Prada “Shaping a Sustainable Future Society” si terrà a New York l’8 novembre 2019

Terza edizione della conferenza annuale sui temi della sostenibilità organizzata in collaborazione con le Schools of Management di Yale e del Politecnico di Milano

 

Prada annuncia che “Shaping a Sustainable Future Society”, il terzo incontro culturale del suo programma sui temi della sostenibilità, si terrà a New York l’8 novembre 2019.

Promuovendo un dibattito tra esponenti del mondo accademico, istituzionale, artistico e imprenditoriale, il Gruppo Prada intende offrire spunti di riflessione sui cambiamenti più significativi in atto nella società contemporanea attraverso conversazioni che coinvolgano anche le giovani generazioni.

L’incontro di quest’anno esplorerà i temi di libertà, uguaglianza e giustizia nel mondo del lavoro quali strumenti di sviluppo armonico della società. Inoltre, la natura e l’impatto delle valutazioni etiche nelle scelte e nei comportamenti sociali delle persone sarà oggetto di studio nel corso della mattinata di lavori.

La complessità dell’attuale contesto politico e sociale richiede una riflessione sui temi della diversità e dell’inclusione e di delineare azioni concrete a riguardo. Il Gruppo Prada sente l’esigenza di contribuire a questo percorso di sviluppo culturale, ben consapevole del rischio che corrono le aziende e le comunità se non affrontano in modo adeguato i temi della discriminazione e dell’inclusività.

La conferenza sarà trasmessa in diretta su www.pradagroup.com, mentre l’agenda dell’evento e l’elenco dei relatori saranno disponibili nei prossimi mesi.
#ShapingASustainableSociety

Le conferenze “Shaping a Future”

Il Gruppo Prada ospita dal 2017 un evento annuale il cui obiettivo è stimolare il dibattito sui cambiamenti più significativi in atto nella società contemporanea. In entrambe le precedenti edizioni, il Gruppo ha collaborato con le Schools of Management di Yale e del Politecnico di Milano.
Nel 2017 la prima conferenza, intitolata “Shaping a Creative Future”, ha esplorato le connessioni tra creatività, sostenibilità e innovazione. La seconda, “Shaping a Sustainable Digital Future”, svoltasi nel 2018, ha indagato il rapporto tra innovazione digitale e sostenibilità.
La conferenza è strutturata secondo un discorso di apertura condotto da relatori di spicco, una o più tavole rotonde e promuove contest studenteschi.

Milano-Cortina 2026: la sfida della resilienza

L’Italia tornerà a ospitare una manifestazione olimpica. Ma affinché l’evento si trasformi in una vera opportunità, servono professionalità e preparazione. Per questo il Politecnico di Milano promuove un Master in Progettazione Costruzione Gestione delle infrastrutture Sportive

 

 

Per Milano e Cortina la vera sfida inizia adesso. Smaltito l’entusiasmo per essersi aggiudicate i Giochi Olimpici Invernali 2026, ora bisogna pensare a organizzarli e gestirli nel migliore dei modi, per valorizzare quella che potrebbe rivelarsi un’importante opportunità: «La gestione virtuosa di un grande evento sportivo rappresenta una grande occasione di rilancio, sia sociale che economico. Non solo per le città direttamente coinvolte, ma potenzialmente per l’intera nazione» ci spiega Davide Allegri, assegnista di ricerca al Politecnico di Milano e coordinatore del Master in Progettazione Costruzione Gestione delle infrastrutture Sportive.

L’eredità di un grande evento

Tra gli esempi positivi più recenti, il case study di maggior rilievo è quello di Londra 2012. «Una edizione dei Giochi che ha evidenziato alcuni concetti dai quali ormai non si può non prescindere. Chiunque si ponga come obiettivo la sostenibilità sociale ed economica dell’evento, non può fare a meno di partire da una attenta pianificazione, che passa soprattutto dalla riqualificazione degli impianti esistenti» continua Allegri. «Eventuali nuove infrastrutture, invece, devono essere concepite con un alto livello di resilienza, devono cioè avere caratteristiche di flessibilità, adattabilità e trasformabilità. Terminato l’evento, devono poter essere riconvertite. È il concetto di legacy: tutto quello che un grande evento può lasciare in eredità a un territorio, in termini sia materiali che immateriali».

Più sport, più inclusività

E proprio questo è l’approccio che ha guidato la candidatura Milano-Cortina: il recupero di infrastrutture esistenti da una parte, la costruzione di un nuovo grande impianto dall’altra, e cioè il Palaghiaccio che riqualificherà indirettamente il quartiere San Giulia e il villaggio allo scalo di Porta Romana che diventerà poi residenza universitaria. «Queste nuove infrastrutture contribuiranno a fare di Milano una città sempre più turistica dalla grande attrattività culturale, con spazi per lo sport e il tempo libero sempre più innovativi. È quello che è successo, ormai diversi anni fa, a Barcellona proprio grazie alle Olimpiadi del 1992, il cui effetto è ancora oggi ben tangibile» spiega Allegri.
In questo modo la città si avvicina alle persone e diventa quindi più inclusiva: «Oggi lo sport invade ogni settore della città contemporanea. Coinvolge tutto ciò che è benessere, cura del proprio corpo, intrattenimento, tempo libero, per ogni fascia d’età e categoria sociale. Avere delle infrastrutture sportive adeguate significa porre le fondamenta per una società basata su valori educativi condivisi e riconosciuti» spiega Allegri.

