Le macchine? Sempre più intelligenti

Alla scoperta dell’intelligenza artificiale e del machine learning, tecnologie che cambieranno sempre più rapidamente le nostre abitudini (e quelle delle aziende)

 

Algoritmi in grado di prevedere i gusti del pubblico. Test capaci di diagnosticare in anticipo una serie di patologie, ma anche quali parti meccaniche hanno maggiori probabilità di rompersi. E, ancora, applicazioni in mille altri campi, dalla guida autonoma alla manifattura, dal riconoscimento vocale al marketing e ai social network. Se il futuro è già oggi, parte del merito è dell’intelligenza artificiale e di una sua sotto-area: il machine learning.
«Il machine learning (alla lettera: apprendimento automatico, ndr) è una disciplina che sviluppa algoritmi in grado di rendere le macchine intelligenti, cioè capaci di imparare dal passato e prendere decisioni sul futuro» spiega Carlotta Orsenigo, professore associato di Computer Science al Politecnico di Milano ed esperta di algoritmi di machine learning.
I vantaggi? «Enormi, anche in termini economici: maggiori ricavi e minori costi. Una migliore previsione della domanda ci permette, per esempio, di ottimizzare il livello delle scorte e di offrire un servizio migliore ai nostri clienti».
Carlotta Orsenigo è anche condirettore di un master della School of Management del Politecnico di Milano pensato per formare data scientist da inserire in contesti anche aziendali. «Il Master Internazionale in Business Analytics and Big Data si rivolge a laureati in materie scientifiche ed economiche con un massimo di cinque anni di esperienza. L’obiettivo è fornire competenze in tre campi distinti: tecnologico, metodologico e di business. Dura un anno, al termine del quale i tassi di occupazione sono altissimi».

Previsione della domanda

La figura chiave del machine learning è il data scientist, figura in grado da un lato di analizzare i dati e sviluppare gli algoritmi che li rendono uno strumento di previsione (e decisione) efficace, dall’altro di interfacciarsi con le figure di riferimento in azienda (responsabile marketing o produzione, per esempio), a seconda dell’obiettivo perseguito.
«Il machine learning può essere utilissimo nel retail, per l’analisi e la previsione della domanda di prodotti e servizi. Si parte dagli acquisti fatti dai clienti nel passato, per prevedere quelli che verranno fatti in futuro. E, in base allo stesso principio, l’algoritmo sarà in grado di dirci che cosa sceglierà il nostro pubblico, in base alle scelte di un pubblico simile, cioè con caratteristiche molto vicine» prosegue Orsenigo.
L’altra faccia della previsione della domanda è rappresentata dalla cosiddetta recommendation, cioè dai suggerimenti che grandi operatori come Amazon e Netflix fanno ai loro clienti. “Hai visto quel film? Ti piacerà anche questo! Cerchi un nuovo libro? Lettori simili a te hanno apprezzato questo titolo”. Funziona, e senza lo zampino dell’uomo: l’intelligenza della macchina, da sola, elabora una gran quantità di dati da cui estrapola significati e tendenze.

Una pluralità di applicazioni

«Un’altra applicazione è nel settore manifatturiero. I dati analizzati possono essere in questo caso quelli forniti dai sensori, e qui entriamo nell’ambito dell’Internet of things (IoT, Internet delle cose, ndr). Ciò permette ad esempio di identificare in anticipo pezzi potenzialmente difettosi e prevenire futuri guasti».
In realtà, il primo ambito di applicazione del machine learning è quello medico-scientifico. «L’analisi delle espressioni geniche, ad esempio, consente di mettere in luce regolarità tra soggetti sani e soggetti malati e permette di progettare test diagnostici mirati» continua Orsenigo.
Importantissimo anche l’ambito del riconoscimento vocale e della centralità della voce, come dimostra il successo di Alexa e di ausili simili. «La nostra generazione preferisce ancora la possibilità di digitare, ma i giovani sono sempre più abituati a usare la voce per interagire con i device».
Ma anche quello dei chatbot, software progettati per simulare una conversazione con un essere umano, che apprendono via via dall’interlocutore (da tono, temi, domande…) in modo da fornire risposte sempre più mirate. O della guida autonoma.
Insomma, il futuro è ancora tutto da scrivere. Anzi, da programmare.

Robot e veicoli a guida autonoma per innovare le PMI

 

 

Nuovo progetto del Politecnico di Milano per l’industria manifatturiera europea

L4MS Logistics for Manufacturing SMEs (le PMI italiane) è un progetto Horizon 2020 per l’innovazione delle piccole e medie imprese manifatturiere europee. Grazie ai robot, utilizzati come veicoli autonomi, il progetto fornisce le soluzioni per automatizzare e digitalizzare la logistica interna all’azienda, con l’obiettivo di ridurre tempi e costi di installazione fino a un fattore stimato pari a 10. Ciò consentirà l’implementazione economica di soluzioni logistiche piccole e flessibili, che non richiedono modifiche dell’infrastruttura, fermi di produzione e competenze interne.

