Career Action plan: strategia, pianificazione e flessibilità di pensiero

Per anni mi sono occupata di pianificazione, considerando un bel piano organizzato e strutturato come una specie di coperta di Linus. Quando ho iniziato ad occuparmi di contenuti HR, ho avuto un momento di dubbio: la pianificazione e il recruiting vanno davvero d’accordo? Sì, certo, se pensiamo al completamento di singoli compiti lavorativi, ma nel complesso – se non utilizzata con un fine specifico – ho pensato che saper pianificare fosse una competenza come un’altra, anzi, qualche volta, la rigidità di un buon planning poteva risultare anche piuttosto fastidiosa/inutile/controproducente.

Poi la scoperta. Iniziando a lavorare come career advisor ho incontrato moltissime persone e per tutti – attraverso le domande sui loro obiettivi e la costruzione dei loro percorsi – mi si è proposta la stessa sfida: imparare e insegnare a conciliare la pianificazione di un piano di carriera con la flessibilità che la ricerca attiva del lavoro richiede.

Questo perché non basta desiderare qualcosa e chiamarlo obiettivo professionale: l’attenta analisi individuale che porta alla definizione di un cosa ci attiva immediatamente nell’identificazione del come ed è fondamentale non perdersi in questo percorso piuttosto articolato.

Chi sono quindi i migliori alleati che ci supportano nella creazione di un career action plan efficace?

Sicuramente l’informazione è il nostro primo importante amico. Conoscere, approfondire, raccogliere dati è la prima attività che permette di indagare la concretezza del nostro interesse: possiamo evidenziare e raccogliere tutti quei punti di forza che ci potranno rendere interessanti agli occhi di chi ci intervisterà.
La raccolta dei dati è facilitata dal web che, attraverso network più o meno professionali, ci fornisce una vastità di elementi utili (dall’analisi dei profili di chi occupa già il ruolo che desideriamo, alla raccolta di informazioni di dettaglio sul nostro target), ma è fondamentale che sia svolta con cura e attenzione perché possa portare a risultati utili e di apertura verso il nuovo. La tastiera e il pc infatti sono uno strumento importante solo se uniti alla testa e ad una strategia di ricerca!

Tra le attività più efficaci e anche più difficili, c’è poi anche una buona capacità di networking, che ci consente il confronto diretto con persone che lavorano o hanno lavorato in aziende o posizioni professionali che sono il nostro target, raccogliendo preziose informazioni che nessun sito web può offrirci.

Dalla nostra mappatura è importante che risulti una chiara e reale sintesi dei classici cosa, come, dove e perché.

Ecco perché il secondo step è la scelta di ciò ci interessa davvero. Anche se abbiamo le competenze per svolgere un certo ruolo, serve filtrare le opportunità di lavoro e le aziende che intercettiamo, per sondare le caratteristiche che contribuiranno a renderci soddisfatti della scelta finale.

Leggere annunci e consultare bacheche alimenta infatti  l’istinto diffuso del “provarci”, inviando cv nella speranza che qualcuno chiami. Tuttavia – soprattutto per coloro che sono mossi da una motivazione stringente perché sono disoccupati o molto insoddisfatti del lavoro che stanno facendo – il rischio è non ritrovarsi soddisfatti accettando la prima offerta che arriva.

Se invece usiamo i dati della nostra ricerca per fermarci a ragionare e scegliamo di candidarci verso opportunità e aziende in coerenza con quelli che sono i cardini del nostro obiettivo, ci concediamo l’opportunità di un miglioramento professionale e non solo un cambiamento.

Ed è qui che compare il nostro terzo alleato: la flessibilità. L’idea originaria potrebbe infatti cambiare, arricchirsi di dettagli o evolvere in altri progetti. Come saggiamente consiglia Chiara Girola, nel suo articolo sulla definizione dell’obiettivo di carriera, è importante che l’obiettivo mantenga sufficiente astrazione per concederci di essere creativi.

Il processo di raccolta delle informazioni e di scelta dei nostri passi sono momenti importanti, ma che non devono produrre un risultato cristallizzato nel tempo.