Un cambio di mentalità

Ma l’Italia ha ancora molta strada da fare. «In Francia il ministero dello sport è tra i più importanti, mentre in Italia raramente ha avuto una sua autonoma forza e riconoscibilità. Le strutture di cui disponiamo risalgono prevalentemente all’epoca fascista; ne sono state costruite altre negli anni 70 e 90, ma nessuna di queste è stata progettata pensando alla sua gestione a lungo termine. Per non parlare delle tante palestre scolastiche che punteggiano il nostro territorio e giacciono in stato di degrado: le piccole infrastrutture sportive diffuse, a partire da quelle scolastiche e oratoriali, sono cellule fondamentali che generano virtuosi processi di riqualificazione sociale» racconta Allegri. «Bisogna ripartire da un nuovo approccio culturale, che veda lo sport e i suoi spazi come valori imprescindibili della società contemporanea. Per questo è importante una formazione rivolta in primo luogo alla gestione».

È proprio questo l’obiettivo del Master in Progettazione Costruzione Gestione delle infrastrutture Sportive, istituito dal Politecnico di Milano con Federazione Italiana Giuoco Calcio, Istituto per il Credito Sportivo, Sport e Salute Spa, Coni Lombardia e Lega Serie A. «Questo corso si rivolge ai laureati magistrali in architettura, ingegneria e design. Ma è un ambito talmente multidisciplinare che coinvolge anche le discipline economiche e legali, per esempio. Quello sportivo è ormai un settore che richiede grande preparazione scientifica e specializzazione. Le opportunità occupazionali sono molteplici: società sportive di ogni livello e settore; grandi società di ingegneria e architettura; istituzioni pubbliche e private di gestione di impianti sportivi; pubbliche amministrazioni».

Il Gruppo Prada supporta l’International Master in Luxury Management di MIP Politecnico di Milano

Il Gruppo Prada e Champagne Taittinger a fianco del prestigioso master specialistico IMLux, primo al mondo nel formare professionisti del lusso

 

 

Il programma, condotto in collaborazione con la francese Neoma Business School, offre un doppio titolo di studio. Al via le lezioni della settima edizione, ma da ottobre ci si può già iscrivere alla successiva

 

L’International Master in Luxury Management (IMLux) è il primo master specialistico al mondo in luxury management secondo il ranking EdUniversal 2018 (nella cui classifica è preceduto solo da due MBA con differenti finalità) e da quest’anno è supportato dal Gruppo Prada ‐ uno dei leader internazionali nel settore del lusso ‐ in qualità di main sponsor insieme al francese Champagne Taittinger.

Il corso si configura come una collaborazione italo‐francese ‐ i due Paesi più importanti al mondo per prodotti di alta gamma ‐ e dà accesso a un doppio titolo di studio: master di I livello del Politecnico di Milano e “master of science” della francese Neoma Business School.

IMLux è in partenza il 9 settembre 2019 e da ottobre sarà già possibile iscriversi all’edizione 2020: un programma formativo erogato da MIP Politecnico di Milano Graduate School of Business e da Neoma Business School in collaborazione con il Gruppo Prada e Champagne Taittinger, specificamente pensato per chi vuole acquisire le competenze necessarie a ricoprire posizioni chiave nelle aziende del lusso che, per la loro natura, richiedono abilità e creatività particolari.

Il programma in lingua inglese ‐ 12 mesi full time più un project work finale, trascorsi per metà a Reims, città francese ben nota per lo champagne, e per metà a Milano, una delle capitali della moda ‐ si sviluppa in un contesto internazionale per provenienza degli studenti (ogni anno si contano circa venti differenti nazionalità), della faculty e delle aziende partner e offre l’opportunità di entrare in contatto con vere eccellenze nel campo della moda, della cosmesi, dell’arredamento, del food&beverage, dell’hôtellerie e dell’automotive.

Stefano Rastrelli, Direttore Risorse Umane Gruppo Prada: “Consapevoli del prezioso valore dell’istruzione nell’attuale panorama contemporaneo, siamo lieti di annunciare che il Gruppo Prada aderisce con entusiasmo a questo progetto, apprezzando la multiculturalità degli studenti coinvolti provenienti da diversi paesi, e le loro competenze trasversali. È con piacere che sosteniamo questo percorso geograficamente articolato e contraddistinto da differenti contribuiti provenienti dal mondo accademico e dal mondo delle imprese”.