Le soluzioni di L4MS si basano su una infrastruttura informativa denominata OPIL (Open Platform for Innovation in Logistics), la cui implementazione rende possibile la sostituzione, con un tempo di installazione molto breve, delle classiche attrezzature logistiche (muletti, transpallet, ecc.) con robot mobili più flessibili, gli AGV (Automated Guided Vehicles).

L’adozione dell’infrastruttura OPIL permette di sfruttare il paradigma IoT (Internet of Things) per abilitare la comunicazione tra i diversi elementi della fabbrica (macchinari, robot, programma di pianificazione, ecc.), creando un sistema logistico flessibile e reattivo, nonché facilmente riconfigurabile, incontrando le esigenze dell’attuale mondo produttivo, molto incentrato nella personalizzazione del prodotto.

L4MS è un’unica struttura che fornisce alle aziende, oltre alle soluzioni tecnologiche e il supporto necessario per implementarle nelle proprie realtà, anche il trasferimento delle competenze tecniche necessarie per gestire le nuove tecnologie, nonché consulenza sul modello di business e l’accesso ai finanziamenti europei tramite l’innovativo meccanismo delle Open Call dei progetti H2020.

Uno dei modi per accedere all’offerta di L4MS è di presentare il proprio caso studio durante la fase di Open Call del progetto. I candidati con il maggior potenziale di innovazione avranno la possibilità di accesso a vari servizi, tra cui: matchmaking con integratori di sistemi e produttori di robot mobili, finanziamento fino a € 250.000, ambiente di test all’avanguardia, tutoraggio per modelli di business e servizi innovativi, esperti di tecnologia per l’adozione delle più recenti soluzioni di automazione logistica, formazione per il potenziamento del nuovo modello di business basato sulle tecnologie avanzate in ambito robot per la logistica industriale.

La call per il bando si aprirà il 1 settembre 2019 e si chiuderà il 30 novembre 2019.

Per maggiori informazioni e per partecipare al bando consultare il sito: https://www.l4ms.eu/l4ms/#/home

Alessandra Catozzella

 

Alessandra Catozzella, Alumna del Percorso Executive in Financial Risk Management, è stata da poco nominata Director of Strategy and Innovation beyond insurance in AXA. Scopriamo insieme come è arrivata a questa posizione di prestigio.

Iniziamo con una domanda all’apparenza semplice: qual è la sua storia?

Il mio percorso è un po’ particolare. Infatti, dopo il dottorato in Economia mi sono dedicata al mondo accademico e alla ricerca. Avevo però la sensazione di fare studi fini a sé stessi, ero un po’ scoraggiata dalla mancanza di applicazioni concrete. Inoltre, ero curiosa di vedere come fosse il mondo al di fuori dell’ambito accademico.

Così, ho iniziato a guardarmi un po’ intorno, finché non ho ricevuto una proposta interessante da Zurich, compagnia assicurativa internazionale. Si trattava di un programma globale, rivolto ai talenti, che prevedeva un anno di rotazione su paesi e aree funzionali diverse. Mi sembrava una bella occasione per sperimentare il mondo corporate e capire se potesse interessarmi.

Una prima esperienza che è durata ben nove anni. Ho ricoperto funzioni diverse, in paesi diversi, ma c’è sempre stato un fil rouge, ovvero la curiosità e la voglia di sperimentare.
Arrivando dal dottorato, mi sono dovuta mettere in gioco su temi per me nuovi: ho iniziato nella funzione di pianificazione strategica dei sinistri…e all’epoca non sapevo nemmeno cosa fosse un’assicurazione!

Oltre a quella funzione iniziale ne ho sperimentate altre, dal Risk Management alla Strategia, passando per brevi rotazioni nell’Attuariato, Risk Engineering e Underwriting, sia in Svizzera che in Italia. Si è trattata quindi di un’esperienza completa, durante la quale non mi sono mai annoiata. Ho avuto l’occasione di imparare tanto e di conoscere persone con diversi background. Dopo nove anni però ero curiosa di scoprire altre realtà e di vedere come fosse il mondo al di fuori di Zurich.

Quando mi ha contattata Boston Consulting Group – alla ricerca di persone con esperienza aziendale in ambito assicurativo – ho deciso di accettare la sfida, percorrendo un percorso controcorrente rispetto a quello tradizionale, che solitamente prevede prima un’esperienza in consulenza e poi in azienda.

Nei tre anni di consulenza strategica ho avuto l’occasione di lavorare su progetti diversi, in Germania, Svizzera, Portogallo e Italia, con un focus ovviamente sul settore dei financial services e assicurativo in particolare, ma sperimentando anche nuovi settori, dal non-profit all’energy. È stata una bellissima esperienza, che mi ha trasformata e completata come professionista aggiungendo struttura, soft skills – dalla negoziazione al public speaking alla pura fiducia in me stessa – alle competenze più tecniche che avevo acquisito in Zurich. A lungo andare mi mancava però il mondo corporate, il mettere a terra i progetti, l’avere un team fisso, dedicato, con il quale costruire qualcosa e, non per ultimo, un migliore work-life balance. Infatti, nel frattempo avevo avuto un bambino e i numerosi viaggi non rendevano facili le cose dal punto di vista familiare.

