Due passi nella città del futuro

Sostenibile, connessa, condivisa. In una parola, smart. È questo il futuro a cui guarda una città come Milano, inserita ormai a pieno titolo nel gruppo delle metropoli europee più all’avanguardia. Ed è questo l’orizzonte a cui nei prossimi anni dovranno guardare tutti i centri urbani, grandi o piccoli che siano. Si fa sempre più concreta quindi l’idea di smart city, una città che grazie alle tecnologie e all’innovazione diventa più efficiente, più ecologica e anche più democratica.

«Quando penso a una smart city, penso a un insieme di comunità che coesistono e partecipano alla vita della città grazie a diverse forme di sharing», spiega Davide Chiaroni, direttore Corporate Relations al MIP Politecnico di Milano. «Assisteremo a un cambio di paradigma che investirà tutti i servizi e, di conseguenza, cambierà un po’ anche la nostra mentalità: ci abitueremo a una maggiore condivisione e partecipazione. Le smart city, in fondo, saranno le città dei Millennial e dei nativi digitali».

Queste città saranno anche in grado di offrire un’adeguata risposta architettonica ai mutati contesti lavorativi. «Molti edifici sono stati progettati sulla base di esigenze che oggi sono cambiate e cambieranno ancora di più in futuro: la crescente digitalizzazione dei servizi, che darà un impulso ancora maggiore allo smart working, renderà ad esempio obsoleti molti uffici di grandi dimensioni. La smart city, invece, si basa anche sull’idea dei cosiddetti building “circolari”, edifici progettati tenendo conto di una destinazione d’uso che può variare nel giro di poco tempo. In altri termini, sarà una città flessibile a misura di lavoro flessibile», racconta Chiaroni.

La flessibilità riguarda anche il tema della mobilità, che deve affrontare la duplice sfida della sostenibilità ambientale e della capillarità del servizio: «Milano sta puntando molto sull’allestimento di una flotta elettrica per il trasporto pubblico. E la guida autonoma rivoluzionerà la concezione che abbiamo dell’automobile: non più bene privato, ma vero e proprio servizio pubblico e condiviso», spiega Chiaroni. Da questo punto di vista, alcuni esperimenti si riveleranno molto utili per raccogliere dati e pianificare meglio i flussi di traffico: «I varchi di Area B (la zona a traffico limitato di Milano chiusa ai veicoli più inquinanti, ndr) saranno preziosissimi per misurare il volume di traffico e capire in quali aree intervenire e come farlo».

La rivoluzione delle smart city, insomma, è alle porte. Mancano però ancora dei tasselli, a partire dall’energia: «Le città non sono ancora in grado di affidarsi unicamente alle energie pulite e rinnovabili. Ci sono limiti di storage che vanno superati, ma la strada è quella giusta», spiega Chiaroni. Non va poi nascosto che lo sviluppo della smart city porta con sé anche delle criticità. «Numerosi studi sono d’accordo nell’affermare che la smart city, nel suo complesso, ha delle ricadute economiche positive. Ma non tutti gli attori coinvolti in questo processo vincono». Ed è qui che entra in gioco la funzione della politica: «La smart city cambierà le forme del lavoro. È inevitabile pensare che le fasce più anziane della popolazione ne saranno colpite. La politica avrà il ruolo di compensare questi gap, a fronte di un saldo che è comunque positivo».

La School of Management del Politecnico di Milano mira a formare le professionalità più adeguate per la gestione di questi processi: «Penso a una vera e propria cabina di regia che si occupi del design dei servizi, che sia in grado di realizzare una road map, che non sia composta da tecnici, ma da dirigenti che sappiano quali sono le tecnologie da sfruttare. La nostra scuola offre ai futuri manager un duplice know-how: gestionale e tecnologico. Siamo convinti che uno non possa prescindere dall’altro. Progettare non basta: bisogna pensare anche alle ricadute pratiche», conclude Chiaroni.

 

Build it with the brick: quando l’Open Day si trasforma in gioco

Caschetti, mattoncini colorati e una città da progettare: ecco che cosa si sono trovati davanti gli aspiranti studenti del MIP sabato 13 aprile in occasione dell’Open Day dedicato ai Master Specialistici.