La vicinanza con le imprese fa di questo master un programma praticamente unico – aggiunge Fabrizio Maria Pini, direttore del Master-. Infatti, non ci limitiamo a ospitare in aula testimonianze di imprenditori e manager e seminari specifici, o a proporre visite sul campo, pur fondamentali per una full immersion nel mondo del lusso, ma le aziende intervengono anche attivamente sui contenuti del corso chiedendo agli studenti di affrontare progetti concreti, di dare il loro contributo per risolvere problemi o sfide che davvero in quel momento hanno bisogno di una soluzione. Un ulteriore aspetto di unicità – prosegue Pini – è l’approccio integrato alla creazione del valore nel comparto del lusso. IMLux infatti offre una visione approfondita sull’intero processo di value creation: dall’ideazione ai processi di manufacturing, dalla supply chain al retail, alla comunicazione on e off line”.

Le macchine? Sempre più intelligenti

Alla scoperta dell’intelligenza artificiale e del machine learning, tecnologie che cambieranno sempre più rapidamente le nostre abitudini (e quelle delle aziende)

 

Algoritmi in grado di prevedere i gusti del pubblico. Test capaci di diagnosticare in anticipo una serie di patologie, ma anche quali parti meccaniche hanno maggiori probabilità di rompersi. E, ancora, applicazioni in mille altri campi, dalla guida autonoma alla manifattura, dal riconoscimento vocale al marketing e ai social network. Se il futuro è già oggi, parte del merito è dell’intelligenza artificiale e di una sua sotto-area: il machine learning.
«Il machine learning (alla lettera: apprendimento automatico, ndr) è una disciplina che sviluppa algoritmi in grado di rendere le macchine intelligenti, cioè capaci di imparare dal passato e prendere decisioni sul futuro» spiega Carlotta Orsenigo, professore associato di Computer Science al Politecnico di Milano ed esperta di algoritmi di machine learning.
I vantaggi? «Enormi, anche in termini economici: maggiori ricavi e minori costi. Una migliore previsione della domanda ci permette, per esempio, di ottimizzare il livello delle scorte e di offrire un servizio migliore ai nostri clienti».
Carlotta Orsenigo è anche condirettore di un master della School of Management del Politecnico di Milano pensato per formare data scientist da inserire in contesti anche aziendali. «Il Master Internazionale in Business Analytics and Big Data si rivolge a laureati in materie scientifiche ed economiche con un massimo di cinque anni di esperienza. L’obiettivo è fornire competenze in tre campi distinti: tecnologico, metodologico e di business. Dura un anno, al termine del quale i tassi di occupazione sono altissimi».

Previsione della domanda

La figura chiave del machine learning è il data scientist, figura in grado da un lato di analizzare i dati e sviluppare gli algoritmi che li rendono uno strumento di previsione (e decisione) efficace, dall’altro di interfacciarsi con le figure di riferimento in azienda (responsabile marketing o produzione, per esempio), a seconda dell’obiettivo perseguito.
«Il machine learning può essere utilissimo nel retail, per l’analisi e la previsione della domanda di prodotti e servizi. Si parte dagli acquisti fatti dai clienti nel passato, per prevedere quelli che verranno fatti in futuro. E, in base allo stesso principio, l’algoritmo sarà in grado di dirci che cosa sceglierà il nostro pubblico, in base alle scelte di un pubblico simile, cioè con caratteristiche molto vicine» prosegue Orsenigo.
L’altra faccia della previsione della domanda è rappresentata dalla cosiddetta recommendation, cioè dai suggerimenti che grandi operatori come Amazon e Netflix fanno ai loro clienti. “Hai visto quel film? Ti piacerà anche questo! Cerchi un nuovo libro? Lettori simili a te hanno apprezzato questo titolo”. Funziona, e senza lo zampino dell’uomo: l’intelligenza della macchina, da sola, elabora una gran quantità di dati da cui estrapola significati e tendenze.

Una pluralità di applicazioni

«Un’altra applicazione è nel settore manifatturiero. I dati analizzati possono essere in questo caso quelli forniti dai sensori, e qui entriamo nell’ambito dell’Internet of things (IoT, Internet delle cose, ndr). Ciò permette ad esempio di identificare in anticipo pezzi potenzialmente difettosi e prevenire futuri guasti».
In realtà, il primo ambito di applicazione del machine learning è quello medico-scientifico. «L’analisi delle espressioni geniche, ad esempio, consente di mettere in luce regolarità tra soggetti sani e soggetti malati e permette di progettare test diagnostici mirati» continua Orsenigo.
Importantissimo anche l’ambito del riconoscimento vocale e della centralità della voce, come dimostra il successo di Alexa e di ausili simili. «La nostra generazione preferisce ancora la possibilità di digitare, ma i giovani sono sempre più abituati a usare la voce per interagire con i device».
Ma anche quello dei chatbot, software progettati per simulare una conversazione con un essere umano, che apprendono via via dall’interlocutore (da tono, temi, domande…) in modo da fornire risposte sempre più mirate. O della guida autonoma.
Insomma, il futuro è ancora tutto da scrivere. Anzi, da programmare.

