A seguito dalla prematura scomparsa nel 2017 del Professor Gino Marchet, Professore Ordinario di Logistica presso il Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano, sono stati istituiti 2 premi di laurea sul tema “logistica”.
I premi di laurea del valore ciascuno di € 2.000,00 lordi sono destinati a laureati/e in Ingegneria (Laurea Magistrale) presso le Facoltà di Ingegneria italiane che abbiano conseguito il titolo dal 1 ottobre 2018 al 31 luglio 2019.
I lavori dovranno trattare tematiche di logistica quali: Automazione di magazzino, Picking, Logistica 4.0, Ottimizzazione dei processi logistici e della supply chain, Outsourcing Logistico, Gestione delle scorte.
Il segreto delle eccellenze italiane? Le persone, senza dubbio. È uno degli insegnamenti che gli studenti iscritti all’International Master in Marketing Management, Omnichannel and Consumer Analytics della School of Management del Politecnico di Milano si sono “portati a casa”. Cinque giorni, dal 6 al 10 maggio scorsi, in cui note aziende italiane hanno raccontato il proprio approccio all’Italian Way, illustrando le caratteristiche che hanno portato al successo i loro brand.
Studiare e innovare
«Noi di Artemide da sempre siamo stati molto favorevoli a collaborare con tutte quelle realtà che puntano sulla ricerca e sulla formazione, in un ambito universitario ma non solo», ha spiegato Laura Salviati, marketing and communication manager dell’azienda leader nel settore dell’illuminazione. «Ormai da oltre vent’anni collaboriamo con il Politecnico e altre realtà formative. Lo spirito di Artemide è sostenere la formazione accompagnandola alla ricerca. Abbiamo lanciato una campagna, GenerAction, che segue proprio questo doppio binario. Sosteniamo giovani talenti che si sono distinti per le loro idee: ad esempio, usare il laser per connettersi a Internet (Valerio Pagliarino) o che hanno escogitato un modo per rilevare il piombo nell’acqua (Gitanjali Rao). Intuizioni anche lontane dalla nostra realtà aziendale, legata alla luce e alle sue declinazioni, ma su cui vogliamo puntare ugualmente. Perché teniamo all’innovazione indipendentemente dalle sue declinazioni». E all’innovazione tiene anche Piaggio, come sottolinea l’executive vice president marketing and communication Davide Zanolini: «Piaggio è l’ambiente ideale per chi vuole sempre affrontare le nuove sfide offerte dal presente e dal futuro. Lavoriamo sull’ibrido, sulla sostenibilità, sui sistemi di intelligenza artificiale. Addirittura abbiamo aperto a Boston, negli Stati Uniti, un impianto interamente dedicato alla robotica. Siamo fortemente orientati all’evoluzione continua». Una caratteristica valorizzata e incoraggiata anche tra i dipendenti.
Lo spirito di squadra nasce in università
L’atteggiamento proattivo e propositivo, però, deve riguardare anche lo studio. Sarebbe un errore, infatti, affrontare passivamente i periodi di formazione. Dennis de Munck, head of employer branding in Ferrari, ha voluto offrire un consiglio molto chiaro: «Non c’è niente di più prezioso della curiosità, una caratteristica che non va messa da parte quando si studia, ma anzi va coltivata. È il momento migliore per imparare, confrontandosi non solo con i professori, ma anche con i colleghi. Un’opportunità unica, che aiuta migliorare sé stessi e la capacità di lavorare in team». Come racconta de Munck, Ferrari reputa fondamentale la formazione delle persone. «In tutto il mondo stringiamo rapporti di partnership selettivi con le migliori università, in ogni ambito. Il rapporto è biunivoco: portiamo la nostra esperienza agli studenti, ma al contempo ascoltiamo per conoscere le esigenze dei lavoratori di oggi e di domani».
Atteggiamento analogo da parte di Alessi, marchio storico del design italiano, come spiega l’ad Marco Pozzo: «Vogliamo che le persone che lavorano con noi siano messe nelle condizioni migliori così da massimizzare le proprie competenze. La nostra divisione Omnichannel, ad esempio, è nata grazie alla creazione di un nuovo team costituito da risorse già presenti in azienda e provenienti da vari ambiti come marketing, commerciale, sistemi informativi. Grazie all’unione delle loro competenze, possiamo affrontare le sfide e cogliere le opportunità offerte dal digitale».