“I nostri Master specialistici internazionali  – spiega Anna Bacigalupi, Head of Admissions International Full Time Master  – si rivolgono a giovani laureati. Attraverso un approccio maggiormente specializzato, hanno l’obiettivo di fornire ai candidati le conoscenze specifiche necessarie per operare in determinate aree o settori all’avanguardia, basti pensare al master in FINTECH, Big DATA, Industry 4.0, Innovazione digitale solo per nominarne alcuni”

Dopo una breve presentazione della scuola e dei programmi, è arrivato per tutti i partecipanti il momento di mettersi alla prova con un game di team building sul tema “Build it with the brick”.

L’obiettivo del gioco? Ogni squadra doveva costruire una città con i mattoncini colorati, superando prove e piccole sfide. Un game nato per mettere in evidenza skill come leadership, problem solving e pensiero laterale, ma che ha anche permesso ai ragazzi di migliorare le proprie capacità di team working e di superare le diversità di provenienza e di background.

Questa volta però la voglia di collaborare e di raggiungere l’obiettivo è andata oltre le aspettative: le squadre, al posto di mettersi in competizione tra di loro, hanno lavorato insieme creando una bellissima città a misura d’uomo, ribattezzata “Il Bosco Orizzontale”.

Un’ora e trenta in cui – a differenza di altri business game –  non si è parlato di numeri ma ci si è concentrati sulle soft skill, altrettanto importanti nel mondo del lavoro di oggi delle competenze più tecniche.

Un approccio apprezzato anche dai partecipanti, come ci racconta uno di loro: “Vorrei ringraziarvi per la giornata di Open Day e Presentazione dei Master Specialistici a cui ho avuto modo di partecipare nella giornata di sabato: lasciatemi dire che è stata molto esplicativa e che, attraverso il Lego Game, le meccaniche di proattività e impegno costante che verranno richieste dai Master sono state ben raccontate. Complimentarmi ancora per l’ottima riuscita dell’Open Day!”

La mattinata si è poi conclusa con una sessione di Q&A con Alumni e studenti dei programmi, che hanno potuto condividere con gli aspiranti studenti esperienze, sfide, obiettivi raggiunti e percorsi di carriera.

Global Talent Recruiting Day

Scendono in campo a San Siro pieni di determinazione, sogni nel cassetto e aspettative. Ai piedi non hanno gli scarpini da calcio, ma tacchi alti. Non indossano maglie e calzoncini ma giacca e cravatta.

Sono gli studenti dei Master Internazionali che, il 12 aprile, hanno varcato le porte dello Stadio di San Siro per giocare una partita importante per la loro carriera, il Global Talent Recruiting Day.

L’evento, organizzato anche per celebrare il 40° anniversario del MIP, ha visto la partecipazione di 50 aziende italiane e internazionali, 125 recruiter e 230 studenti internazionali, e la presentazione di 225 posizioni aperte.

Martina Pietrobon

Laureata in “Psicologia del marketing”, un passato nella divisione vendite di una grande azienda, un MBA in tasca, e un’esperienza di tre mesi in India che ha lasciato il segno. Lei si chiama Martina Pietrobon ed è la nuova responsabile del Marketing di Microsoft Italia. Segni particolari: è una nostra Alumna.
Come è arrivata a un ruolo così prestigioso? Lo abbiamo chiesto direttamente a lei!

Entrata subito dopo la laurea in Johnson & Johnson occupandosi di vendite, Martina capisce presto che è il marketing a interessarle davvero. Guardandosi intorno, si rende conto che, nella sua azienda, molti di quelli che occupano il ruolo da lei desiderato hanno un MBA alle spalle.
L’ambizione è forte e così la decisone è presa: si iscrive all’MBA Full Time del MIP. Avendo una formazione di tipo umanistico e sociologico, la Business School del Politecnico rappresenta un approccio “complementare”, che le permette di colmare alcune lacune.

«Mi sono licenziata, con le persone che mi chiedevano se fossi sicura di lasciare un contratto a tempo indeterminato, in un una grande azienda…Ma ero convinta, era quello che volevo fare nella vita», ci racconta la Pietrobon.
A chi oggi si affaccia nel mondo del lavoro può sembrare strano, ma Martina, a nemmeno trent’anni non solo aveva già un contratto a tempo indeterminato, ma non aveva mai nemmeno fatto uno stage.