Robot e veicoli a guida autonoma per innovare le PMI

 

 

Nuovo progetto del Politecnico di Milano per l’industria manifatturiera europea

L4MS Logistics for Manufacturing SMEs (le PMI italiane) è un progetto Horizon 2020 per l’innovazione delle piccole e medie imprese manifatturiere europee. Grazie ai robot, utilizzati come veicoli autonomi, il progetto fornisce le soluzioni per automatizzare e digitalizzare la logistica interna all’azienda, con l’obiettivo di ridurre tempi e costi di installazione fino a un fattore stimato pari a 10. Ciò consentirà l’implementazione economica di soluzioni logistiche piccole e flessibili, che non richiedono modifiche dell’infrastruttura, fermi di produzione e competenze interne.

Le soluzioni di L4MS si basano su una infrastruttura informativa denominata OPIL (Open Platform for Innovation in Logistics), la cui implementazione rende possibile la sostituzione, con un tempo di installazione molto breve, delle classiche attrezzature logistiche (muletti, transpallet, ecc.) con robot mobili più flessibili, gli AGV (Automated Guided Vehicles).

L’adozione dell’infrastruttura OPIL permette di sfruttare il paradigma IoT (Internet of Things) per abilitare la comunicazione tra i diversi elementi della fabbrica (macchinari, robot, programma di pianificazione, ecc.), creando un sistema logistico flessibile e reattivo, nonché facilmente riconfigurabile, incontrando le esigenze dell’attuale mondo produttivo, molto incentrato nella personalizzazione del prodotto.

L4MS è un’unica struttura che fornisce alle aziende, oltre alle soluzioni tecnologiche e il supporto necessario per implementarle nelle proprie realtà, anche il trasferimento delle competenze tecniche necessarie per gestire le nuove tecnologie, nonché consulenza sul modello di business e l’accesso ai finanziamenti europei tramite l’innovativo meccanismo delle Open Call dei progetti H2020.

Uno dei modi per accedere all’offerta di L4MS è di presentare il proprio caso studio durante la fase di Open Call del progetto. I candidati con il maggior potenziale di innovazione avranno la possibilità di accesso a vari servizi, tra cui: matchmaking con integratori di sistemi e produttori di robot mobili, finanziamento fino a € 250.000, ambiente di test all’avanguardia, tutoraggio per modelli di business e servizi innovativi, esperti di tecnologia per l’adozione delle più recenti soluzioni di automazione logistica, formazione per il potenziamento del nuovo modello di business basato sulle tecnologie avanzate in ambito robot per la logistica industriale.

La call per il bando si aprirà il 1 settembre 2019 e si chiuderà il 30 novembre 2019.

Per maggiori informazioni e per partecipare al bando consultare il sito: https://www.l4ms.eu/l4ms/#/home

Alessandra Catozzella

 

Alessandra Catozzella, Alumna del Percorso Executive in Financial Risk Management, è stata da poco nominata Director of Strategy and Innovation beyond insurance in AXA. Scopriamo insieme come è arrivata a questa posizione di prestigio.

Iniziamo con una domanda all’apparenza semplice: qual è la sua storia?

Il mio percorso è un po’ particolare. Infatti, dopo il dottorato in Economia mi sono dedicata al mondo accademico e alla ricerca. Avevo però la sensazione di fare studi fini a sé stessi, ero un po’ scoraggiata dalla mancanza di applicazioni concrete. Inoltre, ero curiosa di vedere come fosse il mondo al di fuori dell’ambito accademico.

Così, ho iniziato a guardarmi un po’ intorno, finché non ho ricevuto una proposta interessante da Zurich, compagnia assicurativa internazionale. Si trattava di un programma globale, rivolto ai talenti, che prevedeva un anno di rotazione su paesi e aree funzionali diverse. Mi sembrava una bella occasione per sperimentare il mondo corporate e capire se potesse interessarmi.

Una prima esperienza che è durata ben nove anni. Ho ricoperto funzioni diverse, in paesi diversi, ma c’è sempre stato un fil rouge, ovvero la curiosità e la voglia di sperimentare.
Arrivando dal dottorato, mi sono dovuta mettere in gioco su temi per me nuovi: ho iniziato nella funzione di pianificazione strategica dei sinistri…e all’epoca non sapevo nemmeno cosa fosse un’assicurazione!

Oltre a quella funzione iniziale ne ho sperimentate altre, dal Risk Management alla Strategia, passando per brevi rotazioni nell’Attuariato, Risk Engineering e Underwriting, sia in Svizzera che in Italia. Si è trattata quindi di un’esperienza completa, durante la quale non mi sono mai annoiata. Ho avuto l’occasione di imparare tanto e di conoscere persone con diversi background. Dopo nove anni però ero curiosa di scoprire altre realtà e di vedere come fosse il mondo al di fuori di Zurich.