Così la tappa successiva è stata di nuovo in una multinazionale assicurativa, AXA questa volta, con il ruolo di responsabile della strategia. Da febbraio ho avuto la grande opportunità di estendere questo ruolo per ricoprire anche la responsabilità dell’innovazione “beyond insurance”, ossia lo sviluppo di innovazioni, idee, servizi non-assicurativi.
Questo incarico rappresenta la sintesi di quello che più mi è piaciuto in questi 10 anni d’azienda: credo sia il ruolo più divertente che abbia ricoperto fino a questo momento.

Il suo percorso è molto interessante e le ha permesso di confrontarsi con situazioni diverse. Quali sono gli insegnamenti che ne ha tratto e che la accompagnano ancora oggi?

Ho imparato molto da ogni tappa di questo percorso – fatto di esperienze anche molto diverse tra di loro.
La prima esperienza nei sinistri – una delle funzioni core delle assicurazioni – mi ha permesso di conoscere meglio il business e quindi di guadagnare credibilità. Infatti, spesso le persone che arrivano in azienda dalla consulenza, con alle spalle ruoli strategici o funzioni di supporto, vengono viste con diffidenza. Essere partita “col cacciavite in mano” mi ha aiutata ad affermare la mia credibilità.

Anche lavorare in un grande gruppo è stato importante, perché mi ha permesso di conoscere da vicino sia le sfide e le difficoltà che si riscontrano a livello locale, che i meccanismi di una multinazionale, aiutandomi così a mediare tra le necessità del team e quelle del gruppo.

Quando poi ho iniziato a lavorare nel Risk Management – un cambio radicale per chi come me non aveva mai ricoperto una funzione di controllo – ne ho capito il valore aggiunto. Fino a quel momento lo avevo percepito come un adempimento burocratico e normativo, ma poi ho visto i vantaggi che può portare al business. In questo ha avuto un ruolo importante anche il Percorso Executive in Financial Risk Management, che mi ha aiutata a vedere la dimensione strategica del risk management. Mi ha dato un’idea dell’impatto che questo ha sulle funzioni di asset management, di come il credit risk management, in un contesto di crisi finanziaria e di non performing loans, svolga un ruolo fondamentale di sostegno e protezione dell’economia.
Questo percorso, insieme all’esperienza che stavo vivendo all’interno dell’azienda, mi ha fatto vedere le funzioni di controllo in un’ottica diversa, più strategica, complementare e sinergica rispetto al business.
Grazie a questa esperienza, oggi in AXA ho un ruolo e un background che mi permettono di interagire sia con le funzioni di controllo che con quelle di business, conoscendo esattamente l’importanza che ognuno ha per l’azienda.

Anche l’esperienza nella consulenza mi ha dato molto. Infatti, mi ha dato la struttura, il modo di inquadrare, approcciare e risolvere i problemi, di trattare con persone anche con livelli molto diversi, di gestire deadline stringenti e lavorare sotto pressione, ma soprattutto il valore aggiunto che deriva dal confronto costante e dal lavoro di squadra.

Ha già accennato al Percorso Executive che ha svolto qui al MIP. Che cosa l’ha spinta a ritornare sui banchi di scuola?

Per come sono fatta io, sento sempre la necessità di rafforzare le competenze teoriche accanto a quelle “on the job”: non mi piace entrare in un ruolo e poi sentirmi un po’ impreparata. Mi piace approfondire, studiare e coltivare le competenze necessarie per quella funzione specifica. Così, dato che ero arrivata nel Risk Management dopo un percorso nel business e nella strategia, mi sono chiesta come potessi, al di là di quello che imparavo sul campo, anche irrobustirmi dal punto di vista teorico.
Inoltre, all’interno del mondo assicurativo, entravo in contatto solo con alcuni aspetti del risk management e mi sembrava di averne una visione limitata.

Guardando su internet ho identificato questo Percorso Executive e mi è sembrato un programma molto completo, che copriva tutte le aree del risk. In aula c’erano sia professori che professionisti, provenienti da società di consulenza, studi legali, banche.
Mi sembrava un bel mix, una bella opportunità. Ed effettivamente lo è stato. Si è formato tra l’altro un bel gruppo, con allievi con background e seniority diversi.

Si è creato un affiatamento tale da tenere vivo il legame al di là del percorso. Ci siamo supportati nelle scelte professionali, consigliandoci o indicando i rispettivi nomi in caso di posizioni aperte. Questo grazie anche ai lavori di gruppo, che hanno reso il percorso interattivo e completo. Il dover affrontare problemi pratici, cercare dei dati, analizzarli…è l’aspetto che ho trovato più utile.
Mi ha dato una visione più strategica del rischio, dal respiro economico e politico più ampio.