Perché quindi lasciare quella comfort zone?
«Io sono una persona che quando ama, ama con tutta sé stessa» – spiega – «Dover tenere un piede in qualcosa che non mi dava più soddisfazione, anche se mi avrebbe permesso di conservare un contratto, mi faceva sentire legata, sarebbe stata una limitazione alla sfida che stavo per affrontare. Mi dicevo: nella peggiore delle ipotesi tornerai a fare quello che facevi prima, in Johnson & Johnson o in un’altra azienda.  Licenziarmi, per me, significava crederci fino in fondo. A un certo punto o investi tu su te stesso o non puoi aspettarti che siano gli altri a farlo per te. Sei tu a doverci credere per primo, altrimenti gli altri vedranno solo gli ostacoli, il lavoro al quale rinunci in un periodo di crisi economica, il futuro incerto…»

Quando Martina ci racconta della sua esperienza, l’entusiasmo è palpabile. Viene naturale chiederle che cosa abbia significato l’MBA per lei.

«È come se l’MBA ti desse la visibilità di un’intera enciclopedia: sai che a una certa necessità nel mondo del lavoro corrisponde uno strumento per risolverla. Ovviamente in un anno tu non riesci ad avere gli strumenti per risolvere tutto da solo, ed è anche questo il bello del gioco. Alla fine quello che impari è che esistono varie leve, e che l’importante è sapere quando, come e con chi azionarle. Quello che mi ha dato l’MBA, quindi, è una visione a 360° di molti strumenti – anche finanziari – che prima non conoscevo» – ci rivela.  «Capisci che ogni pezzettino, come in un motore, è legato all’altro. Perché il motore funzioni, devono lavorare bene tutte le singole parti».

Tante nozioni, quindi, ma non solo. La nostra Alumna infatti spiega: «L’MBA mi ha formato, mi ha dato sicuramente delle competenze, ma mi ha anche insegnato che spesso sono l’attitudine e l’atteggiamento che si hanno verso il voler imparare, a fare la differenza. Quello che per me è stato fondamentale è stato avere un approccio che qui in Microsoft definiamo growth mindset, ovvero la volontà di mettersi in gioco e di imparare cose nuove. Penso che spesso sia la superbia a non permettere alle persone di crescere nelle aziende e di fare carriera. L’MBA ti fa capire che quello che sai è poco, troppo poco, e che ti devi continuamente aggiornare e mettere in gioco».

E mentre la nostra chiacchierata prosegue, appare evidente come Martina in gioco si sia messa fino in fondo. Come? Scegliendo di completare l’esperienza formativa al MIP con un exchange program di tre mesi in India, presso l’Indian Institute of Management Lucknow.

«Ho scelto l’IIM perché era la scuola più rinomata per il marketing nel mondo asiatico. Quello che volevo vedere era la sfaccettatura del marketing in quel tipo di cultura. L’approccio infatti è molto diverso rispetto a quello che studiamo noi. In India è basato tutto sui numeri, anche nel marketing e nella comunicazione. Lì il filo conduttore era dato da un ROI numerico, basato su KPI finanziari. È stata un’esperienza molto formativa, sia dal punto di vista delle competenze, che da quello culturale. Tre mesi in India – sebbene in una rinomata Business School – rimangono un’esperienza forte, un po’ catartica. Trovarmi in un ambiente internazionale, incontrare persone che hanno una cultura e un modo di vedere le cose così diversi dal mio, mi hanno permesso di sviluppare le soft skill in modo straordinario…»

Tornata dall’India e ricevuto il diploma, si è aperta davanti a lei una nuova strada nel marketing, prima in Johnson & Johnson e poi in Microsoft, fino ad arrivare alla posizione che ricopre oggi.

Tappe intermedie che le hanno dato tanto: «Quando ho iniziato a lavorare in Microsoft mi occupavo del co-marketing con i partner, una posizione che mi dava meno visibilità rispetto a ora, ma che mi ha permesso di capire il business, i meccanismi di marketing e di vendita»  – ci spiega.

Un’esperienza che l’ha resa, insieme alle sfide che affronta ogni giorno, la professionista che è oggi.
Così, un po’ con uno sguardo al futuro e alle nuove generazioni, e un po’ al passato, chiudiamo l’intervista chiedendole quale consiglio vorrebbe dare alla Martina neolaureata di dieci anni fa, ma anche ai nostri studenti che stanno scoprendo ora il proprio percorso professionale.