Formazione: una mission aziendale
Il valore delle aziende, dunque, non riguarda più soltanto il prodotto. Considerazione che vale per i consumatori, sempre più orientati a premiare realtà con una forte brand identity, ma anche per chi valuta una posizione lavorativa: «Oggi più che mai è importante il sense of purposetrasmesso dall’azienda. Qual è l’obiettivo? Qual è lo scopo? Quali sono i valori in gioco, e che cosa può dare l’azienda ai propri lavoratori? Chi sceglie Ferrari», continua de Munck, «vuole mettere a disposizione le proprie capacità e accrescere le proprie competenze, in un’ottica che è sia top down sia bottom up. Inoltre, la formazione non avviene più solo all’ingresso, ma per tutto l’arco lavorativo. Per noi è importante che questo valga per tutti, colletti blu e colletti bianchi, operai e manager. La nostra scuola mestieri aziendale è aperta a tutti».
La forza delle idee
Imparare, apprendere e saper puntare sulle proprie capacità, dunque. Lo stesso messaggio che ha voluto dare Tancredi Alemagna, amministratore delegato di T’a Milano, azienda dolciaria milanese attiva anche nei settori eventi, ristorazione, catering e banqueting: «Il nostro Paese sta affrontando un periodo economicamente turbolento. Io e mio fratello siamo partiti in due, da una stanza, entrando in un settore spietato come quello del food. Nonostante le difficoltà, oggi abbiamo 54 dipendenti. Siamo un Paese con tante teste brillanti. Sono queste a fare la differenza rispetto ai competitor. Con una visione forte e originale, emergere è una sfida possibile».
Gli allievi del Master in partnership con Accademia Teatro alla Scala sono tornati al MIP in queste settimane proprio per discutere il project work finale, dopo essere stati impegnati nell’internship curricolare in teatri e istituzioni di tutto il mondo.
Gli IMIM, invece, fin dal terzo semestre si sono divisi tra le varie università partner, da Edimburgo a Pechino, da Tolosa a Monaco di Baviera, fino a Florianopolis.
Un primo gruppo ha presentato la propria Master Thesis a Milano a fine giugno, mentre gli altri concluderanno il percorso a Madrid a ottobre.
La nostra Scuola offre l’opportunità agli studenti Executive MBA di integrare al percorso didattico esperienze volte allo sviluppo di competenze trasversali fin dai primi giorni. L’outdoor training che per molti dei nostri allievi segna l’inizio dell’avventura al MIP e l’occasione per rompere il ghiaccio, è anche il primo step del Programma di Career Development.
Il programma di Career Development del MIP, infatti, ha l’obiettivo di sviluppare competenze per la definizione, la costruzione e la gestione continua del proprio percorso professionale in un’ottica di autoimprenditorialità, attraverso un programma di sviluppo professionale integrato nella didattica del Master.
A tal fine, l’outdoor training rappresenta una preziosa opportunità per sviluppare le career management skills e cominciare ad acquisire graduale consapevolezza di sé ragionando sui propri punti di forza ed aree di miglioramento.
Quest’anno è stata la suggestiva cornice di Valposchiavo in Svizzera ad accogliere i nostri allievi Flex EMBA ed EMBA Part Time per un’esperienza collettiva volta ad innescare lo sviluppo di competenze strategiche per la carriera quali self awareness & development, team-working, communication & interaction, interpersonal relationships & networking.
Inoltre, l’attività è stata un’occasione per sensibilizzare e riflettere sul tema della Sostenibilità, caro alla nostra Scuola.
La capacità di innovare senza perdere di vista la tradizione, unita alle migliori espressioni del design e dell’industria. Sono gli elementi cruciali che caratterizzano l’eccellenza del business italiano nel mondo, come è emerso dal modulo Italian Way, che si è svolto a maggio e fa parte dell’International Master in Marketing Management, Omnichannel and Consumer Analytics della School of Management del Politecnico di Milano. Tante le aziende che sono intervenute, portando agli iscritti la propria esperienza, declinata in ambiti diversi, ma che in realtà presentano sfide globali sorprendentemente simili.
Crescere senza smarrire l’identità
Una delle sfide comuni a tutte le esperienze illustrate durante il modulo Italian way è la necessità di crescere, senza però snaturarsi.
