infrastrutture stradali, oltre alla competenze digitali applicate all’infrastruttura (Monitoraggio IoT, Infrastrutture Smart Mobility) e competenze manageriali di project management, per garantire profili in uscita in grado di governare processi complessi di sviluppo e progettazione della rete autostradale. L’obiettivo è quello di formare talenti che sappiano distinguersi nella ricerca e nell’attuazione di soluzioni innovative nell’ambito della gestione e del monitoraggio delle reti autostradali, accompagnando l’azienda nel percorso di digital transformation prevista dal Piano industriale di Autostrade per l’Italia.

Questa iniziativa nasce in seno alla Autostrade Corporate University, la nuova scuola di formazione aziendale del Gruppo, riconosciuta dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, nata nell’ambito del più vasto programma di HR Transformation avviato dalla società e in grado di erogare corsi per oltre 100.000 ore annue ad oltre 4.000 dipendenti, sia in modalità tradizionale che e-learning, avvalendosi di docenze certificate interne e di selezionati professionisti sul mercato, oltre che di partnership con le principali Università italiane. Il Master di secondo livello in “Ingegneria e gestione integrata delle reti autostradali” partirà nel mese di maggio 2021 e durerà per 24 mesi, mentre le selezioni (link) si chiuderanno il giorno 31 marzo 2021.

“Siamo orgogliosi di aver stimolato tre eccellenze italiane a collaborare con Autostrade Corporate University per la costruzione del Master” ha affermato Gian Luca Orefice, Human Capital & Organization Director di ASPI. “Un’iniziativa di rilievo che risponde alla filosofia di rendere la nostra infrastruttura un’autostrada dei saperi. Un luogo per sviluppare, promuovere e scambiare competenze sempre più in linea con l’innovazione tecnologica di processo, metodi e prodotto. La nostra strategia punta a valorizzare i mestieri e le professioni per garantire l’eccellenza delle conoscenze al servizio del Paese. Cominciamo dalle scuole e dall’Università il nostro on-boarding, per crescere persone consapevoli verso un futuro sostenibile”.

“Il Master – afferma Fabio Biondini, Direttore scientifico del Master – si inquadra nell’ambito di una crescente attenzione al settore delle infrastrutture legata alla necessità di garantire livelli di sicurezza, funzionalità e resilienza sempre più elevati e un utilizzo sostenibile delle risorse naturali ed energetiche che condiziona in modo rilevante l’economia e l’ambiente, coinvolgendo più generazioni. Il Master risponde a queste esigenze promuovendo una formazione trasversale e una visione sistemica in grado di coniugare il ciclo di vita e la manutenzione delle opere, in particolare ponti e gallerie, lo sviluppo di strutture e infrastrutture intelligenti, la trasformazione digitale della mobilità e la gestione integrata della rete infrastrutturale, con una impostazione che rende il percorso formativo fortemente attuale e proiettato nel futuro.”

“Per il Politecnico di Torino e la sua Scuola Master – commenta Paolo Neirotti, Direttore della Scuola di Master e Formazione Permanente del Politecnico di Torino – questa iniziativa rappresenta uno dei diversi fronti dove tramite lo strumento dell’Alto Apprendistato aiutiamo le imprese a formare persone di talento secondo un profilo di competenze in cui, a fianco della verticalizzazione in un particolare ambito tecnico, forniamo competenze orizzontali e complementari di economia e management, soprattutto su fronti legati alla trasformazione digitale e all’innovazione. Poter fare questo combinando le esperienze di due Politecnici e del MIP rappresenta un’opportunità per continuare a confrontarci su approcci innovativi alla didattica”.

“Le infrastrutture e le reti di trasporto sono un asset strategico della società moderna e lo saranno sempre di più nel futuro: questo è innegabile” afferma Daniela Peila, Direttore scientifico del Master, che aggiunge: “Questo settore ritenuto ormai “maturo” sta affrontando le sfide della modernità e dell’innovazione che richiedono professionalità con competenze e abilità trasversali, in grado di gestire la complessità. Il Master è stato pensato e sviluppato per rispondere a questa esigenza e formare i giovani talenti che diventeranno i dirigenti del futuro. Per raggiungere questo obiettivo il percorso prevede sia lezioni frontali per fornire le conoscenze necessarie a padroneggiare i problemi in modo interdisciplinare, sia giovani che si confrontino con la realtà del lavoro, del cantiere e dell’ufficio tecnico interagendo, con colleghi esperti che diventeranno inevitabilmente i loro mentori. Infine, lo sviluppo di un project work per gruppi ristretti consentirà, con un processo di learning by doing, di crescere non solo dal punto di vista professionale, ma anche dal punto di vista umano. È una sfida eccitante per un giovane ingegnere”.

“Siamo felici di essere partner, insieme a Politecnico di Milano e Politecnico di Torino, del Master promosso da Autostrade per l’Italia” commenta Federico Frattini Dean del MIP, la Graduate School of Business del Politecnico di Milano, che conclude: “Un progetto che offre ai giovani talenti non solo un’occasione di alta formazione presso tre realtà di spicco del panorama accademico, ma anche una concreta opportunità professionale. Un primo passo per diventare promotori della digital transformation in azienda.”

Inclusione: costruire una società migliore per tutti

Intervista a Donatella Sciuto, Prorettrice del Politecnico di Milano

 

Diminuire il divario di genere è parte dell’agenda 2030 degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, anche in relazione all’incidenza femminile nell’ambito delle materie STEM. Discipline che garantiscono tassi di occupazione molto alti ma sono ancora prevalentemente appannaggio degli uomini. Quali sono i fattori che provocano questo divario?

