ERC Consolidator Grant a Massimo Tavoni

Massimo Tavoni, Professore Ordinario di economia del clima alla School of Management del Politecnico di Milano, è vincitore dell’ERC Consolidator Grant con il progetto EUNICE che mira a ridurre le incertezze nei percorsi di stabilizzazione climatica. 

 

Massimo Tavoni, docente della School of Management del Politecnico di Milano e Direttore di RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment (EIEE), è fra vincitori dell’edizione 2022 degli ERC Consolidator Grants del Consiglio europeo della ricerca (European Research Council, ERC), la prima organizzazione pan-europea per la ricerca di frontiera.

La ricerca del Prof. Tavoni è stata selezionata tra le oltre duemila proposte ricevute da ERC che ha l’obiettivo di stimolare l’eccellenza scientifica sostenendo e incoraggiando la competizione per i finanziamenti fra i ricercatori migliori e più originali.

Nel dettaglio EUNICE aspira a correggere gli errori e le distorsioni degli insiemi (ensemble) di modelli clima-energia-economia che studiano la stabilizzazione climatica, e a sviluppare modalità per validare e confermare le intuizioni degli scenari.

Il principale traguardo che il progetto vuole conseguire è quindi quello di sviluppare un approccio innovativo e integrato per quantificare, tradurre e comunicare in maniera efficace e tempestiva le principali incertezze associate ai percorsi a basse emissioni di carbonio e agli scenari che esplorano futuri molto distanti nel tempo, andando a rinnovare le basi metodologiche e sperimentali delle valutazioni climatiche basate sui modelli. Tre obiettivi fondamentali per tre principali linee di ricerca: estendere gli attuali scenari al futuro “profondo” (deep) e quantificare le loro incertezze; eliminare errori e distorsioni dagli scenari, perché siano in grado di tener conto delle perturbazioni a breve termine (come, per esempio, eventi estremi e inattesi); tradurre le mappe del futuro fornite dai modelli in linee guida solide e affidabili e testare sperimentalmente le modalità per comunicarle nel modo più efficace e tempestivo.

EUNICE è un progetto di alta rilevanza anche per altri ambiti di ricerca: l’approccio e le innovazioni sviluppate da EUNICE potranno essere applicate infatti anche per altre valutazioni ambientali, sociali e tecnologiche ad alto rischio. La sua combinazione unica di scienza computazionale e comportamentale e il coinvolgimento dei cittadini sarà un importante strumento di mediazione nei dibattiti sulle decisioni fondamentali per la nostra società, aumentando la fiducia e il riconoscimento del metodo scientifico.

 

 

Per maggiori informazioni su ERC Consolidator Grants 2022: https://erc.europa.eu/news/erc-2021-consolidator-grants-results

 

 

Confermato l’accreditamento EQUIS della School of Management del Politecnico di Milano

Creato nel 1997 come primo standard globale per l’auditing e l’attestazione degli istituti al di fuori dei confini nazionali, EQUIS è uno strumento rigoroso per valutare e migliorare la qualità: la School of Management l’ha ottenuto la prima volta nel 2007.  EQUIS si affianca ad AMBA e AACSB, i tre riconoscimenti più prestigiosi che costituiscono la “Triple Crown”, concessa ad appena 100 Scuole di business al mondo.

 

La School of Management del Politecnico di Milano ha ottenuto la riconferma del proprio accreditamento EQUIS, ricevuto la prima volta nel 2007 dall’European Foundation for Management Development (EFMD), rimanendo quindi ben salda tra le circa 100 Business School al mondo che possono vantare la “Triple Crown”, ovvero le tre certificazioni globali più autorevoli: EQUIS-EFMD Quality Improvement System, AMBA-The Association of MBAs e AACSB-Association to Advance Collegiate Schools of Business, le ultime due ottenute rispettivamente nel 2012 e nel 2021.

Creato nel 1997 come primo standard globale per l’auditing e l’accreditamento degli istituti al di fuori dei confini nazionali, pur considerando le differenze culturali e normative dei vari Paesi, EQUIS è uno strumento rigoroso per valutare, accreditare e migliorare la qualità in dieci aree chiave, confrontandole con gli obiettivi internazionali: governance, programmi, studenti, docenti, ricerca, internazionalizzazione, etica, responsabilità, sostenibilità, rapporto con le imprese. La vera qualità consiste nel cercare di fare meglio anche quando si è già eccellenti e proprio questa attenzione al miglioramento continuo è al centro della missione di EQUIS, che periodicamente verifica, e nel caso conferma, l’alto livello degli istituti membri.