«In Alessi (nota azienda piemontese produttrice di oggetti di design, ndr) abbiamo intrapreso un percorso di internazionalizzazione che mira all’espansione nel mercato statunitense e in quello asiatico», spiega l’amministratore delegato Marco Pozzo. «Vogliamo crescere, ma anche in questo processo la nostra priorità è conservare il DNA italiano. L’adattamento alle necessità espresse dalle diverse aree geografiche non significa dover snaturare la marca, anzi. Vogliamo che Alessi conservi la propria identità, abbracciando approcci alla tavola diversi come quelli orientali, ma anche democratizzando l’approccio ai prodotti di design. Negli Stati Uniti, ad esempio, ci sono diversi nostri oggetti che fanno parte della collezione permanente del MoMA di New York. Ma vogliamo che gli oggetti di design diventino parte integrante della vita quotidiana di tutti».
Il coraggio di rischiare
Dalla tavola alla strada, il passaggio è più breve di quanto si pensi. Nelle sale del MoMA di New York, infatti, troviamo anche la Vespa.
«La nostra filosofia è chiara: mantenere una forte coerenza con il passato, ma puntando sempre all’innovazione sia tecnologica sia di design», racconta Davide Zanolini, Executive vice president marketing and communication di Piaggio. «Quello che ci caratterizza nel mondo è il coraggio di rischiare qualcosa in più rispetto a tutti gli altri. Siamo stati i primi a presentare uno scooter a tre ruote, i primi a sperimentare sull’ibrido. In questo riconosciamo la nostra italianità, oltre che in una fortissima vocazione ingegneristico-tecnologica che si presenta al pubblico con elementi di design iconici».
Lo spirito di squadra
Innovazione, tecnologia e design sono anche tre delle caratteristiche su cui punta Ferrari per consolidare la propria brand identity nel mondo.
«Siamo orgogliosi di rappresentare un’eccellenza italiana», ha spiegato Dennis de Munck, head of employer branding. «Soprattutto, vogliamo puntare sullo spirito di squadra. Così come Ferrari è la scuderia per cui tifano tutti gli italiani e milioni di persone in tutto il mondo, allo stesso modo vogliamo che chiunque lavori con noi si senta parte di un grande team, il cui obiettivo è rispondere alle sfide con la forza delle idee e dell’innovazione. L’eccellenza è quello che ci distingue, in pista e fuori, e continuerà a farlo. Per questo siamo sempre alla ricerca dei migliori talenti».
Accogliere la diversità
L’apertura al mondo e alla diversità è dunque un’altra caratteristica su cui le aziende italiane puntano molto. «Per essere internazionali cerchiamo di aprirci a diverse culture», sottolinea Laura Salviati, training and communication manager di Artemide, azienda leader nel settore dell’illuminazione.
«Nel mondo, l’approccio alla luce varia molto da un Paese all’altro. Nella produzione industriale, però, non possiamo che riconoscere l’eccellenza italiana. All’estero è molto più difficile trovare industrie capaci di seguirci nei processi produttivi. In Italia abbiamo a disposizione un saper fare che riesce a mettere insieme artigianalità e industria. Non siamo interessati a produrre al minor costo possibile, ma alla qualità».
Gusto locale, eccellenza globale
Se Artemide valorizza il know how territoriale, c’è chi invece punta su altre risorse e su tutt’altro tipo di materie prime, stavolta nell’ambito del food. È quello che fa Tancredi Alemagna, fondatore e amministratore delegato di T’a Milano:
«Prendiamo il miglior cioccolato sul mercato e lo abbiniamo alla mandorla d’Avola, al limone di Sorrento, al pistacchio di Sicilia. Puntiamo, quando è possibile, sulle eccellenze alimentari del nostro Paese, proponendo un vero e proprio italian journey del gusto. Dalla tavoletta di cioccolato al packaging, tutto deve ricondurre ai nostri valori: italianità, qualità e design».
Oltre 700 ospiti per l’undicesima edizione del Summer Gala Dinner degli Alumni della School of Management del Politecnico di Milano per celebrare i 40 anni di MIP Politecnico di Milano e il suo legame con Milano
Si è tenuta lo scorso 20 giugno, presso Super Studio Più di via Tortona, Milano, l’undicesima edizione del Summer Gala Dinner, evento organizzato dalla School of Management del Politecnico di Milano. Si tratta dell’appuntamento annuale più importante dedicato alla community degli Alumni della Business School e della Laurea in Ingegneria Gestionale. Oltre 700 partecipanti tra alumni, studenti, professori ed ospiti aziendali provenienti da diverse parti del mondo, hanno preso parte all’evento.