I fattori sono diversi e riconducibili a mio avviso a tre dimensioni: individuale, di contesto e di cultura. Per individuale intendo le attitudini personali; per contesto l’ambiente in cui le ragazze crescono – la famiglia, la scuola, la comunità a loro più vicina; per cultura mi riferisco a quella di un paese o di un’area geografica, che con le proprie regole può influire nelle scelte individuali.

Ancora oggi esiste nel gioco dei bambini la distinzione tra i ruoli maschili e femminili: fin dall’asilo le bambine sono abituate a confrontarsi con determinati modelli e anche quelle cresciute con modelli diversi quando stanno con le loro compagne tendono ad adeguarsi al comportamento “atteso” per non essere emarginate. E crescendo le cose non cambiano, perché nell’adolescenza l’identità di gruppo è ancora più forte.

A livello di contesto familiare solitamente viene favorita una socializzazione di genere e lo stesso vale per l’esposizione alla scienza, alla matematica o alla tecnologia: le ragazze tendono ad essere meno esposte e quindi meno interessate a questi temi, probabilmente anche in virtù dell’identità di gruppo. Mancano i role model di riferimento, che in questa fase della crescita sono di tutt’altro tipo.
Nelle ragazze c’è spesso un livello di propensione al rischio più basso rispetto ai maschi, e proprio per questo le famiglie tendono a proteggerle maggiormente. In alcuni contesti le carriere scientifiche sono considerate più “a rischio” di altre, o comunque meno appropriate alle ragazze perché a maggioranza maschile, alimentando così la paura di un ambiente di lavoro ostile.

A livello culturale ci sono paesi in cui lo studio delle discipline scientifiche è più diffuso, come alcuni paesi dell’Asia, e le ragazze sono di conseguenza più propense a studiarle, anche se questo non si traduce poi necessariamente in carriere scientifiche. In Europa e nei paesi anglosassoni lo studio della scienza è meno diffuso, con l’eccezione dei paesi scandinavi in cui l’uguaglianza di genere è più radicata a tutti i livelli.

Alla luce di questo contesto, qual è il ruolo che devono avere le università nel ridurre il gender gap in questi percorsi di studi?

Possiamo fare tanto, e fin dai primi livelli scolari: lavorando con le scuole possiamo mostrare che scienza e tecnologia non hanno “genere” e sono divertenti e interessanti per tutti.
Con questo obiettivo al Politecnico di Milano negli anni scorsi abbiamo organizzato lezioni e laboratori scientifici per bambini delle scuole elementari in collaborazione con la rivista Focus Junior.

Per creare consapevolezza e favorire l’orientamento l’11 febbraio scorso, giornata che l’ONU dedica a celebrare le donne nella scienza, abbiamo pubblicato un video per aiutare le ragazze a prendere in considerazione ingegneria come percorso universitario.  Il video è ora in distribuzione nelle scuole superiori con cui siamo in contatto. Lavoriamo infatti molto con le scuole secondarie, e in particolare con i docenti di fisica e matematica per un confronto sull’insegnamento finalizzato all’ingegneria. Organizziamo inoltre le Summer School Tech Camp, dedicate agli studenti del terzo e quarto anno di liceo. I Tech Camp si svolgono in inglese, durano una settimana e prevedono lo sviluppo un progetto tecnologico (teoria e pratica) che vengono presentati alle famiglie.

Nel nostro ateneo abbiamo anche deciso di sostenere le ragazze con delle borse di studio specifiche. Il programma Girls@Polimi intende favorire la loro iscrizione ai corsi di laurea in ingegneria in cui sono meno rappresentate, offrendo un supporto economico supplementare finanziato da aziende: il primo anno ne avevamo 2, il secondo 12 e ora 20. Poi ci sono borse di studio per studentesse di laurea magistrale, e percorsi di mentoring, sempre in collaborazione con aziende.

Infine, ma questo vale come premessa, oltre a orientamento e sostegno, le università devono garantire l’uguaglianza e bandire qualsiasi forma di discriminazione.

Il nostro paese in Europa registra una percentuale di dottoresse di ricerca, in totale e anche nelle aree STEM, superiore a quelle di Spagna, Regno Unito, Francia e Germania (*rapporto del ministero dell’Istruzione sulle carriere femminili in ambito accademico, marzo 2020). Significa che stiamo andando nella direzione giusta per quanto riguarda la rappresentanza femminile a tendere oppure è solo un primo passo?

Siamo solo ai primi passi. Guardando i dati in maniera più attenta ci si rende conto che sono buoni perché le materie STEM comprendono spesso anche biologia e medicina, che non hanno mai avuto il problema di un divario di genere. Prendiamo ad esempio ingegneria biomedica: nel nostro ateneo le studentesse di questo corso sono il 50%. Tuttavia in altre aree le donne sono pochissime, come elettronica ed informatica ad esempio, in cui da noi il tasso femminile registra meno del 10%, sebbene le professioni informatiche siano richiestissime. A livello di dottorato i dati migliorano perché abbiamo molte studentesse straniere che decidono di studiare qui, quindi la presenza internazionale riduce il divario.

E’ vero che siamo in un periodo storico in cui c’è consapevolezza del problema e si registra un rinnovato interesse da parte delle aziende per ridurre il gender gap, in linea con gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals SDGs), ma la realtà mostra che è il pay gap ad essere ancora importante, e si verifica sin dal primo impiego e a parità di voti negli studi.