L’assessment per il riaccreditamento, molto scrupoloso, ha riguardato la strategia della Scuola, la sua offerta, le relazioni con i principali stakeholders (aziende, Alumni, studenti, Faculty), la ricerca e la coerenza con il piano strategico più ampio. In particolare, EQUIS attribuisce importanza alla creazione di ambienti di apprendimento efficaci che promuovano le capacità manageriali e imprenditoriali degli studenti insieme al loro sviluppo personale e al senso di responsabilità globale. Attualmente ci sono 206 scuole accreditate EQUIS in 46 Paesi.

Vedere confermati ancora una volta, negli ultimi 15 anni, gli altissimi standard che consentono di fregiarsi della certificazione EQUIS testimonia la qualità della nostra didattica, l’attenzione alle esigenze degli studenti, il livello dell’offerta sempre più improntato alla sostenibilità e all’innovazione e soprattutto la raggiunta, piena dimensione internazionale – dichiara Alessandro Perego, Direttore della School of Management del Politecnico di Milano -. Per la nostra Scuola, gli accreditamenti internazionali rappresentano infatti uno strumento fondamentale e insostituibile per rafforzare qualità, ricerca e impegno sociale, in un confronto continuo con il contesto mondiale più innovativo per perseguire l’eccellenza.  Non si tratta dunque di un punto di arrivo, ma di un punto di partenza per riposizionare l’alta formazione al centro della ripresa economica e sociale”.

Anche Vittorio Chiesa e Federico Frattini, rispettivamente Presidente e Dean del MIP Politecnico di Milano, la Graduate School of Business che fa parte della School of Management dell’ateneo milanese, si sono dichiarati soddisfatti della certificazione ricevuta: “Il rinnovo dell’accreditamento EQUIS si aggiunge alla conferma della nostra presenza nei principali ranking mondiali e a una serie di riconoscimenti della qualità dell’offerta formativa per manager e top manager di tutto il mondo. Siamo consapevoli del grosso impegno della nostra School of Management per il continuo miglioramento di tutti gli aspetti legati alla didattica. Per questo il riconoscimento della qualità dei nostri percorsi di upskilling e reskilling da parte di enti certificatori riconosciuti a livello globale aumenta e rafforza la nostra reputazione in un panorama mondiale sempre più competitivo”.

Vicini alla popolazione Ucraina: un piccolo gesto per fare la differenza

Dallo scorso 24 febbraio il conflitto in Ucraina sta causando un numero sempre crescente di vittime civili, distruggendo i mezzi di sussistenza e danneggiando infrastrutture civili di critica importanza, tra cui centinaia di case, infrastrutture idriche, scuole e strutture sanitarie.

Chiamiamo quindi a raccolta tutta la community di MIP Politecnico di Milano per dare un contributo e supportare la popolazione colpita!

Siamo più di 25000 persone e insieme possiamo dare un grande contributo.

Insieme ad AVSI, l’ONG basata a Milano che opera in 38 paesi del mondo, vogliamo fare in modo che il nostro supporto arrivi concretamente a Leopoli. Questa città dell’Ucraina, a causa della sua vicinanza al confine, è stata ed è la destinazione di molti sfollati che hanno lasciato la parte orientale e settentrionale del Paese.

Con il nostro aiuto, possiamo dare sostegno concreto in materia di salute e protezione alle persone vulnerabili e agli sfollati interni in Ucraina contribuendo a:

  • fornire servizi alimentari e non alimentari essenziali
  • garantire servizi di sostegno psicosociale
  • dare accesso a materiale sanitario e medicinali di base

MIP POLITECNICO DI MILANO GRADUATE SCHOOL OF BUSINESS HA DECISO DI DONARE 10.000 € PER QUESTA CAUSA, CHE SPERIAMO POSSA STIMOLARE LA GENEROSITA’ DELLA NOSTRA COMMUNITY. UN PICCOLO GESTO MOLTIPLICATO PER 25.000 PUÒ DIVENTARE UN GRANDE GESTO!

DONA QUI

“The challenge of pursuing impact in research”: è online il nuovo numero di SOMeMagazine

E’ uscito l’ottavo numero di SOMe, l’eMagazine della nostra Scuola in cui raccontiamo storie, punti di vista e progetti attorno a temi-chiave della nostra missione.

In questa edizione parliamo di impatto della ricerca: definire cosa sia e come misurarlo rappresenta una sfida sempre più attuale.
Con lo sviluppo di un framework metodologico per valutare l’impatto della ricerca della School of Management, Stefano Magistretti e Federico Caniato spiegano come la nostra Scuola stia lavorando per creare una “cultura dell’impatto” incoraggiata e sostenuta nel tempo.