Con passione Martina ci spiega: «Ho finito l’MBA che praticamente avevo 30 anni. Forse avrei dovuto trovare il coraggio di farlo un po’ prima. Una volta entrata nel mondo del lavoro, mi sono resa conto che i ragazzi all’estero si laureano prima, riescono a fare un MBA prima e quindi arrivare al mondo del lavoro prima di noi…o comunque ci sono arrivati prima di me. Quindi tornando indietro troverei prima il coraggio, di licenziarmi e di fare un MBA».

Poi aggiunge, pensando ai ragazzi che iniziano ora la loro carriera: «Io ho avuto la fortuna di non fare parte della generazione degli stagisti. Forse sono stata l’ultima. Non ho fatto uno stage, sono entrata a tempo determinato in una grande azienda. Quando, già un anno dopo, vedi che le persone iniziano ad avere problemi a trovare lavoro, ti senti in una comfort zone.  Ecco, il consiglio che avrei dato a me e che mi sento di dare alle persone che si approcciano oggi a questo mondo è: la comfort zone spesso non ti permette di di metterti veramente in gioco. Se sei veramente ambizioso, non ti fermare in quelle situazione in cui “non stai poi così male”. È proprio quel “non star poi così male” che blocca le persone e non permette loro di spiccare il volo. È come se a un certo punto un uccellino si abituasse alla propria gabbietta e alla relativa sicurezza che ne deriva. Penso che ogni uccellino dovrebbe cercare di aprire quella gabbietta – non di arredarla! –  e spiccare il volo, anche a costo di scontrarsi con un predatore.»

 

 

Le frontiere del Fintech

Non si può fare a meno del Fintech. Lo dicono i dati: nel 2018, le operazioni di M&A (merge and acquisitions) legate a questo settore a livello mondiale hanno generato un valore di nove miliardi di dollari, in crescita del 25% rispetto all’anno precedente. Lo afferma l’analisi realizzata dalla startup school Mind the Bridge. Detto in altri termini, le startup del Fintech attraggono sempre più capitali e investimenti. E il trend è in crescita, perché sempre più utenti scelgono di gestire e movimentare le proprie finanze online.

Che si tratti di mobile payment, di InsurTech o di Robo Advisor, le operazioni finanziarie vengono gestite sempre più spesso online, senza passare per l’intermediazione classica, fino a poco tempo fa imprescindibile, delle banche e delle compagnie di assicurazioni. Lo conferma il professor Emilio Barucci, direttore dell’International Master in FinTech, Finance and Digital Innovation del Politecnico di Milano. «La disintermediazione è un fattore cruciale. Permette di svolgere numerose operazioni in modo molto più rapido tramite gli strumenti messi a disposizione dalle nuove tecnologie. Non andiamo più in banca una volta al mese come succedeva un tempo».

Le stesse banche, d’altro canto, non stanno a guardare: «In questo momento si stanno muovendo in due direzioni. Da una parte cercano di appropriarsi del modo di operare tipico delle realtà Fintech, sviluppando sempre più i canali di home banking e di pagamento rapidi. Dall’altra cercano di fronteggiare la crescita dei canali non tradizionali, che stanno erodendo un’ampia fetta del loro mercato. Le startup che hanno lanciato i Robo Advisor, ad esempio, forniscono all’utente una consulenza finanziaria personalizzata, tagliando fuori proprio le banche, i gestori di fondi e i promotori finanziari», spiega il professor Barucci.

Le comodità e le possibilità offerte dal Fintech sono particolarmente attraenti, anche in mercati un po’ meno sensibili alle transazioni digitali come quello italiano. Il tema della cybersecurity resta cruciale: «I rischi per chi usa strumenti digitali, oggi, non sono più grandi di quelli che correvamo già anni fa, come il classico “furto” dei dati della carta di credito – rimarca il professor Barucci –. Ma è anche vero che il tema della sicurezza è forse quello su cui gli attori coinvolti pongono maggiormente l’attenzione e investono di più. Basta una sola crepa per distruggere la credibilità di un servizio, e di conseguenza affossarne il business».