Per aiutare le donne dal punto di vista professionale è fondamentale eliminare il pay gap, e per la loro carriera considerarle nella prospettiva della diversità.
Un aumento della rappresentanza femminile è quindi relativo se è riferito solo ad alcune funzioni e a determinate aree aziendali, abitualmente più umanistiche.
In questo senso c’è ancora molto da fare e il giusto spazio nel mondo del lavoro deve essere ancora conquistato.

Oltre alle tematiche di genere, quali sono le sfide di inclusione che a tuo avviso sono più stringenti per il sistema della ricerca e dell’università?

Prima di tutto sostenere la carriera delle donne. Man mano che si sale nella gerarchia accademica le donne sono sempre meno, come rilevato dal rapporto italiano della CRUI. La carriera femminile non deve essere danneggiata dai compiti di cura e da una maternità, per esempio. Noi abbiamo creato un bonus economico per sostenere il rientro delle ricercatrici dopo la maternità e supportarle nella ripresa della loro attività di ricerca scientifica.

A parte questo, credo che in università il tema dell’inclusione debba essere affrontato a tutto tondo: la priorità è creare le condizioni per accogliere la diversità in tutte le sue forme.

Noi lo stiamo facendo con il programma “POP” (Pari Opportunità Politecniche) che ha l’obiettivo di garantire un ambiente di studio e lavoro che rispetti le identità di genere, le diverse abilità, le culture e provenienze. Essendo un ateneo internazionale è importante infatti anche imparare a vivere con persone che appartengono a culture diverse ed è un percorso in cui dobbiamo impegnarci tutti, docenti, studenti e personale amministrativo.  Per raggiungere questi obiettivi, nella riorganizzazione dei servizi del Politecnico dell’anno scorso abbiamo voluto creare una unità organizzativa che segua tutti gli aspetti, chiamata Equal Opportunities, all’interno dell’area Campus Life.

Le persone non devono essere giudicate dalle apparenze, bensì dai meriti.  Solo eliminando ogni tipo di stereotipo o pregiudizio possiamo costruire un mondo inclusivo per tutti.

 

Sostenibilità nel fashion: seconda edizione del premio di laurea “Save The Duck”

Cinquemila gli euro messi in palio dal marchio di piumini 100% animal free per la migliore tesi che affronti il tema della sostenibilità nel fashion, con un focus sui materiali vegetali o sintetici o sui modelli di consumo sostenibili e circolari.

 

E’ giunta alla seconda edizione l’iniziativa lanciata da Save The Duck, in collaborazione con la Sustainable Luxury Academy della School of Management del Politecnico di Milano, l’Osservatorio permanente sul lusso sostenibile nato per riunire le voci più influenti dell’industria dell’alto di gamma e incidere positivamente sul mercato.

Al premio di laurea, del valore di 5.000 euro lordi, potranno partecipare gli studenti che abbiano conseguito il titolo di laurea magistrale al Politecnico di Milano tra aprile 2020 e aprile 2021, in tutti i corsi di studio, con una votazione non inferiore a 100/110. Le candidature vanno presentate sul sito del Politecnico di Milano nella sezione «Borse di studio e premi di laurea (non DSU)» entro le 12 del 14 maggio 2021, il vincitore sarà proclamato a fine giugno 2021.

La partnership tra la School of Management e Save The Duck nasce nel 2019 per offrire sostegno concreto ai giovani che si impegnano per un futuro a minore impatto ambientale e sociale.

Sensibilizzare maggiormente il settore del lusso sui temi della sostenibilità e della responsabilità sociale a partire dalle nuove generazioni, è un obiettivo che da anni ci siamo prefissi, e il premio di laurea con Save The Duck va esattamente in questa direzione – conferma Alessandro Brun, a capo della Sustainable Luxury Academy e direttore del Master in Global Luxury Management -. “Come School of Management abbiamo posto le tematiche ambientali, sociali e di governance al centro di tutti i nostri programmi e la risposta degli studenti è stata eccezionale: sono ormai moltissimi i giovani che nella loro tesi affrontano questi argomenti. Un premio che valorizzi i loro sforzi non può che innescare un circolo virtuoso, favorendo ulteriore interesse da parte dei futuri manager, designer e professionisti che domani guideranno il settore moda in Italia e nel mondo”.

Sostenibilità del trasporto aereo: un PhD in collaborazione tra easyJet e la School of Management

Diego Babuder, pilota easyJet, intraprenderà il percorso di ricerca quadriennale Executive del Programma di Dottorato in Management Engineering

 

Quest’anno la School of Management del Politecnico di Milano, in collaborazione con easyJet, avvia un dottorato Executive in Management Engineering incentrato sulla sostenibilità nel settore aereo. Il percorso pone il focus sulle sfide e sulle opportunità che l’innovazione digitale può avere in quest’ambito, con particolare attenzione a come le compagnie aeree possano contribuire alla decarbonizzazione del settore e a ridurre gli effetti del cambiamento climatico.

La sostenibilità ambientale è un cardine della strategia di sviluppo di easyJet, che nel 2019 ha deciso di compensare le emissioni prodotte dal carburante impiegato su tutti i suoi voli per far fronte alle sfide globali poste dal cambiamento climatico. “Investire ora nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie rivoluzionarie come gli aerei ibridi, elettrici e a idrogeno, è il modo migliore di affrontare efficacemente le sfide globali poste dal cambiamento climatico per questo settore. Questo è un momento storico per l’aviazione commerciale e intendiamo svolgere un ruolo di primo piano nella transizione verso soluzioni capaci di ridurre significativamente l’impatto del settore aereo sull’ambiente” – commenta Lorenzo Lagorio, country manager easyJet Italia.