E per mostrare alcuni impatti specifici, Enrico Cagno, Giulia Felice e Lucia Tajoli raccontano il ruolo fondamentale della ricerca accademica nel supportare la transizione green dei paesi in via di sviluppo.

Diletta Di Marco racconta alcune evidenze sul ruolo dell’opinione pubblica nel valutare l’impatto sociale della ricerca scientifica e come si sceglie se sostenere o meno un progetto. Angelo Cavallo presenta le opportunità di innovazione e sostenibilità emergenti dalle tecnologie space-based che impongono nuovi modelli di business.

Infine nelle “Stories” raccontiamo gli effetti del Covid sulla vita delle donne lavoratrici, e alcuni progetti per la promozione della sostenibilità nell’ambito della moda e dei comportamenti aziendali.

 

 

Per leggere SOMe #8 clicca qui.

Per riceverlo direttamente nella tua casella di posta, iscriviti qui.

I numeri precedenti:

  • # 1 “Sustainability – Beyond good deeds, a good deal?”
  • Special Issue Covid-19 – “Global transformation, ubiquitous responses
  • #2 “Being entrepreneurial in a high-tech world”
  • #3 “New connections in the post-covid era”
  • #4 “Multidisciplinarity: a new discipline”
  • #5 “Inclusion: shaping a better society for all”
  • #6 “Innovation with a human touch”
  • #7 “From data science to data culture: the emergence of analytics-powered managers”

Online MBA Ranking 2022: il MIP Politecnico di Milano si conferma tra i primi al mondo

Secondo il Financial Times e QS Quacquarelli Symonds anche per il 2022 l’international Flex MBA  della School of Management del Politecnico di Milano è tra i migliori al mondo, rispettivamente al sesto e undicesimo posto.

MIP Politecnico di Milano, la Graduate School of Business che fa parte della School of Management dell’ateneo milanese, ha ottenuto due importanti riconoscimenti internazionali per la qualità della sua offerta formativa in digital learning. Due dei più autorevoli soggetti certificatori hanno indicato l’International Flex MBA (Master in Business Administration) come un’eccellenza a livello mondiale.

Secondo il FT (Financial Times) Online MBA 2022 ranking, il Master online del MIP guadagna due posizioni rispetto al 2021 e sale al sesto posto su scala globale tra i migliori percorsi formativi tra quelli erogati in distance learning. Sempre secondo il ranking del celebre quotidiano britannico, il MIP sale al quarto posto a livello europeo e conferma il suo primato di unica business school italiana in questa esclusiva classifica.

Ma non è l’unico riconoscimento per l’online MBA del MIP. Anche il QS (Quacquarelli Symonds) Online MBA Ranking 2022 ne ha riconosciuto il valore, posizionando il Master all’11° posto su scala globale.

Vittorio Chiesa e Federico Frattini, rispettivamente Presidente e Dean del MIP hanno dichiarato: “Siamo molto soddisfatti e orgogliosi degli ottimi posizionamenti conseguiti anche quest’anno da uno dei nostri Master di punta. Da quando nel 2014 abbiamo lanciato la prima edizione del nostro FLEX MBA in digital learning continuiamo a lavorare per migliorare la qualità della didattica a distanza. L’ideazione e la realizzazione di un programma online efficace richiede esperienza e conoscenze in progettazione didattica, oltre che docenti preparati a utilizzare un approccio alla docenza flessibile e inclusivo. La tecnologia è un grande abilitatore per ripensare il modo di insegnare e di apprendere.”.

Basato su una delle piattaforme di apprendimento digitale tra le più avanzate al mondo, sviluppata su tecnologia Microsoft, l’International Flex MBA del MIP è stato il primo in distance learning lanciato in Italia, quando ancora in pochi credevano nei modelli di formazione digitale.

Tornando ai ranking del Financial Times, dall’analisi dei singoli parametri su cui si basa la classifica, emerge come al MIP venga continuamente riconosciuto l’impegno in termini di sostenibilità, rafforzando così la sua identità di B-Corp e il suo primato di unica business school in Europa a poter vantare questa certificazione. Considerando infatti il parametro Environmental, social and governance (ossia la quota di ore di insegnamento nei corsi core dedicati a ethics, social and environmental issue), l’MBA del MIP è terzo al mondo. Significativi anche i risultati ottenuti negli indici di “career progress”, che affermano sempre più il MIP come un punto di riferimento per il continuous learning dedicato ai top manager d’azienda.

 

Il Financial Times Online MBA 2022 è disponibile qui

Il QS online MBA Ranking 2002 è disponibile qui

La sfida di perseguire l’impatto nella ricerca

Intervista a:
Federico Caniato, Full Professor of Supply Chain & Procurement Management, School of Management, Politecnico di Milano
Stefano Magistretti, Assistant Professor of Agile Innovation, School of Management, Politecnico di Milano

 

Le università sono sempre più impegnate a dimostrare l’impatto della loro ricerca. Qual è l’impatto della ricerca? 