“Gli Alumni rappresentano un grande valore e una risorsa. Mantengono alto il nome del Politecnico di Milano nelle imprese e nelle istituzioni in cui operano. Sono ambasciatori della nostra visione e della nostra progettualità. Grazie a loro riusciamo a mettere in piedi nuove iniziative a vantaggio non solo dell’università, ma di tutta la sua comunità di riferimento: dal finanziamento di borse di studio al contributo per il nuovo Campus, punto di incontro con la città di Milano e con il mondo.” – ha dichiarato Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico – “Crediamo nell’orgoglioso spirito dei nostri Alumni e nella loro voglia di restituire come parte integrante dello sviluppo dell’Ateneo”.
Il Summer Gala Dinner ha sancito un importante traguardo nella formazione manageriale: quest’anno, infatti, MIP– la Business School del Politecnico di Milano, fondata nel 1979 – festeggia i suoi 40 anni. La Scuola, nel corso degli anni, ha saputo trasformare in opportunità i cambiamenti derivanti dal contesto economico e tecnologico. In particolare, il MIP, cavalcando le opportunità offerte dalle tecnologie digitali, già nel 2014 lancia il Flex EMBA, il primo Executive MBA in digital learning in Italia. Quest’anno, in occasione del quarantesimo compleanno, il MIP torna a giocare un ruolo da protagonista nell’innovazione della formazione manageriale, aprendo alla community di alumni FLEXA, la piattaforma digitale che – lanciata durante il Summer Gala Dinner 2018 – è la prima promossa da una Business school a livello internazionale: una piattaforma che, grazie all’intelligenza artificiale, aiuta ad aggiornare le competenze e a restare al passo col mercato del lavoro
“I 40 anni di attività del MIP, in un mercato sempre più globale e competitivo, rappresentano un traguardo importante per una business school.”, ha commentato Andrea Sianesi, Dean del MIP, “Arrivare a 40 anni continuando a crescere come numero di studenti, posizionamento nei ranking, apertura internazionale ed immagine di eccellenza è motivo ulteriore di orgoglio per tutte le persone che, come faculty e staff, ci lavorano quotidianamente e per tutti coloro, studenti e alumni, che sono la prova tangibile dei successi raggiunti e sono i migliori ambasciatori della nostra Scuola nel mondo”
Per sancire il legame con Milano, il filo conduttore del Summer Gala Dinner 2019 era la crescita di Milano e il racconto delle sue eccellenze. Il cuore dell’evento è stato rappresentato da una tavola rotonda, con la partecipazione di un parterre di relatori che si sono confrontati, raccontando la loro storia professionale sullo sfondo di una Milano in continua evoluzione: Anna Scavuzzo, Vicesindaco e Assessore alla Sicurezza del Comune di Milano, Maria Sebregondi, Co-founder di Moleskine e Presidente di Moleskine Foundation, Armando Brunini, CEO di SEA Milan Airports, Emilio Faroldi, Prorettore delegato del Politecnico di Milano, Professore e esperto di architettura dello sport, Carlo Morfini, Managing Director alla Triennale di Milano, Alberto Rivolta, COO del Gruppo Feltrinelli. A moderare la tavola rotonda sarà il noto giornalista Paolo Valentino, corrispondente diplomatico del Corriere della Sera.
“Lo sviluppo della nostra Scuola raccontata in parallelo alla magnifica evoluzione di cui la città di Milano è stata protagonista in questi ultimi 40 anni, diventando importante punto di riferimento economico, culturale e sociale a livello nazionale ed internazionale: questa la sfida che ci siamo posti per la serata del 20 giugno, regalando alla nostra Community Alumni una esperienza memorabile ed ancora una volta di altissimo valore” hanno aggiunto Alessandro Perego, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Gestionale e Marco Taisch, Delegato per le Relazioni con gli Alumni della School of Management.
Secondo i QS Distance/Online MBA Rankings 2019 appena pubblicati il programma per executive della Scuola è salito di ben 13 posizioni in un anno
“Ancora un riconoscimento che conferma l’eccellenza della School of Management nello sviluppo di soluzioni digitali a supporto dei processi di education”, commentano Andrea Sianesi e Federico Frattini.