Dal mettersi in gioco nella ricerca di un nuovo lavoro possono nascere molte idee che creano obiettivi diversi da quelli iniziali. Possono nascere i piani B o C oppure, in certi casi, possono crearsi le evoluzioni, il piano A.0 o A.1 a cui non avevamo pensato, ma da cui possiamo farci coinvolgere tanto da farli diventare la meta del nostro nuovo percorso.

Possiamo – e dobbiamo! – concederci il lusso di cambiare idea e di aprire la mente a strade e opzioni meno evidenti o più creative, che possono sollecitarci verso una sfida e attivare le nostre risorse più nascoste. Raccogliendo elementi e mettendo alla prova il nostro piano originario, apriamo la strada a progetti paralleli e ugualmente possibili che possono portarci ottime opportunità

Quale che sia il vostro obiettivo è fondamentale, a mio parere, che il piano di azione costruito per perseguirlo sia cucito sui vostri desideri e sulle vostre inclinazioni più che sul nome altisonante di una società di grido. Noi possiamo scegliere di dare il nostro meglio in qualsiasi ambiente, ma sappiamo scegliere l’ambiente che ci offrirà le condizioni per sostenere il desiderio di fare del nostro meglio?

 

Gli Hub di Quartiere contro lo spreco alimentare tra i finalisti dell’Earthshot Prize

Il premio è dedicato alle azioni per proteggere l’ambiente e il progetto di Milano contro lo spreco alimentare è tra i 3 finalisti della sezione “Un mondo senza sprechi”

 

Il 17 settembre scorso il Principe William ha annunciato che la Città di Milano con il progetto degli Hub di quartiere contro lo spreco alimentare, parte della Milano Food Policy, è tra i 15 finalisti della prima edizione dell’Earthshot prize, prestigioso premio internazionale sulle migliori soluzioni innovative per proteggere l’ambiente.

In particolare, Milano si contenderà il premio dedicato alla sezione “Build a Waste Free World” (Un mondo senza sprechi) con altri due progetti: uno di conversione di rifiuti in prodotti sicuri per l’agricoltura (Kenya) e uno che riguarda un impianto di trattamento che trasforma il 98% delle acque reflue in acqua pulita (Giappone). Il progetto degli Hub di quartiere, selezionato tra 750 iniziative candidate da tutto il mondo, propone un modello innovativo di distribuzione di eccedenze e aiuti alimentari per le persone vulnerabili, facendo leva su reti di collaborazione locali. Il progetto permette quindi di ridurre lo spreco di cibo e il suo impatto negativo sull’ambiente, recuperando e distribuendo cibo a chi ha più bisogno nella città.

Essere arrivati alla finale dell’Earthshot prize è il riconoscimento di un grande lavoro di squadra che ha coinvolto l’intera città: grazie al Comune e a tante realtà private e del Terzo settore operative sul territorio, oggi Milano ha 3 Hub di quartiere a Isola (2019), Lambrate (2020) e al Gallaratese (2021).

Il progetto è nato da un protocollo d’intesa siglato nel 2016 tra Comune di Milano, Politecnico di Milano e Assolombarda, in stretta sinergia con il Programma QuBì coordinato da Fondazione Cariplo.

In particolare, il ruolo della School of Management del Politecnico di Milano, attraverso il gruppo di ricerca dell’Osservatorio Food Sustainability, è stato quello di elaborare lo studio di fattibilità della rete e di monitorare l’operatività degli hub e gli impatti generati dal progetto, che ha permesso di costruire un modello logistico estendibile e replicabile in altri quartieri della città.