L’impatto della ricerca è fondamentale non solo per il Politecnico di Milano, ma per l’intero sistema universitario italiano e più in generale per le università di tutto il mondo. Non è facile definire quale sia l’impatto della ricerca. Possiamo dire che l’impatto della ricerca comprende tutti i risultati, le implicazioni e le conseguenze derivanti dalle attività di ricerca scientifica volte a generare conoscenza, ma ci si aspetta anche che forniscano benefici concreti. Nella nostra scuola, abbiamo definito l’impatto della ricerca secondo tre livelli progressivi di maturità: diffusione, adozione e benefici. Per diffusione si intende la diffusione dei risultati e delle scoperte tra gli stakeholder, l’adozione è l’uso dei risultati della ricerca da parte degli stakeholder e i benefici sono le conseguenze di questa adozione.

Perché l’impatto è così importante per la ricerca?

La ricerca è spesso accusata di essere autoreferenziale, cioè di «parlare» solo ai membri della comunità accademica senza fornire un contributo significativo alla società in generale. Al contrario, la ricerca può avere un impatto molto più ampio e significativo del previsto. Pertanto, è fondamentale illustrare tali impatti a un pubblico più ampio, richiedendo ai ricercatori di imparare a valutare e condividere il valore del loro lavoro con un maggior numero di stakeholder.

Qual è l’approccio alla valutazione dell’impatto nella School of Management?

Nel 2017, abbiamo iniziato un percorso nella School of Management per sviluppare una cultura della valutazione dell’impatto della ricerca. Questo percorso ha comportato una riflessione sul quadro di valutazione, lo sviluppo di un metodo e la raccolta e l’analisi delle valutazioni di impatto della ricerca. Abbiamo iniziato esaminando la letteratura per le valutazioni d’impatto, intervistando esperti e interagendo con il nostro comitato consultivo internazionale per definire il nostro quadro. Il quadro comprende i tre livelli di maturità (diffusione, adozione e benefici) e cinque settori degli stakeholder (istituzioni, imprese, studenti e docenti, cittadini e comunità accademica). Il secondo passo è stato l’adozione del quadro, avviata inizialmente nel 2019 con una serie di 16 progetti pilota, che si sono poi estesi a una serie più ampia di progetti (42 nel 2020; 43 nel 2021).

L’idea convenzionale di «impatto» ha senso in un modello lineare: i cambiamenti o le scoperte nella scienza e nella ricerca dovrebbero causare cambiamenti nella società, ma i quadri di valutazione dell’impatto sono generalmente molto più complessi, può spiegare perché?

La valutazione dell’impatto della ricerca è più complessa perché l’impatto non è lineare. Alcuni elementi hanno un impatto su una delle parti interessate, causando effetti indiretti su altre parti interessate. Ad esempio, i risultati della ricerca adottati dalle istituzioni pubbliche possono andare a beneficio dei cittadini, oppure i risultati diffusi agli studenti possono essere adottati in seguito, quando gli studenti sono professionisti all’interno delle aziende. Pertanto, la rete di impatto è intrecciata. Vedere il legame tra i settori e il livello di maturità e come un’iniziativa possa influenzare altre aree di impatto richiede un quadro in grado di riunire tutti gli elementi. Facciamo un esempio. Quando si pubblica un articolo accademico, c’è una diffusione all’interno della comunità accademica, ma se lo si condivide in classe, vi è anche un impatto sugli studenti; se si usa nella formazione aziendale, quel nuovo progetto di ricerca può diventare il seme di un potenziale progetto aziendale. Quindi da una singola azione – la diffusione della ricerca tra la comunità accademica – si può avere un impatto su più stakeholder a diversi livelli.

In che misura questa analisi d’impatto deve essere effettuata ex ante, durante la pianificazione dell’attività, e in che misura ex post?

La valutazione dell’impatto è uno strumento utile in ogni momento di un progetto di ricerca. Abbiamo visto colleghi adottarlo nel presentare proposte per un progetto dell’UE o un’iniziativa di ricerca interna. Questo perché l’impatto è sia ex ante che ex post. La cosa più importante è immaginare il potenziale impatto ex ante, che aiuta a stabilire le aspettative e l’obiettivo del progetto. La valutazione ex post mira invece a misurare i risultati ottenuti in termini di impatto, monitorare i risultati delle attività pianificate e dimostrare i risultati effettivi. Pertanto, non c’è un solo momento per l’analisi d’impatto; è sempre bene misurarlo prima, durante e dopo l’iniziativa di ricerca.