E il futuro sarà di FLEXA, la piattaforma di continuous learning che sfrutta l’intelligenza artificiale
Nella top ten mondiale dei migliori master per executive fruibili in distance learning e tra i primi 4 in Europa, l’unico prodotto italiano a figurare in graduatoria è il Flex EMBA di MIP Politecnico di Milano Graduate School of Business, che sale di ben 13 posizioni a livello globale e risulta settimo al mondo secondo i recentissimi QS Distance/Online MBA Rankings 2019, che misurano le performance dei migliori MBA fruibili a distanza.
Nei ranking che – come QS – considerano tra i principali criteri di valutazione l’esperienza dei partecipanti durante il corso e la qualità della faculty, la Business School del Politecnico di Milano ottiene sempre posizionamenti eccellenti. E in questo ranking, infatti, il Master Flex EMBA si colloca al primo posto al mondo per ‘Class Experience’ e al secondo per ‘Faculty and Teaching’.
Erogato in modalità blended grazie a una specifica piattaforma sviluppata in partnership con Microsoft, il Flex EMBA, già selezionato nel 2016 tra i più innovativi MBA al mondo da AMBA (Association of MBAs), può vantare dal 2017 l’accreditamento EOOCS dell’EFMD (European Foundation for Management Development) che certifica la qualità dei programmi online: è il primo programma per executive in Italia ad averlo ottenuto e tra i primi in assoluto.
“Siamo orgogliosi di questo risultato – commentano Andrea Sianesi e Federico Frattini, rispettivamente Dean e Direttore dei Programmi MBA ed Executive MBA di MIP – che insieme all’altissima partecipazione (dal 2014 quasi 400 studenti hanno frequentato le due aule, italiana e internazionale) fa del Flex EMBA il Master di maggior successo della Scuola negli ultimi dieci anni. Un traguardo raggiunto grazie ai continui sforzi di miglioramento del programma e di internazionalizzazione del curriculum. Ancora una volta viene riconosciuta la validità dell’offerta formativa online del MIP Politecnico di Milano, che dal 2013 ha investito fortemente sull’applicazione delle tecnologie digitali per rendere ottimale la fruibilità e l’accessibilità dei suoi programmi di formazione, senza però trascurare la qualità dell’insegnamento e la personalizzazione dell’esperienza formativa”.
“I riconoscimenti che negli anni hanno premiato e tuttora premiano il valore del Flex EMBA – continuano Sianesi e Frattini – non fanno che confermare l’eccellenza del MIP nello sviluppo di soluzioni digitali a supporto dei processi di education. Siamo stati i primi in Italia cinque anni fa a credere in un master per executive in digitale, tanto da affiancarvi due anni dopo una versione internazionale, l’i-Flex. Ora, un’altra tessera si è aggiunta al mosaico: da dicembre 2018, gli studenti di MIP possono fruire dei servizi di FLEXA, l’innovativa piattaforma sviluppata sempre in partnership con Microsoft che utilizza l’intelligenza artificiale per offrire servizi di skill assessment, formazione personalizzata e continuous learning, un rivoluzionario e-tutor che aiuta a colmare le lacune e a raggiungere gli obiettivi professionali”.
Per molti dei nostri studenti, la cerimonia di consegna dei diplomi non è che il trampolino di lancio per una nuova avventura. Così è stato per Stefano Urbani, che proprio con l’Executive MBA del MIP ha gettato la basi per Turismo Medico Italia. Un progetto ora diventato concreto.
Come appare evidente dal nome della tua azienda, oggi ti occupi di turismo medico. Come è nato l’interesse per questo settore?
Tutto è iniziato nel 2012: allora ero impiegato nel settore automotive e mi trovavo in Turchia per lavoro. Per caso, durante quel viaggio, entrai in contatto con un noto oftalmologo azero, che mi fece conoscere la Turchia sotto un nuovo punto di vista, quello del turismo medico.
Diversi pazienti provenienti da Germania, Svizzera, Regno Unito, dai paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo e dell’area della Comunità degli Stati Indipendenti, sceglievano la Turchia per curare malattie e intraprendere trattamenti sanitari o cosmetici di vario tipo.
Infatti, quando si parla di turismo medico, si fa riferimento a quelle persone che si recano in Paesi stranieri con la finalità di migliorare lo stato di salute o fisico, attraverso, per esempio, procedure di chirurgia estetica, odontoiatria, cardiochirurgia, oncologia, trapianti…
In Italia, questo tipo di mercato non era ancora sviluppato – se non in maniera destrutturata. Così, interessato soprattutto al valore sociale che sta alla base del turismo medico, ovvero offrire a un paziente la possibilità di trovare una soluzione al proprio problema non solo nel Paese di origine ma anche all’estero, ho iniziato a chiedermi se anche l’Italia potesse essere competitiva da questo punto di vista.