Al di là del percorso di studi in sé, quale ricordo conserva del MIP come scuola?

Ho un ricordo bellissimo. Ritagliarmi quattro giorni al mese – il venerdì e il sabato – in cui smettere di essere un professionista e tornare studente è stato faticoso, ma anche molto bello.
Mi è piaciuto trovarmi in un campus universitario, avere la possibilità di interagire anche con gli studenti di atri corsi, essere esposta a conferenze, pensieri e dinamiche innovative, a un ambiente internazionale…

Per non parlare poi del network che si è creato. Come accennavo prima, sono rimasta in contatto sia con studenti che professori, ho lavorato con alcuni di loro. I rapporti che si sono creati sono stati un utile supporto all’attività lavorativa.

Grazie per aver condiviso la sua esperienza. C’è un’ultima domanda per lei: cosa consiglierebbe a chi vuole lavorare in questo settore?

Anche se c’è già un interesse specifico per il risk management e per le funzioni di controllo e un relativo percorso di studio alle spalle, consiglio di fare anche un’esperienza nel business. Questo permette di vivere il ruolo in modo più completo.

Spesso, dopo la laurea o un master, si cercano immediatamente ruoli di tipo strategico o manageriale, quando invece lavorare nel business è una tappa fondamentale per capire veramente le dinamiche di quel lavoro e quindi accrescere la propria credibilità.
Testare ruoli e funzioni diverse aiuta a chiarirsi le idee su cosa si vuole fare veramente. Io, per esempio, ho partecipato a un graduate program, e lo ritengo uno dei modi più belli per entrare in un’azienda. Mi ha dato il tempo di sperimentare, che è la cosa più importante.

Sperimentare, non fermarsi mai, aiuta a capire meglio su cosa concentrarsi. Io per esempio avevo iniziato nei sinistri e in molti mi consigliavano di continuare in quell’ambito fino a che non ne fossi diventata un’esperta. Io invece non mi sono voluta fermare, mi sono detta “aver visto questo non mi basta”. E infatti ho continuato a esplorare, nel mondo assicurativo e oltre, e continuo a farlo ogni giorno. Ogni giorno in cui si impara anche solo una cosa nuova o ci si pone una nuova domanda non sarà mai un giorno perso!

 

Come le scienze comportamentali ci aiutano a salvare il pianeta

 

Come si comportano i consumatori nei confronti delle politiche energetiche e climatiche? Gli interventi di riduzione delle emissioni, dalle tasse alle campagne informative, funzionano davvero?

Lo ha indagato il progetto europeo ERC COBHAM del Prof. Massimo Tavoni, del Dipartimento di Ingegneria Gestionale, che integrando discipline diverse come economia comportamentale, reti complesse, analisi dei big data e modellistica, ha identificato un modello di comportamento dei consumatori e ne ha valutato l’impatto.

In particolare, nel progetto ERC COBHAM (The role of consumer behaviour and heterogeneity in the integrated assessment of energy and climate policies) sono stati testati su centinaia di migliaia di persone in Europa, Stati Uniti, Cina e in Paesi in via di sviluppo, una varietà di interventi comportamentali e la loro efficacia nel far risparmiare energia ed emissioni di CO2.

Le analisi di COBHAM si sono concentrate sulle politiche ambientali basate sul “dare informazioni” utilizzando i “nudge” (interventi comportamentali e strumenti informativi per promuovere scelte pro- ambiente). Tra gli altri è stato condotto un esperimento su 500 famiglie americane sull’uso dell’aria condizionata per testare la teoria psicologica della “discrepanza morale”, in base alla quale le persone evitano informazioni che potrebbero costringerli ad agire moralmente.
L’esperimento ha provato che l’imposizione di un sentimento di obbligo morale per ridurre l’uso di aria condizionata porta ad evitare le informazioni sulle conseguenze dei consumi energetici sull’ambiente. Ovviamente questo effetto è particolarmente significativo quando fuori fa caldo. Quando le famiglie evitano di conoscere gli impatti ambientali dell’aria condizionata, i loro consumi elettrici aumentano del 10%.

Cobham ha dimostrato come gli interventi comportamentali possano aiutare a ridurre l’impatto ambientale individuale, ma anche come gli effetti varino significativamente per tipologia di famiglia e di politica ambientale e che i “nudge”, che sono poco costosi e socialmente accettabili rispetto a strumenti tradizionali come la tassazione ambientale, sono strumenti utili di accompagnamento alle politiche pubbliche tradizionali, ma non le sostituiscono.

In conclusione, a seguito della varietà e non razionalità del comportamento umano, la natura e la forma dell’intervento di politica pubblica deve cambiare per poter risultare efficiente. Bisogna affiancare a strumenti di intervento ambientali classici, quali la tassazione, altri come i “nudge” o i sussidi che agiscano sul comportamento umano e facilitino il cambiamento.