Quando mi ha contattata Boston Consulting Group – alla ricerca di persone con esperienza aziendale in ambito assicurativo – ho deciso di accettare la sfida, percorrendo un percorso controcorrente rispetto a quello tradizionale, che solitamente prevede prima un’esperienza in consulenza e poi in azienda.

Nei tre anni di consulenza strategica ho avuto l’occasione di lavorare su progetti diversi, in Germania, Svizzera, Portogallo e Italia, con un focus ovviamente sul settore dei financial services e assicurativo in particolare, ma sperimentando anche nuovi settori, dal non-profit all’energy. È stata una bellissima esperienza, che mi ha trasformata e completata come professionista aggiungendo struttura, soft skills – dalla negoziazione al public speaking alla pura fiducia in me stessa – alle competenze più tecniche che avevo acquisito in Zurich. A lungo andare mi mancava però il mondo corporate, il mettere a terra i progetti, l’avere un team fisso, dedicato, con il quale costruire qualcosa e, non per ultimo, un migliore work-life balance. Infatti, nel frattempo avevo avuto un bambino e i numerosi viaggi non rendevano facili le cose dal punto di vista familiare.

Così la tappa successiva è stata di nuovo in una multinazionale assicurativa, AXA questa volta, con il ruolo di responsabile della strategia. Da febbraio ho avuto la grande opportunità di estendere questo ruolo per ricoprire anche la responsabilità dell’innovazione “beyond insurance”, ossia lo sviluppo di innovazioni, idee, servizi non-assicurativi.
Questo incarico rappresenta la sintesi di quello che più mi è piaciuto in questi 10 anni d’azienda: credo sia il ruolo più divertente che abbia ricoperto fino a questo momento.

Il suo percorso è molto interessante e le ha permesso di confrontarsi con situazioni diverse. Quali sono gli insegnamenti che ne ha tratto e che la accompagnano ancora oggi?

Ho imparato molto da ogni tappa di questo percorso – fatto di esperienze anche molto diverse tra di loro.
La prima esperienza nei sinistri – una delle funzioni core delle assicurazioni – mi ha permesso di conoscere meglio il business e quindi di guadagnare credibilità. Infatti, spesso le persone che arrivano in azienda dalla consulenza, con alle spalle ruoli strategici o funzioni di supporto, vengono viste con diffidenza. Essere partita “col cacciavite in mano” mi ha aiutata ad affermare la mia credibilità.

Anche lavorare in un grande gruppo è stato importante, perché mi ha permesso di conoscere da vicino sia le sfide e le difficoltà che si riscontrano a livello locale, che i meccanismi di una multinazionale, aiutandomi così a mediare tra le necessità del team e quelle del gruppo.

Quando poi ho iniziato a lavorare nel Risk Management – un cambio radicale per chi come me non aveva mai ricoperto una funzione di controllo – ne ho capito il valore aggiunto. Fino a quel momento lo avevo percepito come un adempimento burocratico e normativo, ma poi ho visto i vantaggi che può portare al business. In questo ha avuto un ruolo importante anche il Percorso Executive in Financial Risk Management, che mi ha aiutata a vedere la dimensione strategica del risk management. Mi ha dato un’idea dell’impatto che questo ha sulle funzioni di asset management, di come il credit risk management, in un contesto di crisi finanziaria e di non performing loans, svolga un ruolo fondamentale di sostegno e protezione dell’economia.
Questo percorso, insieme all’esperienza che stavo vivendo all’interno dell’azienda, mi ha fatto vedere le funzioni di controllo in un’ottica diversa, più strategica, complementare e sinergica rispetto al business.
Grazie a questa esperienza, oggi in AXA ho un ruolo e un background che mi permettono di interagire sia con le funzioni di controllo che con quelle di business, conoscendo esattamente l’importanza che ognuno ha per l’azienda.

Anche l’esperienza nella consulenza mi ha dato molto. Infatti, mi ha dato la struttura, il modo di inquadrare, approcciare e risolvere i problemi, di trattare con persone anche con livelli molto diversi, di gestire deadline stringenti e lavorare sotto pressione, ma soprattutto il valore aggiunto che deriva dal confronto costante e dal lavoro di squadra.

Ha già accennato al Percorso Executive che ha svolto qui al MIP. Che cosa l’ha spinta a ritornare sui banchi di scuola?

Per come sono fatta io, sento sempre la necessità di rafforzare le competenze teoriche accanto a quelle “on the job”: non mi piace entrare in un ruolo e poi sentirmi un po’ impreparata. Mi piace approfondire, studiare e coltivare le competenze necessarie per quella funzione specifica. Così, dato che ero arrivata nel Risk Management dopo un percorso nel business e nella strategia, mi sono chiesta come potessi, al di là di quello che imparavo sul campo, anche irrobustirmi dal punto di vista teorico.
Inoltre, all’interno del mondo assicurativo, entravo in contatto solo con alcuni aspetti del risk management e mi sembrava di averne una visione limitata.