I vantaggi del FinTech non riguardano solo gli utenti privati, ma anche le aziende. Secondo il professor Barucci, «si concretizzeranno in importanti riduzioni sui costi. Inoltre, ci sarà la possibilità di interagire con più soggetti e il canale non bancario crescerà». Alcune tecnologie, al contrario, rimarranno confinate a un ambito di utilizzo più ristretto, lontano dal grande pubblico. È il caso, ad esempio, della Blockchain: «Personalmente non sono convinto che il Bitcoin sia la moneta del futuro – avverte Barucci –. Ma bisogna riconoscere che le criptovalute basate sulla blockchain hanno stimolato grandi studi su questa tecnologia, generando un grande lascito in termini di conoscenze: non sarà la soluzione per tutti i problemi, ma in alcuni ambiti sarà una soluzione interessante». Discorso analogo per l’Intelligenza Artificiale: «Le macchine non sostituiranno l’uomo, tantomeno nel mondo finanziario. Ma grazie all’IA e ai big data avremo la possibilità di comprendere meglio le dinamiche di alcuni fenomeni finanziari».

Le tecnologie all’avanguardia, insomma, non possono prescindere dalla padronanza dei fenomeni digitali sottostanti. L’International Master in Fintech, Finance and Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano ha proprio l’obiettivo di formare delle professionalità con queste competenze: «Il processo di cambiamento innescato dal Fintech è irreversibile – conclude Barucci –. Il nostro master dà le competenze adeguate, puntando su una formazione completa: nessun’altra università offre la stessa combinazione di metodo, tecnologia e business».

Vela e management: il MIP Politecnico di Milano organizza a fine maggio a Capri la Alumni Business Cup 2019

L’iniziativa si inserisce nel quadro di eventi dedicati ai 40 anni della Scuola

Il MIP Sailing Cup ha vinto nel 2018 l’MBA Sailing League, manifestazione velica in cui l’ABCup rientra e che vede coinvolte blasonate business school di tutto il mondo

Sarà il MIP Sailing Club, il “club velico” del MIP Politecnico di Milano Graduate School of Business, a organizzare il 24 e 25 maggio a Capri la ventiseiesima edizione della ABCup (Alumni Business Cup), la regata storica dedicata agli Alumni e Studenti gestita dalle business school francesi INSEAD e HEC. L’iniziativa si inserisce nel quadro di eventi dedicati ai 40 anni della Scuola.

Navigare a vela è una delle attività preferite per chi cerca modi coinvolgenti per fare team building, perché portare un equipaggio alla vittoria sfidando le avversità e gli imprevisti in mare richiede l’applicazione pratica di molte tecniche che si studiano nelle business school. Un’occasione per mettersi alla prova e provare le proprie abilità di lavorare in gruppo, ma anche per fare networking.

E’ anche per questo che il MIP Politecnico di Milano Graduate School of Business ha dato vita nel 2010, grazie a un gruppo di studenti, al MIP Sailing Club, un’organizzazione sportiva che negli anni ha coinvolto 250 tra Studenti e Alumni e preso parte a 35 regate nazionali e internazionali.

E vincendo. Nel 2018 infatti è stato il MIP Sailing Club ad aggiudicarsi la prestigiosa MBA Sailing League, la manifestazione velica a cui prendono parte le più blasonate Scuole di tutto il mondo, come London Business School, INSEAD, Bocconi, Cranfield, Istituto de Empresa, HEC, Harvard, Yale, MIT, Warwick, RSM.

Quest’anno, al MIP Sailing Club spetta dunque l’onore di organizzare una delle quattro gare che costituiranno l’MBA Sailing League 2019, appunto la ABCup  (le altre saranno a Lanzarote, Isle of Wight, Solent, Porto e Santa Margherita).

Nello scenario impareggiabile del Golfo di Napoli venerdì 24 e sabato 25 maggio verranno disputate diverse regate per definire la classifica generale, che premierà i tre equipaggi con i migliori piazzamenti su due divisioni di barche: la A sarà costituita da una flotta monotipo di ESTE 24, mentre alla B parteciperanno barche Cruiser di stazza più grande. Due giornate che offriranno occasione di divertimento, sport e networking in un ambiente internazionale.