COBHAM: European Research Council under the European Union’s Seventh Framework Programme (FP7/2007-2013) / ERC grant agreement no. 336155

Premio per tesi di laurea con impatti sui Sustainable Development Goals

La School of Management del Politecnico di Milano promuove i principi di una gestione responsabile e sostenibile in tutti i suoi programmi e sostiene attività di apprendimento e ricerca coerenti con i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile/ Sustainable Development Goals (SDG) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. In questo contesto nasce il bando per il premio “SOM per gli SDG: Tesi con impatti connessi ai Sustainable Development Goals.”

Possono essere presentate candidature per tesi o tesine che rappresentino un contributo per risolvere le sfide sociali del nostro tempo e individuare modelli di sviluppo sostenibile sul piano ambientale, economico e sociale (es. sviluppo di ricerche in ambito di progetti, prodotti o servizi alla persona per la promozione della salute e del benessere, parità di genere, sicurezza, protezione dell’ambiente, conservazione del patrimonio culturale, miglioramento delle condizioni di vita delle fasce deboli).

I premi sono destinati a laureati/e nel corso di Laurea Magistrale o Laurea Specialistica o V.O in Ingegneria Gestionale presso il Politecnico di Milano che abbiano conseguito il relativo titolo nel periodo Novembre 2018 – Ottobre 2019.

La scadenza del bando è il 9 ottobre 2019. 

Per maggiori informazioni, si prega di consultare il bando disponibile alla pagina https://www.som.polimi.it/albo-e-bandi/

Dall’e-commerce all’omnicanalità

 

Le esigenze del cliente e le opportunità per le aziende

Manuela Balli, Adjunct Professor presso il MIP, e Giulio Lampugnani, Head of seller services FBA di Amazon, spiegano perché l’integrazione dei canali online e fisici è una strategia vincente.

Non è più tempo di contrasti tra gli store digitali e i negozi fisici. Il futuro dell’e-commerce è omnichannel: un modello virtuoso, se sviluppato nel modo giusto, ma anche di notevole complessità, che nasce come risposta alle abitudini d’acquisto multicanale recentemente mostrate dai clienti. Il dato parla da sé: secondo una ricerca dell’Osservatorio Multicanalità del Politecnico di Milano, il 67% della popolazione italiana sopra i 14 anni ha adottato un processo d’acquisto multicanale.

Digital e retail: un’alleanza necessaria

«Oggi, ad esempio, i clienti hanno imparato a ricercare informazioni sui prodotti nei negozi fisici, per poi concludere l’acquisto online, o viceversa: più in generale, i due canali vengono utilizzati in maniera fluida, a seconda delle diverse esigenze» spiega Manuela Balli, Adjunct Professor presso il MIP. «In un simile scenario, la sinergia e la coerenza aziendale diventano fondamentali. L’approccio omnicanale esige un modello cooperativo e collaborativo. All’inizio possono sorgere dei conflitti tra digital e retail, causati magari da dinamiche di prezzo, di comunicazione, di risposta ai diversi stimoli esterni. Ma bisogna trovare una soluzione coerente alla strategia aziendale complessiva. Il vantaggio competitivo delle aziende nasce dalla risposta a questa sfida».
L’obiettivo è costruire un’esperienza d’acquisto impeccabile in ogni suo snodo. Le aziende del lusso forniscono un ottimo esempio: «In questo settore la logica della customer experience viene amplificata. Il consumatore ha delle forti aspettative lungo tutto il processo. Per soddisfarle, è necessario mettere in atto un’analisi del comportamento del consumatore, identificando le logiche dei nuovi percorsi d’acquisto e puntando sul customer relationship management» spiega Balli.

Il modello Amazon

Strategie nuove che si basano su strumenti nuovi, come appunto i canali digitali, ma che in realtà poggiano su un assunto già rodato: la centralità del cliente e la sua soddisfazione. Un esempio di successo è senza dubbio Amazon. Secondo Balli, infatti, «Amazon è un esempio di business capovolto. Parte dal mondo digitale e decide di sviluppare dei punti di vendita fisici, orientandosi verso una presenza omnicanale». Un approccio confermato anche da Giulio Lampugnani, che per Amazon è Head of seller services FBA. «Per capire come mai la nostra azienda ha intrapreso la strada dei negozi fisici, è importante capire quali sono i tre criteri che hanno guidato la nostra azienda fin dalla nascita: il primo prevede di offrire al cliente la maggiore selezione di prodotti possibile. Il secondo, di proporre il prezzo più basso possibile. Il terzo, infine, di garantire il servizio più comodo possibile».
È da quest’ultimo punto che è nata la decisione di Amazon di tentare la strada dei negozi fisici. «Ci siamo accorti che per i clienti era meglio avere anche la possibilità di acquistare alcuni prodotti dal vivo» racconta Lampugnani. «Siamo partiti da Amazon Books e Amazon Go, due catene in cui abbiamo cercato di replicare alcuni dei nostri meccanismi online più distintivi. Nei bookstore, ad esempio, abbiamo affiancato a ogni libro un display con le recensioni degli utenti, uno degli elementi di maggior disruption introdotti da Amazon. Nei punti vendita di Amazon Go, invece, abbiamo voluto replicare la semplicità dell’acquisto online: niente casse, niente code. Si conclude l’acquisto come con un click».