Guardando su internet ho identificato questo Percorso Executive e mi è sembrato un programma molto completo, che copriva tutte le aree del risk. In aula c’erano sia professori che professionisti, provenienti da società di consulenza, studi legali, banche.
Mi sembrava un bel mix, una bella opportunità. Ed effettivamente lo è stato. Si è formato tra l’altro un bel gruppo, con allievi con background e seniority diversi.

Si è creato un affiatamento tale da tenere vivo il legame al di là del percorso. Ci siamo supportati nelle scelte professionali, consigliandoci o indicando i rispettivi nomi in caso di posizioni aperte. Questo grazie anche ai lavori di gruppo, che hanno reso il percorso interattivo e completo. Il dover affrontare problemi pratici, cercare dei dati, analizzarli…è l’aspetto che ho trovato più utile.
Mi ha dato una visione più strategica del rischio, dal respiro economico e politico più ampio.

Al di là del percorso di studi in sé, quale ricordo conserva del MIP come scuola?

Ho un ricordo bellissimo. Ritagliarmi quattro giorni al mese – il venerdì e il sabato – in cui smettere di essere un professionista e tornare studente è stato faticoso, ma anche molto bello.
Mi è piaciuto trovarmi in un campus universitario, avere la possibilità di interagire anche con gli studenti di atri corsi, essere esposta a conferenze, pensieri e dinamiche innovative, a un ambiente internazionale…

Per non parlare poi del network che si è creato. Come accennavo prima, sono rimasta in contatto sia con studenti che professori, ho lavorato con alcuni di loro. I rapporti che si sono creati sono stati un utile supporto all’attività lavorativa.

Grazie per aver condiviso la sua esperienza. C’è un’ultima domanda per lei: cosa consiglierebbe a chi vuole lavorare in questo settore?

Anche se c’è già un interesse specifico per il risk management e per le funzioni di controllo e un relativo percorso di studio alle spalle, consiglio di fare anche un’esperienza nel business. Questo permette di vivere il ruolo in modo più completo.

Spesso, dopo la laurea o un master, si cercano immediatamente ruoli di tipo strategico o manageriale, quando invece lavorare nel business è una tappa fondamentale per capire veramente le dinamiche di quel lavoro e quindi accrescere la propria credibilità.
Testare ruoli e funzioni diverse aiuta a chiarirsi le idee su cosa si vuole fare veramente. Io, per esempio, ho partecipato a un graduate program, e lo ritengo uno dei modi più belli per entrare in un’azienda. Mi ha dato il tempo di sperimentare, che è la cosa più importante.

Sperimentare, non fermarsi mai, aiuta a capire meglio su cosa concentrarsi. Io per esempio avevo iniziato nei sinistri e in molti mi consigliavano di continuare in quell’ambito fino a che non ne fossi diventata un’esperta. Io invece non mi sono voluta fermare, mi sono detta “aver visto questo non mi basta”. E infatti ho continuato a esplorare, nel mondo assicurativo e oltre, e continuo a farlo ogni giorno. Ogni giorno in cui si impara anche solo una cosa nuova o ci si pone una nuova domanda non sarà mai un giorno perso!

 

Come le scienze comportamentali ci aiutano a salvare il pianeta

 

Come si comportano i consumatori nei confronti delle politiche energetiche e climatiche? Gli interventi di riduzione delle emissioni, dalle tasse alle campagne informative, funzionano davvero?

Lo ha indagato il progetto europeo ERC COBHAM del Prof. Massimo Tavoni, del Dipartimento di Ingegneria Gestionale, che integrando discipline diverse come economia comportamentale, reti complesse, analisi dei big data e modellistica, ha identificato un modello di comportamento dei consumatori e ne ha valutato l’impatto.

In particolare, nel progetto ERC COBHAM (The role of consumer behaviour and heterogeneity in the integrated assessment of energy and climate policies) sono stati testati su centinaia di migliaia di persone in Europa, Stati Uniti, Cina e in Paesi in via di sviluppo, una varietà di interventi comportamentali e la loro efficacia nel far risparmiare energia ed emissioni di CO2.

Le analisi di COBHAM si sono concentrate sulle politiche ambientali basate sul “dare informazioni” utilizzando i “nudge” (interventi comportamentali e strumenti informativi per promuovere scelte pro- ambiente). Tra gli altri è stato condotto un esperimento su 500 famiglie americane sull’uso dell’aria condizionata per testare la teoria psicologica della “discrepanza morale”, in base alla quale le persone evitano informazioni che potrebbero costringerli ad agire moralmente.
L’esperimento ha provato che l’imposizione di un sentimento di obbligo morale per ridurre l’uso di aria condizionata porta ad evitare le informazioni sulle conseguenze dei consumi energetici sull’ambiente. Ovviamente questo effetto è particolarmente significativo quando fuori fa caldo. Quando le famiglie evitano di conoscere gli impatti ambientali dell’aria condizionata, i loro consumi elettrici aumentano del 10%.