L’impatto è «originale» o costruito nel tempo? Abbiamo bisogno che i nostri dottorandi siano «impattatori nativi» o è un orientamento che può essere incoraggiato e sostenuto nel tempo?

La cultura dell’impatto non è nativa. È qualcosa per cui i dottorandi e i ricercatori in generale dovrebbero ricevere una formazione. In effetti, alcuni impatti sono facili da progettare e ottenere, ma gli impatti di livello superiore sono più impegnativi e richiedono un’attenta considerazione, quindi è importante costruire un impatto nel tempo. In effetti, è difficile ottenere tutto con un unico nuovo programma di ricerca. Per quanto riguarda i dottorandi, è probabilmente qualcosa che dovremmo condividere con loro e su cui incoraggiarli a riflettere. Abbiamo avviato questo approccio durante l’ultima Summer School AIiG (Associazione Italiana Ingegneria Gestionali) tenuta dal Politecnico di Bari nel settembre 2021, in occasione della quale abbiamo condiviso il framework con più di 50 dottorandi italiani e abbiamo chiesto loro di applicarlo alla loro ricerca di dottorato. I dottorandi sono rimasti positivamente sorpresi dagli esiti inaspettati di questo esercizio di valutazione. Diffondere la cultura della valutazione d’impatto della ricerca è qualcosa che dobbiamo fare a tutti i livelli.

Transizione alle tecnologie verdi nei Paesi emergenti: come la ricerca può aiutare a indirizzare le risorse

Selezionare le aree geografiche e le tecnologie verdi per il finanziamento di successo di una crescita economica sostenibile è un compito difficile, soprattutto nei Paesi emergenti. La ricerca accademica è fondamentale per fornire strumenti a supporto delle istituzioni pubbliche e private in questo compito.

 

Enrico Cagno, Full Professor in Industrial Systems Engineering, School of Management, Politecnico di Milano
Giulia Felice, Associate Professor in Economics, School of Management, Politecnico di Milano
Lucia Tajoli, Full Professor in Economics, School of Management, Politecnico di Milano

Di recente, la crisi del COVID ha portato alla luce nell’opinione pubblica in che misura la ricerca è per molti versi fondamentale per la sopravvivenza della comunità. Ciò è parso estremamente evidente per le discipline con un impatto diretto e riconosciuto sulla vita umana e sullo sviluppo. Tuttavia, l’impatto diretto e indiretto della ricerca accademica in molte altre aree e discipline potrebbe essere considerevole per il benessere delle persone e l’evoluzione delle società in numerosi ambiti.

Un caso importante, particolarmente rilevante nell’attuale fase economica, è il ruolo della ricerca accademica nel fornire analisi e metodologie che possano supportare le istituzioni pubbliche e private nel veicolare e utilizzare in modo appropriato le risorse in paesi, regioni, settori per favorire una crescita economica equa e sostenibile.

Un esempio pertinente riguarda le risorse a sostegno della transizione dei Paesi verso le tecnologie verdi. I finanziamenti per il clima svolgono un ruolo fondamentale nella lotta al cambiamento climatico e nella promozione di una crescita sostenibile dal punto di vista ambientale nelle economie in transizione e in via di sviluppo. Un presupposto per avere successo è la capacità di selezionare quei paesi in cui il sostegno agli investimenti green non va a scapito degli investimenti privati, ma apre invece spazio alla loro espansione, in linea con il potenziale di mercato esistente. Diverse banche e istituzioni operano con questo obiettivo e, come è noto, gran parte dei finanziamenti di Next Generation EU è destinata al Green Deal europeo. Contemporaneamente, il vertice Cop26 di Glasgow ha evidenziato ancora una volta l’inevitabile dimensione globale della transizione green e la posizione asimmetrica delle economie in via di sviluppo e mature a causa del loro diverso stadio di sviluppo.

Una questione importante nel mantenere i diversi approcci delle economie in via di sviluppo e mature verso le tecnologie green è che in molti casi non è facile sostenere la transizione green nei paesi in via di sviluppo a causa della mancanza di informazioni adeguate sull’accesso e sulle opportunità offerte dalle tecnologie. I finanziamenti potrebbero essere allocati in modo errato, vale a dire, potrebbero essere convogliati laddove eliminano gli investimenti privati o dove non vi è alcun potenziale per la diffusione dell’investimento nella nuova tecnologia dopo il sostegno iniziale. È qui che la ricerca diventa utile. È possibile sviluppare metodologie e strumenti a supporto delle istituzioni nella selezione di aree e tecnologie per un finanziamento di successo.