TMI è un progetto che è diventato realtà anche grazie all’Executive MBA. Come?
Sono un Alumnus di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano e ho scelto l’Executive MBA del MIP, la Business School dell’Ateneo, come strumento per approfondire la mia idea.
Infatti, già dal 2013, ho iniziato a partecipare a eventi B2B e fiere di settore, in Europa, Paesi Arabi, Asia e Stati Uniti.
In questo modo ho potuto accrescere il mio network e sondare il terreno sia con facilitatori stranieri – che mi chiedevano informazioni sull’Italia come possibile destinazione – che con gli ospedali italiani – interessati a capire cosa fosse il turismo medico.
È stato proprio durante l’EMBA che ho gettato le basi di questo mio progetto – TMI Incoming – che è anche stato premiato come migliore project work del mio corso al momento della consegna dei diplomi.
Inoltre, questo mi ha permesso di incontrare alcune delle persone che ora sono parte attiva del progetto, allargando poi in maniera considerevole il network fino ad entrare in contatto con il Dott. Cristian Ferraris di Assolombarda. Proprio grazie a questo contatto, oggi TMI ha prodotto il sito web “healthlombardy.eu”, con l’obiettivo di presentare in maniera istituzionale le eccellenze sanitarie lombarde nel mercato globale del turismo sanitario. Questo lavoro, è stato per TMI l’opportunità di sviluppare un Minimum Viable Product – proprio come mi hanno insegnato in aula! – per il nostro attuale progetto di ospedale virtuale italiano sul quale stiamo lavorando grazie alla neo-costituita società di capitali Turismo Medico Italia Srl.
La ricerca di un investitore è stato un passo fondamentale per TMI. Quali sono state le sfide che hai dovuto affrontare e come il coinvolgimento del Cav. Lav. Nardo Filippetti sta influenzando lo sviluppo del progetto?
Devo essere sincero, la ricerca non è stata lunga. Infatti, siamo entrati in contatto con il Cav. Filippetti poco dopo la fine del percorso con Innovits, laboratorio di innovazione nel quale siamo stati accelerati alla conclusione dell’EMBA e che ci ha permesso di rendere il progetto nato sui banchi del MIP spendibile sul mercato.
Questo breve tempo di ricerca, tuttavia, ci ha permesso di confrontarci con alcune sfide interessanti, pima tra tutti il paradosso che deve affrontare ogni startupper: i numeri!
Spesso, infatti, gli investitori supportano un’idea solo quando il business è considerato “ragionevole”, senza considerare però che un investimento è necessario perché la startup raggiunga quel livello, soprattutto in settori dove le attività di Compliance & Legal, Cyber Security, Marketing e Comunicazione hanno costi elevati.
Inoltre, è stata l’occasione anche per capire chi fosse l’investitore giusto per TMI. E così, quando siamo entrati in contatto nel 2017 con il Cav. Filippetti, imprenditore visionario e di successo nel settore dell’accoglienza che coltivava da anni l’idea di inserirsi in questo mercato, eravamo pronti per comunicare con sicurezza la visione, la strategia e il servizio di TMI.
Infatti, il rispetto per il lavoro e per le persone, la creatività e l’intuizione sono i valori che hanno contraddistinto il Cav. Filippetti durante la sua carriera imprenditoriale e che fanno parte del progetto TMI.
Il nostro investitore, oltre che Presidente Lindbergh Hotels Srl, è anche Presidente ASTOI Confindustria Viaggi e Vice Presidente Federturismo Confindustria. Cariche istituzionali di prestigio che ci danno l’autorevolezza di cui avevamo bisogno, oltre al quotidiano confronto che ci permette di utilizzare le sue competenze acquisite negli anni a vantaggio del progetto. Infine, ci tengo a sottolineare che il suo approccio è stato da investitore industriale e non finanziario, un elemento estremamente importante che ci permette di ragionare sul lungo termine.
Come ti senti nelle vesti di imprenditore? Quali sono gli insegnamenti dell’EMBA che ti guidano ancora oggi?
Il mio stato d’animo è cambiato in seguito alla costituzione con il Cav. Filippetti di Turismo Medico Italia Srl a fine 2018.