La transizione verso sistemi industriali più sostenibili e circolari è un processo inarrestabile e per l’aviazione commerciale rappresenta al contempo una sfida ed una grande opportunità. Non si tratta solo di innovazione tecnologica, ma di una complessiva trasformazione dei modelli di business con impatti sistemici a livello di settore che porterà alla nascita di nuove filiere – commenta Paolo Trucco, docente di sistemi industriali della School of Management e responsabile del progetto di ricerca con easyJetE’ per noi motivo di orgoglio e di grande stimolo poter studiare e indirizzare questi fenomeni attraverso una partnership di ricerca e formazione con un’azienda leader di settore come easyJet. E’ significativo poi che questa collaborazione abbia come fulcro il percorso di dottorato di un loro pilota; dimostrazione di quanto lo sviluppo del capitale umano sia alla base della capacità delle organizzazioni di trasformarsi e cogliere tutte le opportunità tecnologiche e operative per rendere il proprio business sempre più sostenibile”.

Diego Babuder, pilota easyJet da oltre 7 anni, ora neo-dottorando al Politecnico, è laureato in gestione del trasporto aereo nel Regno Unito e ha collaborato con il Politecnico di Milano alle lezioni del master di primo livello in “Fondamenti del sistema di trasporto aereo”. “Sono convinto che il trasporto aereo possa giocare un ruolo da protagonista nel contrasto al cambiamento climatico e porsi come esempio per molte altre industrie. C’è molto entusiasmo per i diversi filoni di ricerca che sono attualmente in corso, a partire da quelli che riguardano lo sviluppo dell’aereo ibrido ed elettrico e la produzione di carburanti sostenibili.”

«Grazie all’Mba Full Time imparo a valorizzare il family business»

Fabio Borgia, studente MBA Full Time, ha un ruolo di primo piano nell’azienda agricola Le Rogaie, gestita insieme ai genitori e ai fratelli. Storia di un progetto innovativo che, attraverso i social, racconta una realtà attenta alla sostenibilità sociale, economica e ambientale

Innovare in un settore considerato tra i più tradizionali si può. È quello che fa Le Rogaie, azienda agricola a gestione famigliare nella Maremma toscana, che durante il primo lockdown ha deciso di raccontare online le proprie attività. Il family business è gestito dalla famiglia Borgia: due genitori e cinque figli. Tra questi c’è Fabio Borgia, attualmente iscritto all’MBA Full Time del MIP Politecnico di Milano. Ingegnere di formazione, specializzato nel settore energetico, ci racconta le motivazioni che hanno portato Le Rogaie in rete: «Ci siamo ispirati ad alcuni agricoltori stranieri, che grazie ai social avevano l’opportunità di raccontare la propria realtà in maniera trasparente e senza stereotipi. E così abbiamo deciso di provare anche noi».

L’azienda agricola va online

Così Le Rogaie è sbarcata su YouTube, su Facebook, su Instagram. Le visualizzazioni e le iscrizioni ai canali social sono in crescita, così come l’interesse degli utenti: «Credo che il successo derivi dal mix di tradizione, passione, famigliarità e spirito innovativo. Siamo reali, ci mostriamo per come siamo, e la nostra iniziativa sta già interessando utenti al di fuori dell’Italia. Il volto dell’operazione è mio fratello Edoardo, che nei video racconta le attività della nostra impresa con un linguaggio tecnico ma al contempo divulgativo», spiega Borgia. I contenuti creati, che hanno un obiettivo formativo, e l’apertura dell’azienda alla ricerca hanno suscitato anche l’interesse del mondo accademico e scientifico: «Le Agenzie spaziali europea e italiane, insieme con il Cnr e varie università europee, collaborano con Le Rogaie portando avanti studi avanzati sulla fotosintesi clorofilliana; inoltre effettuano misurazioni utili per la calibrazione dei satelliti».

Tornando “a terra”, invece, vale la pena ricordare l’iniziativa che ha permesso agli studenti delle facoltà agrarie di visitare virtualmente l’azienda, aggirando così le restrizioni causate dalla pandemia: «Grazie alla nostra iniziativa, quelle visite adesso avvengono online. Ma vorremmo dare la possibilità a chiunque di poter vivere un’esperienza reale in fattoria». Le pagine social si rivolgono infatti al pubblico più ampio possibile. «Le Rogaie produce soprattutto latte. La crescente attenzione rivolta al tema dell’allevamento, e alle questioni zootecniche in generale, meritavano degli approfondimenti che raccontassero questa realtà in maniera onesta, sottolineando anche un elemento per noi centrale come quello della sostenibilità».