In questo contesto e a questo scopo, la ricerca del SOM può contribuire a sviluppare un quadro concettuale e fornire metodologie per ottenere una valutazione complessiva della disponibilità di paesi, regioni o settori ad adottare tecnologie verdi, classificando paesi o aree in termini di esposizione a queste tecnologie. In un recente progetto sviluppato per la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), l’obiettivo finale era quello di cogliere la misura in cui i paesi interessati potrebbero trarre vantaggio dal finanziamento delle tecnologie green, in particolare quei paesi in via di sviluppo ed emergenti per i quali i dati sulla diffusione di queste tecnologie sono scarsi o non disponibili. La creazione e l’utilizzo di una tecnologia da parte di un Paese o di un’impresa è il presupposto per la sua diffusione ed eventuale adozione. Pertanto, per beneficiare della promozione degli investimenti verdi, il paese target dovrebbe già disporre di un livello e di un mix adeguati di utilizzo e produzione della tecnologia verde. Questo mix dipende dalla situazione economica complessiva e dal livello di sviluppo del Paese, come indicato, ad esempio, dal reddito pro capite, dalla capacità produttiva installata e dal livello di tecnologia nei prodotti a economia chiusa. Non esiste una definizione o misurazione specifica universalmente accettata della diffusione di una tecnologia. Il commercio internazionale di prodotti che incorporano una tecnologia specifica rivela la presenza di tale tecnologia nei paesi commerciali. Pertanto, il commercio è spesso utilizzato nella letteratura economica per tracciare la diffusione della tecnologia. I vantaggi dell’utilizzo di dati commerciali e metodologie avanzate per elaborarli sono che sono affidabili e disponibili per la maggior parte dei paesi a un livello di categoria di prodotto molto raffinato e per un lungo arco di tempo.

Seguendo questo approccio, i ricercatori del SOM hanno utilizzato i dati commerciali e pubblici ufficiali dei “green goods” (come definiti dall’Organizzazione mondiale del commercio e dall’OCSE) che coprono tutti i paesi per valutare la potenziale diffusione e adozione di tecnologie “verdi”, costruendo una serie di indicatori per misurare la maturità del mercato e la capacità di produzione di un paese per un determinato prodotto. Sulla base di questi indicatori, è stata sviluppata una sequenza di passaggi per identificare l’opportunità di azioni di successo. La metodologia è stata poi discussa e migliorata durante l’attuazione del progetto con gli esperti della BERS che l’avrebbero utilizzata, per poi essere validata con gli esperti del Paese sull’effettiva diffusione dei prodotti analizzati in termini di domanda e capacità produttiva.

La BERS utilizzerà la metodologia sopra descritta come strumento per selezionare i potenziali obiettivi del finanziamento, ovvero il binomio paese-tecnologia. La metodologia è facilmente replicabile su dati pubblicamente disponibili e quindi idonea ad orientare l’ente nelle sue scelte. La BERS è di proprietà di una settantina di paesi dei cinque continenti, nonché dell’Unione Europea e della Banca Europea per gli Investimenti. Ciò implica che le sue attività hanno un impatto su una vasta popolazione, di imprese, che saranno sostenute finanziariamente dalla BERS per l’adozione/produzione di tecnologie verdi, e di cittadini che trarranno vantaggio da una crescita sostenibile e da una migliore qualità della vita grazie all’adozione da parte delle imprese di tecnologie verdi.

Il progetto potrebbe potenzialmente incidere su diversi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Salute e Benessere, Acqua pulita e servizi igienico-sanitari, Energia accessibile e pulita, Città e comunità sostenibili, Consumo e produzione responsabili, Azione per il clima) nella misura in cui dovrebbe supportare la diffusione delle tecnologie verdi e merci nei paesi in via di sviluppo ed emergenti.

 

Space Economy: verso una nuova frontiera per l’innovazione e la sostenibilità

La combinazione di tecnologie spaziali e digitali rappresenta una forza pervasiva che abilita una innovazione di tipo cross-settoriale, ed al contempo rende il mondo più sostenibile. Tuttavia le opportunità tecnologiche sono solo un terreno fertile che per concretizzarsi necessita di strategie manageriali ed imprenditoriali per il rinnovamento strategico di organizzazioni consolidate e per la creazione e crescita di startup innovative

 

Angelo Cavallo, Assistant Professor in Strategy & Entrepreneurship, School of Management, Politecnico di Milano

La Space Economy è un fenomeno di frontiera dell’innovazione e della sostenibilità che si concretizza nella combinazione di tecnologie spaziali e digitali utili a sviluppare opportunità di business che danno la possibilità a molte imprese, in svariati settori, di accrescere la propria competitività su scala globale attraverso l’innovazione a tutti i livelli – dal prodotto/servizio, ai processi, sino al modello di business complessivo.