Se all’inizio ero mosso dall’entusiasmo e dalla voglia di comunicare al mondo il mio progetto, oggi sono confortato dalla fiducia che mi ha accordato l’investitore, diventato un compagno di viaggio nel duro lavoro quotidiano.
Tuttavia a volte e come credo sia naturale, le giuste aspettative dell’investitore possono generare paura di non farcela, ma bisogna trovare un giusto equilibrio senza creare stress organizzativo.
Per questo ho elaborato il fattore AI-KI-DO: grazie al giusto equilibrio tra (Ai), Armonia, (Ki) Congiungimento e (Do) Unione cerco ogni giorno di guidare TMI verso il raggiungimento degli obiettivi prefissati, annullando la paura di fallire, che credo sia umana, con la gratitudine di avere avuto un’opportunità!
La consapevolezza del momento presente e la responsabilità delle mie azioni verso il progetto, e le persone coinvolte – me compreso, mi permette di gestire l’attività economica assumendomi con la giusta serenità il cosiddetto rischio d’impresa.
Tutto questo è – evidentemente – costruito sugli insegnamenti dell’EMBA, primi tra tutti quelli sul comportamento organizzativo, strategia, project management, decision making, marketing, comunicazione e finanza. Questi mi hanno permesso rispettivamente di dare struttura alla consapevolezza, fare scelte a lungo termine, gestire singoli progetti di sviluppo, compiere le scelte quotidiane, vendere, sviluppare la brand awareness, ed infine curare l’ordinaria amministrazione.
Senza dimenticare poi le persone che hanno caratterizzato il mio percorso, i docenti incontrati e i colleghi conosciuti.
Ora la nostra sfida sarà quella di riuscire a industrializzare il prodotto, creando efficienza ma tenendo estremamente alti i livelli di qualità e servizio, con un approccio taylor-made per ogni singola richiesta. Per farlo, stiamo adottando a metodologia lean startup con l’obiettivo di evitare sprechi di risorse, costruire un business sostenibile e sperimentare le idee con il processo creativo “Creazione – Misurazione – Apprendimento”. Anche questa, metodologia appresa lungo il master.
Quali consigli daresti a chi oggi vuole lanciare una startup?
Tanto per cominciare consiglierei di essere onesti con sé stessi, ponendosi delle domande per non farsi male dopo. Come ad esempio quanto si è innovativi, se è il momento giusto per lanciarla e se si ha un buon team. Ma anche come finanziarsi e dove fondarla.
Un altro consiglio è quello di parlare della propria idea a più persone possibili: è un buon modo di testare l’interesse. Spesso, quando parlo del turismo medico, ricevo diverse domande al riguardo. Questa curiosità è un buon segno.
Una volta ricevuto un riscontro positivo, è bene poi prendere la margherita che si ha in mano e concentrarsi solo su pochi petali, focalizzando tempo ed energie.
Lanciare una startup è un atto di grande responsabilità verso il prossimo, verso chi crede nel progetto, quindi non posso che incoraggiare le persone a fare quello che amano. Oltre ad essere poi un grande sacrificio, che solo con la passione e la dedizione può portare al successo.
Infine consiglio di legarsi alla visione, non al prodotto o al servizio.
I fattori che influenzano il percorso di crescita di una startup sono innumerevoli e talvolta non controllabili; solo lasciando da parte l’ego della proprietà della propria idea e mettendo la “propria creatura” nelle condizioni di camminare da sola si può davvero manifestare quella visione che è la fiamma che brucia dentro!
È giovane, pieno di idee e, quando parla del suo lavoro, ha gli occhi che brillano per l’entusiasmo. Si chiama Stefano Capoferri, è un Alumnus di Ingegneria Gestionale e, insieme ai suoi genitori, è l’anima di Gulliver, software house di Brescia.
“Vengo da una famiglia che ha una forte cultura imprenditoriale e parallelamente sono un appassionato di nuove tecnologie…” Stefano apre così la nostra chiacchierata, scegliendo le sue origini come biglietto da visita.
Dopotutto, la sua è la storia di un giovane che nell’azienda di famiglia ci è cresciuto, imparando sul campo i segreti del core business prima di interessarsi a bilanci e amministrazione.
Gulliver è nata nel 2000, puntando sul mobile quando erano in pochi a immaginare la crescita esponenziale che questo settore avrebbe avuto nei quindici anni successivi. Partendo dalle applicazioni di Sales Force Automation sui Nokia Communicator, oggi Gulliver è cresciuta sia nel mondo B2B – in particolare nella Contract logistics – che nel B2C.