Ad oggi sono stati coinvolti nel progetto diversi attori privati e la rete è in continua espansione: Banca di Credito Cooperativo di Milano e Fondazione Milan che, insieme a Fondazione Cariplo, hanno finanziato i tre hub attivi, le aziende della rete Assolombarda, tra cui Pellegrini, Siemens, Pirelli, Deutsche Bank, Maire Tecnimont, Samsung e Armando Testa, che partecipano con donazioni di cibo e sponsorizzazioni, l’operatore logistico Number1, che ha messo a disposizione i furgoni refrigerati, e importanti insegne della grande distribuzione organizzata, in qualità di donatori di cibo, tra cui Lidl Italia, Esselunga, Carrefour, NaturaSi, Erbert, Coop Lombardia, Il Gigante, Bennet e Penny market.
Una cordata di associazioni del Terzo Settore dà un contributo fondamentale al funzionamento e alla replicabilità del sistema degli hub: Banco Alimentare della Lombardia, che gestisce gli hub di Isola e Lambrate, Terre des Hommes, gestore dell’hub nel Gallaratese, insieme a Croce Rossa Italiana – Comitato Milano, IBVA – Solidando, Mitades, STAG, Mamme a Scuola, Global Thinking Foundation e Rimaflow – Fuori Mercato.

Con Fondazione Cariplo e SogeMi il Comune di Milano ha inoltre lanciato l’iniziativa Foody Zero Sprechi per recuperare il cibo fresco rimasto invenduto dall’Ortomercato insieme a Banco alimentare della Lombardia, Recup, Croce Rossa, Università degli Studi di Milano e molti altri partner in supporto.

Per saperne di più:
Comunicato Food Policy
Annuncio finalisti

 

Al via l’Executive PhD in Innovation in collaborazione con Tsinghua University

Al via in questi giorni un nuovo progetto che rafforza la presenza della School of Management in Cina; si tratta dell’Executive PhD in Innovation,  programma che si inserisce all’interno del China-Italy Design Innovation Hub, il più grande polo dell’innovazione europeo, che vede come protagonisti il Politecnico di Milano e Tsinghua University, nella ricerca e formazione di talenti e di innovative leaders del futuro.

Una collaborazione quella tra il Politecnico di Milano e Tsinghua University che, dopo l’avvio ufficiale a febbraio 2017 con l’istituzione del China-Italy Design Innovation Hub alla presenza di Sergio Mattarella e di Xi Jinping, è maturata negli anni, fino a portare oggi all’avvio di questo Executive PhD.

Questo Executive PhD è capace di riunire le eccellenze accademiche di Cina e Italia in un programma innovativo, pensato per insegnare ai profili senior a unire in modo creativo l’esperienza maturata negli anni con la ricerca applicata per generare idee e soluzioni innovative, ma anche per far crescere imprenditori e manager che promuovono l’innovazione integrando competenze manageriali e pensiero scientifico.

Il 10 settembre, alla presenza del Prof. Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico di Milano, del Prof. Giuliano Noci, Pro-Rettore per la Cina e del Prof. Paolo Trucco, Direttore del progetto, si è tenuta la cerimonia di apertura.
Un’occasione per sottolineare l’importanza della collaborazione tra i due Atenei e ricordare i momenti salienti delle relazioni tra Italia e Cina.

 

 

Fintech e Project Management: al via nuovi Master in collaborazione con WINTOP

Dopo il lancio di un MBA nel 2019 dedicato al pubblico cinese in collaborazione con WINTOP – una delle leading Training Agency in Cina, la collaborazione tra le due istituzioni raggiunge quest’anno un nuovo livello.

Hanno infatti preso il via l’11 settembre due nuovi master in collaborazione con WINTOP, il TOPWIN Master in Fintech e il TOPWIN Master in Project Management.

Rivolti a giovani managers che vogliono dare un’accelerazione alla propria carriera o a chi vuole sviluppare le skill necessarie per entrare nei settori del Fintech e del Project Management, i Master si svolgono in un formato blended, che combina momenti in presenza in Cina con i nostri docenti e online.

Nello specifico, il TOPWIN Master in Fintech ha l’obiettivo di sviluppare competenze avanzate in ambito di financial technology, finanza quantitativa e applied analytics, concentrandosi sulla costruzione di metodi solidi, la comprensione a 360° dell’evoluzione del mercato e lo sviluppo di un approccio applicativo con focus specifico ai mercati di riferimento, quali baking, contratti B2B etc.

Quello invece in Project Management ha l’obiettivo di sviluppare competenze avanzate nell’ambito della gestione dei progetti, con un focus specifico sulle metodologie agili, sui casi applicabili ad ogni tipo di progetto, come per esempio lo sviluppo di nuovi prodotti, EPC, progetti complessi, progetti di innovazione o di digital transformation, e sugli approcci applicativi.