I premi per i vincitori sono stati realizzati appositamente dal pittore e scultore napoletano Lello Esposito, interprete della “napoletanità” famoso per i suoi Pulcinella, simbolo reinventato ed elevato a oggetto d’arte: per la ABCup 2019 l’artista ha impresso sulla vela del trofeo la caratteristica maschera napoletana. Supporto alla regata è stato offerto anche dalle aziende SLAM, che produce abbigliamento tecnico per velisti, e SAMI, che realizza cavi ad alta tecnologia.

Per il MIP parteciperanno gli equipaggi composti da Giulia Zucchetti (skipper), Otello Costa, Michele Albertini e Mario Aquino (divisione A) e da Davide Casola (Skipper), Hugues Bartnig, Claudio Marconi, Francesco Vagnoni, Giampaolo Mercati, Filippo Croce, Maria Cristina Rossi (divisione B).

 

I master Executive MBA della School of Management del Politecnico di Milano tra i primi 50 nel mondo

Nel QS Global EMBA Rankings 2019 la Scuola sale di ben 10 posizioni rispetto al 2018, nonostante il numero dei competitor si sia ampliato. Anche a livello europeo scala la classifica e si attesta a 23° posto su 55 (era al 26° su 49)

Ottima reputazione presso le aziende, che si trasforma per lo studente in reali opportunità di accelerare la carriera in termini sia di posizione che di stipendio; eccellente livello del corpo docente e dell’aula; concrete politiche di pari opportunità. Sono alcuni dei fattori distintivi che hanno permesso agli Executive MBA della School of Management del Politecnico di Milano di scalare di ben 10 posizioni in un anno il QS Global EMBA Rankings 2019, attestandosi tra i primi 50 programmi al mondo.

La classifica, giunta alla sua seconda edizione, identifica infatti i 134 (erano 119 nel 2018) migliori master MBA per executive a livello globale. A livello europeo, invece, il ranking ne prende in considerazione 55 (erano 49) e su questi la Scuola sale dal 26° al 23° posto.

Il QS Global EMBA Rankings 2019 valuta vari aspetti dei programmi EMBA, guardandoli con gli occhi degli studenti. Non considera solo gli effetti sulla carriera, certamente fondamentali, e la buona fama di cui gode la scuola presso gli imprenditori, ma anche la composizione della classe, in termini di diversità e di esperienza professionale.

Guadagnare 10 posizioni in un solo anno è il segnale inequivocabile che stiamo rispondendo in maniera adeguata non solo alle esigenze dei nostri studenti executive ma anche a quelle delle aziende, che infatti hanno di noi un’opinione sempre più alta – commenta Federico Frattini, Direttore dei Programmi MBA ed Executive MBA -. Lo sforzo profuso nell’innovare i nostri prodotti, in termini di contenuti ma anche di fruibilità attraverso un uso sempre più diffuso del digital learning, si sta dunque dimostrando vincente”.

 

Carmen Di Bari

Nell’ambito di un progetto strategico del MIP sull’Employer Brand della Scuola, abbiamo avuto il piacere di partecipare al workshop “Rock Your Profile”, tenuto dalla nostra Alumna Carmen Di Bari, Account Executive Linkedin. È stato bello vedere come, anche grazie al Percorso Executive HR Business Leader della Management Academy, Carmen sia riuscita a lavorare in una delle più grandi e innovative aziende al mondo.  Una storia interessante, che le abbiamo chiesto di raccontare!

Come sei arrivata alla posizione che ricopri oggi? Qual è stato il ruolo del Percorso Executive in HR nel tuo percorso professionale?

Sapevo che un giorno avrei lavorato per Linkedin. Tuttavia a volte il percorso per arrivare all’azienda dei propri sogni non è lineare, ma pieno di curve e pit stop. L’importante è avere un piano chiaro ed essere disposti a fare sacrifici per realizzarlo.
Il mio piano è stato per prima cosa sviluppare una buona esperienza sul campo lavorando nel settore HR, poi allenare lo spirito di adattamento e la capacità di parlare fluentemente inglese andando a vivere all’estero, e infine perfezionare e aggiornare le mie conoscenze attraverso il Percorso Executive in HR, grazie anche al suo sguardo sempre diretto al mondo aziendale.