Se da un lato l’interesse per il mondo imprenditoriale è parte del retroterra di Stefano, è stato il Politecnico a dargli gli strumenti per poter fare la differenza in azienda.
Ci spiega infatti: “Ho scelto Ingegneria Gestionale perché pensavo mi potesse dare una visione a 360°, un modo di pensare e di organizzare le varie attività. Gli anni al Politecnico sono stati uno dei momenti più belli fino ad ora…”
Un legame forte, quello con l’Ateneo, che non si è allentato nel corso del tempo ma che, al contrario, è diventato sempre più forte. “Il Politecnico – ci racconta – è sempre stato per noi un punto di riferimento perché è qui che nasce l’innovazione. È uno dei migliori centri di ricerca ed è origine per noi di ispirazione. Personalmente, avendo studiato qui, apprezzo molto questa collaborazione, specialmente ora che sono entrati negli Osservatori alcuni ex compagni o che mi ritrovo a lavorare insieme ai docenti che mi hanno fatto lezione in passato.”
È anche grazie a questa relazione con il Politecnico che Gulliver riesce a essere aggiornata e a cavalcare l’innovazione con successo.
Un esempio? Capoferri ci parla di tre startup nate da Gulliver: Legur– nel settore dell’agroalimentare, Giotto – dove tutti i colleghi di Gulliver sono soci e hanno l’1% delle quote della società, e WinEx – che unisce il mondo della logistica con quello dell’agroalimentare per assicurare ai ristoranti una cantina fornita e flessibile.
Questi progetti hanno dato a Stefano la possibilità di vedere da vicino il mondo delle startup e di capire che “in Italia spesso ci si ispira al modello americano, dove i venture capitalist sono abituati a investire molte risorse nelle nuove startup. Tuttavia, in Italia, non è sempre così, soprattutto su aziende che non hanno ancora utili.”
Il consiglio di Capoferri per chi vuole diventare uno startupper è di “dimostrare che si è in grado di fare utili, di saper organizzare un team. Poi l’investitore è facile da trovare”.
Un po’ come ha fatto insieme ai colleghi di Giotto per il lancio di Ophelia, una macchina per fare lo Spritz. Dopo aver costruito dei prototipi a mano, hanno avviato la produzione di un piccolo lotto autofinanziato destinato alla vendita, con l’obiettivo, una volta registrati i primi utili, di apparire più interessanti per i potenziali finanziatori.
Quello che il nostro Alumnus consiglia ai futuri imprenditori è di conoscere bene se stessi e i propri obiettivi, senza però trascurare il contesto in cui ci si trova.
Infatti spiega: “non bisogna dimenticarsi che siamo in Italia, un paese bellissimo, ma che ha logiche un po’ diverse da quelle che leggiamo su Bloomberg, Business Insider o Wired. Bisogna quindi informarsi su come vanno le esperienze tedesche, africane, cinesi, italiane, ma poi fare mente locale rispetto a chi si è, a cosa si può fare e a dove ci si trova.”
Quello che conta, nel mondo del lavoro, è l’esperienza. L’invito di Stefano è quindi di “ascoltare tanto le persone che hanno più esperienza di noi, conservando però lo spirito critico. Infatti, in alcuni business capita che siano proprio i giovani a conoscere meglio le nuove generazioni e ad avere il polso delle tendenze future.”
Ed è proprio quello che accade in Gulliver, dove Stefano impara ogni giorno dai colleghi, che definisce “una vera famiglia”, dai soci, e – ovviamente – dalla madre e dal padre.
“Io sono la spalla perfetta per lui, e lui è la spalla perfetta per me”, spiega il nostro Alumnus riferendosi proprio al padre. “C’è questo mix tra giovane e vecchio che ci permette di unire l’approccio di un giovane, che ha tanta voglia di fare, e quello di chi ha l’esperienza per scaricare tutto a terra.”
Così se da una parte è grazie al padre che Stefano ha imparato tanto sull’azienda e sull’essere imprenditore, è stato il figlio ad aiutarlo a entrare in empatia con i ragazzi giovani e – soprattutto – a portare una nuova ventata di energia.
E non facciamo fatica a crederci, visto l’entusiasmo e la vitalità con cui ci ha raccontato la sua storia.
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