 

Poste Italiane e gli studenti della School of Management per una sfida sull’innovazione

Presentate dagli studenti della School of Management del Politecnico di Milano soluzioni innovative per rispondere alle sfide lanciate da Poste Italiane su tre temi di interesse aziendale: ripensare gli spazi del workplace dopo la pandemia, ideare soluzioni innovative per i pagamenti digitali, rafforzare la brand reputation

 

La challenge è stata organizzata da Poste Italiane e dalla School of Management del Politecnico di Milano, con circa 220 studenti del corso Leadership&Innovation della laurea magistrale in  Ingegneria Gestionale, divisi in 30 team, con lo scopo di avvicinare e creare un ponte tra il mondo accademico e quello dell’impresa.

Ripensare gli ambienti di lavoro del futuro

Agli studenti è stato chiesto di cimentarsi su un tema molto complesso e lontano dalla loro quotidianità, come quello di immaginare come saranno i workplace post pandemia, ovvero gli spazi di lavoro del futuro, per rispondere alle nuove esigenze di lavoro sempre più orientate all’utilizzo di tecnologie digitali di collaboration e allo smart working.
Guardando anche alle realtà aziendali internazionali più innovative, gli studenti hanno immaginato ambienti di lavoro che promuovono la collaborazione grazie a spazi dedicati alle relazioni informali tra i dipendenti, per favorire socialità, come dimensione particolarmente penalizzata durante la pandemia.

Soluzioni per incentivare i pagamenti digitali

Altro tema di particolare rilievo su cui gli studenti hanno espresso la loro progettualità è quello dei pagamenti digitali, che rappresentano una delle innovazioni più rilevati nel processo di digitalizzazione per la crescita di Poste Italiane e di tutto il sistema Paese.
Le soluzioni incentivano la diffusione dei pagamenti digitali, attente in particolare agli aspetti ambientali e di sostenibilità premiando, ad esempio, i merchant che hanno fatto la scelta di aderire a progetti green. Tema particolarmente caro a Poste Italiane che con la nuova carta Postepay Green ha avviato anche nell’ambito dei pagamenti la conversione dei prodotti verso materiali ecosostenibili.
Molti progetti hanno evidenziato anche l’importanza di coinvolgere non solo consumatori e merchant, ma anche associazioni del territorio per promuovere e finanziare iniziative locali e di quartiere. Inoltre, l’acquisto di un particolare servizio o prodotto esprime gusti e preferenze personali e dunque della propria identità verso l’esterno.

In tutti i progetti è emersa l’importanza del coinvolgimento come leva per raggiungere sia i merchant che i clienti, tanto che alcuni studenti hanno ipotizzato anche l’utilizzo dei cosiddetti meccanismi di gamification per mantenere elevato il livello di coinvolgimento.

Rafforzare la brand reputation

Infine, gli studenti si sono cimentati con la sfida di rafforzare la reputazione di Poste Italiane tra i giovani della Generazione Z, in cui gli stessi studenti del Politecnico si sono potuti identificare, essendo molti di loro proprio nati proprio fra il 1995 e il 2001. L’obiettivo di questa Challenge era quello di veicolare un’immagine nuova dell’azienda e renderla attrattiva per questa fascia di giovani, sia a fini professionali ma anche di formazione e orientamento. Diverse le soluzion presentate: piattaforme ed applicazioni volte ad agevolare la conoscenza del mondo Poste tra chi non è ancora parte dell’azienda, nuove modalità di ingaggio, attraverso, ad esempio, eventi on-site fino ad arrivare ad ipotizzare l’utilizzo dei nuovi canali social per raggiungere più facilmente il target.

Dal lineare al circolare: quando i rifiuti diventano una risorsa

Che cos’è la circular economy e in che modo questa può entrare nella nostra quotidianità? Lo abbiamo chiesto a Simone Franzò, Direttore dell’International Master in Environmental Sustainability & Circular Economy al MIP.