La sostenibilità è sociale, economica, ambientale

«È un tema che abbiamo sempre sentito molto vicino a noi, e che decliniamo sotto tre punti di vista», spiega Fabio Borgia. «Il primo è quello della sostenibilità sociale. Il nostro primo impegno è coinvolgere le realtà presenti sul territorio, essere presenti, aperti al mondo esterno. Poi viene la sostenibilità economica, che forse è la sfida più grande: ci favorisce, da questo punto di vista, avere conservato le dimensioni di un family business. Ciascuno di noi fa leva sulle proprie competenze specifiche per rafforzare i fondamenti dell’azienda. Io, nello specifico, seguo soprattutto lo sviluppo del ramo online e mi occupo di stabilire nuovi contatti. Da ultima, ma non per importanza, c’è la sostenibilità ambientale». Un tema che, nel caso de Le Rogaie, è strettamente collegato all’attitudine all’innovazione: una tradizione di famiglia, visto che, come racconta Borgia, il padre Giulio non si è mai tirato indietro di fronte alle sperimentazioni, che fossero di carattere social o tecnico. «Nel 2008 abbiamo investito in un impianto a biogas che chiude il ciclo della CO2 e che produce 250 Kwatt di energia elettrica all’ora, ceduti interamente all’Enel. Il nostro obiettivo, ambizioso ma possibile, è trasformare Le Rogaie in una realtà carbon negative. Ci teniamo a far passare il messaggio che l’agricoltura non è sfruttamento della natura, anzi: l’intervento dell’uomo migliora la natura stessa», ricorda Borgia.

Al MIP per un mindset imprenditoriale

Fabio Borgia è attualmente iscritto all’MBA full time del MIP, e si prepara ad affrontare i bootcamp in attesa della summer internship. «Sono un ingegnere, ma mi sto progressivamente interessando ai temi di governance. In generale, trovo che tutto il corso sia ben fatto e ben strutturato. Io ho deciso di iscrivermi a questo Mba perché trovo vincente la tradizione tecnologica del Politecnico di Milano. Per me si è trattato di un investimento motivato da esigenze di curriculum e dalla volontà di accedere a un tipo di formazione in grado di offrire innumerevoli opportunità, anche grazie al forte legame che c’è tra MIP e aziende. Infatti, ho già sostenuto diversi colloqui. Penso poi al PoliHub, l’incubatore del Politecnico. Grazie a questo Mba sto sviluppando un mindset improntato all’entrepreneurship capace di stimolare riflessioni e idee innovative. Idee che, ovviamente, daranno un forte contributo anche alla realtà de Le Rogaie», conclude Borgia.

 

MBA DIGITAL RECRUITING DAY

Sono ufficialmente iniziati gli eventi dedicati al recruitment per i nostri allievi dell’International Full Time MBA. A partire dal mese di maggio, infatti, le lezioni lasceranno spazio ai project work finali ed è arrivato il momento per gli studenti di trovare l’azienda dei loro sogni!

Primo di numerosi altri appuntamenti in calendario, il 28 gennaio si è tenuto il tradizionale MBA Recruiting Day, organizzato anche per questa occasione in veste digital. Tutto è avvenuto online, dalla consultazione dei profili delle aziende partecipanti e delle job description – ospitate su FLEXA – ai colloqui veri e propri, che si sono svolti sotto forma di meeting digitali.
Lo scheduling dei colloqui ha tenuto conto, oltre che delle selezioni fatti dai recruiter, anche delle preferenze espresse dagli studenti, nel caso fossero interessati a un particolare settore o azienda.

Nel dettaglio, hanno partecipato all’MBA Digital Recruiting Day:

 

Consulting&Finance

ASSICURAZIONI GENERALI SPA

BTS Italy

BIP

MARSH

 

Energy&Industrial

ASTRAZENECA

CEVA Logistics

ELI LILLY

ITALGAS

PIRELLI

SNAM

SORGENIA

STEP

 

Retail & Consumer Goods

CARREFOUR ITALIA

ELECTROLUX

L’OREAL

SC JOHNSON

WHIRLPOOL EMEA

 

Technology & Digital

PLUG&PLAY

TEAM SYSTEM

SIA

VODAFONE

NTT DATA Italia

NOVARTIS

 

Luxury, Fashion & Lifestyle

LUXOTTICA

SUCCESSORI REDA

VALENTINO

 

Ad oggi numerosi studenti sono già stati convocati dalle aziende incontrate per proseguire l’iter di selezione. Non ci resta che incrociare le dita per tutti gli altri!

Welfin: premiato a Switch2Product il prestito sostenibile

Il team nato sui banchi dell’Executive MBA del MIP si aggiudica la Menzione Speciale MIP di Switch2Product, la challenge di Politecnico di Milano, Deloitte e PoliHub, che valorizza soluzioni innovative, nuove tecnologie e idee offrendo loro risorse economiche per supportare lo sviluppo tecnologico e un percorso di accelerazione imprenditoriale dedicato realizzato da PoliHub, dal Technology Transfer Office (TTO) e da Officine Innovazione di Deloitte.

Una piattaforma per prestiti Peer 2 Peer, la prima in Italia, in cui sono le aziende stesse a fare da garante per i propri dipendenti. Il risultato? Tassi più bassi per chi prende in prestito, un rendimento sicuro per chi presta e un modo innovativo di fare welfare per le aziende coinvolte.

È Welfin, progetto creato sui banchi dell’Executive MBA dai nostri Alumni Francesco Giordani, Ideo Righi e Alessandra Bellerio, e premiato poche settimane fa a Switch2Product con la “Menzione Speciale MIP”.

Un’idea imprenditoriale che sta dimostrando non solo di essere innovativa, ma di riservare un’attenzione speciale anche a un tema importante per la nostra Scuola, la sostenibilità. Da un lato, infatti, Welfin si impegna a creare impatto sociale offrendo migliori condizioni economiche – i tassi sono vantaggiosi sia per chi prende in prestito che per chi presta; dall’altro, coinvolgendo le aziende come garante, permette l’accesso al credito anche a persone che altrimenti lo avrebbero avuto con difficoltà.