Più digitale, più Made in Italy

Ma, secondo Lampugnani, Amazon fa anche da volano per le aziende che vorrebbero inaugurare una strategia omnicanale all’estero. «Amazon è una vetrina internazionale che può essere sfruttata come canale di sviluppo per far conoscere il brand e condurre così verso una seconda fase in cui si può pensare all’apertura di un canale fisico». Una grande opportunità per le aziende italiane, nonché uno dei motivi che hanno spinto Lampugnani a partecipare in veste di speaker guest al corso Sviluppare fatturato e-commerce attraverso l’omnichannel marketing, che si terrà presso il MIP il 29 ottobre 2019, con la docenza di Manuela Balli. «Teniamo alla crescita delle aziende italiane. Il livello di penetrazione dell’e-commerce nel settore retail italiano è ancora intorno al 7%, mentre nel Regno Unito arriva già al 19%. Una volta colmato questo gap, l’Italia potrà valorizzare un prodotto molto più forte, ovvero il Made in Italy», conclude Lampugnani.

Una giornata a Stresa

 

Venerdì 26 luglio, lo staff MIP ha avuto l’occasione di trascorrere una giornata diversa dal solito, lontana da scrivanie e pc, dismettendo abiti e formalità tipiche di una giornata in ufficio.
Infatti, in occasione del 40esimo anniversario della Scuola, si è deciso di ringraziare con un evento nella stupenda cornice del Lago Maggiore lo Staff di MIP che, con passione  e dedizione, ha contribuito negli anni a raggiungere questo traguardo.

“Si tratta di un risultato importante per il MIP e così abbiamo deciso di dedicare un evento a uno dei nostri stakeholder più importanti – lo staff. In questi 40 anni, siamo cresciuti – anche di numero –  e questa giornata, oltre a celebrare l’anniversario della Scuola, ha proprio l’obiettivo di rafforzare lo spirito di gruppo.” – spiega Andrea Sianesi, Dean del MIP.

 

Così, invece di varcare le soglie del MIP, venerdì mattina, i dipendenti MIP sono partiti tutti insieme verso Stresa per una giornata improntata al liet-motiv della condivisone e della collaborazione, mediante attività organizzate di team building in un contesto informale e rilassato.

Dopo un momento istituzionale con Andrea Sianesi, l’outdoor è entrato nel vivo con una prima un’attività di ice breaking. La giornata è poi continuata nelle splendide isole delle Isole Borromee, dove, dopo il pranzo, lo staff si è messo alla prova con una divertente caccia al tesoro tra l’Isola dei Pescatori e l’Isola Bella.

Creatività, spirito d’iniziativa e tanto divertimento hanno caratterizzato questa attività, volta a rafforzare i rapporti con i colleghi e a conoscersi meglio.
Il tutto con un pizzico di sana competizione, che ha reso il pomeriggio ancora più interessante.

Dopo tutta questa attività, non poteva mancare un aperitivo tutti insieme vista lago, con tanto di premiazione del team vincitore. Congratulazioni al team Green Panthers che con Piera Castaldo, Alberto Coscarelli, Adriana Foti, Francesca Muzzi, Valentina Piccinno, Andrea Di Stefano, Thomas Raimondi, Anna Milesi, Erica Santangelo, Alessandra Manfredi, Maria Chiara Falsaperla, Chiara Marelli e Bhor Dubey, si è aggiudicato il primo posto!

Tempo di project work per il MABIC

Dopo 16 mesi trascorsi in aula e 4 passati “sul campo”,  per gli allievi del Master in Management dei Beni e delle Istituzioni Culturali, è arrivato il momento di concludere il percorso di studi con la discussione del project work finale.

Così il 12 luglio, accompagnati dai tutor delle istituzioni che li hanno accolti in stage, i nostri studenti sono tornati nuovamente sui banchi del MIP per presentare il frutto degli ultimi mesi di lavoro.

Questi progetti, tuttavia, non rimarranno solo sulla carta, ma verranno implementati all’interno degli enti culturali pubblici e privati per i quali sono stati ideati. Ecco perché è stato fissato un incontro a distanza di un anno per verificare l’effettiva realizzazione dei project work e il relativo stato di avanzamento.

Nel frattempo, facciamo le congratulazioni a tutti e diamo appuntamento per la Graduation del 12 dicembre, che avverrà contestualmente all’avvio della nuova edizione del master.