Quando si parla di economia circolare, a cosa ci si riferisce?

L’economia circolare è un modello economico “emergente” che si contrappone al tradizionale modello “lineare” (sintetizzabile con i termini take – make – dispose) e che ha l’obiettivo di massimizzare l’utilizzo efficiente delle risorse. Riutilizzo e manutenzione dei prodotti, estensione del loro ciclo di vita, recupero e riciclo dei materiali sono solo alcune pratiche su cui si basa l’economia circolare. Un modello che porta benefici non solo per l’ambiente, ma che è in grado di generare nuove opportunità di business. Ecco perché studiamo le implicazioni manageriali che questo modello può avere nelle imprese che intendono applicarlo.

Effettivamente McKinsey prevede che, nella sola Europa, il passaggio a un’economia di tipo circolare potrebbe generare 1,8 trilioni di profitti entro il 2030. Le aziende sono pronte a cogliere queste opportunità?

Prima di tutto vorrei fare una premessa: il tema dell’economia circolare si inserisce in un contesto più ampio, che è quello della sostenibilità. Questa si articola secondo tre diverse prospettive, ossia ambientale, economica e sociale, che devono essere considerate congiuntamente per abilitare il cosiddetto sviluppo sostenibile.
Detto questo, dal mio punto di vista le imprese sono sempre più sensibili e consapevoli dell’impatto che le loro attività hanno non solo per esse stesse ma anche per il “contesto” all’interno del quale le imprese operano. Tuttavia, tradurre questa crescente consapevolezza in iniziative concrete volte a perseguire gli obiettivi della sostenibilità e dell’economia circolare rappresenta una sfida molto importante sotto diversi aspetti, in primis a livello culturale. Si tratta infatti di passare da un orientamento “puramente economico”, atto a massimizzare il valore che l’impresa crea per gli azionisti, ad una prospettiva più ampia, che prevede creazione di valore per tutti i portatori d’interesse (cosiddetti stakeholders), oltre che per gli azionisti naturalmente.

Un salto di qualità dal punto di vista culturale tuttavia non basta, occorre un cambiamento anche da quello manageriale. Infatti, adottare i principi dell’economia circolare richiede all’impresa dei cambiamenti significativi a livello di strategia – ossia passare da modelli di business tradizionali, legati a un’economia lineare, a nuovi modelli circolari. Questo ovviamente ha delle ricadute importanti anche dal punto di vista operativo. Non basta più ragionare in termini di azienda, ma bisogna passare a un’ottica più ampia, quella della filiera, coinvolgendo ad esempio fornitori e clienti. Una sfida non indifferente dal punto di vista manageriale.

Una prospettiva interessante, ma come si traduce poi in termini di possibilità di carriera – sia presenti che future? Perché un giovane che entra nel mercato del lavoro dovrebbe scegliere questo settore?

Le carriere che si possono intraprendere in questo ambito sono molteplici. Le potenziali ricadute associate alla diffusione dell’economia circolare – come mostrato dai numeri citati in precedenza – sono enormi. Tuttavia, è opportuno riflettere sulle nuove competenze richieste alle aziende, in primis dal punto di vista manageriale, al fine di abilitare la transizione verso l’economia circolare, il che apre delle importanti finestre di opportunità per giovani (e non solo) alla ricerca di un impiego. Si pensi ad esempio alla necessità per le imprese di ri-progettare i prodotti ed i servizi che offre, oltre che il modello di business attraverso cui essi sono offerti. Infatti, progettare nuovi prodotti, servizi o modelli di business basati sui principi dell’economia circolare richiede delle competenze specifiche, che sono diverse da quelle su cui tradizionalmente si è fatto leva per progettare servizi e modelli di business di economia lineare.

In aggiunta all’impatto sui processi d’innovazione, tutte le altre funzioni aziendali devono essere permeate dai principi dell’economia circolare: si pensi ad esempio alla logistica – che assume un ruolo in taluni casi cruciale nell’implementazione di modelli di business circolari – agli acquisti fino al marketing, per rendere edotti i clienti delle caratteristiche di “circolarità” dei prodotti e servizi offerti da un’azienda.