Cobham ha dimostrato come gli interventi comportamentali possano aiutare a ridurre l’impatto ambientale individuale, ma anche come gli effetti varino significativamente per tipologia di famiglia e di politica ambientale e che i “nudge”, che sono poco costosi e socialmente accettabili rispetto a strumenti tradizionali come la tassazione ambientale, sono strumenti utili di accompagnamento alle politiche pubbliche tradizionali, ma non le sostituiscono.

In conclusione, a seguito della varietà e non razionalità del comportamento umano, la natura e la forma dell’intervento di politica pubblica deve cambiare per poter risultare efficiente. Bisogna affiancare a strumenti di intervento ambientali classici, quali la tassazione, altri come i “nudge” o i sussidi che agiscano sul comportamento umano e facilitino il cambiamento.

COBHAM: European Research Council under the European Union’s Seventh Framework Programme (FP7/2007-2013) / ERC grant agreement no. 336155

Premio per tesi di laurea con impatti sui Sustainable Development Goals

La School of Management del Politecnico di Milano promuove i principi di una gestione responsabile e sostenibile in tutti i suoi programmi e sostiene attività di apprendimento e ricerca coerenti con i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile/ Sustainable Development Goals (SDG) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. In questo contesto nasce il bando per il premio “SOM per gli SDG: Tesi con impatti connessi ai Sustainable Development Goals.”

Possono essere presentate candidature per tesi o tesine che rappresentino un contributo per risolvere le sfide sociali del nostro tempo e individuare modelli di sviluppo sostenibile sul piano ambientale, economico e sociale (es. sviluppo di ricerche in ambito di progetti, prodotti o servizi alla persona per la promozione della salute e del benessere, parità di genere, sicurezza, protezione dell’ambiente, conservazione del patrimonio culturale, miglioramento delle condizioni di vita delle fasce deboli).

I premi sono destinati a laureati/e nel corso di Laurea Magistrale o Laurea Specialistica o V.O in Ingegneria Gestionale presso il Politecnico di Milano che abbiano conseguito il relativo titolo nel periodo Novembre 2018 – Ottobre 2019.

La scadenza del bando è il 9 ottobre 2019. 

Per maggiori informazioni, si prega di consultare il bando disponibile alla pagina https://www.som.polimi.it/albo-e-bandi/

Dall’e-commerce all’omnicanalità

 

Le esigenze del cliente e le opportunità per le aziende

Manuela Balli, Adjunct Professor presso il MIP, e Giulio Lampugnani, Head of seller services FBA di Amazon, spiegano perché l’integrazione dei canali online e fisici è una strategia vincente.

Non è più tempo di contrasti tra gli store digitali e i negozi fisici. Il futuro dell’e-commerce è omnichannel: un modello virtuoso, se sviluppato nel modo giusto, ma anche di notevole complessità, che nasce come risposta alle abitudini d’acquisto multicanale recentemente mostrate dai clienti. Il dato parla da sé: secondo una ricerca dell’Osservatorio Multicanalità del Politecnico di Milano, il 67% della popolazione italiana sopra i 14 anni ha adottato un processo d’acquisto multicanale.

Digital e retail: un’alleanza necessaria

«Oggi, ad esempio, i clienti hanno imparato a ricercare informazioni sui prodotti nei negozi fisici, per poi concludere l’acquisto online, o viceversa: più in generale, i due canali vengono utilizzati in maniera fluida, a seconda delle diverse esigenze» spiega Manuela Balli, Adjunct Professor presso il MIP. «In un simile scenario, la sinergia e la coerenza aziendale diventano fondamentali. L’approccio omnicanale esige un modello cooperativo e collaborativo. All’inizio possono sorgere dei conflitti tra digital e retail, causati magari da dinamiche di prezzo, di comunicazione, di risposta ai diversi stimoli esterni. Ma bisogna trovare una soluzione coerente alla strategia aziendale complessiva. Il vantaggio competitivo delle aziende nasce dalla risposta a questa sfida».
L’obiettivo è costruire un’esperienza d’acquisto impeccabile in ogni suo snodo. Le aziende del lusso forniscono un ottimo esempio: «In questo settore la logica della customer experience viene amplificata. Il consumatore ha delle forti aspettative lungo tutto il processo. Per soddisfarle, è necessario mettere in atto un’analisi del comportamento del consumatore, identificando le logiche dei nuovi percorsi d’acquisto e puntando sul customer relationship management» spiega Balli.