 

 

 

GIOCOnDa, un progetto per la gestione degli Open Data

 

Un progetto internazionale per la gestione condivisa degli open data di una vasta area di confine Italia/Svizzera: è in sintesi il progetto GIOCOnDa, acronimo di “Gestione integrata e olistica del ciclo di vita degli open data”, che è stato presentato lo scorso 21 giugno nella sede di Regione Lombardia, finanziato nell’ambito del Programma di Cooperazione Interreg V-A Italia-Svizzera.
Il progetto GIOCOnDa ha come capofila per l’Italia il Politecnico di Milano, con il Dipartimento di Ingegneria Gestionale, e l’Università Supsi per la Svizzera, ed è coordinato dall’Autorità di Gestione Regione Lombardia con un partenariato che comprende Provincia di Brescia, Provincia di Lecco, EasyGov, Varese Web e la Fondazione Bruno Kessler.

I dati delle PA condivisibili in formato open possono essere messi al servizio del territorio e accelerare lo sviluppo del tessuto imprenditoriale. Ma attualmente la pubblicazione da parte dei Comuni denota una grande varietà di tipologie di dati pubblicati, il che rende difficile sia compararli che utilizzarli a livello nazionale. Per non parlare del livello europeo, per il quale gli open data sono un elemento strategico di governance.

In questo contesto lo scopo di GIOCOnDa è rafforzare la governance transfrontaliera e le capacità di coordinamento e collaborazione delle pubbliche amministrazioni italiane e svizzere della Regio Insubrica. “Solo il 7 per cento dei Comuni ha una gestione virtuosa dei dati. La ricerca che abbiamo condotto nel 2018 dimostra che si è in crescita da questo punto di vista, ma si può fare meglio” commenta Michele Benedetti, Direttore degli Osservatori eGovernment e Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano.

E accanto all’utilizzazione sistematica e condivisa dei dati, il progetto ha come obiettivo anche il miglioramento dei processi di partecipazione degli stakeholder – imprese e società civile dei territori coinvolti – insistendo su diverse criticità dell’area: la mancanza, il disallineamento e il sottoutilizzo di informazioni comuni e l’onerosità della condivisione dati. “Individuati i fabbisogni informativi del sistema degli utenti PA e stakeholder, il progetto si occuperà di selezionare e analizzare i relativi dati disponibili, rendendone omogenee le strutture per favorire l’integrazione, l’interoperabilità e l’esposizione tramite un portale dedicato alla Regio Insubrica” spiegano Luca Tangi e Irene Vanini, ricercatori del Politecnico di Milano.

Per Daniele Crespi, responsabile Innovazione Digitale Direzione Strategie e innovazione dell’offerta Lombardia Informatica «Il ruolo di Regione Lombardia con gli Enti del territorio è fondamentale. Nel 2012 siamo partiti con il portale dedicato agli open data e abbiamo detto a tutti gli Enti del territorio che potevano usarlo gratuitamente. Oggi abbiamo lanciato una iniziativa nuova: indicare quali sono i dati utili e gli standard per avere dati omogenei. Il risultato sono 100 Comuni che hanno aderito e messo in comunicazione dati in forma automatica e standard comparabile».

E per la fruizione finale dei dati? “Abbiamo uno spettro di osservazione più ampio grazie al festival di giornalismo Glocal, dove si organizzano costantemente dei percorsi che riguardano gli open data e il data journalism” afferma Tomaso Bassani di Varese Web “in tutte le redazioni si stanno formando persone per la gestione anche giornalistica dei dati. L’evoluzione tecnologica insieme alla crescita di sensibilità ha permesso una prima diffusione, anche nelle redazioni più piccole, di cultura di attenzione al dato, come base del lavoro giornalistico. L’opinione pubblica ha un ruolo importante nel contesto della messa a disposizione del dato”.

Nei prossimi mesi il progetto GIOCOnDa prenderà ulteriormente forma coinvolgendo pubbliche amministrazioni e imprese del territorio insubrico, per arrivare a creare la piattaforma online.

Operazione co-finanziata dall’Unione europea, Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, dallo Stato Italiano, dalla Confederazione elvetica e dai Cantoni nell’ambito del Programma di Cooperazione Interreg V-A Italia-Svizzera.

Dalla personalizzazione alla collaborazione con PoliHub. I nuovi programmi MBA ed EMBA

 

I principali due elementi di innovazione dei corsi MBA ed EMBA della School of Management del Politecnico di Milano sono l’orientamento specifico verso l’area manageriale e imprenditoriale e l’articolazione in funzione dei trend più recenti. «Si tratta di percorsi differenti in grado di garantire competenze indipendentemente dagli ambiti di lavoro, grande azienda o realtà imprenditoriale, indispensabili nella complessità attuale dei mercati» spiega Antonella Moretto, vicedirettore dei programmi MBA ed Executive MBA. «In funzione dei nostri programmi, il manager potrà prendere decisioni con un piglio imprenditoriale e, viceversa, l’imprenditore potrà avere un approccio manageriale».