Il valore economico generato dall’uso combinato di tecnologie dello spazio e digitali è stimato per circa 371 miliardi di dollari nel 2021 (Satellite Industry Association). Tuttavia, il valore della Space Economy va oltre una stima di mercato e si distingue per la possibilità di innovare in tanti ambiti ed al contempo contribuire a rendere il nostro pianeta più sostenibile attraverso l’integrazione dei dati terrestri e satellitari, alla base di nuovi servizi space-based.
Mediante delle mappe globali di copertura del suolo ad alta risoluzione, i climatologi possono sviluppare modelli climatici e capire come sta evolvendo il clima sulla superficie terrestre. Tramite immagini multispettrali e radar, combinate con tecniche di machine learning e deep learning è possibile oggi creare modelli predittivi circa la deforestazione. Il monitoraggio tempestivo e continuo delle dinamiche della foresta è fondamentale per l’attuazione delle politiche di conservazione. Un altro campo di applicazione dei dati satellitari è nel monitoraggio dell’inquinamento. Un caso ormai molto noto riguarda il monitoraggio dei livelli di inquinamento durante il periodo di lockdown dovuto alla pandemia Covid-19. Ad oggi moltissime di queste analisi vengono fatte tramite dati provenienti da sensori a terra, largamente diffusi nel territorio europeo. Le tecnologie satellitari sono complementari e utili in aree dove non vi siano sensori terrestri.

Un numero sempre maggiore di studiosi inserisce la combinazione di tecnologie digitali e dello spazio tra i driver che possono abilitare il raggiungimento dei Sustainable Development Goals (SDGs), strumento adottato a livello globale per indirizzare le attività economiche e sociali verso il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità.
Ad esempio, servizi space-based contribuiscono al SDG 7 “Affordable and Clean Energy” che si prefigge di garantire l’accesso all’energia per una più vasta platea di utenti e può essere favorito attraverso sistemi di monitoraggio remoto degli impianti in luoghi in cui condizioni atmosferiche e altri fenomeni naturali possono portare ingenti danni all’infrastruttura e dove la manutenzione può risultare difficoltosa.

Lo sviluppo di un mercato delle space economy e di soluzioni space-based passa però necessariamente dalla strutturazione e esplorazione di nuovi modelli di business ripercor­rendo tutta la catena del valore, da chi sviluppa i servizi a chi crea nuove in­frastrutture fino agli utilizzatori finali di tali servizi che possono rendere più efficienti le loro operations e/o creare nuovi prodotti. Innovare i modelli di business tradizionali e muoversi verso una logica di platformization, servitization e open innovation è fondamentale per far sì che i nuovi servizi space-based abbiano impatto economico, ambientale e sociale su larga scala.

 

QS Online MBA Ranking 2022: il MIP Politecnico di Milano è undicesimo al mondo con l’International Flex MBA

La School of Management del Politecnico di Milano conferma la sua presenza nella classifica promossa da QS Quacquarelli Symonds dedicata ai corsi MBA online.

MIP Politecnico di Milano, la Graduate School of Business che fa parte della School of Management dell’Ateneo milanese, si posiziona all’11° posto a livello mondiale tra le migliori business school nel campo degli MBA online secondo il QS Online MBA Ranking 2022.

L’International Flex MBA è stato il primo MBA in smart learning lanciato in Italia nel 2014, basato su una delle piattaforme di apprendimento digitale più avanzata al mondo, sviluppata su tecnologia Microsoft.

Dal 2018 è presente nella rinomata classifica Quacquarelli Symonds (QS), che ogni anno valuta la qualità dei corsi erogati a distanza nel mondo. Quest’anno la competizione ha coinvolto un panel di Business School più ampio: le Scuole valutate passano da 57 a 72 a livello mondiale.

Vittorio Chiesa e Federico Frattini, rispettivamente Presidente e Dean del MIP hanno dichiarato: “Siamo felici della confermata presenza in classifica e dell’ottimo posizionamento conseguito anche quest’anno, nonostante l’ingresso di nuove scuole. Da quando nel 2014 abbiamo lanciato la prima edizione del nostro International Flex MBA continuiamo a lavorare per migliorare la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento a distanza.”

Dall’analisi dei singoli parametri su cui si basa la classifica, emerge come il MIP si sia distinto per la sua offerta formativa. In particolare, spicca il posizionamento nel parametro Faculty & Teaching (docenti e insegnamento) dove l’International Flex MBA è quarto a livello mondiale. Rispetto alla Class Experience (percentuale di attività svolte in presenza, accessibilità in mobilità / online, supporto tecnico) è settimo, mentre sull’Employability (grado di occupabilità degli iscritti) è al ventesimo posto.