Nessuna delle tre cose è stata semplice, ma era previsto! Il Percorso Executive in HR mi ha aiutato ad avere una visione aggiornata delle sfide, delle priorità e dei trend del settore HR a 360 gradi, oltre a offrirmi una significativa occasione di networking. Ho conosciuto professionisti, sia del settore HR che non, con tanta esperienza, che sono entrati a far parte del mio network professionale e con cui spesso mi confronto per un parere.
Altro aspetto rilevante del corso –  e per me di buon auspicio – è stata la possibilità di seguire l’intervento di un manager Linkedin della sede di Milano relativamente alla rivoluzione che Linkedin ha creato nel mondo delle Talent Acquisitions e dell’importanza del Personal Brand per i professionisti. A distanza di alcuni anni siamo diventati colleghi.

 

Non solo, adesso sei tu – come lui – dall’altra parte della cattedra. Com’è stato tornare nelle stesse aule dove hai studiato nella veste di relatrice?

È stata un’emozione grandissima. Non avrei mai immaginato un giorno di tenere una sessione al MIP dall’altra parte della cattedra e con una platea così numerosa. È stato come un restituire alla mia Scuola parte dell’esperienza che ho maturato in questi anni, un “give back” tra quello che ho ricevuto come Alumna e quello che io posso trasferire oggi come professionista. Mi rende davvero orgogliosa aver studiato in un’organizzazione che investe nelle proprie persone e nel proprio Employer Brand.

 

Dal tuo discorso appare evidente il legame che hai con il MIP. Quali sono gli insegnamenti del percorso che applichi ancora oggi nel tuo lavoro?

Le persone sono il più importante fattore critico per il successo di qualunque organizzazione e la loro gestione comporta complessità. Non penso quindi ad un modulo specifico sul tema delle risorse umane, ma all’intero percorso, che mi ha dato da una parte una comprensione più realistica dei problemi di HR e CEO e dall’altra, stimoli alla ricerca di soluzioni non tradizionali per superarli, a pensare “out of the box”. Custodisco tutte le slide e i “Case studies” del corso salvati su una pen drive, sempre a portata di mano. Sicuramente un aspetto del percorso che oggi applico quotidianamente è come guidare le persone in azienda per favorire la Trasformazione Digitale.

 

Oggi lavori per Linkedin, la più grande community professionale al mondo, quindi l’ultima domanda non poteva che essere sulla tua idea di network. Come vivi l’appartenenza alla community degli Alumni?

Citando John Donne direi che “Nessun uomo è un’isola”, nessuno vive solo per sé stesso e ogni persona non è che una parte di un tutto. Il network per me è questo: è l’opportunità di aumentare il proprio valore come singola in quanto appartenente ad una rete, a un gruppo con interessi in comune, e grazie alle molteplici possibilità di interazione e di apprendimento attraverso gli altri. Anche in questo senso mi sento orgogliosa di appartenere alla community degli Alumni MIP.

 

Benvenuti a Ingegneria Gestionale!

Vengono da tutta Italia i tantissimi ragazzi che hanno visitato lo stand del corso di laurea in ingegneria gestionale in occasione dell’Open day del Politecnico di Milano che si è svolto sabato 6 aprile nei due Campus di Milano Bovisa. Oltre 15.000 i partecipanti a questa edizione dell’Open day, provenienti da tutti i tipi di scuole superiori, non solo frequentanti il quinto anno, ma moltissimi anche al quarto.

Gli studenti interessati a iniziare una carriera accademica nell’ambito dell’ingegneria gestionale hanno avuto modo di confrontarsi con i docenti della School of Management, nonché con studenti già iscritti, e di assistere alle presentazioni del corso, 16 sessioni cui hanno partecipato in totale circa 3000 ragazzi.

Numeri che confermano un interesse molto alto nei confronti di questo percorso di studi. Ne abbiamo parlato con il prof. Stefano Ronchi, presidente del Corso di Studi e uno degli speaker della giornata.

 

Per chi è orientato a scegliere il percorso di studi in ingegneria gestionale, qual è il valore aggiunto di partecipare a un momento di incontro come questo?