Un diploma, sei formati. I nuovi programmi MBA ed Executive MBA della School of Management del Politecnico di Milano vantano inoltre un’elevata personalizzazione. «Il singolo partecipante può affrontare un percorso “customizzato” sino al 50% delle attività con una “libreria” completamente nuova» continua Antonella Moretto. «L’ultima parte dei corsi può essere definita optando per argomenti più “di frontiera”, meno legati cioè al percorso accademico, ma si può scegliere anche cosa seguire in aula e cosa seguire in streaming, permettendo di personalizzare al massimo la fruizione. Per esempio, l’Executive MBA si può conseguire con quattro formati differenti: serale (lunedì e martedì sera in aula), part-time (weekend), Flex (a distanza attraverso la piattaforma digitale) e i-Flex (distance learning in lingua inglese). I corsi sono gli stessi, ma possono essere fruiti in modalità differente. L’ultimo aspetto di flessibilità, che credo siamo gli unici a poter offrire, riguarda i tempi della discussione del proprio project work, che possono essere abbreviati rispetto al classico percorso di due anni».

La nuova piattaforma FLEXA

Anche sotto il profilo della digitalizzazione le novità non mancano. «Innanzitutto, abbiamo cambiato gli strumenti in aula in modo da rendere possibile lo streaming di tutte le nostre lezioni. Offriamo così l’opportunità di seguire le lezioni anche online o di rivedere le stesse lezioni seguite front line. Tutto questo con una piattaforma completamente nuova, decisamente più user friendly rispetto alla precedente e con una libreria di clip completamente nuova. Inoltre – continua Antonella Moretto – tutti coloro che usufruiranno di FLEXA, avranno un digital mentor che li accompagnerà dall’inizio e per tutto il percorso sia nell’apprendimento che nella formazione, ma anche nell’avvio del percorso professionale, cioè nel contatto con le startup e le imprese. Offriamo un supporto digitale a 360 gradi. Fin dal primo giorno con FLEXA è previsto, per ogni partecipante, un assessment e le digital, hard e soft skill emerse vengono trasferite al nostro Career Development Officer che, attraverso incontri one-to-one, aiuta i partecipanti a definire la propria strategia di carriera. Nel frattempo, creiamo una serie di opportunità di supporto in questa direzione favorendo contatti con le imprese e le startup». Questo è uno degli aspetti chiave dei programmi MBA ed Executive MBA della School of Management. «Al riguardo – spiega sempre Antonella Moretto – abbiamo enfatizzato la relazione con PoliHub, l’incubatore di imprese e startup del Politecnico di Milano, per permettere di entrare in contatto con le startup sin dall’incubazione delle idee imprenditoriali o per sviluppare dei project work con le startup esistenti».

Il rapporto con PoliHub

«Abbiamo deciso fin da subito di collaborare per offrire agli studenti opportunità di carriera imprenditoriale ma anche per arricchire le competenze manageriali dei nostri startupper che, nel caso in cui provengano da percorsi tecnici, richiedono l’affiancamento di competenze gestionali» spiega Claudia Pingue, general manager PoliHub. «Spesso, infatti, le startup, in particolare quelle deep tech, hanno un team iniziale non sufficiente a garantire una crescita competitiva sui mercati internazionali e arriva un momento in cui è richiesta l’integrazione di competenze manageriali e gestionali e il potenziamento della leadership con l’eventuale presenza di un Ceo. Si è deciso quindi di mettere a disposizione degli studenti degli MBA e degli EMBA il programma Switch to Product, che premia e sostiene annualmente i migliori progetti imprenditoriali presentati all’interno del Politecnico di Milano e di selezionati da centri di ricerca come il CNR, ad esempio. È un’opportunità per gli studenti, che possono accedere a una piattaforma di accelerazione imprenditoriale e prendere così parte a un percorso esperienziale complesso che consente di misurare il proprio potenziale».

Politecnico di Milano, un ecosistema virtuoso

Già dal primo anno è prevista questa collaborazione con PoliHub, che ha due diversi obiettivi: creare un panel di assistenti MBA ed Executive MBA e consentire la candidatura di iniziative imprenditoriali in un panel dedicato, in modo da ricevere feedback ed entrare in un programma di incubazione. Il Politecnico di Milano è l’unica realtà accademica ad avere al proprio interno un incubatore così forte, tra i migliori al mondo, tanto che il 30% dei partecipanti al termine dei corsi decide di lanciare una propria attività imprenditoriale.
Infine, considerando che tutti i servizi di supporto alla carriera valgono per i sei mesi successivi all’acquisizione del diploma, va sottolineata la portata innovativa dell’ecosistema del Politecnico. «I progetti si concretizzano – conclude Antonella Moretto – anche perché c’è il contributo di tutto il sistema che gravita intorno all’ateneo: il Technology Transfer Office, il legame con il fondo di venture capital, il supporto tecnico per l’implementazione delle tecnologie e via dicendo».
Tutto il programma viene fatto conoscere ai potenziali utenti attraverso degli open day che prevedono un road show presso i laboratori. Prossimo appuntamento il 23 maggio 2020 al Campus Bovisa.