Il modello Amazon

Strategie nuove che si basano su strumenti nuovi, come appunto i canali digitali, ma che in realtà poggiano su un assunto già rodato: la centralità del cliente e la sua soddisfazione. Un esempio di successo è senza dubbio Amazon. Secondo Balli, infatti, «Amazon è un esempio di business capovolto. Parte dal mondo digitale e decide di sviluppare dei punti di vendita fisici, orientandosi verso una presenza omnicanale». Un approccio confermato anche da Giulio Lampugnani, che per Amazon è Head of seller services FBA. «Per capire come mai la nostra azienda ha intrapreso la strada dei negozi fisici, è importante capire quali sono i tre criteri che hanno guidato la nostra azienda fin dalla nascita: il primo prevede di offrire al cliente la maggiore selezione di prodotti possibile. Il secondo, di proporre il prezzo più basso possibile. Il terzo, infine, di garantire il servizio più comodo possibile».
È da quest’ultimo punto che è nata la decisione di Amazon di tentare la strada dei negozi fisici. «Ci siamo accorti che per i clienti era meglio avere anche la possibilità di acquistare alcuni prodotti dal vivo» racconta Lampugnani. «Siamo partiti da Amazon Books e Amazon Go, due catene in cui abbiamo cercato di replicare alcuni dei nostri meccanismi online più distintivi. Nei bookstore, ad esempio, abbiamo affiancato a ogni libro un display con le recensioni degli utenti, uno degli elementi di maggior disruption introdotti da Amazon. Nei punti vendita di Amazon Go, invece, abbiamo voluto replicare la semplicità dell’acquisto online: niente casse, niente code. Si conclude l’acquisto come con un click».

Più digitale, più Made in Italy

Ma, secondo Lampugnani, Amazon fa anche da volano per le aziende che vorrebbero inaugurare una strategia omnicanale all’estero. «Amazon è una vetrina internazionale che può essere sfruttata come canale di sviluppo per far conoscere il brand e condurre così verso una seconda fase in cui si può pensare all’apertura di un canale fisico». Una grande opportunità per le aziende italiane, nonché uno dei motivi che hanno spinto Lampugnani a partecipare in veste di speaker guest al corso Sviluppare fatturato e-commerce attraverso l’omnichannel marketing, che si terrà presso il MIP il 29 ottobre 2019, con la docenza di Manuela Balli. «Teniamo alla crescita delle aziende italiane. Il livello di penetrazione dell’e-commerce nel settore retail italiano è ancora intorno al 7%, mentre nel Regno Unito arriva già al 19%. Una volta colmato questo gap, l’Italia potrà valorizzare un prodotto molto più forte, ovvero il Made in Italy», conclude Lampugnani.

Una giornata a Stresa

 

Venerdì 26 luglio, lo staff MIP ha avuto l’occasione di trascorrere una giornata diversa dal solito, lontana da scrivanie e pc, dismettendo abiti e formalità tipiche di una giornata in ufficio.
Infatti, in occasione del 40esimo anniversario della Scuola, si è deciso di ringraziare con un evento nella stupenda cornice del Lago Maggiore lo Staff di MIP che, con passione  e dedizione, ha contribuito negli anni a raggiungere questo traguardo.

“Si tratta di un risultato importante per il MIP e così abbiamo deciso di dedicare un evento a uno dei nostri stakeholder più importanti – lo staff. In questi 40 anni, siamo cresciuti – anche di numero –  e questa giornata, oltre a celebrare l’anniversario della Scuola, ha proprio l’obiettivo di rafforzare lo spirito di gruppo.” – spiega Andrea Sianesi, Dean del MIP.

 

Così, invece di varcare le soglie del MIP, venerdì mattina, i dipendenti MIP sono partiti tutti insieme verso Stresa per una giornata improntata al liet-motiv della condivisone e della collaborazione, mediante attività organizzate di team building in un contesto informale e rilassato.

Dopo un momento istituzionale con Andrea Sianesi, l’outdoor è entrato nel vivo con una prima un’attività di ice breaking. La giornata è poi continuata nelle splendide isole delle Isole Borromee, dove, dopo il pranzo, lo staff si è messo alla prova con una divertente caccia al tesoro tra l’Isola dei Pescatori e l’Isola Bella.

Creatività, spirito d’iniziativa e tanto divertimento hanno caratterizzato questa attività, volta a rafforzare i rapporti con i colleghi e a conoscersi meglio.
Il tutto con un pizzico di sana competizione, che ha reso il pomeriggio ancora più interessante.

Dopo tutta questa attività, non poteva mancare un aperitivo tutti insieme vista lago, con tanto di premiazione del team vincitore. Congratulazioni al team Green Panthers che con Piera Castaldo, Alberto Coscarelli, Adriana Foti, Francesca Muzzi, Valentina Piccinno, Andrea Di Stefano, Thomas Raimondi, Anna Milesi, Erica Santangelo, Alessandra Manfredi, Maria Chiara Falsaperla, Chiara Marelli e Bhor Dubey, si è aggiudicato il primo posto!