Consulta la classifica completa qui.

MIP e le connessioni con le aziende: oltre 9.000 nell’ultimo anno

Non si può ispirare senza offrire esempi concreti, non si può invocare il valore della partnership senza prendersi cura e far crescere un network di relazioni con il mondo delle imprese, non si può plasmare il futuro se non si hanno occasioni – durante la formazione – di mettersi in gioco direttamente in impresa.

Per questo motivo abbiamo provato a misurare e raccogliere in un Corporate Connections Report tutte le connessioni con il mondo delle imprese che hanno interessato la nostra Scuola tra settembre 2020 e agosto 2021.

Davide Chiaroni, Associate Dean for Strategic Projects al MIP, ci ha spiegato meglio il valore di questi numeri.

Non si può ‘ispirare’ senza offrire esempi concreti: il Corporate Connections Report si apre sottolineando l’importanza che hanno le occasioni di mettersi in gioco direttamente in impresa durante la formazione. Che possibilità apriamo ai nostri studenti grazie alle oltre 9.000 corporate connections della scuola attivate solo nel 2021?

Partiamo col dire che i primi a mettersi in gioco siamo stati noi, che abbiamo messo a punto un modo nuovo di “misurare” le connessioni con il mondo dell’impresa che una Business School è in grado di offrire. E’ stato un modo per dare corpo ad una idea, ma allo stesso tempo rappresenta una sfida, perché una volta che si dà una misura ad un concetto, poi bisogna darsi anche degli obiettivi costanti di miglioramento.

Le possibilità che apriamo ai nostri allievi sono appunto oltre 9.000, un numero davvero impressionante, e assumono forme diversissime, dalle testimonianze in aula, ai progetti in azienda, dalle attività di recruiting, ai colleghi d’aula che sono, in tantissimi casi, essi stessi dei professionisti che, smessi i panni dello studente, tornano tutti i giorni alla loro quotidianità d’impresa. E questo è uno degli altri messaggi forti di questo Corporate Connections Report, ossia il fatto che le connessioni sono molte di più e molto più vicine di quanto a volte si può pensare, ma ci deve essere anche consapevolezza e disponibilità alla connessione.

Oltre 100 imprese hanno scelto MIP per formare le proprie risorse tra settembre 2020 e agosto 2021, periodo di riferimento del Corporate Connections Report. Come queste connessioni, prospettive ed esperienze entrano a far parte della scuola?

Questo è un numero importantissimo. Se consideriamo la durata media dei programmi dedicati alle corporate, significa che ogni giorno dell’anno ci sono circa 5 imprese che stanno contemporaneamente usufruendo dei servizi di formazione del MIP. Una sorta di “aula estesa” rispetto a quelle che tutti i giorni ospitiamo nel nostro Campus. Le ricadute sono tantissime, ma mi limito qui a citarne due.

Chi disegna i programmi formativi per il mondo corporate è chiamato a rispondere ai problemi e alle sfide per il futuro che animano le imprese e che le spingono quindi ad affidarsi a noi per la formazione. Attorno a quelle stesse sfide, testate “sul campo”, vengono poi costruiti e ridisegnati i nostri programmi open, per assicurare alle persone che frequentano i nostri corsi di avere sempre competenze future-proof.

La nostra Faculty, interagendo tutti i giorni con il mondo corporate anche per quanto riguarda le attività di formazione è continuamente esposta ad esempi, casi, testimonianze, dibattiti che diventano poi parte del suo bagaglio di competenze, e tornano in aula, anche fuori dall’azienda, per dare ulteriore valore ai nostri programmi di formazione.

Anche una Faculty di 250 docenti e una community di circa 15.000 Alumni e professionisti consente di avere accesso a centinaia di contatti aziendali. Circa 8.800 imprese sono accessibili proprio grazie agli ex studenti MIP. Come migliorerà questo dato e quelli complessivi evidenziati dal report nel corso dei prossimi anni?

Questa è la sfida principale, fare leva – ancora di più di quanto facciamo oggi – sulle relazioni delle persone che costituiscono l’ossatura e l’eredità della nostra Scuola, sia per quanto riguarda la Faculty che gli Alumni. Abbiamo tanto ancora da fare per aumentare la frequenza e l’intensità con cui gli Alumni ritornano nella nostra Scuola, ma ora abbiamo uno stimolo in più per farlo, che è appunto la misura esplicita del loro impatto sulle connessioni che possiamo garantire ai nostri allievi.

Diamoci un appuntamento nel 2022: superare quota 10.000, o almeno questa è la sfida che abbiamo intenzione di intraprendere!