Un progetto come questo non sta passando inosservato: la menzione vinta a Switch2Product, competizione organizzata dal Polihub, infatti arriva a pochi mesi di distanza da un altro riconoscimento, il premio Fintech & Insuretch assegnato dall’omonimo Osservatorio.

Due occasioni importanti, che hanno offerto ai nostri studenti tutti gli elementi per rafforzare non solo il proprio network, ma anche la possibilità di ricevere supporto su aspetti specifici come quelli legali o fiscali.

“A seguito della vittoria del premio Fintech & Insurtech abbiamo potuto beneficiare di un periodo di incubazione di tre mesi presso il Polihub” – spiega Alessandra Bellerio. “Abbiamo cercato di avviare un percorso di networking utile ad acquisire una serie di input – positivi o negativi che fossero – importanti per aggiustare strategia e modello di business. Una delle cose che abbiamo imparato è che ogni opportunità di networking deve essere accolta, perché può trasformarsi in un’occasione di partnership o di confronto.”

Francesco Giordani aggiunge: “Aver vinto Switch2Product ci permette di continuare il percorso di accelerazione che abbiamo già iniziato, che ci ha dato un grande valore aggiunto in termini di competenze e di spunti raccolti. Inoltre, abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con professionalità diverse, di essere guidati da mentor e di incontrare professionisti di spicco dell’ambito bancario. Non solo! Il percorso di accelerazione Switch2Product ci sta traghettando verso un investor & corporate roadshow, che per noi rappresenta un’opportunità da non perdere. Infine, abbiamo anche avuto uno special grant di 30.000 Euro da parte della Camera di Commercio di Milano, Monza Brianza, Lodi, per supportare la fase inziale della startup.”

Switch2Product si sta quindi rivelando per i nostri Alumni un’occasione per mantenere ben saldo il rapporto con il Polihub, con il MIP – che offre ai vincitori della Menzione dei corsi della Management Academy – e, a livello più ampio, con l’ecosistema del Politecnico.

“Siamo figli del Politecnico” – sottolinea con orgoglio Ideo Righi. “Il team si è costituito al MIP, siamo parte dell’Osservatorio Fintech & Insurtech, siamo incubati al Polihub. Questo ci ha dato la possibilità di confrontarci con altri startupper e imprenditori, tutte persone che gravitano intorno al Politecnico. Si tratta di un network importante, che ci ha dato tanto e che pensiamo possa darci ancora molto”.

“E poi non dimentichiamo che ci siamo conosciuti proprio grazie all’EMBA del MIP e lì è nato il nostro team” – aggiunge con un sorriso Alessandra.

Anche Francesco è d’accordo nel definire il team uno degli aspetti strategici: “Siamo stati fortunati, abbiamo avuto tempo di sceglierci, di conoscerci durante l’EMBA. Siamo arrivati già pronti, sapendo di essere accomunati da una visione di fondo – quella di trasformare un’idea di business in un’impresa di successo.”.

Ma c’è di più. Infatti, Giordani continua: “L’Executive MBA è stata l’occasione di rafforzare le nostre competenze. Volendo contestualizzare nell’ambito startup ed entrepreneurship, uno dei temi più interessanti è stato quello della Lean Startup. È uno degli elementi che stiamo applicando a Welfin. Tra l’altro il MIP ci ha fornito dei modelli da applicare ai vari contesti – strategici, di marketing, delle operation. Questo ci guida nel definire la rotta”.  

Tuttavia, l’EMBA non è fatto solo di hard skill, ma anche di soft! Alessandra infatti specifica: “Durante l’Executive MBA ho avuto modo di approfondire dei corsi riguardanti degli aspetti un po’ più personali, ma che ho scoperto essere fondamentali nell’ambito del business. Infatti, perché un’attività sia di successo è importante che il team si efficace: lavorare sulle proprie soft skill e sulla crescita personale è quindi indispensabile. Per me le soft skill si sono rivelate utili per dare risalto a delle componenti tecniche essenziali”.

Anche con un Executive MBA alle spalle, rimane importante non abbandonare mai il processo di continuous learning. E lo sanno bene in nostri Alumni, che stanno già riflettendo su quali tematiche approfondire grazie ai corsi della Management Academy del MIP, vinti in occasione di Switch2Product.
Non vediamo quindi l’ora di riaverli nuovamente sui nostri banchi!

Contro lo spreco alimentare: il successo degli Hub di quartiere per il recupero e il sostegno ai più fragili

In occasione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare del 5 febbraio 2021, il monitoraggio dei dati effettuato dalla School of Management del Politecnico di Milano evidenzia che, grazie alla raccolta degli Hub Isola e Lambrate, sono state raggiunte oltre 3.300 famiglie con 152.000 pasti.

 

Il bilancio della raccolta delle eccedenze per il 2020 è di 76 tonnellate: 62 quelle raccolte tra gennaio e febbraio e tra giugno e dicembre in via Borsieri e 14 nel neo inaugurato Hub in via Bassini.

L’idea degli Hub di quartiere nasce dal protocollo di intesa “ZeroSprechi”, tra il Comune di Milano, Assolombarda e la School of Management del Politecnico di Milano, firmato nel 2016. Una delle priorità della Food Policy di Milano è ridurre lo spreco di cibo e innovare le modalità di recupero degli alimenti da destinare agli indigenti, progettando e sperimentando un modello di recupero e ridistribuzione delle eccedenze alimentari basato su reti locali di quartiere.