Il MIP offre ben cinque master diversi dedicati al tema della sostenibilità e uno è proprio dedicato alla circular economy. Come mai?

Come dicevo, il tema della sostenibilità è abbastanza ampio e abbraccia tre prospettive: ambientale, economica e sociale. Il tema dell’economia circolare ha sicuramente un ruolo centrale nell’ampia partita della sostenibilità, nella misura in cui implementare modelli di business di economia circolare può consentire di raggiungere obiettivi di sostenibilità.
Mi permetto di dire che, in questo contesto, la nostra Business School è un luogo ideale per studiare e analizzare questi fenomeni. In prima battuta per la coerenza tra questo tema ed il purpose della nostra Scuola, che vuole avere un impatto positivo sulla società ispirando e collaborando con gli innovatori di oggi e di domani. Quello che possiamo offrire ai nostri studenti è inoltre una particolare attenzione verso lo studio e l’analisi delle tematiche strategiche connesse alla gestione di un’impresa. Un elemento importante per chi vuole accompagnare le imprese verso dei modelli di business circolari, dato che occorre affrontare il cambiamento anche da un punto di vista strategico-manageriale. Per di più con un approccio al problem solving “data driven”, in linea con l’imprinting ingegneristico che caratterizza la nostra Business school e più in generale il Politecnico di Milano.
Un ultimo elemento che distingue la nostra offerta formativa è la forte collaborazione con le imprese. Per l’International Master in Environmental Sustainability & Circular Economy abbiamo già coinvolto circa 15 aziende come sponsor. Ciò abilita diverse opportunità per i nostri allievi, da testimonianze aziendali durante il percorso formativo – che danno un taglio esperienziale alle sessioni teoriche – alle possibilità di internship o di svolgimento del project work di fine master presso le aziende, al fine di  poter applicare sul campo quanto appreso durante il master.

 

 

 

Financial Times Masters in Management Ranking 2021

La School of Management del Politecnico di Milano si conferma tra le prime 5 Scuole tecniche in Europa per il Master of Science in Management Engineering.

 

La School of Management ottiene nuovamente un prestigioso riconoscimento dal Financial Times, confermando la propria presenza nel Masters in Management 2021 Ranking, dove il Master of Science in Management Engineering migliora di 4 posizioni rispetto al 2020, nonostante il ranking abbia visto l’ingresso di 10 nuove Scuole che lo scorso anno non avevano partecipato.

Tra i criteri che hanno consentito questo avanzamento ci sono, ad esempio, il Salary today e il Salary percentage increase, che confermano l’apprezzamento da parte delle imprese della figura dell’ingegnere gestionale, un profilo sempre più ricercato per la capacità di gestire con efficacia contesti complessi, innovazione e cambiamento.

L’ottimo posizionamento arriva proprio all’inizio dell’anno accademico in cui si inaugura la nuova struttura del Master of Science. Quattordici nuove specializzazioni, denominate “Major”, sono state configurate per fornire agli studenti gli strumenti e le capacità per giocare un ruolo di primo piano nella gestione di sfide economiche, industriali e sociali con cui le imprese, e il Paese in generale, si devono confrontare: Analytics for Business, Business Strategy and Transformation, Circular Economy, Complex Projects Business, Digital Business Innovation, Energy Management, Entrepreneurship, Finance, Industrial Management, Industry 4.0, Innovation Management, International Business, Supply Chain Management, Sustainability and Social Impact.

Dalla finanza all’analytics, dall’economia circolare a all’industria 4.0, dalla gestione dell’innovazione all’impatto sociale: i nuovi major consentono di acquisire competenze trasversali negli ambiti economia, finanza, management e ingegneria industriale, insieme a competenze tecniche indispensabili per capire e governare la trasformazione digitale che sempre di più permeerà lo sviluppo delle imprese.

Nell’ambito di ciascun major sono previsti i laboratori progettuali sviluppati in collaborazione con differenti realtà aziendali, che hanno l’obiettivo di ingaggiare gli studenti nell’affrontare sfide progettuali stimolanti ed in grado di simulare il contesto lavorativo.