Si tratta di un momento molto importante in cui abbiamo l’opportunità di far capire la trasversalità e la complessità di questa figura professionale e il ruolo strategico che può rivestire all’interno delle imprese. Inoltre, è un’occasione per conoscere il percorso formativo che è stato rinnovato proprio lo scorso autunno, seguendo i continui cambiamenti del mondo del lavoro e delle competenze richieste. Oggi e nei prossimi anni, in tutti i settori, sarà sempre più importante conoscere la tecnologia e avere forti capacità di gestione e analisi dei dati, alcuni dei temi che sono stati ulteriormente rafforzati all’interno del curriculum.

 

La domanda che abbiamo sentito rivolgere più spesso in questa giornata è stata “qual è la differenza tra studiare economia e studiare ingegneria gestionale?”

Quello che spieghiamo ai ragazzi è innanzitutto una differenza nei contenuti, un corso di ingegneria per sua natura è caratterizzato da una forte base scientifica, ingegneristica e tecnologica, come detto fattore sempre più importante per la creazione di valore nel mondo del lavoro. Un corso di economia, per sua natura, sostituisce questa base scientifica con un’impostazione più giuridica ed economica.

L’approccio scientifico cambia poi completamente l’approccio allo studio dell’impresa e alla risoluzione di problemi di natura gestionale, organizzativa ed industriale. L’ingegnere gestionale impara ad affrontare situazioni di natura economica e finanziaria con il tipico approccio “problem solving” che caratterizza da sempre il nostro Politecnico. Questo offre ai nostri laureati un ventaglio molto ampio di opportunità lavorative. Tutti gli alumni con cui ci confrontiamo costantemente sostengono con convinzione il fatto che questo approccio sia il segreto del loro successo professionale.

 

La presentazione del corso che si svolge in aula è interattiva: stimolate la partecipazione dei ragazzi attraverso sondaggi online che si svolgono live. Come vi è venuta questa idea?

Ormai da qualche anno utilizziamo in aula strumenti innovativi di questo tipo, facendo leva sulla tecnologia per stimolare l’interazione con i nostri ragazzi. Sulla base di questa esperienza ci è venuta l’idea di adottare gli stessi strumenti durante l’Open Day. Devo dire che questo è stato molto apprezzato dai partecipanti.

 

Oggi avete incontrato non solo studenti di licei scientifici, ma anche tanti studenti provenienti da scuole umanistiche. Quanto conta la scuola di provenienza quando si decide di intraprendere questo corso di studi?

Sono sempre più convinto che gli studenti provenienti da studi umanistici, come il liceo classico, siano una risorsa fondamentale per il nostro percorso. La diversità arricchisce l’aula e le prospettive di tutti i partecipanti. Inoltre, al fine di utilizzare al meglio la tecnologia per lo sviluppo di valore sostenibile sarà sempre più importante considerare il suo impatto sulla dimensione umana.

 

Per l’anno accademico 2019/2020 il numero di posti disponili è di 680 per la sede di Milano Bovisa e di 120 per la sede di Cremona. Tutte le informazioni su come accedere e sul test on line (TOL) sono pubblicate sul sito 

 

 

 

Premio Gianluca Spina per l’Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali 2019

Per il secondo anno consecutivo l’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali assegnerà il  Premio Gianluca Spina per l’Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali alle istituzioni culturali italiane che abbiano avviato progetti di innovazione digitale particolarmente significativi nei processi interni o nell’offerta al pubblico.

L’istituzione culturale vincitrice avrà diritto a una Borsa di studio messa a disposizione dall’Associazione Gianluca Spina, per la partecipazione al MaBIC – Master in Management dei Beni e delle Istituzioni Culturali del MIP, Politecnico di Milano Graduate School of Business (Edizione 2019-2021). Dal 2019 il Premio è intitolato alla memoria di Gianluca Spina, Presidente e Dean del MIP, prematuramente scomparso.

I finalisti avranno inoltre l’opportunità di presentare il proprio progetto in occasione del Convegno di Presentazione dei Risultati dell’Osservatorio che si terrà il 23 maggio 2019 a Milano (Aula Magna Carassa e Dadda, Campus Bovisa), aperto al pubblico, con una partecipazione prevista di circa 400 persone a vario titolo impegnate nel settore.

Le candidature sono aperte a istituzioni culturali (es. archivi, musei, teatri) di natura pubblica o privata e a organizzazioni/associazioni culturali e possono essere sottomesse entro il 15 aprile 2019  compilando il form

Per maggiori informazioni sul Premio contattare eleonora.lorenzini@polimi.it