Questo progetto, come dichiara Giovanni Fosti, “è reso possibile dalla presenza di reti sul territorio come il Programma Qubi – la ricetta contro la povertà infantile di Fondazione Cariplo”.

Come afferma Anna Scavuzzo, la Vicesindaco di Milano con delega alla Food Policy, “questa azione ci ha permesso di continuare a lavorare per raggiungere obiettivi di sostenibilità, ma anche di diritto al cibo sano”. L’impegno nella lotta agli sprechi porterà all’apertura nella prossima estate di altri due Hub di quartiere in zona Corvetto e Gallaratese.

Anche di fronte alle difficoltà del periodo – afferma Alessandro Perego, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano – i risultati del primo Hub di Isola e del recente Hub di Lambrate hanno dimostrato la sostenibilità di un modello che si basa su processi operativi strutturati e solide collaborazioni intersettoriali. Gli Hub costituiscono anche un punto centrale nella rete sociale di un quartiere. Continueremo a lavorare a stretto contatto con le imprese donatrici e tutti i partner del progetto per garantire la continuità e la replicabilità del sistema in altre aree della città.”

Come dichiara Alessandro Scarabelli, Direttore Generale di Assolombarda, “la crisi causata dal Covid ha colpito pesantemente l’economia di molte famiglie, aggravando purtroppo le condizioni di coloro che già prima avevano difficoltà a reperire beni di prima necessità. Per questo motivo, l’apertura di due nuovi Hub assume una rilevanza ancora più significativa per la tenuta sociale della città. Gli importanti risultati raggiunti sono il segno evidente di quanto sia importante fare squadra e rafforzare il nostro impegno per costruire un modello di recupero delle eccedenze e di redistribuzione a sostegno delle persone più fragili”.

 

Partner del progetto: Comune di Milano, Politecnico di Milano School of Management, Assolombarda, Fondazione Cariplo, Banco Alimentare.

FLEXA, “digital mentor” di MIP Politecnico di Milano e realizzato in collaborazione con Microsoft, è ora accessibile a tutti e in modalità gratuita.

La piattaforma di formazione continua e personalizzata è operativa dallo scorso anno ed è stata riconosciuta come uno dei progetti più innovativi al mondo.

MIP Politecnico di Milano Graduate School of Business annuncia di aver reso accessibile a tutti e in modalità gratuita FLEXA la piattaforma di formazione continua e personalizzata realizzata in collaborazione con Microsoft e BlueIT. FLEXA promuove inoltre il networking tra studenti, alumni e aziende, alle quali fornisce supporto nelle campagne recruiting attraverso l’utilizzo di algoritmi di intelligenza artificiale che facilitano l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Il progetto, già riconosciuto dall’Associazione internazionale AMBA – che certifica i migliori programmi MBA delle business school di tutto il mondo – come uno dei più innovativi promossi da una Business School in assoluto, è operativo da poco più di un anno e fino ad oggi si è rivolto esclusivamente a studenti e alumni della Business School.

FLEXA si basa sulla piattaforma cloud di Azure e sulle funzionalità di analisi e intelligenza artificiale di Microsoft. Si propone come un digital mentor che ha accesso ad un ecosistema di circa 800mila contenuti, tra i quali corsi digitali self-paced, webinar, podcast, articoli e casi di studio, alcuni dei quali restano riservati a studenti e alumni di MIP. La piattaforma crea e suggerisce percorsi formativi personalizzati per ciascun utente partendo da una fase di assessment che valuta i gap di competenze da colmare per raggiungere i propri obiettivi professionali. La modalità di fruizione prevede un approccio “smart”, adattabile cioè alla disponibilità di tempo che ciascuno può spendere per il proprio aggiornamento professionale.

Federico Frattini, Dean del MIP Politecnico di Milano: Dopo un anno siamo riusciti a rispondere all’esigenza di apprendimento e di lifelong learning di un numero sempre più crescente di studenti ed alumni della nostra scuola grazie all’utilizzo di FLEXA. Ora ci proponiamo di contribuire allo sviluppo ed all’aggiornamento delle competenze di chiunque voglia mettersi in gioco e sviluppare continuamente le proprie professionalità nel tempo, aprendo gratuitamente FLEXA a chiunque sia interessato ad utilizzarla.  Crediamo fortemente che ci sia bisogno di un amplissimo processo di re-skilling nel nostro paese ma non solo, per far sì che manager, imprenditori e professionisti restino aggiornati e sviluppino le proprie skills attraverso uno strumento efficace e rigoroso come FLEXA. È per questo che abbiamo deciso di mettere a disposizione la nostra piattaforma a chiunque sia interessato, gratuitamente ”.

Sostenibilità e aziende: verso un modello ibrido

In questi anni il tema della sostenibilità, complici anche le agende delle istituzioni economico-finanziarie a livello europeo, è stato portato sempre più al centro del dibattito.
Proprio per questo abbiamo chiesto alla Prof.ssa Cagliano, docente di People Management and Organization alla School of Management del Politecnico e Direttrice del Master in Sustainability Management and Corporate Social Responsibility del MIP, in che modo un comportamento sostenibile da parte di manager e aziende possa avere un impatto sulla società.

Partiamo dalle basi: quando parliamo di sostenibilità in azienda, a cosa ci riferiamo di preciso?