Per saperne di più:
FT Masters in Management 2021 Ranking

 

Le porte del MIP riaprono alle “Doing Business in Italy”

È stato un piacere, alla fine di agosto, poter nuovamente accogliere in presenza i partecipanti delle Doing Business in Italy. Questi programmi di formazione internazionali sono ormai una tradizione del MIP, che da anni organizza degli study tour personalizzati dedicati ad executive e studenti, con l’obiettivo di fornire un’esperienza che combini contenuti didattici di eccellenza con l’esperienza diretta e le conoscenze del mercato e del sistema di produzione italiani.

Lezioni frontali, visite aziendali e interventi di manager si alternano per fornire un’occasione di crescita completa e di valore.
Un formato che la nostra Scuola ha dovuto rivedere nell’ultimo anno, come conseguenza delle limitazioni dei viaggi internazionali a seguito della pandemia.
Complice la forte expertise del MIP del distance learning, siamo riusciti a portare in digitale le Doing Business in (DBI), permettendo agli studenti delle università partner di continuare a confrontarsi con le realtà del business italiano.
Nonostante il successo delle Digital DBI – così sono state ribattezzate queste versioni “a distanza” – è stata una grande gioia per la nostra scuola poter accogliere nuovamente in presenza gli studenti della Nyenrode Business Universiteit e di ESSEC Business School, che hanno rispettivamente partecipato ai programmi “Digital Transformation & Innovation in the Italian Luxury Framework” e “The New Frontiers of Industry 4.0 & Italian Luxury Brands”.

Due esperienze con un focus sul lusso, ma caratterizzate da approcci diversi.Infatti, gli studenti di NBU – il cui programma di tre giorni metteva in primo piano il legame tra il tessuto imprenditoriale, incluso quello del lusso, e i temi della trasformazione digitale e dell’innovazione – alle lezioni in aula si sono aggiunte un’esperienza nel laboratorio PHEEL, un tour di Milano e le visite a un’azienda produttrice di Parmigiano Reggiano e alla Pagani Automobili.

Per quelli di ESSEC – più interessati all’industria 4.0 e con a disposizione cinque giorni – invece si sono aperte le porte del MADE – Competence Center Industry 4.0, oltre che quelle di alcune aziende come Intercos, Bosh, Cosberg, Ermenegildo Zegna, Valentino e Dallara.

GLOBAL MBA E MASTER SPECIALISTICI: IL MIP POLITECNICO DI MILANO SI CONFERMA TRA LE MIGLIORI BUSINESS SCHOOL AL MONDO

La School of Management del Politecnico di Milano si conferma tra le eccellenze mondiali nei ranking Quacquarelli Symonds (QS): livello di occupabilità e ROI tra gli elementi di spicco dell’offerta formativa

L’offerta formativa specialistica del MIP Politecnico di Milano, la Graduate School of Business che fa parte della School of Management dell’ateneo milanese, si conferma tra le eccellenze mondiali. Anche per quest’anno l’International Master in Digital Supply Chain Management (iMSCPM) si posiziona al 7° posto a livello globale su 62 istituti, secondo la classifica 2022 QS Business Masters Ranking pubblicata oggi dalla società di consulenza globale di formazione superiore Quacquarelli Symonds (QS) che ha preso in esame 600 master. A livello europeo, con questo stesso Master il MIP Politecnico di Milano si posiziona quarto. La business school milanese è presente nei relativi ranking anche con i master specialistici in marketing (32/105) management (37/155), business analytics (43/120) e Finance (65/179), per i quali ha ottenuto miglioramenti rispetto allo scorso anno, sostanziale stabilità e in alcuni casi valutazioni sopra la media mondiale.

Oltre ai Master specialistici, QS ha stilato anche la classifica dei migliori Global MBA che vede il MIP Politecnico di Milano rientrare nella top 100 mondiale, posizionandosi con il Full Time MBA all’88esimo posto su 286 master di 45 Paesi nel mondo. A livello europeo è 29esima – su 73 programmi. I plus che hanno distinto maggiormente il Master firmato MIP sono l’alto grado di occupabilità degli iscritti (Employability), valutata in base a interviste a 54mila recruiter nel mondo, e il Return on Investment (ROI).

“La permanenza della nostra offerta formativa in un ranking accreditato a livello internazionale” – ha dichiarato Vittorio Chiesa, Presidente del MIP Politecnico di Milano – “è sicuramente motivo d’orgoglio e allo stesso tempo stimolo a migliorare i nostri Master rendendoli sempre più rispondenti alle esigenze di neo-laureati e manager con una carriera avviata nei più diversi settori. Affidarci a QS per la misurazione della qualità dei nostri MBA e dei nostri Master specialistici ci consente infatti di confrontarci con centinaia di business school nel mondo sotto diversi punti di vista: per esempio la qualità scientifica della faculty, i progressi di carriera degli studenti, il livello di diversity delle aule, per citarne alcuni tra i più significativi”.

Tornando al Master in Supply Chain, anche in questo caso è il livello di occupabilità che ha consentito al MIP di distinguersi tra i migliori del mondo, insieme al rapporto qualità – prezzo (Value for Money): limitatamente a questi due criteri la business school milanese è rispettivamente al 5° e 6° posto a livello mondiale, a dimostrazione dell’eccellenza dei percorsi formativi erogati. L’International Master in Digital Supply Chain Management – Operations, Procurement and Logistics si rivolge ai giovani laureati interessati ad approfondire le diverse tematiche manageriali legate al settore delle operations e della supply chain, focalizzandosi su aspetti quali l’innovazione tecnologica e la sostenibilità.

“Se si considera che nel corso degli anni le business school presenti nei ranking sono in costante aumento” – ha aggiunto Federico Frattini, Dean del MIP– “il nostro risultato è ancora più significativo, soprattutto perché va a dare maggiore valore agli accreditamenti che ci sono riconosciuti dai principali enti internazionali. Vogliamo quindi condividere questo riconoscimento con studenti, alumni, professionisti e imprese: una community vastissima e internazionale che quotidianamente entra in contatto con la nostra scuola e che rappresenta una delle nostre principali risorse del MIP”.

 

Tutte le informazioni sui Master specialistici e sugli MBA del MIP sono disponibili al seguente link:

I QS 2022 Ranking sono consultabili qui.

Festival dell’Ingegneria

Dal 10 al 12 settembre 2021 il Politecnico di Milano presenta la Prima Edizione del Festival dell’Ingegneria.

 

Tre giorni di incontri, lezioni, laboratori aperti e spettacoli in cui i visitatori potranno vivere un’esperienza immersiva nel mondo dell’Ingegneria, guidati da docenti, dottorandi e ricercatori che condivideranno con grandi e piccoli la loro vita nei laboratori del Politecnico di Milano, i traguardi già raggiunti nel campo della ricerca e le sfide ancora da vincere, con uno sguardo puntato sempre verso il futuro delle tecnologie.

Gli eventi si svolgeranno presso i campus di Milano Bovisa: La Masa, Lambruschini e Durando.
Tutti gli eventi sono ad ingresso libero, su prenotazione e a posti limitati nel rispetto delle norme COVID.

Anche il Dipartimento di Ingegneria Gestionale della School of Management parteciperà a “POLIMIopenLABS“, con l’apertura dei propri laboratori:

Industry 4.0 Lab
https://www.eventi.polimi.it/events/polimiopenlabs-industry-4-0-lab-11-09/

Pheel – Physiology. Emotion. Experience.
https://www.eventi.polimi.it/events/polimiopenlabs-pheel-physiology-emotion-experience-lab-11-09/

Nella categoria “VISIONI POLITECNICHEsabato 11 settembre alle ore 11.30 il prof. Giuliano Noci, terrà una lezione dal titolo “Cina-USA: perché la paura non innescherà la trappola di Tucidide“.
Per informazioni e iscrizioni alla lezione:
https://www.eventi.polimi.it/events/visioni-politecniche-cina-usa-perche-la-paura-non-inneschera-la-trappola-di-tucidide/

 

Per maggiori informazioni sulla manifestazione:
https://www.eventi.polimi.it/rassegna-evento/festival-dellingegneria-prima-edizione/