Oggi le aziende non si devono più concentrare esclusivamente sul raggiungimento del profitto – e quindi sulla sola soddisfazione degli shareholder – ma devono agire a beneficio di un insieme più ampio di stakeholder, che hanno anche obiettivi diversi, come lo sviluppo sostenibile della nostra società, sia dal punto di vista ambientale che sociale.
Obiettivi che però le aziende difficilmente potranno raggiungere da sole. Per dare un contributo significativo è importante che più attori collaborino insieme: imprese, mondo no profit, pubbliche amministrazioni e società civile. Il tema delle partnership è essenziale in questo ambito: solo unendo le forze si può avere un impatto significativo.

Ma cosa sta spingendo le aziende a intraprendere questo cammino proprio ora?

È un percorso iniziato da tempo, anche se ora stiamo assistendo a una sempre maggiore sensibilizzazione su queste tematiche. Soprattutto da parte delle nuove generazioni, che sono più attente e che non accettano più di lavorare per realtà che non sono percepite come sostenibili. Diventa quindi importante per le aziende che vogliono continuare ad attrarre talenti e a vendere a queste fasce di popolazione, muoversi in una nuova direzione più sostenibile.
Da non sottovalutare è poi l’enfasi sempre crescente data a queste tematiche a livello delle istituzioni pubbliche europee, attraverso una serie di politiche che incentivano lo sviluppo sostenibile. Penso al Green New Deal, giusto per citarne una.

Infine, si ha un po’ anche la sensazione che questa pandemia abbia in qualche modo rivitalizzato le coscienze, sensibilizzando le persone su tematiche di più ampio respiro rispetto al passato. Ma si tratta solo di una spinta ulteriore a un fenomeno già ben avviato.

Qualcosa quindi è già cambiato…

Sì, infatti. Proprio questa crescente attenzione per le sfide sociali e ambientali sta avvicinando le imprese ad alcune logiche del mondo no profit.

Siamo di fronte a una sorta di ibridizzazione: se da una parte le aziende “tradizionali” diventano sempre più consapevoli del loro impatto sulla società, quelle “no profit” sfruttano dei modelli di business tipici del mondo imprenditoriale per rendersi economicamente sostenibili e poter reinvestire i profitti negli obiettivi – sociali o ambientali – per cui erano state create.

Proprio questa convergenza tra i due settori ci porta a spiegare come mai il MIP nella propria offerta formativa non abbia dei programmi specifici dedicati al mondo “no profit”.

Piuttosto, si è deciso di declinare il tema della sostenibilità pensando alla funzione aziendale interessata. Infatti, anche se è vero che tutti i manager dovrebbero avere delle competenze sul tema, considerando il ruolo centrale della sostenibilità nella creazione di valore, ci sono anche ambiti che meritano un approccio più specifico.

Così, se per chi deve impostare la strategia di un’azienda in ottica di sostenibilità abbiamo creato l’International Master in Sustainability Management and Corporate Social Responsibility, per chi la vuole applicare al core business produttivo delle aziende industriali, c’è il quello in Sustainable Industrial Management.

Ci sono poi l’International Master in Circular Economy & Green Management, che si concentra sugli obiettivi ambientali, e quello in Social Innovation & Entrepreneurship, che invece tratta di come le aziende e le startup possano affrontare e vincere le grandi sfide sociali.

Infine, un’attenzione specifica è rivolta al mondo della finanza, con l’International Master in Sustainable Finance. Occuparsi di sostenibilità in questo particolare ambito infatti comporta due livelli diversi. Da una parte, sempre più istituzioni finanziarie inseriscono nei propri parametri di valutazione e di scelta degli investimenti anche la sostenibilità; dall’altro, le aziende devono sia gestire i propri asset finanziari includendo una logica di sostenibilità, che sapersi interfacciare correttamente con gli enti finanziatori, che stanno cambiando prospettiva.

Un’offerta formativa così ampia denota una certa attenzione al tema. Dopo tutto il MIP è l’unica Business School in Europa ad aver ricevuto la certificazione B Corp, che attesta l’impegno a coniugare profitto, ricerca di benessere per la società e attenzione all’ambiente…

Ritengo che non si possa insegnare a essere sostenibili se non lo si è in prima persona. Il MIP è un’azienda, che per prima deve applicare quei principi che poi insegna in aula.
Da sempre, per esempio, abbiamo dimostrato un forte interesse per gli aspetti sociali della sostenibilità, come l’inclusione, le pari opportunità e l’accesso alla formazione. Basti pensare all’Associazione Gianluca Spina, che con le sue borse di studio garantisce l’accesso ai Master a giovani meritevoli che altrimenti difficilmente potrebbero farlo.
Tuttavia, negli ultimi anni ci siamo impegnati per abbracciare anche altri aspetti della sostenibilità, come abbiamo fatto per esempio con la riduzione dello spreco alimentare, dell’uso della carta e della plastica e con il corretto smaltimento dei rifiuti.
Degli sforzi che ci sono stati riconosciuti anche dalla certificazione B Corp. Essere l’unica Business School in Europa ad aver ricevuto questa certificazione non deve essere un traguardo, ma il punto di partenza verso un percorso di continua crescita. Proprio per questo la Scuola sta sviluppando un piano strategico volto al miglioramento di quegli aspetti della sostenibilità che ancora necessitano di una spinta ulteriore.
L’idea è quella di diventare una tra le Business School leader a livello mondiale nella trasmissione di questo messaggio. Oltre ovviamente a voler costruire un migliore futuro per tutti.